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Re: H.Q.
2(Commento del 13-9-20, già presente nel WD: https://www.writersdream.org/forum/foru ... ent=856988)
Notevolissimo questo tuo racconto, @Ton . Senza dubbio, a mio parere, il migliore di quelli che hai scritto qui. Noto che risale a circa un anno e mezzo fa, e ciò mi induce a due considerazioni: dal punto di vista formale presenta piccole imperfezioni, assenti nei brani successivi; dal punto di vista del contenuto li supera tutti.
Un'idea brillante va a braccetto con una schiettezza di grande fascino: non vi sono superfetazioni né artifici di sorta a gonfiare la trama narrativa, e si respira un'aria fresca che diventa man mano vento impetuoso. Quello che dovrebbe essere esito di considerazioni etiche volte al bene comune si rivela frutto del caso. E solo alla fine si scopre quanta anacronistica assurdità vi sia in questo "caso": i boss del racconto praticano una mantica moderna, un'arte della divinazione in un mondo e in un'epoca in cui essa non può che essere superstizione, pseudoscienza. La descrizione seguente mi è piaciuta moltissimo perché essa spiazza il lettore, preparato a qualche mistero ma non a una follia di tali dimensioni:
Passo ora a un'analisi puntuale del testo, anticipandoti che ho molto gradito i dialoghi e cercando di non ripetere le giuste osservazioni di Andrea.
Notevolissimo questo tuo racconto, @Ton . Senza dubbio, a mio parere, il migliore di quelli che hai scritto qui. Noto che risale a circa un anno e mezzo fa, e ciò mi induce a due considerazioni: dal punto di vista formale presenta piccole imperfezioni, assenti nei brani successivi; dal punto di vista del contenuto li supera tutti.
Un'idea brillante va a braccetto con una schiettezza di grande fascino: non vi sono superfetazioni né artifici di sorta a gonfiare la trama narrativa, e si respira un'aria fresca che diventa man mano vento impetuoso. Quello che dovrebbe essere esito di considerazioni etiche volte al bene comune si rivela frutto del caso. E solo alla fine si scopre quanta anacronistica assurdità vi sia in questo "caso": i boss del racconto praticano una mantica moderna, un'arte della divinazione in un mondo e in un'epoca in cui essa non può che essere superstizione, pseudoscienza. La descrizione seguente mi è piaciuta moltissimo perché essa spiazza il lettore, preparato a qualche mistero ma non a una follia di tali dimensioni:
ricercatori, murati nei vari prefabbricati bianchi ai margini del campus, inventavano il mondo e da lì lo comunicavano ai suoi abitanti. Questi, chi più chi meno, semplicemente si adeguavano. Un giorno il mondo poteva essere in espansione, e allora tutti correvano ad investire i propri risparmi nell’acquisto di nuove terre, nell’esplorazione delle risorse naturali dei continenti appena creati, e tutti si sentivano un po’ più piccoli e un po’ più felici, perché abitavano un mondo più grande di quello di ieri. Il giorno dopo il mondo poteva essere caritatevole, e allora chi aveva guadagnato con le nuove terre e i commerci di spezie, donava il proprio patrimonio ai più bisognosi, costruiva centri per sfamare i barboni e case per alloggiarli, e tutti si sentivano più grandi e più felici, perché abitavano un mondo più giusto. A volte i ricercatori trovavano che un po’ di cattiveria, di egoismo, fossero propedeutici all’equilibrio mentale della società. Così chi aveva costruito gli alloggi per i barboni ora li sfollava a manganellate, chi aveva donato le proprie terre ai bisognosi ora li metteva in schiavitù, e tutti si sentivano più normali e più felici, perché abitavano un mondo più prevedibile.Espresso in una modalità che ha dell'ingenuo, il senso dell'estratto precedente trae proprio da questo "candore" la sua forza: essa si manifesta sia nell'espediente narrativo della schietta presa d'atto dell'anomala realtà, in quanto, come scrivevo sopra, tale "innocenza" cambia le carte in tavola e mette in allerta chi legge; sia nella dolorosa istanza, che emerge chiara tra le righe, di chi sa che nulla può fare per cambiare gli eventi che governano le nostre vite, resi volutamente imperscrutabili. Come un bambino, costretto a obbedire al genitore anche se quest'ultimo è cattivo. Se poi la manipolazione degli eventi è affidata ai movimenti inconsulti di un povero disgraziato tenuto prigioniero, e non, come un tempo, ai più innocui esami delle viscere animali da parte degli auruspici, o del volo degli uccelli dagli àuguri, o ai responsi della Pizia, allora mi viene da paragonare il tuo racconto, con tutte le ovvie differenze, alla poetica di Buzzati. Ho riscontrato qui infatti quelle tematiche che gli erano care e lo caratterizzarono: il senso del mistero e il surreale, innanzitutto, ma anche l’angoscia della sconfitta e la normalità solo apparente della realtà.
Passo ora a un'analisi puntuale del testo, anticipandoti che ho molto gradito i dialoghi e cercando di non ripetere le giuste osservazioni di Andrea.
«Alè! Sveglia, sveglia! E’ il giorno!»Qui, forse, per far capire che è la piccola figlia a dare la sveglia ai genitori, come spieghi nel tuo commento a te stesso, sarebbe sufficiente aggiungere un pa' e/o ma'.
Il profumo di lei lo destava del tutto: mela cotogna e cannellaOttima scelta: anche per l'olfatto di un uomo un aroma riconoscibile.
operazione che gli richiese qualche buon minuto.Più che "qualche buon", ridondante, scriverei soltanto "qualche" o, ancora meglio, "più di un minuto" (ed è già molto tempo). Da qui parte un dialogo tra i coniugi molto ben strutturato: incuriosisce, e getta fili sparsi che il lettore annoderà solo alla fine.
Sarah si sistemò i capelli nel riflesso di un pensile in cucinaUn gesto molto femminile.
sfoggiò un sorriso che rifletteva i raggi del soleEspressione allegra, molto piacevole.
fin sù"Su" senza accento.
Ha haAh ah.
Ah, sisì. Questa me l’appunto. Ottimo. Ottimo.» disse Ghidebaum.Questa sezione l'ho trovata sorprendente. Non mi è chiaro però chi interviene dicendo "Mi perdoni": Parmington? Ovviamente non può essere Jeff.
«Non credo voglia dire quello che hai scritto» disse la signorina dai capelli rossi osservando gli scarabocchi sul taccuino di Guidebaum.
«Ah no, eh? A me invece sembra chiarissimo, Meg.»
«Mi perdoni, signor Ghidebaum. Sono d’accordo con la signorina Allister. E’ chiaramente il contrario. Ecco, vede?»
«Brìm, richiama il pappagallo. Non ho bisogno di un traduttore, io!»
e in quel momento il dentro e il fuori si mischiarono. Il dentro dello stanzino, il dentro dietro la porta d’acciaio, il fuori dello stanzino e il fuori della porta d’acciaio si mescolarono nella testa di Jeff.Eccellente descrizione. È chiara e delinea a perfezione il senso del caos, della perdita di punti di riferimento. Il finale, sorprendente e angoscioso, è perfetto e consequenziale con il racconto intero. Una bella lettura, di cui mi complimento e ti ringrazio.
Re: H.Q.
3Ton wrote: Sat Jan 02, 2021 1:49 pm «Alè! Sveglia, sveglia! E’ il giorno!»
«Mmh... grazie tesoro. Jeff... Jeff alzati, su. La sveglia non ha suonato.»
Jeff si rigirò tra le lenzuola bianche, scansò con un gesto della mano quella di Sarah, sprofondò con la schiena nel morbido materasso e sbuffò
«Non sono più sicuro di volerci andare.»
«Ne abbiamo già parlato, dai. Te l’ha chiesto di persona, devi andarci.»
«Lo so, lo so.» guardò la moglie come faceva di solito appena svegliatosi, trasognante, come se non fosse reale. Il profumo di lei lo destava del tutto: mela cotogna e cannella.
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A ben guardare la normalità familiare che traspare da questa scena, mai avrei pensato a cosa sarebbe capitato a Jeff. Il misterioso incipit per il momento appare messo da parte, in attesa. Mi pare di assistere ad una normale relazione a due, dove il giorno inizia con la solita sveglia, il solito brontolio di chi non se ne vuole alzare. Jeff che pensa all'odore di lei, alle sue parole che non gli facilitano il risveglio dalla notte passata. Poi la dolce colazione nella cucina, luogo chiaramente indicativo della quotidianità.
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«Fino all’altro giorno eri più gasato di me all’idea di visitare l’Aloth.»
«Lo sono, lo sono. Ma Parmington dice che a volte ti portano li, e se fai una mossa sbagliata o dai fastidio a qualcuno, o guardi qualcosa di troppo che non dovevi guardare, ti ci lasciano dentro e non ti fanno più uscire.»
«Ma che scemenze, ci sono stata anch’io non ti ricordi? E’ un posto di lavoro come un altro, fanno ricerche o robe simili.»
«Si ma tu non guardi mai dove non ti dicono di guardare.»
«E allora non farlo neanche tu, per favore. Ah! Eccolo di già e tu sei ancora in pigiama. Cristo, Jeff.»
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Qui si comincia a entrare nella trama: una visita guidata ad Aloth ( nome dal richiamo biblico?), ma per la quale non se ne capisce lo scopo.
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L’Aloth era in realtà un complesso di edifici, anche se tutti vi si riferivano come fosse un’entità unica. Dislocato appena al di fuori dai confini del cerchio urbano, cinto dal raccordo autostradale che collegava le facilities al resto del mondo e fungeva da ponte di comunicazione tra i due. I ricercatori, murati nei vari prefabbricati bianchi ai margini del campus, inventavano il mondo e da lì lo comunicavano ai suoi abitanti. Questi, chi più chi meno, semplicemente si adeguavano. Un giorno il mondo poteva essere in espansione, e allora tutti correvano ad investire i propri risparmi nell’acquisto di nuove terre, nell’esplorazione delle risorse naturali dei continenti appena creati, e tutti si sentivano un po’ più piccoli e un po’ più felici, perché abitavano un mondo più grande di quello di ieri. Il giorno dopo il mondo poteva essere caritatevole, e allora chi aveva guadagnato con le nuove terre e i commerci di spezie, donava il proprio patrimonio ai più bisognosi, costruiva centri per sfamare i barboni e case per alloggiarli, e tutti si sentivano più grandi e più felici, perché abitavano un mondo più giusto. A volte i ricercatori trovavano che un po’ di cattiveria, di egoismo, fossero propedeutici all’equilibrio mentale della società. Così chi aveva costruito gli alloggi per i barboni ora li sfollava a manganellate, chi aveva donato le proprie terre ai bisognosi ora li metteva in schiavitù, e tutti si sentivano più normali e più felici, perché abitavano un mondo più prevedibile.
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Adesso si intravede chiaramente l'ambientazione di stampo futuristico in cui si muovono i protagonisti. Devo notare che solo con l'uso dell'ipotetico si possono portare avanti certe visioni. Quando si fanno previsioni sulla società a venire, tutto appare possibile e teorizzabile. Certo qui si estremizza parecchio, ma data anche l'impronta satirica del futuro che dai, tutto mi pare coerente al racconto.
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Aaah, un’idea geniale, si. La società mette in discussione i suoi temi comuni attraverso l’interpretazione personale dei propri individui. Che intuizione! Che bella attività!».
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qui ti è scappato l'accento sul sì! scherzi a parte, hai una scrittura ottima. Buona anche la padronanza nel far sì che tutto venga ben disteso e compreso.
Comunque comincio a intravedere la tematica del controllo delle masse, tanto caro a Orwell, oltre che essere un tema molto dibattuto.
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Arrivarono all’ingresso di un palazzo in granito bianco alto circa sei piani; al centro un’enorme porta di vetro che arrivava fin sù quasi a metà dell’altezza e su entrambe le ante recava una lettera. Su quella sinistra, H. Su quella destra, Q. Uscirono dall’abitacolo che proseguì in autonomia fino ai parcheggi. Entrarono nell’atrio maestoso, ricavato da un unico blocco di marmo rosa venato di bianco che stonava con l’aspetto esterno dell’edificio. All’interno sembrava più una grotta.
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Il blocco di marmo simile a una grotta mi riporta all'idea del monolite di Kubrick, dove si mette in forte contrasto passato arcaico e futuro. Non sveli però il significato delle lettere H.Q. Parrebbe un richiamo di Aloth, ma non saprei...
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Si voltarono a guardare Jeff ma subito tornarono a spiare dalla fessura nella porta. Gli sembrava che ogni qual volta uno dei quattro vi si avvicinasse per guardarvi attraverso, avvenisse nell’aria come uno scoppiettio, come fuochi d’artificio invisibili che incanalassero energia in ognuno di loro. Avrebbe voluto guardare anche lui per capirci qualcosa, ma per il momento quella sembrava una questione importante per i quattro e nessuno aveva chiesto il suo parere.
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Tutta l'attenzione su quella finestra: sinceramente non mi prende e non cattura la mia attenzione.
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Cercò di guardare attraverso la fessura, con un movimento che sarebbe dovuto sembrare impercettibile agli altri, quasi noncurante. Si staccò dalla parete e avvertì l’aria acquistare peso nello stanzino. Gli sguardi fissi su di lui. Persino Parmington si era calmato e ora seguiva ogni suo passo. Per un fulmineo istante, un’idea passò per la testa di Jeff. Come un prurito dietro al collo. “Lo stanzino è piccolo. Potrebbero fermarmi. Perché nessuno mi ferma?”. Ma la tentazione di guardare attraverso la fessura lo aveva completamente annebbiato. Si sporse quel tanto che bastava, gettò uno sguardo, e in quel momento il dentro e il fuori si mischiarono. Il dentro dello stanzino, il dentro dietro la porta d’acciaio, il fuori dello stanzino e il fuori della porta d’acciaio si mescolarono nella testa di Jeff.
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Idem
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Quello che vide fu un uomo. Un uomo da solo nello stanzino al di là della porta. Un uomo vecchio, incanutito, con enormi peli nelle orecchie, pelle sbiadita e denti marci. Il vecchio si muoveva di continuo, e aveva poche cose attorno a se: qualche pastello di cera dalla punta arrotondata, una maschera di seta nera, un libro. Ora disegnava sulle pareti dello stanzino, tanto che questo era completamente coperto dai più vari graffiti, ora indossava la mascherina e si sdraiava a terra....
Cominciò a tremare ancora più forte, sentiva le braccia reclamare vita propria, i piedi litigare su che direzione prendere. L’uomo lì dentro sembrava il suo specchio distorto, tarantolato come lui...
In quel momento capì...
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Ma cosa avrebbe capito, Jeff? Di essere finito in una trappola? tale passo non è ben drammatizzato.
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«Sarah me l’aveva detto che saresti stato adatto. Quella ragazza sa fare tante cose oltre a scopare, sai Brìm?». Ghidebaud ghignava.
Aprirono la porta, tirarono fuori il vecchio che si era messo la mascherina e sembrava essersi addormentato per sempre: aveva smesso di gesticolare. Spinsero Jeff dentro. Richiusero la porta. Già l’osservavano dalla fessura, prendevano appunti.
Non lo fecero più uscire.
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Non c''è di che. Un finale che arriva in modo improvviso e che finalmente spiega tutto il racconto. Generalmente a metà storia si lascia intravedere una possibile doppia traccia sul finale, in modo che il lettore abbia almeno l'idea del finale, ed elabori la sua lettura, nell'attesa di vedere quale sarà poi delle due, a risultare. Questi finali a sorpresa, come lo proponi te, Ton, benché apprezzabili, hanno il problema che si rimane in attesa di capire, di elaborare la trama, come già ti dicevo sopra. Comunque rimane un racconto ottimo, anche se ricalchi le tematiche del controllo delle masse. Questa volta magari aggiungendo un elemento nuovo: la ricerca della divinizzazione e della verità, attraverso un focus diverso dalla solita strumentalizzazione della storia umana e dei principi su cui si basa la società moderna. Il tutto condito da un po di pazzia e di tragedia, in salsa Orwuelliana, distopica. Alla fine, Jeff, non ha resistito a mettere il naso dove non doveva; ma era destinato al sacrificio per il bene della società .. ciao a rileggerti![]()
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Re: H.Q.
4@bestseller2020 non so se hai letto il thread originale sul WD, comunque questo probabilmente avrei dovuto lasciarlo morire in pace 
È la prima cosa che ho scritto in assoluto in vita mia, dal cellulare, nel mezzo di una festa, e senza un minimo di revisione.
Spero di esser migliorato un po' nel frattempo
hai ragione su tutto.
Grazie!

È la prima cosa che ho scritto in assoluto in vita mia, dal cellulare, nel mezzo di una festa, e senza un minimo di revisione.
Spero di esser migliorato un po' nel frattempo

Grazie!