[MI145] Doppi vetri e doppi specchi

1
viewtopic.php?p=9158#p9158

Traccia: il labirinto.

Lascia che inizi da una scena qualsiasi della sequenza. Ecco, ad esempio, da quello che ho adesso davanti agli occhi: la signora del palazzo di fronte stende i panni ad asciugare al sole. Io non ho un balcone con la giusta esposizione, tant’è che non è montato nemmeno il supporto per il filo stendi-biancheria. Ma lei sì, c’è l’ha. La sua storia, evidentemente, è diversa dalla mia.
Non ho mai visto suo marito stendere i panni. Al balcone si affaccia raramente. Hai voglia di discorsi sulla parità di genere, si vive ancora così… Magari lamentandosi, magari sbraitando verso lui, che rimane nascosto al mio sguardo, ma è sempre lei, la donna, a svolgere i servizi domestici, con un ordine che rasenta l’ossessione-compulsione. Prima le calze di lei – tre paia, color carne –, poi i calzini di lui, che a giudicare dalla quantità è uno che cambia spesso la biancheria: di capi stesi ad asciugare ne avrà il doppio di suo figlio, i cui calzini sono disposti in ultimo.
Lo vedi, quante differenze? I miei calzini, sullo stenditoio che lascio all’interno dell’appartamento, non sgomitano con quelli di nessun altro, per trovar posto. Così li metto alla rinfusa, almeno potranno contendersi lo spazio con le camicie e i pantaloni, darò loro la sensazione di non esser soli.
Sai cosa? Quando stende i panni, la vicina è talmente vicina che è come se stesse in camera mia. Ogni tanto, quando esco dalla doccia, dimentico di mettere i vestiti puliti a portata di mano. Così vado nudo all’armadio, dove potrebbero benissimo arrivare i suoi occhi. Lo faccio apposta. Chiaro che lo faccio apposta. Ma perché?, visto che, se davvero io lo volessi, potresti stendere tu lo sguardo sulle imperfezioni del mio corpo, perdonarle come può fare un prete in confessione, giusto tre avemaria e ogni bruttura è espiata…
Ho cucinato, ho ritirato le lenzuola che finalmente si sono asciugate, ho persino pulito il bagno con la candeggina. Mi sono lavato. Segnali che mi dicono che sto in piedi, nonostante tutto, anche se non ho rifatto il letto. Bisogna imparare a dirsi “bravo!” da sé, quando si vive soli. “Bravo, ti sei alimentato ancora una volta!”.
Questa cosa della didattica a distanza è insopportabile per me, che sono il vicino, figuriamoci per loro. Sono stato tentato a più riprese di intervenire, di dire alla mamma di lasciar perdere il bambino per un po’, di dargli respiro, che così è una tortura. Ma sarebbe la prima volta che ci parliamo. Perché non ci parliamo, in effetti? Perché mai? È un patto tacito: ci guardiamo ma non ci parliamo.
E con te, perché non ci parliamo?
Lo sai, può essere più semplice guardarsi allo specchio e dire al proprio riflesso: “così siamo noi due soli, vecchio mio. Ma ce la faremo, siamo due ragazzi in gamba”. Può essere più facile, ma è adesso che il sangue scorre nelle vene, e vengono le fitte alle viscere. Per essere soli, con le viscere al chiuso di un cassettone, c’è tutta una morte.
Poi va a finire che a furia di giocare a fare i profondi si scoperchiano le voragini vere. E allora mi sa che devo rifare il letto, perché affrontare le voragini rimanendo in un tale difetto può essere straziante.

Il marito compare sul balcone soltanto di domenica. Me ne accorgo solo adesso: a volte si hanno le cose davanti agli occhi e non ci si fa caso. Mi sorprende mentre fumo con ancora indosso i pantaloni del pigiama, sebbene sia mezzogiorno. La cosa mi mette a disagio, ma sia io che lui facciamo finta di niente. Mi saluta e attacca bottone. Mi chiede se i coinquilini sono via a causa delle restrizioni anti-covid. Scoppio a ridere e gli spiego che i due balconi affiancati appartengono a due appartamenti diversi, che non ho coinquilini.
Lui fa una faccia un po’ strana e si lascia sfuggire che, in effetti, sembro un po’ troppo anziano per essere uno studente fuorisede. E questo e poco ma sicuro. Poi aggiunge che magari siamo quasi coetanei, la qual cosa, invece, mi crea disappunto. No, penso di no, deve avere un bel po’ di anni più di me, almeno spero. Viene fuori che, in effetti, di anni in più di me ne ha solo tre, e questo mi butta giù. È così che appaio, un uomo fatto e maturo, come lui?
Evidentemente l’ho malgiudicato, non è questione di disparità di genere: lavora tutto il giorno tutti i giorni, tranne la domenica, mentre la moglie rimane a casa. Ovvio che sia lei a stendere i panni.
Spengo la sigaretta e rientro in casa. Gli sono grato per aver inserito una variante nelle tappe del mio gioco dell’oca. Nella camera da letto, generalmente, mi inceppo e mi rinceppo su questioni che riguardano te. Credo che la scelta della location non sia un caso. La cucina, invece, è il regno delle ipocondrie e dei tremori. Nel bagno penso alla vita passata fatta di giornate diseguali l’una dall’altra, e la cosa mi sembra un’invenzione di fantasia. Nello studiolo osservo la vicina stendere i panni, oppure, se non c’è, la immagino. O meglio, immagino di osservare me stesso attraverso il filtro dei suoi occhi. La domanda è fondamentalmente sempre la stessa: le sembro una persona normale o un derelitto? Questo accade tutti i giorni, tranne la domenica.
Il marito mi ha parlato come si fa con una persona normale. Questo devo ricordarmelo, e devo smetterla di stupirmene. Penso di scrivere un bigliettino a mo’ di promemoria e attaccarlo alla parete sopra la scrivania. Ma poi, per pigrizia, lascio perdere.
Non sto sempre in piedi, sai. Ieri sera, ad esempio, sono caduto e ho sbattuto la schiena sulla sedia dello studiolo. Il dolore l’ho percepito solo stamattina, perché l’alcol funge da analgesico, ma in fin dei conti la testa mi doleva anche di più.
Anche tu hai visto in me una persona normale. Dovrei smettere di stupirmi anche di questo. Sono pensieri da camera da letto, e infatti è un nuovo giorno, apro gli occhi e ti penso. La tua immagine riposa nella mia testa sul cuscino. Poi i tremori del caffè. Poi, nel bagno, la vita passata e i suoi spazi aperti. Poi lo studiolo. La vicina oggi compare alle 10.43.
Un altro nuovo giorno: mi alzo a fatica dal letto, pensandoti. Durante la colazione mi sento male. Nel bagno penso agli spazi aperti. La vicina quest’oggi mi aspetta già, oltre i doppi vetri, quando entro nello studiolo.
Ancora una sigaretta sul balcone. Talvolta mi ricordo di alzare gli occhi al cielo. E allora mi sembra di vederla, la curvatura del giorno, il punto in cui la cappa celeste si piega, si avvolge su se stessa. Quanto manca alla domenica? Da quant’è che il cielo si è curvato e i giorni si sono disposti in cerchio?

Quelli con te erano giorni in linea retta. In quei giorni la sequenza dei miei spostamenti da una stanza all’altra non era mai la stessa, e potevo pensare qualsiasi cosa in qualsiasi luogo. Poi mi sono incuneato nel labirinto.
Lo specchio mi rimanda un’immagine che non è la mia. Queste occhiaie, le rughe sulla fronte, i capelli che ingrigiscono, sono solo una parvenza.
So bene dov’è la porta di ingresso, ma non fa parte del mio circuito quotidiano, perché io non possa uscirne e tu non possa entrare. E così non mi resta che attendere che un giorno segua l’altro, parlando poco con il vicino, mai con la vicina, e non mostrandomi nemmeno al bambino, per timore di spaventarlo.
È ricomparso il marito. Dev’essere di nuovo domenica. Lui ha fatto un cenno con la mano, io ho ricambiato. Per uscir fuori a fumare ho aspettato che rientrasse. Oggi non mi va di parlare. Oggi penso a te. Oggi me la racconto per quella che è.
Ti credevo il Minotauro. Solo dopo ho compreso la vera natura della mia paura. Chi abita il labirinto non sei tu, e l’immagine riflessa dal mio specchio è una parvenza. Non sei il Minotauro, sei qualcosa di molto più spaventoso: sei tu stessa uno specchio che riflette la realtà delle cose. Capisci, dunque, perché non ti ho lasciato entrare. Non posso permettere che tu mostri a me stesso il mio volto, il pelo che lo ricopre, gli occhi vacui, le lunghe corna sopra le tempie; non posso lasciarti conficcare questa lama di Teseo nel petto.
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

2
Letto

E la madonna.
Regaz, ma tutti racconti epici state facendo :o
Poi, vabbè, dal mitico pupazzo jedi di Italia uno non minpotevo aspettare niente di meno. Hai racchiuso in un racconto di pochissimi caratteri lo specchio di una nevrosi e l'hai fatto con una precisione, un realismo e allo stesso tempo con una poesia (AAAAWWW) invidiabili.
Mannaggia, @Edu mi crei dei complessi d'inferiorità della miseria.
Dico tutto questo per dire che il tuo 'labirinto' mi ha catturato ed è stato bello perdersi.
Tornerò sul commento, ma per ora complimenti, davvero :o
A presto

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

4
@Edu, ciao. I nostri racconti un po' si somigliano nell'ambientazione: anche il mio si dipana attraverso le stanze di un appartamento.
Il tuo mi è piaciuto molto. Hai raccontato di una forma depressiva in modo intelligente: dapprima la messa a fuoco su un particolare (suggestivo e ben scelto: come si stende la dice lunga sul soggetto), in cui il lettore pensa a una banale nevrosi; poi la lenta espansione (inframezzata da scorci seducenti della casa di fronte, quasi una "finestra sul cortile") dapprima sulla solitudine, rappresentata in modo ottimo dai calzini mescolati agli altri indumenti perché si facciano compagnia, e a seguire su un'intimità dolente (e commovente: sempre lo sono le imperfezioni del corpo), finché ogni elemento va al suo posto e tutto appare chiaro a chi legge. Nonostante il procedere zigzagante del protagonista e della sua mente buia, la tua scrittura è priva di inquietudine e dà serenità.

Oi, quando torni tra i Lampi di Poesia?
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

5
Ciao @Ippolita , seguo un mio particolare iter pure per la lettura dei racconti, non sono ancora arrivato al tuo, ti dirò sulle similitudini.
Grazie per i complimenti e per il passaggio. Non so se volevo dare serenità, con questo racconto, ma per come l'hai messa mi sembra più una cosa bella che brutta... quindi prendo e porto a casa.
I lampi di poesia?... Quelli cum grano salis ;-)
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

6
Edu wrote: Sun Feb 21, 2021 11:59 pm Ma lei sì, c’è l’ha.
ce l'ha.
Edu wrote: E questo e poco ma sicuro.
E questo è poco ma sicuro.
Ti credevo il Minotauro. Solo dopo ho compreso la vera natura della mia paura. Chi abita il labirinto non sei tu, e l’immagine riflessa dal mio specchio è una parvenza. Non sei il Minotauro, sei qualcosa di molto più spaventoso: sei tu stessa uno specchio che riflette la realtà delle cose. Capisci, dunque, perché non ti ho lasciato entrare. Non posso permettere che tu mostri a me stesso il mio volto, il pelo che lo ricopre, gli occhi vacui, le lunghe corna sopra le tempie; non posso lasciarti conficcare questa lama di Teseo nel petto.
Belli sia il significato sia la formulazione dell'epilogo. Piaciuto il tuo labirinto introspettivo, @Edu :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

7
ciao maledetto. Secondo il mio umilissimo parere ti è andata di culo una traccia del genere, dato che sei forte nel raccontare in prima persona.
Però però però però l'autoanalisi psicologica non mi convince sul personaggio, nel senso che mi appare fuori di testa ma molto sensato da comprendere il labirinto in cui si è infilato. Secondo me potrebbe essere una grande mente stressata dal lookdown e costretto a lavorare in smartworking. Comunque devo dire che la tua impronta è come al solito rivelatrice, al punto che, solo a leggere tale cosa, avrei scommesso vincendo pure, che l'avevi scritta te.
ciao @Edu :asd:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

10
Oltre che a scrivere molto bene riesci anche a emozionare @Edu. Il finale è molto bello e la citazione mitologica è calzante. Forse se proprio, ma proprio, devo trovare il pelo da qualche parte, direi che il riferimento a Teseo e il Minotauro si discosta dalle introspezioni legate alla pura quotidianità, anche alla normalità delle situazioni mirabilmente descritte. Molto bello, ma se non ci fosse stata la traccia di riferimento, a uno verrebbe da pensare: come cavolo gli è venuto in mente il minotauro? Ma questo potrebbe essere anche il bello.

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

11
Molto bello, ma se non ci fosse stata la traccia di riferimento, a uno verrebbe da pensare: come cavolo gli è venuto in mente il minotauro? Ma questo potrebbe essere anche il bello.

Eh eh... Hai ragione a volte è proprio questo il bello 😉
Grazie, @Kasimiro ,per il passaggio e per le belle parole
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

12
Brutta bestia il dolore, ci trasforma in consapevoli mostri.
Piaciuto moltissimo tutto il percorso fino ad arrivare a capire la storia di questo particolare Minotauro.
Grazie

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

13
@Edu, ciao!
Il viaggio nella depressione è difficile da narrare, ma vedo che farlo a te riesce benissimo. Il tuo raccolto si svela stanza dopo stanza, e ,alla fine del "labirinto", conduce al dolore dell'anima. Debbo dire che ho assaporato anche un po' d'amarezza e senso d'impotenza.
Scrivi: "perché io non possa uscirne e tu non possa entrare." Senza via d'uscita, dunque. È questo il "mostro" della depressione. Almeno, io c'ho colto questa sfumatura.
Bravo! Piaciuto molto.

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

15
@Edu Bell’atmosfera... la la la. Viaggio intenso nel tuo labirinto. Un uomo che pensa da uomo e quanto mi è piaciuto leggerlo. Ho trovato poesia, dolore, consapevolezza e amore. Bella scrittura... la la la.

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

16
Mi ero tenuta da parte un'unica osservazione nata in prima lettura, ma ora ho riletto e mi sono resa conto che avevo inteso male io. Non mi resta nulla da dire, se non: bello, terribile e bello.
Mi sono lavato. Segnali che mi dicono che sto in piedi, nonostante tutto, anche se non ho rifatto il letto. Bisogna imparare a dirsi “bravo!” da sé, quando si vive soli. “Bravo, ti sei alimentato ancora una volta!”.
Poi va a finire che a furia di giocare a fare i profondi si scoperchiano le voragini vere. E allora mi sa che devo rifare il letto, perché affrontare le voragini rimanendo in un tale difetto può essere straziante.
cito questi due passaggi perché trovo che rispecchino (senza giochi di parole) benissimo il modo di funzionare della testa di chi si trova invischiato in una situazione di depressione o affini. Anche tutto il resto rende benissimo il suo sentire, ma questi due passaggi mi hanno parlato particolarmente.
Hai tutti i miei pollici alzati, @Edu
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

17
@Monica wrote: Wed Feb 24, 2021 6:37 am Bell’atmosfera... la la la.
Stavo per ringraziarti, intaggabile @@Monica, ma hai rovinato tutto!

Grazie @Bef , contentissimo di averti fatto impennare TUTTI i pollici (quanti ne avrai? ti sto immaginando mostruosamente...)
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

18
Ciao @Edu
La situazione che descrivi mi ha ricordato l’utopia del Panopticon; per quanto non riferita a un carcere ricorda l’idea della costrizione forzata, della perenne condanna degli uomini di osservarsi a vicenda, finendo magari per conoscersi nei minimi particolari senza aver avuto la possibilità di conoscersi veramente, di parlarsi.
Per alcuni uomini la vita può essere piacevole, assorbendo tutto senza soffermarsi sui particolari. Il tuo personaggio mi piace perché è problematico, specie in tempi come questi poi, che invogliano alla problematicità. Non ha tempo e nemmeno ci pensa a voler cercare di essere felice, la sua vita forse non è mai stata una “corsa felice”. Perciò ha tempo, deve trovare il tempo per continuare a vivere, si ingegna per tuffarsi, immedesimarsi, confrontarsi con la vita degli altri. E questo lo si può fare in molteplici modi anche ponendosi domande sulla differenza, quantità e qualità di panni stesi dai vicini che ti fanno congetturare, almanaccare sulle loro abitudini di vita. Ho trovato affascinante, intrigante questa cosa apparentemente banale, come pure il quotidiano ispezionare con lo sguardo i balconi dei condomini. Se poi in basso al centro dei palazzi ci fosse un cortile sarebbe il massimo (sicuramente c’è); considereremmo quel luogo come una cattedrale nel deserto, una torre di Babele post moderna dove si compendia un concentrato di tutta l’umanità.
Edu wrote: Poi va a finire che a furia di giocare a fare i profondi si scoperchiano le voragini vere. E allora mi sa che devo rifare il letto, perché affrontare le voragini rimanendo in un tale difetto può essere straziante.
Questa è filosofia post moderna. I massimi sistemi non bastano più a soddisfarci, la cosa essenziale che serve per acquietarsi è l’ordinario materiale, rappresentato in forma sarcastica ma anche drammatica dalla semplice impellenza di rifare il letto per avere l’illusione di porre ordine, godere di un aiuto, di una serenità nei confronti di ciò che ci circonda, del mondo. Ci potresti naturalmente costruire un poema in prosa su questi concetti.
Trovo molto calzante il ricorso alla inquietante immagine del Minotauro, traccia a parte, colui che da la caccia all’uomo. L’ho interpretato, ma potrei sbagliare, come il rifiutarsi di guardare un metaforico abisso, per paura a nostra volta di essere guardati. In un certo senso il Minotauro siamo noi stessi, la nostra parte nascosta, quello che cerchiamo veramente, ciò che abbiamo paura di essere, paura di trovare davvero.
Ottimo racconto, ottima scrittura.
A rileggerti con piacere.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

20
Ok, passo or ad aggiungere ( o forse infiocchettare con) inutili digressioni il motivo per cui ho trovato questo racconto il migliore di questo MI.
Le ragioni sono assolutamente personali e assolutamente discutibili, ma sono solo quelle che sto per dire: per l'onestà del realismo.
Quando ho proposto il tema del labirinto non ho potuto fare a meno di immaginare un'altra interpretazione per questo topos, che poi è esattamente quella che hai scelto tu, ovvero la rappresentazione del dedalo mentale.
A suo tempo questo mito era stato sviluppato e approfondito benissimo nella letteratura del 900, da quel genio conturbante e provocatorio che è stato James Joyce: sto parlando ovviamente di 'Dedalus' che sotto molti punti di vista rappresenta un'opera straordinaria e coraggiosa.
In Dedalus in effetti non abbiamo una vera e propria storia: si tratta di un romanzo psicologico incredibilmente denso che segue le vicende mentali del protagonista per lo spazio di una sola giornata.
Il lettore vive per così dire il 'labirinto' dei suoi pensieri ed è incredibile il modo in cui questi ultimi sono rappresentati nella loro lucida completezza.
C'è tutto, davvero TUTTO.
Ma che cosa è questo tutto?
Il pensiero anticonformista e provocatorio tipico della letteratura inglese del XX secolo. Potremmo dire oggi, è il zeitgheist (lo spirito del tempo) di cui è figlio Joyce: la forza dell'individuo, la sua coscienza contro quella del mondo, il potere introspettivo della psicanalisi.
Bene, tutto questo lo faceva Joyce nel 1916 (!) e trasmetteva a suo modo questa idea dell'uomo come di un meccanismo intricato ma certamente grandioso, forte nel suo complesso 'essere altro'.
Ma il 1916 è lontano e oggi: è il 2021 e siamo nel bel mezzo di una pandemia globale, che ha dato il via a una crisi economica e conseguente crisi dei "valori" dell'homo consum-abilis, spalancando le voragini che fino ad ora ci eravamo ostinati a non vedere nello spirito del nostro tempo.
In un contesto simile, dovendo ripensare e attualizzare Dedalus, ecco che l'immagine del labirinto torna tristemente d'attualità, coniugata in un fenomeno che spesso nel campo dell'areodinamica viene definito 'schiacciamento della prospettiva'.
Ovvero: la riduzione del campo visivo a causa dell'aumentare vertiginoso della velocità.
So che questo può sembrare un pò pretestuoso, ma in realtà è terribilmente calzante: man, mano che la spirale compulsivo-depressiva del protagonista si ripete, i periodi del racconto si contraggono e il narrato si velocizza. Più il narrato si velocizza, più la prospettiva di vita e la varietà del vissuto si riduce, fino a ridursi alla mera feritoia di un'esistenza alla finestra (schiacciamento prospettivo, appunto).

Ecco, io trovo che la narrazione, pur straziante, è condotta in modo assolutamente sublime: ogni passaggio, ogni frammento del racconto è ben congeniato e ha un peso perfetto nell'esperienza del lettore. Le sensazioni che trasmetti sono le stesse di un attacco di labirintite: ci si sente persi, disorientati in mezzo a uno spazio angusto.
Questa è di per sè una scelta molto coraggiosa, parliamoci chiaro: siamo tutti in un contesto del genere. Siamo tutti 'chiusi nel labirinto' delle nostre esistenze di confinati in quarantena. La reazione di un lettore medio davanti a questo quadro può essere solo una: rifiuto, rigetto e negazione.
Invece DIo solo sa quanto questa lettura sia catartica e salvifica...

Tu hai avuto il coraggio di guardare in faccia il minotauro del covid e lo hai affrontato senza risparmiarti nulla.
La sofferenza, la solitudine e l'angoscia.
E l'hai fatto con la stessa 'insolenza letteraria' di Joyce, schiaffando il lettore DENTRO il dedalo dei pensieri del protagonista.

Non mi dilungo ulteriormente perchè mi rendo conto che sto spendendo anche fin troppe parole per dire quello che si può dire anche in poco.
Il racconto è potente e coraggioso, pur nella sua fastidioso realismo.

E niente.
Il fastidioso pupazzo Jedi batte tutti :asd:
Complimenti e a prestissimo, spero ;)

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

22
Ciao @Edu .
Un racconto notevole.
C'è una cosa molto particolare che ho notato e mi piacerebbe sapere se l'hai programmata o ti è uscita così.
La figura a cui il protagonista si rivolge, all'inizio sembra appena accennata, quasi un intruso nel flusso di coscienza che rimane centrato su sé. Le pseudo relazioni con la vicina di casa e il marito di lei sembrano essere gli unici contatti tollerabili; la loro presenza increspa solo la superficie, ma già se va oltre risulta inopportuna. "L'altro da sé" diventa gradualmente lo "specchio inquietante" che si contrappone alla fascinazione dell'immagine di Narciso. Lo specchio non può parlare con la propria voce, non può mostrarci quello che non vogliamo vedere.
Man mano che il racconto si snoda invece, si fa sempre più evidente la necessità dell' "altro" accompagnata da tutti i sentimenti ambivalenti di desiderio e paura, ed ecco che la paralisi affascinata di Narciso che guarda solo sé stesso si trasforma in una paralisi di terrore con cui il protagonista è costretto a confrontarsi.
Il tutto l'hai descritto con estrema naturalezza e questo mi fa pensare che la scrittura si sia generata in modo spontaneo seguendo dinamiche inconsce ( che poi penso che sia il modo migliore di scrivere). Per deformazione professionale però, la mia lettura finisce per dare un'interpretazione psicanalitica, e ho notato come questo brano segua un percorso preciso dal punto di vista dell'evoluzione della consapevolezza del protagonista; e questo mi fa pensare che questo potrebbe essere dovuto a un preciso intento dell'autore.
Sia in un caso che nell'altro non posso che plaudire al risultato.
A rileggerti.

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

23
Ciao @Poldo , e grazie per l'apprezzamento. Non sono sicuro di aver capito bene, però, cos'è che ti chiedi... se l'evoluzione era programmata o se è venuta fuori tramite un mio flusso di scrittura? Giusto?
Beh, io sono un incursore, non uno che programma a tavolino, ne abbiamo parlato tante volte con @mercy (a proposito, cara ex socia, mi hai taggato per farmi partecipare, tanto che se non te lo avessi assicurato probabilmente non avrei partecipato, che ero molto occupato, domenica, e poi ti sei data.... che fine hai fatto?). Detto ciò, non credo che sia possibile scrivere bene delle cose presenti, penso si possa fare solo dopo una fase di elaborazione. Quindi, incursione sì, ma nel passato, e sempre mischiando realtà a fantasia. Quindi no, non si tratta mai di flussi spontanei e non filtrati dalla ragione... Non so se ti ho risposto...
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI145] Doppi vetri e doppi specchi

24
Lascia che inizi da una scena qualsiasi della sequenza. Ecco, ad esempio, da quello che ho adesso davanti agli occhi: la signora del palazzo di fronte stende i panni ad asciugare al sole.

Unico appunto: mi sarei aspettato "quella", riferita a "scena".

Per il resto, un grande racconto, un affascinante viaggio nella testa di un altro limitato solo dal soliti 8000 caratteri. Ed effettivamente - mi è venuto da pensare - nulla più del cervello umano assomiglia ad un labirinto.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Return to “Racconti”