[CE2025] Il silenzio di ferro

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Traccia 2: le prove manipolate

Il silenzio di ferro


Roma, 17 febbraio 2025.
La giornata era stata lunga, fuori cominciava a imbrunire e, quando il neon dell’ufficio cominciò a sfarfallare, Grimaldi decise che era tempo di andare anche per lui, si stiracchiò, raccolse la giacca gualcita dal divanetto e uscì senza voltarsi.
Un’eco ovattata di voci di bambini filtrava dalle grate d’areazione, galleggiò qualche secondo nei locali sotterranei del garage. La giacca sulla spalla, le chiavi dell’auto nel palmo, camminava spedito verso la sua Fiat grigia, il cuore perse un battito, esitò: la portiera lato guida era aperta. Il cervello cercava spiegazioni, ma il corpo sapeva già: qualcosa non andava. 
Si avvicinò inquieto, “non posso averla lasciata aperta!” Diede un’occhiata all’interno dell’auto, sul sedile c’era una busta Kraft e un faldone consumato. “I clienti anonimi mi piacciono. Sono quelli che alla fine pagano sempre di più.” Salì in auto, spostò i due oggetti, e senza domandarsi nulla si diresse verso casa. 
Il detective Marco Grimaldi, cinquantacinque anni, ex investigatore della polizia di stato, congedato volontariamente con onore, lanciò la busta e il faldone sul tavolo della cucina. Prese un bicchiere d’acqua dal rubinetto e, sorseggiando, diede un’occhiata all’etichetta illeggibile sul faldone. 
Con la mano libera sparse il contenuto della busta sul tavolo. Per lo più c’erano fotografie e ritagli di giornale. Articoli sul delitto delle cave, avvenuto nel 2007. “Accidenti! A chi può venire in mente di riesumare questo caso?”
Si ricordò delle indagini condotte nell’ombra insieme a suo padre, all’epoca poliziotto come lui. Erano state ricerche silenziose, lontane dai registri ufficiali, nate dal sospetto che alcuni investigatori fossero coinvolti in una rete clandestina di manipolazione delle prove scientifiche, volta a proteggere figure politiche e imprenditori. C’era sempre stato qualcosa che non tornava. Tutto sembrava troppo perfetto e, nonostante una perizia balistica palesemente incongruente che, scagionava il sospettato e il movente non fosse mai stato confermato, Riva, l’operaio delle cave di travertino, era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ingegnere Tommaso Vitali.
Grimaldi selezionò il materiale sul tavolo, tra i vecchi ritagli trovò un biglietto, una frase scritta a mano: l’essenziale è invisibile agli occhi, il foglietto era fissato con una graffetta su un ritaglio di giornale: una freccia tratteggiata a penna, indicava un nome stampato sull’articolo: Tenente Colonnello Nicola Geranio, Cosa significava? 
Era stato Geranio a condurre le indagine del caso e a inchiodare il sospettato. 
Lui e suo padre ritenevano che le prove fossero insufficienti per condannare Giuseppe Riva. Padre e figlio si erano focalizzati su una bambina di dieci anni, scomparsa lo stesso giorno dell’omicidio. Non fu mai ritrovata ma durante le ricerche Il suo DNA era stato isolato sul luogo del delitto. 
Secondo i Grimaldi la piccola aveva visto l’assassino ed era stata fatta sparire, magari in uno di quei laghetti senza fondo nella campagna vicino alle cave. 
Aprì il faldone. I raccoglitori di plastica portavano etichette scritte a mano, contenevano fotografie che raccontavano un paesaggio ferito dove la corruzione dilagava: distese di blocchi accatastati, gru e nastri trasportatori arrugginiti. In alcune immagini, laghetti solfurei, circondati da scarti di pietra e macchinari corrosi, sembravano vomitare ciò che non riuscivano più a contenere. Nell’ultimo raccoglitore, nomi e indizi di inchieste remote: leggi ignorate, favori incrociati, volti noti. E poi, dentro una busta trasparente, la fotografia di una bambina dagli occhi grandi e il sorriso incerto: Carla Benetti. Sul retro, una data e un indirizzo: Via dei Cavatori 12.


Roma18 febbraio
Il traffico sulla Tiburtina, era una lenta colata di nervi. Il navigatore guidò Grimaldi fino a Villalba, una cittadina incastonata tra le ombre della campagna romana. Le strade si stringevano tra case basse edificate negli anni sessanta, senza la cognizione di un piano regolatore. Proseguì fino alla periferia sterrata, a ridosso di alte recinzioni intorno alle cave. Niente segnaletica, incroci come cicatrici. Perfino il navigatore l’aveva abbandonato.
Marco parcheggiò davanti a una casa bassa al civico 12, immersa nel verde di un piccolo terreno. Il recinto correva lungo il perimetro della vecchia cava Bossi dismessa da anni. Quello era Il luogo del delitto.
Scese dall’auto, guardò oltre il cancello, lo spinse, superò il vialetto sconnesso e si fermò davanti alla porta d’ingresso. La casa appariva ferma nel tempo. Bussò, due colpi secchi. Nessuna risposta. Appoggiò la mano sulla maniglia. La porta era socchiusa. 
Stava per varcare la soglia quando una voce roca lo fermò. Aurelio Bertani, settantenne, fisico asciutto, occhi inquieti. Sollevò lo sguardo sotto la visiera del berretto consunto. 
«Grimaldi?»
«Sono io, e lei chi è? »
L’uomo abbassò lo sguardo, si presentò.
«So dove tengono nascosta Carla Benetti. Lei deve aiutarla. Io non posso fare più niente per lei. Una prigione, anche se ha le pareti dorate, è sempre una prigione. E Carla è stanca, potrebbe morire per essere libera. Non mi crede vero?» Spinse la porta e indicò l’interno.
«C’è qualcosa che deve vedere, nella camera da letto, io l’aspetto qui».
La stanza era quasi vuota. Sul pavimento impolverato i vetri di una cornice rotta, sopra un mobile una fotografia. Carla Indossava un vestito chiaro, lo sguardo allegro ma incongruente con l’età che non corrispondeva, mancava sul viso l’aria infantile della foto del faldone: quella non era una bambina di dieci anni. Col pensiero che s’involava a cercare mille possibilità, girò la foto tra le dita. 
Sul retro una scritta a penna:
Carla, Tivoli – 2010
 «È viva!»
Un rumore secco, la porta si chiuse, la chiave girò nella toppa
«Bertani! Che sta facendo? Bertani, apra!» Bastò un calcio sulle persiane  che quelle si sbriciolarono, il detective balzò fuori e in dieci secondi rientrò dalla porta principale.
Il settantenne era riverso a terra, Il corpo piegato, la schiena insanguinata ferita da un colpo netto, un coltello abbandonato sul pavimento. Grimaldi si chinò: il volto di Bertani era segnato dal terrore. Un accenno di saliva, sangue… e qualcos’altro.
Tra le labbra. Un foglietto.
Il detective esitò. Sapeva che non avrebbe dovuto toccare nulla. Ma fece scivolare via il foglio dalla bocca con una pinzetta improvvisata. Era un messaggio scritto a mano. Carta porosa, inchiostro blu, grafia decisa.
Non dimenticare il mio segreto. 
Un avvertimento? Il detective si guardò attorno. Niente impronte. Nessun rumore. Ma lo avvertiva, qualcuno era ancora lì, Un rumore di passi che si allontanavano sul vialetto, Grimaldi corse verso l’uscita, seguì il calpestio fino in strada
Chiunque fosse stato sapeva come sparire dalla circolazione tra la vegetazione. 
Oltre al foglietto nella bocca lui non aveva toccato nulla, poteva andarsene e lasciare che qualcuno trovasse la vittima e denunciasse il fatto, nel frattempo lui in due o tre giorni avrebbe risolto il caso. 
Tornò in strada, controllò che non ci fosse nessuno in giro, salì in macchina e partì.
Doveva fare subito una telefonata. Doveva parlare con Riva il prima possibile. Solo guardandolo negli occhi avrebbe potuto capire se era lui il mandante dell’omicidio di Bertani. 
«Pronto? »
«Pa’, sono Marco, »
«Ciao, come stai? »
«Pa’ Ti ricordi del tenente colonnello Geranio? Della nostra indagine? 
«Il generale Geranio, oggi. Certo, mi ricordo, che gli è successo? 
«Nulla che io sappia, voglio sapere della moglie, Manuela Bertani, era molto amica della mamma, vi ricordate se lei avesse un fratello?»
«Si, Manuela ha un fratello, vive a Tivoli. Come puoi immaginare ora non ne sappiamo nulla, e neanche di Geranio e di sua moglie. Io non gli ho mai perdonato quella storia. Riva era innocente e lui lo sapeva benissimo perché io…»
«Papà. Forse ho trovato qualcosa di grosso sul caso delle cave, Una traccia della bambina, credo sia viva. Bertani ci stava dentro fino al collo e credo pure il nostro generale Geranio. Non posso dirti di più ora.»


20 febbraio
Penitenziario di Rebibbia
Grimaldi varcò il cancello principale stringendo tra le dita il foglio stropicciato della sua richiesta, aveva insistito personalmente, spiegato chi era, cosa cercava, e perché non poteva aspettare. 
Nessuna divisa, ma lo sguardo di chi l’ha indossata molto a lungo. Il documento era stato accettato in extremis. Il comandante di turno, riconoscendo il nome aveva mormorato: “Facciamo uno strappo. Per stavolta.” 
Nel corridoio dei colloqui, dalle salette, arrivavano voci basse, frammenti di vite che si incrociavano tra le sbarre. Alle 11:32, un agente lo chiamò per nome. È il suo turno, ispettore. Anzi, scusi…signor Grimaldi. 
La porta blindata si aprì con un sibilo metallico, e lui entrò. 
Seduto, immobile, lo aspettava Riva. Gli occhi ancora vivi, ma piegato dal tempo.
Marco Grimaldi sedette di fronte all’uomo che per più di diciott’anni era rimasto incastrato nelle trame della giustizia. L’uomo appariva stanco, consumato, lo sguardo perso in un punto che non esisteva. Senza dire una parola, Grimaldi posò sul tavolo una fotografia. «Si chiama Carla Benetti, ti ricordi di lei?»
Riva non parlò. Solo un lieve tremore al labbro. Poi sollevò lentamente la mano e passò l’indice sulla foto, sul volto della bambina. Le sue dita ruvide, si fermarono sul viso di Carla. «Conosci Aurelio Bertani?» Chiese Grimaldi, misurando ogni silenzio.»
L’interrogativo rimase sospeso a lungo. Il detenuto chiuse gli occhi, come se cercasse una chiave dentro se stesso. 
«La bambina scomparsa, lei ha visto, sa che io sono innocente e non so chi sia Aurelio Bertani.» 
Grimaldi si raddrizzò. Non poteva essere lui il mandante. 
«Forse è ancora viva. L’unico che poteva aiutarci a trovarla era Bertani, ed è stato assassinato» Riva guardò smarrito il detective. Grimaldi prese Il foglio trovato nella bocca del cadavere. Lo appoggiò vicino alla foto di Carla. 
Non dimenticare il mio segreto. 
«Cosa può significare questo? Era nella bocca del morto.»
Il silenzio cambiò la temperatura nella stanza, una vertigine di gelo li coprì. Riva lo fissò. 
«Chi ha scritto questo è ancora in gioco. Ma non so cosa può significare, io non ho visto l’assassino, ho visto la ragazzina, stavo pulendo il terreno e lei era là, non staccava le mani dalla grata della finestra, era scioccata, immobile, le ho preso i polsi e lei è fuggita. Io sono tornato a casa e credevo che lei avesse fatto la stessa cosa, il resto lo sanno tutti, non ho altro da dire.» Il detective si alzò, fece un cenno alla guardia. Il cancello si aprì. Il colloquio era finito ma il caso si stava intrigando.
La pioggia tamburellava sui vetri del soggiorno. Marco Grimaldi si sedette al suo PC. Aprì una finestra di ricerca e digitò varie parole chiave seguite dal nome della vittima. Con una serie di espedienti digitali, e un paio di contatti fidati, Grimaldi scoprì un dettaglio: Ogni tre mesi, Bertani volava a Londra. Sempre lo stesso itinerario. Sempre lo stesso hotel. Grimaldi si fermò. Rifletté. Poi, con un gesto deciso, prese il telefono. Digitò il numero dell’hotel. 
«Buonasera. Vorrei prenotare una stanza… a nome di Aurelio Bertani.»
Silenzio. Poi la voce dall’altra parte: «Certamente, signor Bertani. La aspettiamo.»


22 febbraio – Londra, Grand Concerto Hotel
Il taxi si ferma. Grimaldi paga senza parlare e si guarda attorno. Il cielo è lattiginoso, l’aria tagliente. Sente gli occhi di qualcuno che lo scrutano alle sue spalle, ma non si volta. Entra nella hall dell’hotel, si ferma accanto al bar. Ordina un Dry Ginger Ale, senza ghiaccio, poi chiede alla reception notizie su Bertani.
«Sono il signor Grimaldi, lo sto aspettando, quando arriva potete avvertirlo che sono qui? » Alla risposta positiva del receptionist, si sposta nell’area bar. La bevanda resta intonsa sul tavolino basso tra due poltrone in pelle. 
Rimugina su come indagare sugli spostamenti di Bertani. Avrebbe finto di aspettarlo per ore, alla fine qualcuno dei camerieri avrebbe scucito qualche parola, a fine turno gli avrebbe offerto da bere e poi…
La donna arriva come un presagio. Alta, sottile, portamento elegante. Tacchi vertiginosi, un tubino aderente e uno scialle di cachemire blu avvolto attorno alle spalle. Si siede davanti a lui senza rumore, la luce della vetrata la illumina appena. Gli occhi. Il profilo. La tensione sulla bocca. È lei. Non ha bisogno di chiedere chi sia
«Buonasera, Carla.»
Lei lo guarda, gli occhi lucidi ma fermi. «Signora Langford, ora. Ben arrivato a Londra, signor Grimaldi… o dovrei dire detective? Ha fatto buon viaggio?» Lui prende le due fotografie dalla cartella e le poggia sul tavolo. «Sono qui per questo.» Carla sussulta. Le labbra tremano. «La prego… so cosa è successo ad Aurelio. Gli volevo bene, è stato come un padre per me, ma non doveva farlo, non doveva coinvolgerla. Gli avevo assicurato che io… non ho bisogno di aiuto.»
«Vuole bere qualcosa?» Chiede lui. «Non sembra stare troppo bene.» «Sì… Un tè nero con miele.» 
Aspettano l’ordinazione in silenzio, la ragazza cerca di distogliere lo sguardo che ricade inevitabile sulle foto sistemate sul tavolo. Grimaldi sorseggia lentamente, la osserva, aspetta che dica qualcosa. Il cameriere arriva. Carla, nonostante il riscaldamento, si copre le spalle con il suo scialle e nel movimento urta il vassoio. Il tè sobbalza. Qualche goccia cade sul tavolo, Carla scatta, afferra le foto per salvarle. Il cameriere si scusa, Grimaldi lo rassicura. Carla si scusa anche lei, porge le foto al detective e lui le mette nella tasca della giacca. La donna beve solo un sorso, «Devo andare.» Fa per alzars,i ha il volto pallido. «Aspetti, Riva dice che solo lei conosce il vero colpevole.» La rassicura, le prende la mano. Due uomini seduti poco distanti scattano in piedi, li osservano. Lei sfila la mano dal palmo di lui.
«Sei in pericolo? Posso farti rientrare in Italia sotto protezione.»
«No. Fermati. O sarai tu a mettere in pericolo te stesso e me» Il tono è tagliente «Riva era dietro di me. Io ero lì… Ho visto, mi hanno vista. Poi lui è arrivato da dietro, mi ha staccato le mani dalla grata e io sono fuggita. Solo io ho visto. Nessun altro. E io non farò mai quel nome, non lo dirò mai. A nessuno.»
Nel chiacchiericcio della hall, il loro silenzio risuona come un allarme.
«Non hai nulla da fare qui. Ti auguro un buon ritorno in Italia.»
Grimaldi non replica, è quasi certo ci sia un microfono addosso alla ragazza. Lei si gira e attraversa la hall verso l’uscita. I due uomini in abito scuro la seguono a breve distanza. Davanti all’uscita, Carla si copre il capo con lo scialle; piove piano. Uno dei due uomini apre un ombrello nero e lei si lascia proteggere sotto un lampo improvviso. Dopo pochi secondi un lungo tuono scuote le vetrate, si alza anche lui, per ora non ha più nulla da fare a Londra. 


Notte – Hilton London Docklands Riverside, nei pressi dell'aeroporto. 
La stanza è piccola, essenziale. Ordina la cena in camera. Non riesce a crederci, “La ragazza sembra coinvolta in quel crimine, ma è assurdo” Deve riflettere. Mentre aspetta la cena si lava le mani, sistema la giacca su una gruccia, ”le foto, meglio rimetterle nella cartella”. Tra i due scatti scorge un biglietto piegato. Una carta sottile, trasparente. Un nome scritto a caratteri stampati e sotto in corsivo con calligrafia incerta: Aiutami.
Il nome squarcia la notte come un tuono in un silenzio di ferro. Un nome che non si può dire. Ma lei lo ha scritto e lui lo ha letto, ormai tutto è cambiato. Non riesce neanche a sussurrarlo. Il cuore accelera. La gola si stringe. Apre la finestra.
L’aria è fredda. Piove. Una risata isterica gli sfugge, poi tace.
Poggia le mani sul davanzale, il Tamigi riflette e confonde le luci di Canary Wharf. Linee, riflessi che si incrociano come simboli antichi nascosti fra gli inganni. Il biglietto vibra tra le dita. Così leggero. Così facile da lasciar volare nel vento. Sotto una pioggia di spine fitte, il segreto se ne va nel vortice d’acqua e di rabbia.



 
Non ho soltanto dato una potatina, l'ho proprio sradicato e ripiantato e quindi si sono perse alcune cose importanti: il vero ruolo di Bertani, la nuova identità di Carla, i depistaggi di Geranio, gli interessi e le implicazioni politiche della Cave di travertino...ma, c'è di buono che sarà bello leggere quello che ho buttato via, in un eventuale prequel o sequel.





Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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Ho iniziato a leggere il tuo racconto e mi ha subito presa moltissimo, hai una scrittura coinvolgente, scorrevole, appassionante, complimenti. 
Ti faccio le pulci e un cazziatone:
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amnonostante una perizia balistica palesemente incongruente che, scagionava il sospettato e il movente non fosse mai stato confermato, Riva, l’operaio delle cave di travertino, era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ingegnere,
C'è una virgola di troppo dopo il che, inoltre questa frase mi sembra un po' contorta, toglierei le parole sbarrate.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amRoma, 17 febbraio 2025.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amRoma18 febbraio
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 am20 febbraio
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 am22 febbraio – Londra, Grand Concerto Hotel
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amNotte – Hilton London Docklands Riverside, nei pressi dell'aeroporto. 
I titoli seguono schemi totalmente diversi, si nota, sembra un errore, non so se fosse voluto.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amIl traffico sulla Tiburtina, era una lenta colata di nervi
Quanta verità!  :bash:
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amE Carla è stanca, potrebbe morire per essere libera
Intendi: morirebbe per la sua libertà? Non è chiarissimo.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amOltre al foglietto nella bocca lui non aveva toccato nulla, poteva andarsene e lasciare che qualcuno trovasse la vittima e denunciasse il fatto, nel frattempo lui in due o tre giorni avrebbe risolto il caso. 
Usi due "lui" ravvicinati, riferendoti a due personaggi diversi e, a questo punto del racconto, non capisco come possa affermare che risolva un caso al momento estremamente intricato, in due o tre giorni.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amMa non so cosa può significare, io non ho visto l’assassino, ho visto la ragazzina,
Il detenuto sembra parlare un italiano corretto, metterei possa al posto di può 
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amFa per alzars,i
Refuso
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amil segreto se ne va nel vortice d’acqua e di rabbia.
COOOSAAAAAA ?!? Non puoi finire così, il sequel è dopo il finale... Ok, alla fine si capisce che hai ridotto al massimo i caratteri, ma non puoi lasciarmi senza finale? Il padre? Maddaiii... Non si fa così...
:fu:
<3

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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Modea72 wrote: Sun Aug 03, 2025 9:59 pmCOOOSAAAAAA ?!? Non puoi finire così, il sequel è dopo il finale... Ok, alla fine si capisce che hai ridotto al massimo i caratteri, ma non puoi lasciarmi senza finale? Il padre? Maddaiii... Non si fa così...
Ciao @Modea72 
Ti ringrazio molto per la lettura e per il commento.
Sono passata da quasi 24000 caratteri a sedicimila e mentre tagliavo e ricucivo il racconto lievitava a dismisura. La prima bozza la prenderò in mano e ne farò un racconto per partecipare a qualche concorso. Ma il finale…mi dispiace, il finale quello è. Non lo dico nemmeno io quel nome. Non si può dire.
Ho scritto un giallo volutamente psicologico. Da un po' di tempo mi appassiono al crime, quello reale, e nella realtà i delitti troppe volte non vengono risolti. Il colpevole va immaginato. Io ho immaginato un nome ma, senza scomodare la fantasia, mi vengono in mente almeno tre tipologie diverse di personaggi molto famosi che ruotano attorno a certe dinamiche imprenditoriali. Ti do un suggerimento:
Immagina Qualcuno talmente potente da scomodare il generale Geranio, allora comandante della sezione investigativa, a prendersi la briga di depistare e contaminare le prove di un delitto, per proteggere questo Qualcuno. Ecco, quello è il colpevole.

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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Cara Albascura ti ringrazio per la risposta, ma non ci sto!
Nella triste realtà spesso sarà come dici tu, ma in un racconto il finale lo pretendo, poi posso immaginare mille implicazioni, parallelismi, alternative... Io il finale lo voglio!
Guarda, giusto perché sono sdraiata non sto battendo i piedi!
:tze:
<3

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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Ciao, @Albascura, e buon divertimento con il contest. Oltre al fatto che scrivi molto bene, molto bello anche il crescendo di ansia e tensione nella narrazione, anche se si risolve in...?
Il problema è uno: giallo e poliziesco non fanno per me - ne ho letto uno in tutta la vita, ed è quello di @Marcello  :libro: - quindi non so nemmeno dirti cosa mi aspetto come finale. Nel dubbio inizio a segnarmi quanto dici
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 11:10 pmImmagina Qualcuno talmente potente da scomodare il generale Geranio, allora comandante della sezione investigativa, a prendersi la briga di depistare e contaminare le prove di un delitto, per proteggere questo Qualcuno. Ecco, quello è il colpevole
perché, ora che ho detto che il giallo non è il mio mestiere, lo staff sarà tanto buono da assegnarmi un prequel o un sequel al tuo racconto (ti chiedo scusa in anticipo, perché se sarà così, ti farò fare una pessima figura :buhu: ). :si: 

Tra l'altro, ho cercato "delitto delle cave" ma non ho trovato nulla, quindi solo per ignoranza ti chiedo se hai preso spunto dalla realtà o si tratta di un caso inventato.

Nel dettaglio, all'ottimo commento precedente posso aggiungere giusto una cosa che mi è saltata subito agli occhi.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amLa giornata era stata lunga, fuori cominciava a imbrunire e, quando il neon dell’ufficio cominciò a sfarfallare, Grimaldi decise che era tempo di andare anche per lui, si stiracchiò, raccolse la giacca gualcita dal divanetto e uscì senza voltarsi.
Spezzerei: "La giornata era stata [...] sfarfallare. Grimaldi decise [...] per lui: si stiracchiò, [...] voltarsi."


Alla prossima lettura.  :libro:
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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bwv582 wrote: Mon Aug 04, 2025 10:02 amTra l'altro, ho cercato "delitto delle cave" ma non ho trovato nulla, quindi solo per ignoranza ti chiedo se hai preso spunto dalla realtà o si tratta di un caso inventato.
Ciao, @bwv582 
Il caso delle cave non esiste, ma si, ho preso spunto dalla realtà. E mi aspetto che qualcuno che segua con interesse i casi reali, veda i piccoli riferimenti e li riconosca. 
Comunque, se dovessero assegnarti il mio racconto per la seconda fase, scrivimi in privato. Posso illuminarti, sempre su basi reali. 
Le cave di travertino esistono, e pure i laghetti d'acqua solfurea e non, sparsi per il territorio di Tivoli e Guidonia. Uno su tutti Il lago di san Giovanni, legato a storie mai risolte di strani ritrovamenti che portano in diverse direzioni investigative. La gente mormora, la stampa è sempre di parte, qualcuno nasconde prove, altri depistano e confondono le idee. E alla fine tutto va nel dimenticatoio, ma le leggende no, quelle serpeggiano ancora. E i moventi e gli assassini restano nelle maglie delle storie di paese, nel detto e non detto da chi sa, da chi crede di sapere e da chi ha sentito dire. 

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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  wrote:Ma il finale…mi dispiace, il finale quello è. Non lo dico nemmeno io quel nome. Non si può dire
È chiaro che sei tu Carla! 
Non avevo mai letto nulla di tuo, eppure si riconosce subito una buona penna, senza conoscerti credo che tu sia ben allenata (allenato?)... Complimenti, non sono un esperto di racconti, ma resto affascinato dal fatto che alcuni ti tengono incollato allo schermo e altri riescono ad annoiare dopo un paio di righe. Il tuo appartiene certamente alla prima categoria e io sono un ottimo betatest dal momento che ho la soglia d'attenzione di uno  scoiattolo. Un racconto lungo, così chiaro alla prima lettura, con un climax di suspense, non è semplice, soprattutto se mi dici che lo hai dovuto affettare col machete. Come si dice in gergo "La fai sembrare facile". L'atmosfera da Giorno dello Sciacallo all'italiana mi ha conquistato subito, i piccoli refusi che ti hanno fatto notare gli altri si fanno perdonare, la voglia di andare avanti è prioritaria. Non è tutto, ma in un romanzo e (forse sbaglio) ancor di più in un racconto la scorrevolezza ha una sua importanza. Incollare il lettore allo schermo è un dono. Mi accodo a quanto scritto da Modea, lasciare il finale sospeso è pura cattiveria, ma forse anche questo senso di incompletezza serve a innamorarsi del testo, ti ho odiato ma non fino in fondo. Se proprio devo rompere le palline e trovare un dettaglio che non mi è piaciuto è la descrizione di Carla: Tacchi vertiginosi, un tubino aderente e uno scialle di cachemire blu avvolto attorno alle spalle, forse un po' un cliché? Non so, mi permetto di dirtelo soprattutto in chiave di riscrittura per un racconto più strutturato, a me la femme fatale non dice niente, ma magari mi sbaglio. 
È stato un piacere leggerti, ancora complimenti.
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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NanoVetricida wrote: Mon Aug 04, 2025 11:30 amTacchi vertiginosi, un tubino aderente e uno scialle di cachemire blu avvolto attorno alle spalle, forse un po' un cliché? Non so, mi permetto di dirtelo soprattutto in chiave di riscrittura per un racconto più strutturato, a me la femme fatale non dice niente, ma magari mi sbaglio. 
Non dovrei spoilerare, vorrei che questo racconto, quando sarà terminato trovasse la sua strada, magari in un concorso o in una raccolta a tema. Ma a te lo dico in un orecchio. La ragazza è un trofeo da esposizione. Un trofeo che l'assassino espone in pubblico per affermare la sua potenza e la sua immunità. Lei sa, e lui non ha nessun timore. Lei gli appartiene, la fa vestire come vuole, la fa vivere come vuole, quindi il clichè, è l'assassino a crearlo non io.
Grazie per la lettura, a presto. 

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amTutto sembrava troppo perfetto e, nonostante una perizia balistica palesemente incongruente che, scagionava il sospettato e il movente non fosse mai stato confermato, Riva
Quella virgola prima di"scagionava" non ha motivo di esserci.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amuna freccia tratteggiata a penna, indicava un nome sta
Anche questa virgola dopo "penna" è da togliere, perché separa il soggetto dal verbo.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amIl traffico sulla Tiburtina, era una lenta colata di nervi.
Anche questa virgola è da togliere: anch'essa separa il soggetto dal verbo.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amStava per varcare la soglia quando una voce roca lo fermò. Aurelio Bertani, settantenne, fisico asciutto, occhi inquieti. Sollevò lo sguardo sotto la visiera del berretto consunto. 
«Grimaldi?»
«Sono io, e lei chi è? »
L’uomo abbassò lo sguardo, si presentò.
«So dove tengono nascosta Carla Benetti. Lei deve aiutarla. Io non posso fare più niente per lei. 
Non capisco: dopo diciott'anni, il detective Grimaldi riceve informazioni che gli fanno riaprire il caso. Va all'indirizzo (che prima non sapeva)  dove viveva la bambina scomparsa, Carla, e trova questa persona che sa chi è lui (può essere, certo) ma, come se lo aspettasse, si fa trovare al momento giusto sul posto, e gli rivela che sa dove si trova  Carla Benetti. Tanto valeva fargli dire che aveva lasciato lui la busta Kraft nella sua macchina. 
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amGrimaldi varcò il cancello principale stringendo tra le dita il foglio stropicciato della sua richiesta, aveva insistito personalmente, spiegato chi era, cosa cercava, e perché non poteva aspettare. 
Dopo "richiesta" ti suggerisco l'uso dei due punti esplicativi.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amSono il signor Grimaldi, lo sto aspettando, quando arriva potete avvertirlo che sono qui? » Alla risposta positiva del receptionist, si sposta nell’area bar. La bevanda resta intonsa sul tavolino basso
In genere, uno non si presenta come "Signore". Potevi fargli dire: Sono Grimaldi oppure Il mio nome è Grimaldi.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amUn nome scritto a caratteri stampati e sotto virgola in corsivo virgola con calligrafia incerta: Aiutami.Aiutami.
L'hai persino scritto che era in corsivo la parola Aiutami! Il corsivo sostituisce anche le virgolette del discorso diretto.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amLa stanza è piccola, essenziale. Ordina la cena in camera. Non riesce a crederci, “La ragazza sembra coinvolta in quel crimine, ma è assurdo” Deve riflettere. Mentre aspetta la cena si lava le mani, sistema la giacca su una gruccia, ”le foto, meglio rimetterle nella cartella”. Tra i due scatti scorge un biglietto piegato. Una carta sottile, trasparente. Un nome scritto a caratteri stampati e sotto in corsivo con calligrafia incerta: Aiutami.
Il nome squarcia la notte come un tuono in un silenzio di ferro. Un nome che non si può dire. Ma lei lo ha scritto e lui lo ha letto, ormai tutto è cambiato. Non riesce neanche a sussurrarlo. Il cuore accelera. La gola si stringe. Apre la finestra.
L’aria è fredda. Piove. Una risata isterica gli sfugge, poi tace.
Poggia le mani sul davanzale, il Tamigi riflette e confonde le luci di Canary Wharf. Linee, riflessi che si incrociano come simboli antichi nascosti fra gli inganni. Il biglietto vibra tra le dita. Così leggero. Così facile da lasciar volare nel vento. Sotto una pioggia di spine fitte, il segreto se ne va nel vortice d’acqua e di rabbia.
Hai fatto un testo performante che riesce ad attirare l'attenzione del lettore e a trascinarlo negli eventi, ma anch'io, come @Modea72 , devo farti una nota blu: quel nome dovevi rivelarlo! In un giallo si scopre sempre, alla fine!   :si:

Ho letto la tua risposta sul giallo "psicologico" che richiamo:
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 11:10 pmMa il finale…mi dispiace, il finale quello è. Non lo dico nemmeno io quel nome. Non si può dire.
Ho scritto un giallo volutamente psicologico. Da un po' di tempo mi appassiono al crime, quello reale, e nella realtà i delitti troppe volte non vengono risolti. Il colpevole va immaginato. Io ho immaginato un nome ma, senza scomodare la fantasia, mi vengono in mente almeno tre tipologie diverse di personaggi molto famosi che ruotano attorno a certe dinamiche imprenditoriali. Ti do un suggerimento:
Immagina Qualcuno talmente potente da scomodare il generale Geranio, allora comandante della sezione investigativa, a prendersi la briga di depistare e contaminare le prove di un delitto, per proteggere questo Qualcuno. Ecco, quello è il colpevole.
In conclusione, sei stata brava e, considerato nella prospettiva che hai voluto dare al tuo giallo, è un lavoro riuscito! @Albascura   :)

Grazie di esserci! Sempre bello leggerti!  :libro:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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  wrote:Poeta ZazaNon capisco: dopo diciott'anni, il detective Grimaldi riceve informazioni che gli fanno riaprire il caso. Va all'indirizzo (che prima non sapeva)  dove viveva la bambina scomparsa, Carla, e trova questa persona che sa chi è lui (può essere, certo) ma, come se lo aspettasse, si fa trovare al momento giusto sul posto, e gli rivela che sa dove si trova  Carla Benetti. Tanto valeva fargli dire che aveva lasciato lui la busta Kraft nella sua macchina. 
Va all'indirizzo (che prima non sapeva)  dove viveva la bambina scomparsa: Anche se diciotto anni prima, con suo padre investigava sul caso della bambina, non è detto che debba per forza esserci già stato, o ricordarsi di aver letto l'indirizzo preciso.  

E trova questa persona che sa chi è lui (può essere, certo) ma, come se lo aspettasse, si fa trovare al momento giusto sul posto, e gli rivela che sa dove si trova  Carla Benetti. Tanto valeva fargli dire che aveva lasciato lui la busta Kraft nella sua macchina:


Certo! Bertani lo aspettava, sperava che Grimaldi  arrivasse nella casa. Dirgli so dove si trova Carla benetti è lo stesso che dire ti ho mandato io la busta e so dove si trova Carla benetti. È una ammissione spontanea, prima di dire:  sono io che ti ho aperto la macchina dice subito perché lo ha fatto. Forse è brutto, ma dovevo risparmiare caratteri, la scena non è cambiata di molto. In questa versione mi accontento di quello che ho scritto. In fondo me lo aspettavo vista la grassa potata che gli ho dato.



  wrote:Poeta ZazaHai fatto un testo performante che riesce ad attirare l'attenzione del lettore e a trascinarlo negli eventi, ma anch'io, come @Modea72 , devo farti una nota blu: quel nome dovevi rivelarlo! In un giallo si scopre sempre, alla fine!
Non sempre, sono scelte narrative, stilistiche. 
Ma tu e @Modea72  avete ragione: nei gialli classici si rivela sempre il colpevole, e questa aspettativa è parte integrante del piacere della lettura.

Ma io ho scelto di andare in direzione opposta. Non svelare il nome è stato un gesto deliberato. Volevo disturbare un po’ l’equilibrio, fare in modo che la vera tensione non si sciogliesse, ma restasse a vibrare anche dopo l’ultima pagina. Un po’ come in Blow-Up di Antonioni, dove la ricerca della verità si perde nel dubbio. Oppure come in certi racconti di Patricia Highsmith, o nel capolavoro, Ninfee Nere, un giallo ambientato a Giverny, il villaggio di Monet, dove l’indagine si intreccia con arte e illusioni. Il finale è sorprendente e lascia il lettore a riflettere su ciò che è vero e ciò che è immaginato, dove il confine tra vittima e colpevole si sfuma e resta un’ombra. Ma ce ne sono molti altri di esempi, non pretendo di essere la prima ad aver scritto una trama in cui un mistero alla fine non viene risolto.
Non ho voluto che fosse la trama a “spiegare tutto”. Ho preferito che fosse il lettore a vivere quell’incertezza, a cercare tra i dettagli, a porsi delle domande. 
In fondo, non è sempre così nella vita? Ci sono verità che sfuggono, che si nascondono, che non vengono mai dette  e forse, sono proprio quelle a lasciarci il segno. Come accade dalle mie parti quando si nomina il lago di san Giovanni: tutti ne sanno qualcosa ma la verità rimane sempre nell'aria 
So che può generare frustrazione, e me ne prendo la responsabilità. Ma se quel senso di incompiutezza ha provocato una reazione, allora forse il racconto ha funzionato: non è passato inosservato.
Grazie di cuore. Le tue parole sono importanti per me.

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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Ciao     @Albascura , ti avevo fatto un commento degno di te, ma per infilarci una nota, ho chiuso la pagina e il commento è svanito come il tuo assassino... :D
Ricomincio daccapo. Non ti incazzerai, spero, se ti dico che con il tuo taglia e cuci, parecchie cose non sono al posto giusto. Il giallo è come un lavoro fatto all'uncinetto, una maglia ai ferri. Punto dopo punto, alla fine ti viene di una misura più grande. Inutile modificarlo, devi per forza disfare e ricominciare. Io cerco di stare sempre entro i 18K quando è un racconto lungo. Perché se si arriva come hai fatto tu a 24K, i seimila in più sono un problema. Cominci a tagliare e a lasciare vuoti. Questo si realizza della trama che hai cercato di tenere, furbescamente, in bilico. Però penso che hai fatto bene a lasciare aperta la storia, sia su "Chi ha ucciso laura Palmer?" e lo stesso movente. Chiunque riceverà il tuo pezzo nel proseguo del contest potrà svelare il suo nome e il perché del fatto di sangue. Io, sinceramente, non vedo alternativa al prequel, in quanto il sequel contrasterebbe col percorso da te scelto. Grimaldi scopre l'assassino alla fine, anche se non dice il nome. Quindi la storia finisce lì. Che senso avrebbe un proseguo, considerato che sarebbe più intrigante, più da giallo, secondo la linea del testo tuo, iniziare dalla partenza, dando al lettore, i tasselli per completare il puzzle. Non servirebbe neanche dare un nome, basterebbe il solo movente. Così verrebbe rispettata la tua idea originaria. Detto questo, ti segnalo alcuni punti che dovrai rivedere per forza, perché diversamente non potrai battere @Marcello nelle sue intrigate trame poliziesche. :asd:

La prima.
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amSi ricordò delle indagini condotte nell’ombra insieme a suo padre, all’epoca poliziotto come lui. Erano state ricerche silenziose, lontane dai registri ufficiali, nate dal sospetto che alcuni investigatori fossero coinvolti in una rete clandestina di manipolazione delle prove scientifiche, volta a proteggere figure politiche e imprenditori.
C’era sempre stato qualcosa che non tornava. Tutto sembrava troppo perfetto e, nonostante una perizia balistica palesemente incongruente che, scagionava il sospettato e il movente non fosse mai stato confermato, Riva, l’operaio delle cave di travertino, era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ingegnere Tommaso Vitali.
Non si capisce da chi abbiano ricevuto l'incarico. Tieni conto che in questi casi sono i distretti antimafia che investigano, non dei semplici poliziotti.
Non parli dell'arma usata, ma si intuisce sia una da fuoco. A questo punto, a livello di indagini, non servono a niente tracce di DNA, quando non si trova l'arma, e il presunto indagato (Non sospettato) che ne uscito indenne dalle prove di stub, e non si è trovato un movente, nessuna Corte di Assisi, potrebbe condannarlo. 
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amTra le labbra. Un foglietto.
Ti segnalo questi due passi per evidenziare le chiavi con cui Grimaldi approda alla soluzione: i biglietti di carta. Tale modo non va bene nei gialli. Le soluzioni avvengono tramite scoperte sul campo, frutto di indagini. Trovare la soluzione nei foglietti lasciati per caso o per volere, è una vecchia maniera di fare giallo. Un'altra cosa che ti segnalo e il cambio del tempo verbale usato per le date iniziali e impostate col tempo passato (20/21), e le ultime due (22 e notte) impostate al presente. Ci mancherebbe, non è che sia una cosa inusuale, ma credo che solo per la "notte" poteva risultare proficuo il presente, per dare più suspence al finale. Per finire, credo che la piccola Carla non può essere l'assassina, troppo piccola per maneggiare un'arma. Anche se tutto può essere successo. Quindi, chiudo augurandomi un bel prequel, e un in bocca <3 al lupo a chi sarà dato il compito. Ciao cara
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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Ok @bestseller2020 
 Non mi incazzo, stai sereno. Hai ragione su tutto, ma non taggare il povero Marcello per queste quisquilie. Marcello è il mito, il giallo è roba sua, e spero che non abbia letto la mia schifezza. Che vuoi che venga a cazziarmi anche lui?

Grazie  per il tuo contributo, Albascura

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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ciao @Albascura 
Albascura wrote: Thu Aug 07, 2025 11:01 pmOk @bestseller2020 
 Non mi incazzo, stai sereno. Hai ragione su tutto, ma non taggare il povero Marcello per queste quisquilie. Marcello è il mito, il giallo è roba sua, e spero che non abbia letto la mia schifezza. Che vuoi che venga a cazziarmi anche lui?

Grazie  per il tuo contributo, Albascura
Ma non metterla così! Magari ci potrebbe dire qualcosa a riguardo delle osservazioni. E poi non ho dato un giudizio negativo, ma solo uno critico su alcune cose. Sarà bello riscriverlo come ti ho detto.. ciao <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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bestseller2020 wrote: Sat Aug 09, 2025 5:39 pmE poi non ho dato un giudizio negativo, ma solo uno critico su alcune cose. Sarà bello riscriverlo come ti ho detto.. ciao <3
La mia risposta non era polemica, era per scherzare. Quello che hai evidenziato nel commento lo approvo e non l'ho presa per un 'osservazione negativa.  Marcello è il benvenuto, se vuole cazziarmi pure lui ne sarei onorata. Ma non lo taggo per scarsa autostima. 

Re: [CE2025] Il silenzio di ferro

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Accidenti, @Albascura, che storiona!
Permettimi tuttavia qualche osservazione che spero ti sia utile
 Dici:
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 11:10 pmSono passata da quasi 24000 caratteri a sedicimila e mentre tagliavo e ricucivo il racconto lievitava a dismisura ...
Ho scritto un giallo volutamente psicologico.
Ora, a parte il ridimensionamento del testo che, data l’entità, ha visto il sacrificio di nodi significativi per la comprensione dell’intreccio, quello che mi è mancato è altro.
Non la soluzione dell’enigma, del resto rivendicata come scelta stilistica, quanto piuttosto la definizione dei personaggi che faticano ad avere vita propria, oscurando così il vero nucleo narrativo che invece è potente.
Se il registro che hai scelto è quello psicologico, cacio sui maccheroni di ogni noir, paradossalmente non mi basta quello che hai scritto. 
A cominciare dal protagonista, che non ha emozioni, che si barcamena tra passato e presente con la stessa espressione stampata in faccia
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amIl detective Marco Grimaldi, cinquantacinque anni, ex investigatore della polizia di stato, congedato volontariamente con onore, lanciò la busta e il faldone sul tavolo della cucina. Prese un bicchiere d’acqua dal rubinetto e, sorseggiando, diede un’occhiata all’etichetta illeggibile sul faldone.  
Vuoi fargli bere acqua? Va bene, ma pensa se prima di riempirsi il bicchiere desse un’occhiata allo stipo dove una volta teneva il whisky. Un niente che avrebbe detto molto di quel congedo volontario, ma con onore.
 
Personaggi, dialoghi, trotterellano obbedienti come un gregge inseguito dal cane
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 am«Pronto? »
«Pa’, sono Marco, »
«Ciao, come stai? »
«Pa’ Ti ricordi del tenente colonnello Geranio? Della nostra indagine? 
«Il generale Geranio, oggi. Certo, mi ricordo, che gli è successo? 
«Nulla che io sappia, voglio sapere della moglie, Manuela Bertani, era molto amica della mamma, vi ricordate se lei avesse un fratello?»
«Si, Manuela ha un fratello, vive a Tivoli. Come puoi immaginare ora non ne sappiamo nulla, e neanche di Geranio e di sua moglie. Io non gli ho mai perdonato quella storia. Riva era innocente e lui lo sapeva benissimo perché io…» 
Non è quello che si dicono, è il tono di questo, come di altri incontri e dialoghi, a lasciarmi perplessa.
Due uomini che hanno condiviso il rischio di un’indagine, scomoda quanto pericolosa e che alla fine, a un passo dalla soluzione, hanno dovuto ingoiare il colpo di mano di Geranio, che adesso è pure generale.
Poche parole, messe lì come fosse un rigore che l’arbitro non ha fischiato, invece che dignità e onore fatte a pezzi da quello che sembrava un amico di famiglia. Dobbiamo farcele bastare?
Per di più, dopo diciotto anni, il figlio chiama il padre e riapre la ferita, ma nulla trapela. Non rabbia, non frustrazione né rassegnazione.
Mi sarei aspettata un silenzio, il suono di un respiro e poi un «Non ne voglio parlare»
«E invece devi, mi serve, capisci?»
«Perché, Marco? Perché adesso?»
 
Ti soffermi su quello che accade e lo tratteggi con cura, il che è bello, ben scritto e appropriato se avessi avuto duecento pagine per farlo. Ma soprattutto se la desolazione di cui parli fosse lo specchio di altre desolazioni, chiuse nel cuore di chi finora non ha potuto fare nulla.
 
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amfotografie che raccontavano un paesaggio ferito dove la corruzione dilagava: distese di blocchi accatastati, gru e nastri trasportatori arrugginiti. In alcune immagini, laghetti solfurei, circondati da scarti di pietra e macchinari corrosi, sembravano vomitare ciò che non riuscivano più a contenere.  
Lo senti come funziona bene?
 
E qui torno alla questione della soluzione negata, che un grido di dolore da tante parti ha suscitato.
Invece, a mio parere, anche questo funziona. Ma solo a condizione di far venire in primo piano il motivo reale del racconto che, per quanto detto finora, è un altro.
Per farmi capire, devo tornare ancora ai personaggi.
Chi  sono questi fantasmi che si aggirano come se avessero perso la strada?
Cosa li lega o li ha separati? Che senso danno, se ancora ce l’ha, al trascorrere del tempo?
In sostanza, non chi ha fatto cosa, ma perché.
È questo il vero enigma, la domanda cardine che regge tutto e attorno a cui tutto dovrebbe girare.
E allora chi se ne frega della soluzione, questa non è la storia di un delitto, ma di una solitudine, di tante solitudini, diverse eppure uguali, tutte obbligate ad andar via, scomparire, vendersi, tacere.
Il silenzio di ferro (titolo efficacissimo) è la messa in scena dell’impotenza, del fallimento, della caccia alla verità, una pur che sia, ultimo tentativo di riscatto.
È infine la resa senza appello a un mondo che ti mastica e poi ti sputa fuori.
Così tutto torna, tutto prende corpo e significato.
Così davvero splendido il finale:
Albascura wrote: Sun Aug 03, 2025 2:23 amPoggia le mani sul davanzale, il Tamigi riflette e confonde le luci di Canary Wharf. Linee, riflessi che si incrociano come simboli antichi nascosti fra gli inganni. Il biglietto vibra tra le dita. Così leggero. Così facile da lasciar volare nel vento. Sotto una pioggia di spine fitte, il segreto se ne va nel vortice d’acqua e di rabbia.
Se, come hai detto e come spero, ci rimetterai mano, mi aspetto una gran bella lettura  (y)
 
 
 
 
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