viewtopic.php?p=83532#p83532
È notte, piove, forte. Le grosse gocce tamburellano pesanti sulla carrozzeria, creando un rumore di fondo che satura l’abitacolo. I tergicristalli faticano nel continuare a spostare le ondate che arrivano sul parabrezza. La lunga statale non è illuminata e seguo le strisce bianche ai lati. Faccio i settanta all’ora. Due fari gialli spuntano da una strada secondaria. Si fermano sul limitare. Aspettano che sia io a passare. Mentre sfilo loro davanti, illuminano per un breve istante l’interno della mia auto. La luce scivola rapida sul cruscotto, sul volante, sul mio naso.
Guardo nello specchietto retrovisore. Dopo la spazzolata del tergicristallo posteriore intravedo una grossa sagoma nera e due fari a led azzurri. Mi segue sulla statale, una cinquantina di metri più indietro. La macchina dai fari gialli attende ancora all’incrocio. Poi, al momento sbagliato, le sue luci si alzano, le sospensioni posteriori si schiacciano. La macchina accelera, scivola sull’asfalto bagnato, si immette in contromano. Vedo i quattro fari sparire nel buio. Sento il botto ma ovattato, coperto dalla pioggia, come un rumore in più che non dovrebbe esserci.
Sulla strada non c’è nessun altro. Freno, faccio inversione, torno indietro. Non so quanto lontano debba cercare. Inchiodo spingendo forte sul pedale quando incontro i primi pezzi di lamiera. Mi si spegne il motore, i fari. Riaccendo. I pezzi sono ancora lì.
Vado avanti, lentamente, arrivo vicino a quello che sembra un rifiuto di lamiera da discarica. Un braccio insanguinato pende dal finestrino spaccato.
Dimentico tutto. Scendo. Dimentico le quattro frecce. Dimentico la pioggia che mi inzuppa completamente. Vado verso la carcassa. Dimentico che è notte. Che sulla strada non ci sono lampioni.
La vedo nella semioscurità. È lei. Non l’ho mai vista prima, ma è lei. Ha il naso rotto, la testa piegata di lato in posizione innaturale. Non respira.
La portiera piegata è già mezza aperta. La spalanco del tutto, cade a terra con un tonfo metallico. Sgancio la cintura. Mi punto con un piede vicino al pedale della frizione. Mi sposto tra lei e il sedile. Le sfioro i capelli. La prendo da sotto il braccio, molle e abbandonato. Faccio leva e la porto fuori con cautela. So che se n’è già andata. Ha una grossa ferita sul lato della testa. Inizio a ricordare dove mi trovo. La pioggia riprende a colpirmi in viso. Dovrei chiamare l’ambulanza. Farle il massaggio cardiaco, la respirazione. Ma non ci riesco. Riesco solo ad abbracciare il suo corpicino caldo, mentre il sangue abbondante si disperde a terra, si mischia all’acqua e scorre via.
Non so come si chiami, eppure la chiamo per nome: – Maria.
– Maria perché l’hai fatto? Perché?
Inizio a piangere. La stringo più forte. Non controllo le parole che dico.
– Io ti amo, Maria. Ti amerò per sempre.
L’amore non ha confini né leggi. È una forza. Come tutte le forze naturali, agisce quando è necessario. Quella notte, non fui io a pronunciare quelle parole. Un’altra persona, che non conosco, le avrebbe pronunciate il giorno seguente, una volta informato della morte della sua amata. Io le riportai solamente, nel luogo e nel momento a cui erano state dirette, alla persona sconosciuta che mi morì tra le braccia. Lei capì. Feci da tramite e nulla più.
Scoprii in seguito che quella notte diede inizio al mio arduo e felice cammino. Mi incaricò di un compito difficile, pesante, necessario. Che svolsi in seguito tante altre volte. Quella notte, sotto la pioggia, al buio, fui scelto per diventare un messaggero della luce.
Re: Il messaggero
2naesan wrote: La portiera piegata è già mezza aperta. La spalanco del tutto, cade a terra con un tonfo metallico. Sgancio la cintura.se ha ancora la cintura allacciata non può cadere a terra.
naesan wrote: Non so come si chiami, eppure la chiamo per nome: – Maria.
– Maria perché l'hai fatto? Perché?
naesan wrote: Guardo nello specchietto retrovisore. Dopo la spazzolata del tergicristallo posteriore intravedo una grossa sagoma nera e due fari a led azzurri. Mi segue sulla statale, una cinquantina di metri più indietro. La macchina dai fari gialli attende ancora all’incrocio. Poi, al momento sbagliato, le sue luci si alzano, le sospensioni posteriori si schiacciano. La macchina accelera, scivola sull’asfalto bagnato, si immette in contromano. Vedo i quattro fari sparire nel buio. Sento il botto ma ovattato, coperto dalla pioggia, come un rumore in più che non dovrebbe esserci.Questi due paragrafi mi hanno mandata un po' in confusione, oltre alla macchina del protagonista, ci sono altre due vetture: una ferma all'incrocio con i fari gialli e l'altra con i fari a led azzurrognoli che sopraggiunge. Quella con i fari gialli riparte, scivola sull'asfalto bagnato e si immette contromano. Non sembra una manovra intenzionale! Accade l'incidente, ma che fine fa l'altra macchina? Chi c'era a bordo? Perché non lo dici?
Di certo non ho capito io, ma la narrazione non mi pare segua un filo logico chiaro.
Alla fine, scopriamo che muore Maria, conducente della vettura con i fari gialli, giusto? E l'altro conducente dov'è finito? Tutti e quattro i fari sono spariti nel buio.
Maria voleva suicidarsi oppure voleva uccidere? Si tratta di un tentato omicidio-suicidio?
Il finale è un po' spiegato, ma accettabile. Assistere ad eventi tragici, per quanto difficile, può sviluppare "poteri" misteriosi.
Lettrice dubbiosa chiede lumi.
Re: Il messaggero
3@Adel J. Pellitteri ti ringrazio per il commento.
Quella che cade a terra è la portiera della macchina.
Poi i dubbi seguenti sono ragionevoli e anche altre persone me li hanno fatti notare. Forse dovrei chiarirli ulteriormente, ma in realtà mi piace che il lettore faccia un po' di fatica e la cosa è consapevole da parte mia.
La manovra fuori controllo dell'auto con i fari gialli è volutamente misteriosa. Non si sa perché lo abbia fatto, si sa solo che è successo. Anche chi le "parlerà" il giorno dopo chiedendole perché lo ha fatto resterà con il dubbio. Si potrebbe dire "è la vita che non dà sempre risposte a tutto".
Sul fatto che il protagonista non si interessi della seconda auto, capita perché è la prima che lui incontra sulla strada tornando indietro ed è lì che si realizza la sua "chiamata". In questo, al protagonista non interessa chi ci sia sulla seconda auto perché non è parte della sua esperienza, o non è necessario che venga raccontato ai fini della narrazione. Poi si potrebbe assumere, ma sono io stesso che concordo sul fatto che non sia chiaro nel testo, che essendo quella con i fari a led azzurri più grande ("grossa sagoma nera") e più moderna (led azzurri contro fari gialli) il conducente stia bene.
Quella che cade a terra è la portiera della macchina.
Poi i dubbi seguenti sono ragionevoli e anche altre persone me li hanno fatti notare. Forse dovrei chiarirli ulteriormente, ma in realtà mi piace che il lettore faccia un po' di fatica e la cosa è consapevole da parte mia.
La manovra fuori controllo dell'auto con i fari gialli è volutamente misteriosa. Non si sa perché lo abbia fatto, si sa solo che è successo. Anche chi le "parlerà" il giorno dopo chiedendole perché lo ha fatto resterà con il dubbio. Si potrebbe dire "è la vita che non dà sempre risposte a tutto".
Sul fatto che il protagonista non si interessi della seconda auto, capita perché è la prima che lui incontra sulla strada tornando indietro ed è lì che si realizza la sua "chiamata". In questo, al protagonista non interessa chi ci sia sulla seconda auto perché non è parte della sua esperienza, o non è necessario che venga raccontato ai fini della narrazione. Poi si potrebbe assumere, ma sono io stesso che concordo sul fatto che non sia chiaro nel testo, che essendo quella con i fari a led azzurri più grande ("grossa sagoma nera") e più moderna (led azzurri contro fari gialli) il conducente stia bene.
Re: Il messaggero
4naesan wrote: La manovra fuori controllo dell'auto con i fari gialli è volutamente misteriosa. Non si sa perché lo abbia fatto, si sa solo che è successo. Anche chi le "parlerà" il giorno dopo chiedendole perché lo ha fatto resterà con il dubbio. Si potrebbe dire "è la vita che non dà sempre risposte a tuttoAnch'io amo descrivere magari solo una scena dalla quale il lettore possa immaginare il resto della storia, quindi capisco bene cosa intendi dire. Eppure, con il tempo, frequentando questo forum (e quello di prima) ho capito che un racconto corto o lungo (o romanzo che sia) è un puzzle; ogni parola è un tassello e se uno di questi tasselli manca oppure è messo storto l'immagine non sarà completa nè armoniosa. È su questo che noi autori dobbiamo lavorare, fino allo sfinimento. Non è questione di lunghezza, di spazio sufficiente per descrivere tutto, ci sono puzzle da 100 pezzi e anche meno, e ce ne sono da 3.000. Ciò che conta è che l'immagine finale sia perfetta.
Re: Il messaggero
5Adel J. Pellitteri wrote: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]ogni parola è un tassello e se uno di questi tasselli manca oppure è messo storto [/font]l'immagine non sarà completa nè armoniosa. [...] Ciò che conta è che l'immagine finale sia perfetta.Su questi concetti generali sono sicuramente d'accordo.
Nello specifico caso meno. Non che voglia per forza ribattere al tuo feedback per dire che ho ragione io, anzi, ma per motivarti la mia scelta dico che ci sono molti esempi in letteratura di racconti in cui non tutto viene spiegato (mi viene in mente la storia più corta del mondo "In vendita: scarpe da bambino, mai usate". Lì non si specifica perché siano in vendita, eppure al lettore viene suggerito che sia successo qualcosa di brutto, del cui dettaglio non si può sapere molto). Inoltre nel caso specifico la vicenda è narrata dal punto di vista del protagonista, che non è onnisciente, e quindi non può conoscere le motivazioni della ragazza.
Re: Il messaggero
6Ciao, @naesan, il tuo racconto colpisce perché ha delle potenzialità.
Ho percepito un'analogia con la leggenda dell'uomo falena. Il tuo protagonista non prevede, non salva, non giudica non spiega
ma accompagna una vita nel suo ultimo passaggio.
L’Uomo Falena è spesso interpretato come, un avvertimento, un presagio, un tramite tra due stati dell’esistenza ma la funzione
archetipica è la stessa, anche l'atmosfera è simile. Pioggia, buio, fari, improvvisi lampi di luce, un evento drammatico che irrompe nella normalità.
Il tuo protagonista “sente” la chiamata.
Questo è il punto più potente e che discosta completamente la storia del tuo protagonista a quella dell'uomo falena.
Nel racconto, lui non capisce subito perché è lì, ma percepisce che doveva esserci. Però è lo stesso tipo di “vocazione” misteriosa attribuita all’Uomo
Falena: una presenza che appare quando il destino si compie.
Considerato questo aspetto valuterei una revisione che definisca meglio il Messaggero e ti dico il mio pensiero.
Questa risonanza con l’archetipo dell’Uomo Falena, secondo me, dà ancora più forza al racconto. Lo sposta dal piano mitico a quello realistico.
È come se la storia si appoggiasse a un immaginario collettivo già esistente, e lo rielaborasse in chiave intima e umana.
Il consiglio è di rivedere la figura del Messaggero, renderlo più umano possibile. La sua vocazione non deve diventare mito, non deve venire dall'alto.
La sua vocazione dovrebbe essere nominata e gestita dal punto delle potenzialità umane. Un potere che l'umanità ha perduto, che non sa più usare,
per esempio ma che il tuo protagonista ritrova in una empatia molto sviluppata verso il prossimo.
Nel commento qui sopra dici: La manovra fuori controllo dell'auto con i fari gialli è volutamente misteriosa.
Il mistero che lega il lettore è quando non sai il perché; nel racconto invece, a volte, chi legge non sa che cosa è successo.
Hai chiarito che cade la portiera, non la ragazza. Ma se un lettore lo interpreta diversamente, significa che la frase va riscritta.
Se un qualsiasi dettaglio distrae, va sistemato.
Quello che secondo me funziona è l’incipit è cinematografico. Pioggia, buio, fari, rumori ovattati: hai un controllo notevole della resa sensoriale. Il lettore entra subito nella scena.
Il protagonista è coinvolto emotivamente ma mai melodrammatico. Il tono resta asciutto, quasi “in trance”, e questo amplifica l’effetto che vuoi comunicare.
L’idea del “messaggero della luce” è suggestiva, da riconfezionare un po' meno verso la leggenda. Resterei nella realtà quotidiana e il racconto si chiuderebbe così con un’apertura verso un destino più grande.
Complimenti davvero per la trama e grazie per la storia.
Ho percepito un'analogia con la leggenda dell'uomo falena. Il tuo protagonista non prevede, non salva, non giudica non spiega
ma accompagna una vita nel suo ultimo passaggio.
L’Uomo Falena è spesso interpretato come, un avvertimento, un presagio, un tramite tra due stati dell’esistenza ma la funzione
archetipica è la stessa, anche l'atmosfera è simile. Pioggia, buio, fari, improvvisi lampi di luce, un evento drammatico che irrompe nella normalità.
Il tuo protagonista “sente” la chiamata.
Questo è il punto più potente e che discosta completamente la storia del tuo protagonista a quella dell'uomo falena.
Nel racconto, lui non capisce subito perché è lì, ma percepisce che doveva esserci. Però è lo stesso tipo di “vocazione” misteriosa attribuita all’Uomo
Falena: una presenza che appare quando il destino si compie.
Considerato questo aspetto valuterei una revisione che definisca meglio il Messaggero e ti dico il mio pensiero.
Questa risonanza con l’archetipo dell’Uomo Falena, secondo me, dà ancora più forza al racconto. Lo sposta dal piano mitico a quello realistico.
È come se la storia si appoggiasse a un immaginario collettivo già esistente, e lo rielaborasse in chiave intima e umana.
Il consiglio è di rivedere la figura del Messaggero, renderlo più umano possibile. La sua vocazione non deve diventare mito, non deve venire dall'alto.
La sua vocazione dovrebbe essere nominata e gestita dal punto delle potenzialità umane. Un potere che l'umanità ha perduto, che non sa più usare,
per esempio ma che il tuo protagonista ritrova in una empatia molto sviluppata verso il prossimo.
Nel commento qui sopra dici: La manovra fuori controllo dell'auto con i fari gialli è volutamente misteriosa.
Il mistero che lega il lettore è quando non sai il perché; nel racconto invece, a volte, chi legge non sa che cosa è successo.
Hai chiarito che cade la portiera, non la ragazza. Ma se un lettore lo interpreta diversamente, significa che la frase va riscritta.
Se un qualsiasi dettaglio distrae, va sistemato.
Quello che secondo me funziona è l’incipit è cinematografico. Pioggia, buio, fari, rumori ovattati: hai un controllo notevole della resa sensoriale. Il lettore entra subito nella scena.
Il protagonista è coinvolto emotivamente ma mai melodrammatico. Il tono resta asciutto, quasi “in trance”, e questo amplifica l’effetto che vuoi comunicare.
L’idea del “messaggero della luce” è suggestiva, da riconfezionare un po' meno verso la leggenda. Resterei nella realtà quotidiana e il racconto si chiuderebbe così con un’apertura verso un destino più grande.
Complimenti davvero per la trama e grazie per la storia.