Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

1
La mia intenzione, con questo testo, è di avviare un dialogo proficuo e pragmatico sul futuro del medium letterario in Italia.

Scrivo queste brevi considerazioni dopo un paio d'anni passati a interfacciarmi con l'editoria, intenzionato dapprima a costruire una carriera come scrittore, poi resomi conto di non essere visto come un creatore di opere, bensì come un compratore, o elemosinante, di vanità.

Scelgo di non addentrarmi particolarmente nella grande editoria, che da Berlusconi in poi non è che un oligopolio di imprenditori e carrieristi, i quali offrono i propri servizi alle voci più rumorosamente privilegiate e organizzano a tavolino ondate di trend artificiali e convenienti per sostenere un profitto che non può che essere stagnante (in un'ipocrita pugnalata al mantra della "selezione naturale dei manoscritti").

Preferisco, invece, concentrarmi sull'editoria indipendente; poiché quest'ultima ha avuto per lungo tempo la possibilità di rappresentare un'alternativa credibile all'oligopolio che le sta sopra, ma ha, a mio avviso, fallito miseramente. In questo caso, piuttosto che sciorinare noiosamente tutte le criticità dell'ambiente, mi propongo di porre delle domande le cui risposte non mi sono mai state date. Forse, molti di voi hanno dubbi simili e, forse, si può pensare di cambiare concretamente lo stato delle cose.

Perché il paese di Dante, Manzoni, Eco, Fallaci e Terzani conosce dagli anni 2000 ad oggi una produzione letteraria del tutto insignificante rispetto ai corrispettivi internazionali?

Perché molti scrittori, anche avveduti, concedono i propri soldi ad agenzie e case editrici a pagamento?

Perché molte case editrici, anche free, hanno smesso di trattare i lettori come propria clientela principale e sono passate a strategie di marketing rivolte agli scrittori?

Perché l'enfasi è passata dal valorizzare le penne di rilievo a valorizzare le case editrici più prestigiose? Ovvero, perché nell'ambito della letteratura italiana contemporanea contano di più le aziende piuttosto che gli artisti?

Perché gli autori italiani più celebri della contemporaneità sono perlopiù turisti? Opinionisti, personaggi televisivi, atleti, influencer; dove sono gli scrittori di professione?

Perché questo medium artistico esiste oggi in una struttura prettamente economicistica? Perché ci si aspetta da tutti i partecipanti che ciascuna parte del processo di pubblicazione di un'opera abbia la forma e la natura burocratica di una tranzazione economica?

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché il movimento letterario italiano si è atomizzato? Perché si è ridotto a utenti anonimi su forum che comunicano da posizioni isolate? Perché non c'è più collaborazione, una coscienza collettiva, una presenza fisica in spazi dedicati, un'organizzazione consolidata a lungo termine?[/font]

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché molti scrittori sono intrappolati in meccanismi consumistici di compravendita dell'immagine? Perché conta di più aver comprato un corso di scrittura creativa piuttosto che aver generato un'idea di rilievo? Perché la competizione letteraria riguarda oggi l'appetibilità come investimento (ovvero l'immagine più immediata) e non più la qualità artistica della singola opera (ovvero l'essenza che sopravvive nei secoli)?[/font]

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché non abbiamo ancora creato un'alternativa a questo stagno in cui siamo costretti ad annaspare, considerando che i nostri numeri sono estremamente più elevati rispetto ai numeri degli autoproclamati San Pietro dell'editoria italiana? Cosa si può fare fare per restituire dignità alla letteratura italiana, in questo esatto momento?[/font]

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

2
@batar Le domande sono un po' troppe per avere risposte che riempirebbero pagine e pagine. Però molte sono pleonastiche, perché contenute l'una dentro l'altra, e comunque, per quanto mi riguarda, raggruppabili. A mio modesto avviso, la grande editoria se ne sbatte di ricercare nuovi talenti e preferisce andare sul sicuro, pubblicando i soliti noti a prescindere dalla qualità degli scritti, l'importante è che vengano abbondantemente reclamizzati dai media a diffusione nazionale. All'uopo, calciatori, cantanti e opinionisti da talk-show vanno benissimo. La piccola editoria è  proliferata in maniera abnorme, agevolata da una legislazione carente, rimasta ai tempi del telefono fisso a muro, in epoca addirittura pre-televisiva, figurarsi i social; basta costituire una srls con 1 euro di capitale sociale per acquisire la qualifica di editore, pubblicare tutto ciò che arriva confidando nelle 20-30 copie che il neo-autore in genere riesce a piazzare a parenti e amici, incassare tutto l'incassabile a costi di produzione vicini a zero, non pagare le royalties e neanche le tasse, campicchiare in questo modo per due o tre anni e poi chiudere bottega, per ricominciare il giorno dopo con altra ragione sociale. Questo, nel caso di CE qualificabili come free. Poi c'è l'editoria a pagamento e ci sono le false agenzie di rappresentanza che invece vendono solo servizi, e fanno il paio con le scuole di scrittura: in tutti questi casi l'aspirante autore viene subito spremuto e il suo futuro non interessa proprio. Tutto questo business si fonda sulla vanità dell'aspirante autore, che pur di vedere il proprio nome sulla copertina di un libro è disposto a pagare. Esistono anche mini-case editrici serie e vere agenzie di rappresentanza, ma sono l'eccezione che conferma la regola. Questo, sinteticamente, il quadro generale. Per i particolari, vale la pena di addentrarsi nelle discussioni sull'argomento, che in questo forum abbondano. Saluti.  
Mario Izzi
Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni (trilogia)
Dea
Non solo racconti
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

3
@Cheguevara 
L'organizzazione dei quesiti in ripetizioni e variazioni sul tema segue un pattern preciso: sono domande spontanee, ovvie a chiunque scegliesse di avere a che fare con il mondo dell'editoria. E, perciò, a fronte di una comprensione ben diffusa, perché la situazione è sempre più stagnante e corrosa? Il quadro generale mi è ben chiaro da ben prima che scrivessi il testo qua sopra; a non essermi chiaro è il motivo per cui non esiste ad oggi un movimento culturale degno di nota che si occupi di rendere dignitosa la letteratura italiana.

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Vedo in molti articoli autorevoli e blog di editor, nonché ovviamente in giro sui forum, un idealismo che non ha mai attraversato l'esame della realtà: tanti buoni propositi, una marea di constatazioni dello stato attuale, ma mai un'azione pragmatica. Si parla sempre di "trovare quelle poche CE serie", "sperare e perseverare", "fare passaparola". Quasi niente di tutto ciò ha a che fare con la professione dello scrittore e dell'artista più in generale. Direi, piuttosto, che si tratta di volantinaggio disperato. Non a caso non ho constatato granché nel testo iniziale, ho piuttosto domandato perché le cose sono in questo stato pietoso.[/font]

Occorre spostare quest'arte dall'ascendente del profitto e degli investitori, che ha portato l'editoria a viziare i lettori con le più basse schifezze e ammaliare gli scrittori col canto di sirene promettenti una gloria vana quanto un premio di partecipazione. Il fatto che esista un mercato di autori morti di vanità è inaccettabile: non fastidioso, né poco desiderabile, è in tutto e per tutto inaccettabile. L'unico modo che mi viene in mente per cambiare la situazione, ma auspico che un confronto diffuso possa generare una strategia più netta, è percorrere a ritroso tutto il processo di atomizzazione che ha sgretolato il defunto movimento letterario italiano: l'unica condizione è accettare di non poter essere un nome celebre in una torre d'avorio (l'ambizione standard per migliaia di aspiranti scrittori). Solo così può nascere una collaborazione sostenuta in grado di competere con la macchina, con l'obiettivo ultimo di vivere un sistema meritocratico basato veramente sulla selezione naturale dei manoscritti.

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

4
Ci provo... O almeno, tento di rispondere ad alcune delle domande. Altre, com'è stato già notato, sono correlate, o semplicemente non ho io una risposta adeguata da dare.
batar wrote: Perché il paese di Dante, Manzoni, Eco, Fallaci e Terzani conosce dagli anni 2000 ad oggi una produzione letteraria del tutto insignificante rispetto ai corrispettivi internazionali?
Credo si tratti degli anni in cui la maggior parte degli italiani decise di essere uno scrittore. È il periodo in cui ci fu una maggiore espansione della rete e iniziarono a comparire i primi blog e social. In quella fase, qualche imprenditore editoriale decise di sfruttare tale velleità e di approfittare di coloro che avevano voglia di dire la propria sentendosi scrittori. 
Chiaramente, i pochi blogger veramente di talento (dietro ai quali, a mio parere, esisteva comunque una professionalità e uno studio strategico del nuovo mezzo di tendenza) fecero da esempio e da apripista a migliaia di altri emuli, che non avevano lo stesso talento ma solo grande voglia di comunicare, o semplicemente di mettersi in mostra. I primi sono stati pubblicati da editori più grossi, che avevano la possibilità economica di scommettere su tale sperimentazione, gli altri da editori minori e tendenzialmente dalla vanity press, che si è via via diffusa.
batar wrote: Perché molti scrittori, anche avveduti, concedono i propri soldi ad agenzie e case editrici a pagamento?
I più avveduti non concedono soldi alle EAP, magari li concedono alle agenzie con la speranza di poter arrivare agli editori più noti. Ma le poche agenzie che hanno davvero questo tipo di agganci sono estremamente selettive, di solito prendono in carico autori che hanno già pubblicazioni pregresse con editori di qualità (anche piccoli). Le altre fanno lo stesso ragionamento delle EAP e, dietro lo specchietto per le allodole della rappresentanza, vendono altri servizi.
batar wrote: Perché molte case editrici, anche free, hanno smesso di trattare i lettori come propria clientela principale e sono passate a strategie di marketing rivolte agli scrittori?
Perché gli scrittori sono molti di più dei lettori, per cui il mercato è cambiato assecondando l'attuale domanda.
batar wrote: Perché l'enfasi è passata dal valorizzare le penne di rilievo a valorizzare le case editrici più prestigiose? Ovvero, perché nell'ambito della letteratura italiana contemporanea contano di più le aziende piuttosto che gli artisti?
Perché le CE più prestigiose sono la meta più ambita dagli scrittori. E come ho appena detto, il nuovo mercato editoriale di riferimento è costituito dagli scrittori, non più dai lettori.
batar wrote: Perché gli autori italiani più celebri della contemporaneità sono perlopiù turisti? Opinionisti, personaggi televisivi, atleti, influencer; dove sono gli scrittori di professione?
In realtà, se controlli i dati di vendita e le classifiche, i numeri maggiori li fanno proprio gli scrittori professionisti. La maggior parte sono nomi stranieri, ma tra le migliori vendite ci sono anche quei nomi italiani di punta dei vari periodi. Simili numeri, però, li fanno davvero in pochi. Ti sembrerà strano, ma i libri di politici, calciatori, opinionisti, comici, gente di spettacolo e TV, pur invadendo le librerie e la fetta maggiore del mercato, hanno dati di vendita molto bassi. Per cui il mercato editoriale italiano è caratterizzato da un sottobosco e polverizzato in diverse categorie che fanno numeri bassi. In alcuni casi, vende persino di più il libro di un esordiente che un libro scritto da personaggi noti.
batar wrote: Perché questo medium artistico esiste oggi in una struttura prettamente economicistica? Perché ci si aspetta da tutti i partecipanti che ciascuna parte del processo di pubblicazione di un'opera abbia la forma e la natura burocratica di una tranzazione economica?
Non ho compreso bene. Mi sembra normale che nella filiera editoriale vi sia una serie di transazioni economiche. L'unico che non dovrebbe pagare è proprio lo scrittore.
batar wrote: Perché non c'è più collaborazione, una coscienza collettiva, una presenza fisica in spazi dedicati, un'organizzazione consolidata a lungo termine?
Parli dei salotti letterari di un tempo? Avevano senso quando gli scrittori erano in numero minore. Gli artisti si confrontavano, discutevano, cooperavano... oggi c'è solo una competizione spietata, perché chiunque sente di potersi definire scrittore e crede di essere migliore dei propri "concorrenti". Quelli che scelgono di collaborare con gli altri sono pochi, o generosi di natura o uniti dalla sete di giustizia verso una filiera editoriale dopata, tanto dalla presenza di EAP e agenzie, quanto dallo strapotere dei distributori librari.
Ovviamente in tutto ciò ci sono, per fortuna, alcuni editori piccoli (ma molto noti per la loro qualità) e micro editori che fanno la differenza. Così come credo che la facciano alcune rare big, che mantengono standard elevati nonostante la tendenza diffusa.
batar wrote: Perché conta di più aver comprato un corso di scrittura creativa piuttosto che aver generato un'idea di rilievo?
Perché molte scuole di scrittura hanno stipulato accordi con CE o editor di queste, e hanno creato un canale privilegiato. Nei corsi, gli stessi docenti sono spesso gli editor interni alle CE, per cui seguono la buona idea passo dopo passo, plasmandola con i propri criteri fino a renderla un libro pubblicabile. Ovviamente, in questo caso, oltre alla buona idea va avanti chi può permettersi di spendere (molto) per seguire il corso. Però la buona idea alla base ci deve comunque essere, altrimenti sono soldi sprecati. Uno scrittore che conosco ha seguito un corso con la più nota di tali scuole: fior fiore di editor come insegnanti, eppure la sua idea non aveva potenziale, per cui alla fine ha scelto di pubblicare con una piattaforma editoriale (altro business tra i più recenti) qui non nominabile, ma con scarsi risultati.
batar wrote: Perché non abbiamo ancora creato un'alternativa a questo stagno in cui siamo costretti ad annaspare, considerando che i nostri numeri sono estremamente più elevati rispetto ai numeri degli autoproclamati San Pietro dell'editoria italiana?
batar wrote: Cosa si può fare fare per restituire dignità alla letteratura italiana, in questo esatto momento?
Credo che l'unica alternativa creata sia stata il self publishing (anche se in realtà già esisteva sotto altre forme).
Cosa si può fare per ridare dignità alla letteratura italiana? Un bell'esame di coscienza da parte di tutti gli attori della filiera editoriale italiana!

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

5
@ElleryQ 
Grazie per la risposta, è stata molto esaustiva. Molti di questi punti dovrebbero essere ampiamente noti a chiunque scegliesse di iniziare a scrivere in Italia, sarebbe un ottimo seme per una coscienza collettiva e partecipata degli scrittori.

Qualche precisazione: quando parlo di scrittori avveduti che accettano EAP, intendo soprattutto chi finisce per rivolgersi a CE ibride, le quali sono brave a nascondere il proprio business model e a lasciar intendere che pubblicare con loro non costituirebbe un danno alla tanto preziosa immagine. In quanto alla natura burocratica del processo di pubblicazione, non la apprezzo e la ritengo fuori luogo perché allunga i tempi, pone una forte enfasi su disponibilità economica e fama pregressa, riduce gli scrittori ad asset/compratori e banalizza il processo creativo in favore di un più importante processo negoziale con l'editore. L'ultima precisazione, la più importante, è sull'importanza delle buone idee in relazione al vantaggio privilegiato dei corsi di scrittura; quando parlo di buone idee, non parlo di buoni investimenti sul mercato, intendo buone idee da un punto di vista prettamente estetico: gli editor di oggi chiamano "buona idea" solo ciò che è in grado di fruttare qualcosa all'azienda per cui lavorano, non ciò che è in grado di sopravvivere nella memoria collettiva come arte significativa. Definireste mai le idee alla base dei racconti di Borges come cattive idee? Pensereste mai che un editor di oggi possa mandare alla pubblicazione un'opera come Finzioni? Io penso che si metterebbe a ridere, accendendo un tritacarte.

Nel merito dei due punti più importanti, ovvero lo status degli scrittori come clienti e l'ipotesi di azioni concrete, mi tornano alla memoria due casi significativi tra i miei tentativi di pubblicazione. Mi capitò di avere a che fare con il figlio di un celebre scrittore milanese, fatto che verificai essere veritiero, il quale in una telefonata mi disse con malcelato imbarazzo che la sua casa editrice aveva smesso di "prendersi rischi" (ovvero pubblicare normalmente) in favore di un "modello più sicuro" (ovvero EAP), a suo dire poiché se non avesse fatto altrimenti avrebbe rischiato di fallire. Non stento a crederci. Non molto tempo dopo, ebbi il dispiacere di scoprire che una casa editrice "interessata" a un mio manoscritto e presentatasi come free sul proprio sito era in verità a pagamento. Questi due avvenimenti, di case editrici fasulle che si pongono dapprima come vere, sono stati il punto più basso delle mie ricerche.

Le etichette discografiche italiane, perlopiù sussidiarie di major straniere, vivono condizioni simili: tantissimi aspiranti artisti a fronte di un mercato ormai saturo, di un sound annacquato e un pubblico viziatissimo. Il motivo per cui nell'ambiente musicale il corrispettivo del self publishing funziona di più, però, è che esistono nicchie compatte di pubblico disposte a supportare piccoli artisti, solo e soltanto per piacere estetico. Detto ciò, non credo che internet sia la piattaforma giusta da cui può rinascere il movimento letterario italiano, perché a differenza della musica, la letteratura spesso non è un medium fruibile in tempi brevi. Bisogna andare dove l'aggregazione è già cosa comune, i proventi sono minimi o nulli e l'approfondimento è incoraggiato: movimenti universitari, spazi e manifestazioni culturali, biblioteche; così facendo si può poi pensare di organizzare una rete tra queste diverse realtà e potrebbe sorgere la possibilità di legare un certo tipo di letteratura a doppio filo con un ambiente che le permette di fiorire senza il giogo del profitto. Se abbastanza scrittori talentuosi scelgono di darsi in maniera decisiva al self publishing e iniziano a organizzarsi in generi capaci di catturare lo zeitgeist, è possibile migliorare le cose. Se, invece, si continua semplicemente ad annaspare nello stagno, tutto peggiorerà con lentezza inesorabile.

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

6
batar wrote: Bisogna andare dove l'aggregazione è già cosa comune, i proventi sono minimi o nulli e l'approfondimento è incoraggiato: movimenti universitari, spazi e manifestazioni culturali, biblioteche; così facendo si può poi pensare di organizzare una rete tra queste diverse realtà e potrebbe sorgere la possibilità di legare un certo tipo di letteratura a doppio filo con un ambiente che le permette di fiorire senza il giogo del profitto
Il che, purtroppo, non sempre è così. Perché di incontri in movimenti universitari, biblioteche, spazi culturali, eventi, ecc... ne ho fatti. Alcune volte erano disertati, o popolati da persone tirate dentro dagli organizzatori e non sempre consapevoli di ciò che si presentava o interessate. Poi, per fortuna, mi sono capitati anche eventi partecipati e stimolanti, ma molti di questi enti associativi e culturali ricevono finanziamenti pubblici, quindi devono dimostrare di essere attivi per intascarli e poco importa loro del risultato. Ovviamente ci sono casi e casi, come dicevo.

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

8
Provo a rispondere riguardo al motivo per cui ci si rivolge alle agenzie letterarie. Ho scritto un romanzo che ho inviato a due agenzie di fama, per avere una valutazione da professionisti, in quanto non conoscevo nessuno nel mondo editoriale. Entrambe mi hanno risposto che il romanzo era davvero bello, ma poco commerciale. Così ho trovato (molto rapidamente) un piccolo editore free di buona fama, più interessato al valore letterario dell'opera che al guadagno. Siccome non so assolutamente vendere, sono riservata e quasi mi vergogno a farmi pubblicità, ho venduto solo 200 copie, ma ho deciso di partecipare a un po' di concorsi, perché quello che mi interessava era essere letta. Incredibilmente, ho vinto o sono arrivata finalista in quasi tutti, un po' in tutta Italia. Conclusione: non è vero che gli editor delle grandi case editrici e gli agenti conoscono sempre quello che piace ai lettori. La grande editoria è un ambiente che produce gusti e successi. Non so quanti libri ho letto di piccole case editrici di gran lunga migliori di quelli di c.e. ben più famose: i libri delle major vendono di più perché sono super pubblicizzati.
Però, con la strategia dei concorsi ho avuto tanti lettori (e competenti) che non sarei mai riuscita a procurarmi da sola.

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

9
Provence wrote: Entrambe mi hanno risposto che il romanzo era davvero bello, ma poco commerciale.
Provence wrote: Conclusione: non è vero che gli editor delle grandi case editrici e gli agenti conoscono sempre quello che piace ai lettori.
Diciamo che gli editor delle grandi case editrici sanno ciò che piace al loro target di lettori. Le agenzie, invece, non sempre ci azzeccano nel valutare, ma soprattutto non sempre dicono la verità quando sostengono di aver inviato il testo a tale e tal altra big. A volte neppure  lo inviano il manoscritto, o se lo inviano non è detto che abbiano i giusti agganci con gli editor, o la giusta credibilità ed esperienza, per cui non ricevono neanche risposte e allora ne inventano alcune di convenienza (a me è capitato così). Purtroppo, il mondo delle agenzie è un terno al lotto, rischi di tenere il libro vincolato per anni senza notizie e senza poterlo inviare in autonomia a editori e concorsi per inediti.

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

10
Molto banalmente, tutta questa spirale discendente dell'editoria è riconducibile al fatto che in Italia non legge quasi nessuno. Tra le mie conoscenze c'è solo una persona che legge almeno un libro l'anno, con la stragrande maggioranza che non ne legge uno dai tempi della scuola.

È naturale che le imprese operanti in un mercato del genere debbano inventarsi qualcosa per sopravvivere. E quella di puntare sulla vanità degli scrittori è stata, economicamente parlando, una buona trovata. In fondo la EAP sta comunque fornendo un servizio: per qualche centinaio di euro ti permette di vedere il tuo nome sulla copertina di un libro e andare a dire in giro di essere uno scrittore. Mi ricorda un'azienda della quale si vedeva spesso la pubblicità su Youtube qualche tempo fa. Vendeva (o almeno così dicevano) un metro quadrato di terreno in Scozia, cosa che tecnicamente conferiva al compratore il titolo di Lord, commemorato da un'apposita placca inviatagli. In pratica paghi per dire in giro che sei un Lord scozzese. Ecco, la EAP è un po' la stessa cosa, solo che invece di essere un Lord sei uno scrittore. Un modello di business incentrato sulla vanità e l'egocentrismo dell'essere umano medio.

Se fossimo un paese con una soglia d'attenzione media superiore ai trenta secondi di un video su Tiktok, tutti questi problemi non esisterebbero. L'unica cosa che può risolvere in una volta sola tutti i problemi posti, a mio parere, è un considerevole aumento del numero di lettori. Nell'epoca dell'intrattenimento fast-food, però, io la vedo davvero dura.

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

11
@Akhaten sì il punto è proprio quello, tant’è che la maggior parte degli scrittori va in giro a promuovere il proprio libro per venderlo agli altri scrittori. Alla fine sono davvero tanti gli appassionati di lettura che si cimentano nella scrittura, quindi una grossa fetta di entrambi i mondi coincide, almeno in Italia.
Difficile pensare ad un aumento del numero dei lettori, di certo non a breve-medio termine. C’è però un mondo diverso su Amazon, di lettori che leggono tramite abbonamento. Già ho avuto modo di scriverlo altre volte, ma quello è un pubblico di lettori e basta, poco interessati alle dinamiche dell’editoria. Non gli interessa chi pubblica cosa, ma cerca solo testi da leggere che gli piacciono. È un mondo che sembra poco considerato da tanti autori, snobbato dire, ma oserei dire sincero.

Re: Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana

12
@Akhaten 
Sì, è decisamente uno dei fattori più significativi. Mi ricorda le situazioni del teatro e della musica classica, entrambi ambiti che hanno visto negli anni un crescente elitismo, legatosi poi strettamente ai giri di denaro coinvolti; anche in questi casi il pubblico si è ridotto perlopiù ad altri professionisti che fruiscono il lavoro dei propri colleghi. Difatti, se un medium perde la propria importanza agli occhi delle masse, è naturale che gli ultimi a rimanere siano quelli che ne erano già innamorati a prescindere. Devo dire, però, che è davvero disarmante la sensazione di non poter fare nulla per migliorare le cose. Se ciò che serve è un cambio netto di paradigma nel modo in cui la popolazione vive l'intrattenimento, così che l'editoria possa tornare a considerare il lettore come suo unico cliente, allora non so veramente quale sia il punto di partenza. 

Viene spontaneo pensare all'educazione, ma staremmo parlando di un altro mondo che si è sgretolato e vive di pochi, isolati, professionisti ancora appassionati di ciò che fanno, e di ancora meno, disillusi, studenti che hanno dubitato abbastanza da scoprire che la cultura e il ragionamento sono per loro più importanti di voti effimeri e carriere traballanti. Non punterei le mie aspettative su un sistema così precario.

Una regolamentazione più marcata che rendesse inattuabile l'EAP o le agenzie non sarebbe che il colpo di grazia all'industria, la quale finirebbe per crollare una volta per tutte e lasciare spazio a chi si occupa solo di tradurre o ripubblicare classici e opere celebri del passato.

E qui gli strumenti della cittadinanza, mi pare, sono finiti. Forse degli incentivi statali potrebbero permettere all'editoria di avere un respiro più ampio, ma chi pagherebbe le proprie tasse per una cosa del genere, se disinteressato in partenza alla letteratura?

Sono fermamente convinto che ciascun medium artistico abbia pari dignità, il mio concentrarmi su quello letterario è una mera questione di gusto personale. Perciò non mi invento che leggere libri sia importante a priori, ma sono nondimento preoccupato dalla repulsione che sempre più persone provano di fronte all'arte e l'intrattenimento che richiedono un minimo sforzo. Sarei estremamente curioso di sapere se, in passato, una qualche cultura si sia mai trovata ad affrontare crisi simili, e di come ne sia eventualmente uscita. Non mi viene in mente nulla. Generalmente si parla di cambi importanti nei gusti e nelle modalità di fruizione, ma non di abbandono progressivo di interi media in favore di corrispettivi incapaci di offrire una complessità degna di nota (l'intrattenimento fast-food di cui si è parlato).

Return to “Discussioni varie sul mondo editoriale”