[MI145] Le parole non dette

1
Traccia di mezzanotte
Una volta per uno non fa male a nessuno

Le parole non dette


(Non cambia il clima
il far della tua pianta:
stacchi di foglie
secche sul terreno,
o marce e ignare
di trepide carezze.)



Giacinto aveva tredici anni e il cuore esacerbato.

(Non ci sono afidi a intaccare le foglie degli alberi, dei fiori dei giardini che tu curi con gesti premurosi e con concimi e diserbanti di qualità. Tu coltivi i fiori degli altri, ma non i tuoi… Le cinghiate sono il concime per il tuo Giacinto, eh papà? E com’è che gli afidi me li sento addosso io?)

Sino ad allora, però, si era limitato a scherzi di dubbio gusto, come le prese in giro delle vicine di casa dell’estate, due sorelle di dodici e dieci anni, Laura e Lidia, liguri in vacanza dalla nonna nel paese piemontese.
Lui abitava lì dalla nascita. Laura e Lidia avevano notato che era sempre solo, senza amici, mentre loro frequentavano sua sorella Margherita e si erano fatte anche altri amici: doveva essere il classico bulletto, a scuola.

(Le radici del mio astio son piantate in un terreno franato, di riporto? Cosa vuol dire, che posso uscirne con una scrollata? Che balengo quel prof!)

Durante le giornate passate nel parco del conte, dove lo zio delle bambine lavorava come mezzadro nel podere e il padre di Giacinto e Margherita come giardiniere, erano tante le occasioni di divertirsi. Ci si arrampicava sugli alberi, si giocava ai quattro cantoni con piante secolari, si saltava sul carro del fieno e si prendeva confidenza con gli animali della fattoria. Si sparlava con leggerezza, ci si bisticciava e poi si dimenticava tutto.
Un giorno, le due sorelle erano venute in possesso di un micetto abbandonato.
Che bello per loro prendersene cura, autorizzate dalla nonna! Era un batuffolo di pelo rossiccio e lo nutrivano col latte in un biberon reperito nella credenza di casa.
“Che bel gattino…” Le parole giuste ma il tono e la mimica sbagliate erano una caratteristica di Giacinto.

(Raccoglierò le tue forze con spirito di ferro e le mie per riuscirci. Nessuno mi fermerà. Calpesterò le tue debolezze e spezzerò le unghie tue e del tuo gatto.)

Laura sentì in cuore la sua minaccia; si strinse al petto la creatura e si allontanò senza parlare.
Non trascorse una settimana che il gattino scomparve. L’ultima volta che l’avevano visto era nei pressi di casa loro. L’aveva chiamato sino a diventare rauca, Laura, ma non era più tornato a casa.
Di più: Giancarlo, incontrando Laura o Lidia, sogghignava.

(Belle micette, potessi farvi a fette…)

Poi, un brutto giorno, Pinco si fece male.
Pinco aveva una zampina rotta; era stato trovato riverso lungo una stradina che costeggiava un alveo poco profondo dove scendeva a valle un ruscelletto.
“Chissà cosa sarà successo” ci si domandava. Ma Laura capì subito chi l’aveva fatto, perché questi voleva si sapesse: le bastò cercare con gli occhi il figlio del giardiniere: le bastarono i graffi, da lui poi giustificati coi rovi nel bosco.
Non avevano prove per accusarlo, per cui il ragazzo, che negava la sua responsabilità agli adulti che lo interrogavano, si permetteva ammiccamenti derisori a tu per tu con le bambine, impunito.
La nonna andò a parlare con la mamma di Giacinto. Questa era una donna ancora giovane, ma senza cura per se stessa. Scarmigliata, coi capelli neri unti e ciuffi ispidi sugli occhi, con addosso lo stesso grembiule di sempre, le aveva urlato secca in risposta:
“Mi ha detto che non è stato lui e io gli credo! L’è un brav fiöl!”
La stradina in discesa era in pietrisco, terra franata e sassi; costeggiava un ruscelletto che le piogge gonfiavano, a volte sino a invadere lo spazio della carreggiata. In tal caso, non era prudente avventurarsi per scendere al borgo sottostante. Conveniva fare la strada comunale, anche se il percorso si allungava di parecchio.
Quel giorno, dopo due di pioggia, c’era il sole caldo che aveva compattato parzialmente il terreno, che da fradicio era diventato semi-melmoso, ma Laura ci stava passando lo stesso quando, davanti a sé, vide Giacinto. Lui si voltò e ghignò, indicandole il punto dove avevano trovato Pinco: più chiaro di così!
Lei era robusta come ragazza e gli si avventò contro, ma lui era più grande e più forte.

(Cosa fai, ombra di donna? Meglio toglierti la gonna…)

Le afferrò i polsi con rudezza e, in contemporanea, col piede destro la fece cadere, la gonna slargata nell’acqua.

(Sì, posso farti del male senza un segno; posso annientarti, basta che m’impegno.)

Intanto, il mondo circostante tremò. I due avvertirono lo scuotimento del suolo, sentirono il proprio sbatacchiamento. Comunque lui non smise il suo intento e riuscì a farla cadere nell’acqua con facilità. Laura riuscì a uscirne e gli si avventò contro, quasi cieca per le circostanze, ma, col suo abbrivio per le scosse, riuscì a travolgerlo.

(Papàaa!?...)

Giacinto cadde all’indietro, battendo la testa su una pietra. Laura svenne.
Dopo dieci minuti, il sisma cessò.
La ragazza riprese i sensi, invasa da un ciclone emotivo: Giacinto era morto?
L’aveva ucciso lei o il sisma? O ambedue?
Si sentì di colpo addosso una calma glaciale. Per quella percentuale di colpa sua c’era un rimedio, una soluzione equivalente che avrebbe sistemato tutto. Sentendo dei passi, si appiattì sul suolo, fingendosi priva di sensi, com’era realmente poco prima.
Il passante lanciò un grido e si inginocchiò per prima cosa da Laura, tastandole il polso. Lei si mosse piano e poi aprì gli occhi. “Lui mi ha salvata”.
Ma il melodramma, per fortuna, resse poco. Anche Giacinto aprì gli occhi, ed aveva appena sentito le sue parole. Che gli avevano tolto il coltello dalla parte del manico.

(Stavolta m’hai fregato tu, balenga… Non posso dir che il falso tu sostenga…)

Anche dopo, a mente fredda, Laura si sentì dare questa stessa, inalterata versione dei fatti:
“ Stavamo scendendo al borgo. Io evitavo di parlargli, per via che non mi è mai stato simpatico. È arrivato il terremoto e siamo caduti: io in acqua e non riuscivo a tirarmene fuori: la terra tremava, avevo una paura terribile di morire. Lui mi ha salvata. Mentre mi tirava fuori, un‘altra scossa forte gli ha fatto sbattere la testa su una pietra e anch’io, che stavo andandogli vicino, sono di nuovo caduta e ho sbattuto.”
E alla madre di lui, ricoverato per una leggera commozione cerebrale:
“Aveva ragione su suo figlio... Brav fiol!” Si azzardò a pronunciare, con la voce che si mostrava rotta dall’emozione; sì, quella dell’assillante espressione di un calcolo che per caso era risultato esatto.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [MI145] Le parole non dette

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Ciao carerrima, oggi commento te per postare il mio racconto, anche perché l’ultima volta ho apprezzato molto i tuoi suggerimenti su Il mare e spero di ricambiarti il favore (il che significa non omettere nessuna eventuale critica, lo sai :-p)
Sarà un commento pulcioso. Ah, e perdonami, ma sta piattaforma ancora non imparo a usarla bene, quindi faccio dei semplici copia incolla sul testo per commentarlo.
Tri-ciù-uàn Go!
[Giacinto aveva tredici anni e il cuore esacerbato.]
Quest’incipit mi piace molto, perché trovo semplice e ben riuscito, come effetto, l’accostamento, con il verbo avere, di due cose che non c’entrano tra loro (gli anni e il cuore esacerbato). Se avessi detto “Già a tredici anni Giacinto aveva il cuore esacerbato” sarebbe stato meno efficace.
No, non sto glissando sulla commistione di poesia e prosa, che ti critico sempre (anche se stavolta, devo dire, c’è solo in esergo, e così disturba molto meno), solo vorrei farti riflettere sull’efficacia del lessico semplice e diretto che hai usato in questa breve frase e su quanto sia diversa e più complessa la costruzione della poesia, e meno diretto di conseguenza il messaggio. Le due cose assieme continuano a stonarmi. Ma basta così, smetto di farla lunga.
[Sino ad allora, però, si era limitato a scherzi di dubbio gusto, come le prese in giro delle vicine di casa dell’estate, due sorelle di dodici e dieci anni, Laura e Lidia, liguri in vacanza dalla nonna nel paese piemontese.]
Mmm qui ci sono più cose che non mi convincono: quel però mi sembra buttato un po’ lì, perché non è molto consequenziale che uno dal cuore esacerbato non debba limitarsi a scherzi… cioè suggerisci che debba fare di peggio, e anche che lo farà nel racconto, con quel “sino ad allora”, ma non è mica ciò che accade di regola ad avere il cuore esacerbato. A rigore, poi, un conto è uno scherzo, e altro una presa in giro. Le vicine di casa dell’estate sembra che abitino accanto all’estate… troverei un modo diverso di dirlo. Dopo Lidia e Laura metterei un bel punto, perché stai infilando uno dietro l’altro attributi e complementi, e direi. Venivano ogni anno in Piemonte dalla Liguria a trovare la nonna (magari portandole la merenda).
[Lui abitava lì dalla nascita. Laura e Lidia avevano notato che era sempre solo /, senza amici, / mentre loro frequentavano sua sorella Margherita e si erano fatte anche altri amici: doveva essere il classico bulletto, a scuola]
Puoi evitare la ripetizione tagliando, cambia poco.

[(Le radici del mio astio son piantate in un terreno franato, di riporto? Cosa vuol dire, che posso uscirne con una scrollata? Che balengo quel prof!)]
Eh, no, questa non te la faccio passare. Sta parlando un tredicenne che si esprime con la troncatura “son piantate”, “di riporto”… già questo, a mio avviso, non funziona di per sé. Se poi nella stessa frase gli fai dire “balengo” siamo al patatrac. Io rimango dell’idea che mischiare i registri, l’alto e basso, è un’operazione anche interessante, ma punto primo è difficile, punto secondo deve avere un senso. Insomma, non bisogna piegare il racconto all’idea di inserirci parti di testo scritte diversamente, casomai può valere il contrario: si scrive diversamente quando è utile al racconto… non so se mi faccio intendere… (le successive rime donna/gonna, segno/impegno, balenga/sostenga non funzionano, mi spiace).
[Giancarlo, incontrando Laura o Lidia, sogghignava.]
Credo che qui sia Giacinto, refuso?
[Poi, un brutto giorno, Pinco si fece male.]
Pinco è il gatto? Perché prima di adesso lo hai chiamato solo gattino, senza dirci il nome?
[ /Pinco / aveva una zampina rotta]
Via la ripetizione del nome.
[Quel giorno, dopo due di pioggia, c’era il sole caldo che aveva compattato parzialmente il terreno, che da fradicio era diventato semi-melmoso, ma Laura ci stava passando lo stesso quando, davanti a sé, vide Giacinto.]
Attenonzie, detto così sembra che arriva il sole caldo dopo due soli di pioggia. Spezzerei il periodare e direi tutto in maniera più lineare, anche perché così sei costretta a usare un sacco di subordinate relative, a ripetere un’avversativa (“ma”) messa lì un po’ impropriamente, a cambiare in continuazione soggetto (il sole, il terreno, Laura). Direi: dopo due giorni di pioggia era spuntato il sole, che aveva ricompattato il terreno. Da fradicio, era diventato semi-melmoso. Noncurante di ciò, Laura ci stava passando lo stesso, quando, davanti a sé, vide Giacinto.
[calma glaciale] sicura sia l’espressione giusta?
[una soluzione equivalente che avrebbe sistemato tutto.] zack
[E alla madre di lui, ricoverato per una leggera commozione cerebrale]
Questa cosa l’hai fatta spesso: narrare le sorti di un complemento (in questo caso di specificazione). Eviterei

[Brav fiol!” Si azzardò a pronunciare, con la voce /zack che si mostrava zack/rotta dall’emozione; sì, quella / zack dell’assillante zack/ espressione di un calcolo che per caso era risultato esatto.]
Chiudi con un’altra immagine troppo complessa, che infatti, a ben vedere, si rivela menzognera: il risultato del calcolo, rimanendo in metafora, è sbagliato, anche se presentato come esatto.
Non mi ha convinto, carerrima, devo essere sincero. Troppe sofisticazioni nella scrittura (ti consiglierei di semplificare, di usare un registro adatto ai personaggi lasciando perdere le rime bislacche), a fronte di una storia un po’ povera, dove la ragione del cattivo carattere del ragazzino, le angherie del padre, si perde completamente per strada.
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI145] Le parole non dette

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Hai ragione su tante cose, carerrimo, ma su qualche altra no. Te le dico.

- Le radici del mio astio son piantate in un terreno franato, di riporto? Cosa vuol dire, che posso uscirne con una scrollata? Che balengo quel prof! -
Eh, no, questa non te la faccio passare. Sta parlando un tredicenne che si esprime con la troncatura “son piantate”, “di riporto”… già questo, a mio avviso, non funziona di per sé. Se poi nella stessa frase gli fai dire “balengo” siamo al patatrac.
Non è il ragazzo che dice quella frase complessa, è il suo prof! Lui si limita a ricordarla come rivolta a se stesso (il mio astio?) e
ad apostrofare l'insegnante come balengo! :si:
Brav fiol!” Si azzardò a pronunciare, con la voce /zack che si mostrava zack/rotta dall’emozione; sì, quella / zack dell’assillante zack/ espressione di un calcolo che per caso era risultato esatto.]
Chiudi con un’altra immagine troppo complessa, che infatti, a ben vedere, si rivela menzognera: il risultato del calcolo, rimanendo in metafora, è sbagliato, anche se presentato come esatto.
Per Laura i conti tornano e il perché era detto qui:
"Si sentì di colpo addosso una calma glaciale. Per quella percentuale di colpa sua c’era un rimedio, una soluzione equivalente che avrebbe sistemato tutto."
Lei lo credeva morto per colpa sua e lo voleva far credere un eroe. Un calcolo sbagliato ma che, per caso, era risultato esatto, con quell'apparente equa distribuzione (come detto nella traccia da @Almissima) : il ferimento del gatto e quello del ragazzo.

Grazie delle tue considerazioni, apprezzate, @Edu :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [MI145] Le parole non dette

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Esplorare nuove forme espressive, contaminare la prosa con la poesia. Quale miglior luogo di un’officina letteraria?
Fai bene Zaza a mettere a servizio della scrittura tutte le tue esperienze artistiche, a provare percorsi nuovi, cercare una modalità espressiva personale e che ti contenga tutta.
Certo in questa prova potevi scavare di più il personaggio e farci capire meglio perché, pur così giovane, abbia il cuore esacerbato.
Ho trovato intrigante l’uso della poesia per esprimere i pensieri di Giacinto. Quelle rime hanno dato un colore “nero” al ragazzino che sembra un sociopatico in erba. Quasi una tinta horror.
Alla prossima @Poeta Zaza

Re: [MI145] Le parole non dette

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@Monica wrote: Mon Feb 22, 2021 7:01 pm Esplorare nuove forme espressive, contaminare la prosa con la poesia. Quale miglior luogo di un’officina letteraria?
Fai bene Zaza a mettere a servizio della scrittura tutte le tue esperienze artistiche, a provare percorsi nuovi, cercare una modalità espressiva personale e che ti contenga tutta.
Certo in questa prova potevi scavare di più il personaggio e farci capire meglio perché, pur così giovane, abbia il cuore esacerbato.
Ho trovato intrigante l’uso della poesia per esprimere i pensieri di Giacinto. Quelle rime hanno dato un colore “nero” al ragazzino che sembra un sociopatico in erba. Quasi una tinta horror.
Alla prossima @Poeta Zaza
Ti ringrazio tanto per le tue considerazioni, che mi fanno sempre piacere, @@Monica :)
Spero di rivederti e leggerti in un Contest a breve!
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o scorre o si lega alle dita.


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Re: [MI145] Le parole non dette

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Ciao @Poeta Zaza .
Devo dirmi d'accordo con molte cose che ti già detto @Edu. Nonostante questo capisco che sei alla ricerca di un tuo stile personale e questo è sicuramente un bene, a patto che alla fine risulti efficace.
A mio modo di vedere, il problema maggiore che incontri sta nell'utilizzo del narratore onnisciente.
Giacinto aveva tredici anni e il cuore esacerbato.
Ottimo incipit. Vedo Giacinto di fronte a me.
Laura e Lidia avevano notato che era sempre solo
Ora non è più di fronte, ma sono costretto a guardarlo con gli occhi di Laura e Lidia. In questo modo si allontana e non so più se seguire lui o le due ragazze.
Durante le giornate passate nel parco del conte ...
Chi passa le giornate? Giacinto? Le ragazze? Il giardiniere? A questo punto non lo so più, o meglio, posso arrivarci seguendo il contesto della storia, ma non riesco più a immedesimarmi, a entrarci dentro.
Da lì in poi sento solo la voce del narratore e non più quella dei personaggi.
Quella che ti descrivo è la mia esperienza di lettura che, mentre all'inizio entra positivamente nel racconto, va via via annacquandosi man mano che la vicenda si snoda "sfrangiandosi" in troppi punti di vista.
Pensa se fosse un film.
Se la macchina da presa cambiasse continuamente l'angolo di ripresa, forse potrebbe mostrare tanti particolari, ma costringerebbe lo spettatore a riconoscere ogni volta l'elemento centrale della vicenda, mentre una ripresa che rimane centrata sul suo obbiettivo e lo segue passo passo aiuta lo spettatore a comprendere meglio la scena.
Spero di averti chiarito il mio pensiero e di esserti stato utile in qualche modo.
Alla prossima

Re: [MI145] Le parole non dette

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Approvo e mi piace l'idea di alternare prosa e poesia, piacerebbe farlo anche a me; credo che non sia facile e la poesia sostiene la prosa lasciando immagini evocative come solo lei sa fare. La parte poetica la dipingi sempre molto bene. Forse nel complesso la storia risulta frammentata da diversi intermezzi e si perde l'unità del discorso ma immagino che sia voluta l'idea di dare tanti spunti nei quali ognuno possa trarre delle riflessioni.
A presto @Poeta Zaza

Re: [MI145] Le parole non dette

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Kasimiro wrote: Tue Feb 23, 2021 10:28 am Approvo e mi piace l'idea di alternare prosa e poesia, piacerebbe farlo anche a me; credo che non sia facile e la poesia sostiene la prosa lasciando immagini evocative come solo lei sa fare. La parte poetica la dipingi sempre molto bene. Forse nel complesso la storia risulta frammentata da diversi intermezzi e si perde l'unità del discorso ma immagino che sia voluta l'idea di dare tanti spunti nei quali ognuno possa trarre delle riflessioni.
A presto @Poeta Zaza
Ho gradito le tue considerazioni. Sì, dovevo comunque dare meno frammentazione alla storia. Alla prossima, @Kasimiro :)
Di sabbia e catrame è la vita:
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Re: [MI145] Le parole non dette

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Cara Zaza, riguardo al racconto sono in sintonia col pensiero di Edu. La trama non mi è giunta chiara, e ciò mi dispiace, perché la tua scrittura è sempre pulitissima e chic. Io penso che il motivo dell'affastellarsi degli eventi, che risultano poi eccessivamente pigiati (e rischiano, pertanto, di soffocare), sia la tua vivida capacità di gestire idee ed emozioni e di concatenarle in sequenza poetiche sempre di grande impatto. Mi pare che già te lo scrissi: a mio avviso, ciò che ti fa eccellere in poesia ti limita nella prosa. Noto infatti, quasi sempre, una certa fretta, un desiderio di comprimere gli eventi per tirarne fuori un distillato. Ottima cosa in poesia, nella quale riesci a dare vita a sculture di parole compatte e lucenti, ma non altrettanto in prosa. Posso sbagliare, ovvio, ma questa è la sensazione che ho provato leggendoti e che, sono certa, comprenderai nella sua assoluta benevolenza. Un abbraccio e grazie, @Poeta Zaza.
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Re: [MI145] Le parole non dette

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I tuoi racconti sono come una trina avvolgente. Ti rendi conto di essere in un luogo molto bello e le tue parole scendono come miele in gola.
Ma , alla fine c'é sempre una ma, fai succedere tanti piccoli eventi, come un quadro impressionista, mentre, a mio modestissimo avviso, non sviluppi il nocciolo della questione: la faida tra i due ragazzini.
L'atmosfera e i paesaggi sono fantastici, così come l'escamotage del terremoto, ma in tutta questa bellezza la vendetta passa in secondo piano.
Nonostante questi miei appunti, ho letto il racconto con molto piacere e soddisfazione.

Re: [MI145] Le parole non dette

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Ippolita wrote: Tue Feb 23, 2021 12:04 pm Cara Zaza, riguardo al racconto sono in sintonia col pensiero di Edu. La trama non mi è giunta chiara
Ho voluto inserire una novità: il punto di vista di uno dei personaggi che si infila, tra parentesi, nel punto di vista del narratore onnisciente. :si:
Ippolita wrote: Tue Feb 23, 2021 12:04 pm la tua scrittura è sempre pulitissima e chic.
Un gran bel complimento, grazie!
Ippolita wrote: Tue Feb 23, 2021 12:04 pm a mio avviso, ciò che ti fa eccellere in poesia ti limita nella prosa.
Faccio anche dei testi di sola prosa, ma penso in versi, spesso. E allora spesso cerco la coesistenza delle due autrici che sono in me.
Però una non riesce a stare dietro all'altra, come dici tu. Ogni tanto le faccio andare ognuna per la sua strada, ma loro insistono. :facepalm:
Ippolita wrote: Tue Feb 23, 2021 12:04 pm Posso sbagliare, ovvio, ma questa è la sensazione che ho provato leggendoti e che, sono certa, comprenderai nella sua assoluta benevolenza. Un abbraccio e grazie, @Poeta Zaza.
Sei sempre cara e sincera, e così la critica mi serve, non altrimenti. Grazie. @Ippolita :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [MI145] Le parole non dette

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Poeta Zaza wrote: Mon Feb 22, 2021 9:36 am Per Laura i conti tornano e il perché era detto qui:
"Si sentì di colpo addosso una calma glaciale. Per quella percentuale di colpa sua c’era un rimedio, una soluzione equivalente che avrebbe sistemato tutto."
Lei lo credeva morto per colpa sua e lo voleva far credere un eroe. Un calcolo sbagliato ma che, per caso, era risultato esatto, con quell'apparente equa distribuzione (come detto nella traccia da @Almissima) : il ferimento del gatto e quello del ragazzo.
Leggi sopra, @Almissima Ciao! :)

Sono commossa dalle tue parole:
I tuoi racconti sono come una trina avvolgente. Ti rendi conto di essere in un luogo molto bello e le tue parole scendono come miele in gola.
Ma , alla fine c'é sempre una ma, fai succedere tanti piccoli eventi, come un quadro impressionista, mentre, a mio modestissimo avviso, non sviluppi il nocciolo della questione: la faida tra i due ragazzini.
L'atmosfera e i paesaggi sono fantastici, così come l'escamotage del terremoto, ma in tutta questa bellezza la vendetta passa in secondo piano.
Nonostante questi miei appunti, ho letto il racconto con molto piacere e soddisfazione.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [MI145] Le parole non dette

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ciao @Poeta Zaza . Secondo il mio umilissimo parere avevi l'idea di parlare della vendetta in termini rilegati alla infanzia. Cioè, quando si comincia a comprendere l'idea di vendetta. La vendetta agli albori nell'età infantile e per questo hai cercato di inserire la prosa, quasi a dare un senso evocativo. Mi pare di cogliere l'esegesi ermeneutica della vendetta. Si comincia da piccoli a maturare la vendetta ed è questo che hai cercato di farci capire? A mio parere l'intento è buono, se credo di aver capito questo. Mi sbaglio? ciao Mariangela :sss:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI145] Le parole non dette

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Ciao @Poeta Zaza, credo sia la prima volta che ti leggo, e mi ha molto incuriosito questo esperimento (ben riuscito, a mio avviso) di unire prosa e poesia. Esercizio difficile che però a te viene naturale, perché hai talento e questo si vede. Complimenti! Hai avuto la capacità di farmi "regredire" e quindi di ricordare come ci si sentiva, da bimbi, quando ci si imbatteva in uno di quei compagni dispettosi, cattivi.
Quelle che agli occhi degli adulti possono sembrare banalità o dispetti, per i piccoli invece risuonano come vere e proprie sfide, importanti, quasi vitali. Hai centrato il tema della traccia narrandolo dal punto di vista dei bambini, almeno, questa è la mia impressione. Ottima trovata l'escamotage del terremoto!
Spero di rileggerti presto. :love:

Re: [MI145] Le parole non dette

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bestseller2020 wrote: Tue Feb 23, 2021 6:50 pm ciao @Poeta Zaza . Secondo il mio umilissimo parere avevi l'idea di parlare della vendetta in termini rilegati alla infanzia. Cioè, quando si comincia a comprendere l'idea di vendetta. La vendetta agli albori nell'età infantile e per questo hai cercato di inserire la prosa poesia , quasi a dare un senso evocativo. Mi pare di cogliere l'esegesi ermeneutica della vendetta. Si comincia da piccoli a maturare la vendetta ed è questo che hai cercato di farci capire? A mio parere l'intento è buono, se credo di aver capito questo. Mi sbaglio? ciao Mariangela :sss:
Scusami la correzione nel tuo scritto, ma sono sicura volessi dire "poesia", visto che parli di senso evocativo, vero?
Interessante, anche se non è anche la mia, la tua interpretazione sulle "piccole vendette crescono".
Ho gradito il tuo passaggio, @bestseller2020 :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [MI145] Le parole non dette

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ioly78 wrote: Tue Feb 23, 2021 7:07 pm Ciao @Poeta Zaza, credo sia la prima volta che ti leggo, e mi ha molto incuriosito questo esperimento (ben riuscito, a mio avviso) di unire prosa e poesia. Esercizio difficile che però a te viene naturale, perché hai talento e questo si vede. Complimenti! Hai avuto la capacità di farmi "regredire" e quindi di ricordare come ci si sentiva, da bimbi, quando ci si imbatteva in uno di quei compagni dispettosi, cattivi.
Quelle che agli occhi degli adulti possono sembrare banalità o dispetti, per i piccoli invece risuonano come vere e proprie sfide, importanti, quasi vitali. Hai centrato il tema della traccia narrandolo dal punto di vista dei bambini, almeno, questa è la mia impressione. Ottima trovata l'escamotage del terremoto!
Spero di rileggerti presto. :love:
Ho voluto inserire una novità: il punto di vista di uno dei personaggi che si infila, tra parentesi, in versi o in prosa, nel punto di vista del narratore onnisciente. :si:

Faccio anche dei testi di sola prosa, ma penso in versi, spesso. E allora cerco la coesistenza delle due autrici che sono in me. A volte, con risultati migliori che in questa occasione. Ma non potevo certo perdermi la partecipazione al primo MI del CdM.! :saltello:

Grazie mille delle tue parole, @ioly78 :)
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Re: [MI145] Le parole non dette

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Ciao @Poeta Zaza
Io vedo le cose a modo mio, sono molto semplice, e ti dico che questo racconto inframezzato da poesia l'ho apprezzato. Non sono capace di voli pindarici, ma semplicemente mi piace la tua ambientazione in un paese del vecchio Piemonte, oserei sperare nelle Langhe per motivi affettivi, essendo nato nella città possente e paziente di carducciana poesia...
Poeta Zaza wrote: Durante le giornate passate nel parco del conte, dove lo zio delle bambine lavorava come mezzadro nel podere e il padre di Giacinto e Margherita come giardiniere, erano tante le occasioni di divertirsi. Ci si arrampicava sugli alberi, si giocava ai quattro cantoni con piante secolari, si saltava sul carro del fieno e si prendeva confidenza con gli animali della fattoria. Si sparlava con leggerezza, ci si bisticciava e poi si dimenticava tutto.
Come dicevo prima, sono un uomo semplice, ma apprezzo la calma antica bellezza. Qui ci vedo un mondo di ricordi, anche letterari se vogliamo rifarci alle malinconiche descrizioni di Calandra nella Bufera o ad altrettante malinconiche e poetiche descrizioni di Pavese e delle sue Langhe, due scrittori entrambi piemontesi che ho sempre amato per le loro innamorate rappresentazioni di una terra che un po' sento anche mia, che avrebbe potuto essere anche mia in fondo. I colpi d'occhio, le suggestioni sono importanti nella scrittura.
Oggi nessuno dice più che esiste un parco del conte, li hanno tutti fatti fuori (i conti, mentre nei parchi ci va la variegata umanità odierna...) e rievocare di parchi sereni e di conti proietta il pensiero, per chi è predisposto e io lo sono, in un altro mondo, molto diverso dall'attuale e per me molto meglio. Ma non voglio fare digressioni eccessive, che pure la scrittura porta naturalmente a fare. Se ci limitassimo ad analizzare un testo solo per le sue virgole e concordanze verbali uccideremmo la spiritualità dello scrittore, come diceva Ezra Pound.
Il testo poetico che inframezzi alla prosa non mi disturba, mi fa vedere scorci di scena sotto altre prospettive, arricchiscono. Il tuo Giacinto ha qualcosa di torbido, di malvagio, di crudele, come quasi tutti i bambini nel loro mondo che qualcuno definisce a sproposito "misterioso" quando tutti sappiamo che tutti da bambini abbiamo provato istinti anche omicidi che non oseremmo confessare oggi che siamo persone rispettabili e con una posizione. Se i bambini fossero abbandonati a loro stessi subentrerebbe la lotta tribale, il sacrificio umano, come descrisse William G. Golding ne Il Signore delle Mosche. Giacinto è su quella strada, ma i genitori, la scuola lo trattengono. Medita e porta a compimento piccole crudeli vendette ad ogni modo (non sottovaluto l'uccisione e il ferimento di gatti). Molto semi angelica ho trovato la bambina Laura. La tipica bambina buona che compie grandi gesti di salvezza e riabilitazione non richiesti nei confronti degli altri, ma non mi fiderei di una Laura adulta. È più facile che un Giacinto diventi da grande un uomo comune, incapace di fare del male a una mosca piuttosto che una Laura perseveri nel suo incomprensibile e assurdo altruismo.
Ma da bambini si può essere cattivi e buoni senza motivo, come da grandi. Mistero irrisolto, nonostante si spendano fior di soldi per farsi dire come mai succeda.
Spero di non averti eccessivamente scossa con il mio modo di commentare.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI145] Le parole non dette

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Aspettavo il tuo piacevole passaggio e, come sempre, non mi hai delusa.
Per me è sempre interessante ascoltarti e, vicini di età, condivido spesso i tuoi ragionamenti.
Sai che forse hai ragione sulla personalità di Laura? Però lei ha aggredito Giacinto durante il sisma, volendo fargli male, quindi tanto angelica non era.
Ciao @Poeta Zaza
Io vedo le cose a modo mio, sono molto semplice, e ti dico che questo racconto inframezzato da poesia l'ho apprezzato. Non sono capace di voli pindarici, ma semplicemente mi piace la tua ambientazione in un paese del vecchio Piemonte, oserei sperare nelle Langhe per motivi affettivi, essendo nato nella città possente e paziente di carducciana poesia...
Grazie delle tue belle parole, @Alberto Tosciri :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [MI145] Le parole non dette

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Ciao @Poeta Zaza mi associo ai complimenti per la parte poetica che amo leggere nei tuoi racconti.
Le immagini e i personaggi sono molto belli, anche l'ira di Giacinto che canalizza verso le bambine e il gatto.
Ma la trama, ahimè, pecca secondo il mio avviso.
Laura è svenuta e quando si riprende vede il ragazzo a terra. È stato il terremoto e lei lo sa, il sisma ha sbattuto a terra anche lei. Perchè sente una parte di colpa? lui stava per sopraffarla, caso mai sarebbe stata legittima difesa e anche una bambina sa che bisogna difendersi. Lo svenimento di Laura sembra forzato, ha appena steso Giacinto e sviene... come immagine risulta strana
Non c'è nessun bisogno di alterare la realtà, da parte sua, un terremoto di dieci minuti avrà fatto altre vittime, feriti, nessuno avrebbe sospettato di lei.
Dire che lui l'ha salvata, mentre lo crede morto, non sa di vendetta. Giacinto è svenuto, come lei poco prima, la sente dire quella frase che lo colpisce ma lei non l'ha fatto apposta. Anche il bisticcio che hanno poco prima, non è che mi viene da considerarlo una sua volontaria( di Laura) voglia di fargli del male.
Forse ho detto troppe cose e mi sono spiegata male, il succo è che il finale mi sembra un pò affrettato.
È stato un piacere leggerti e ti auguro un buon proseguimento di contest :super:

Re: [MI145] Le parole non dette

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Alba359 wrote: Tue Feb 23, 2021 9:09 pm Ciao @Poeta Zaza mi associo ai complimenti per la parte poetica che amo leggere nei tuoi racconti.
Le immagini e i personaggi sono molto belli, anche l'ira di Giacinto che canalizza verso le bambine e il gatto.
Ma la trama, ahimè, pecca secondo il mio avviso.
Laura è svenuta e quando si riprende vede il ragazzo a terra. È stato il terremoto e lei lo sa, il sisma ha sbattuto a terra anche lei. Perchè sente una parte di colpa? lui stava per sopraffarla, caso mai sarebbe stata legittima difesa e anche una bambina sa che bisogna difendersi. Lo svenimento di Laura sembra forzato, ha appena steso Giacinto e sviene... come immagine risulta strana
Non c'è nessun bisogno di alterare la realtà, da parte sua, un terremoto di dieci minuti avrà fatto altre vittime, feriti, nessuno avrebbe sospettato di lei.
Dire che lui l'ha salvata, mentre lo crede morto, non sa di vendetta. Giacinto è svenuto, come lei poco prima, la sente dire quella frase che lo colpisce ma lei non l'ha fatto apposta. Anche il bisticcio che hanno poco prima, non è che mi viene da considerarlo una sua volontaria( di Laura) voglia di fargli del male.
Forse ho detto troppe cose e mi sono spiegata male, il succo è che il finale mi sembra un pò affrettato.
È stato un piacere leggerti e ti auguro un buon proseguimento di contest :super:
Nel mio racconto, la volontà di Laura di vendicarsi del ferimento del gattino c'era, e lo faccio vedere qui:
Laura riuscì a uscirne e gli si avventò contro, quasi cieca per le circostanze, ma, col suo abbrivio per le scosse, riuscì a travolgerlo. Giacinto cadde all’indietro, battendo la testa su una pietra. Laura svenne.
Pensando di essere stata causa della sua morte, vuole compensare in qualche modo, facendo di Giacinto un eroe.
La vera distribuzione di colpe (il giusto calcolo finale) dà il ferimento del gatto alla pari col ferimento di Giacinto.

Grazie del tuo passaggio, @Alba359 :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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Re: [MI145] Le parole non dette

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@Poeta Zaza, sei sempre bravissima a seguire quello che hai in testa e a metterlo giù senza esitazioni e senza pause come se stessi scrivendo una poesia. Come lettore, però, ogni tanto faccio fatica a starti dietro, vai troppo veloce e spari a raffica. Per cui ogni tanto pensa a me e altri come me - pochi per la verità -, che non siamo così fulminei, sarà forse l'età.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Re: [MI145] Le parole non dette

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Macleobond wrote: Fri Feb 26, 2021 8:21 pm @Poeta Zaza, sei sempre bravissima a seguire quello che hai in testa e a metterlo giù senza esitazioni e senza pause come se stessi scrivendo una poesia. Come lettore, però, ogni tanto faccio fatica a starti dietro, vai troppo veloce e spari a raffica. Per cui ogni tanto pensa a me e altri come me - pochi per la verità -, che non siamo così fulminei, sarà forse l'età.
Grazie di essere passato, caro @Macleobond. :) Ti dirò: sarà forse l'età, ma è un periodo in cui sperimento ovunque - senza legacci e remore -
la bellezza di una conquista responsabile: la libertà.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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