M.T. wrote: I talebani vietano i libri scritti da donne all'università: https://tg24.sky.it/mondo/2025/09/19/divieto-libri-scritti-donne-afghanistan
Viva il ritorno al Medioevo.
Comprensibile lo sdegno, ma prima di gridare al “Medioevo”, ricordiamoci che i Talebani non sono solo pazzi fanatici privi di contesto.
Capisco che la notizia di un divieto ai libri scritti da donne in Afghanistan possa sconvolgere secondo i valori occidentali, incentrati su libertà individuale e parità di genere. Ma è importante provare a contestualizzare questi eventi nella loro visione del mondo, che non è la nostra.
La parola Ṭālib (طالب) deriva dalla radice ط-ل-ب (ṭ-l-b), che significa "cercare", "richiedere", "studiare".
Il termine indica “lo studente”, e Ṭālib è un appellativo comune per chi studia la lingua araba, anche al di fuori del mondo islamico. Personalmente, negli anni Novanta e primi del Duemila, quando studiavo arabo in Medio Oriente, i professori mi chiamavano così.
In ambito religioso, Tālib al-‘ilm significa “studente della conoscenza”, un termine classico per chi studia il Corano e la giurisprudenza islamica
Letteralmente, quindi, tālib è "colui che cerca” [la conoscenza].
In ambito religioso (come nel caso dei Talebani afgani), indica lo studente delle scienze islamiche, in particolare del Corano e della giurisprudenza, nelle madrase preposte.
I Talebani si considerano guardiani di una società islamica tradizionale, che vogliono tenere al riparo da ciò che percepiscono come influenze distruttive dell’Occidente: pornografia accessibile, confusione dei ruoli sessuali, disgregazione familiare, nichilismo culturale. In questa prospettiva, impedire alle donne di accedere a certi ruoli non nasce da un odio verso le donne (per quanto l’effetto sia di oppressione), ma da una volontà religiosa, che possiamo criticare, di preservare un ordine morale ritenuto sacro.
Personalmente, non condivido molte delle loro scelte. Bandire libri, indipendentemente dall’autore, è un atto barbarico che nella storia abbiamo visto anche in regimi totalitari come quello nazista, che li bruciava.
Ma allo stesso tempo, è ingenuo pensare che il nostro modello occidentale rappresenti automaticamente il bene universale.
L’idea che ogni cultura debba conformarsi ai nostri standard di libertà e progresso è a mio parere una forma di imperialismo morale, spesso inconsapevole, anche in buona fede.
Possiamo (e dobbiamo) criticare ciò che riteniamo ingiusto, ma dobbiamo anche cercare di capire da dove nascono certe scelte culturali o religiose.
L’Occidente non riuscirà mai a convincere i Talebani che sono nel torto, perché partiamo da visioni del mondo incompatibili su molti punti fondamentali.
Non tutti i popoli vogliono o devono assomigliarci.
Forzare la nostra idea di libertà su chi ha altri riferimenti culturali può sembrare progresso, ma spesso è vissuto come una forma di imposizione coloniale travestita da umanitarismo.
Si può difendere la dignità della donna e al tempo stesso riconoscere che la via occidentale non è l’unica possibile, e forse nemmeno la più stabile o giusta, per tutti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)