[H25] La Casa a Sette Finestre

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La Casa a Sette Finestre

Il paese di Selenighe non compariva sulle mappe. Il sole vi arrivava stanco, filtrando tra alberi contorti che parevano preghiere eretiche pietrificate. La nebbia che lo circondava era densa, soffocante, come un respiro malato; non si ritirava mai del tutto. 
Anche le giornate di sole erano tristi ─ una luce che sembrava una grazia concessa, come l’aria che si tinge di rosso in attesa di una condanna. Respirare non era una gioia.
Le case si sfaldavano lentamente, sembrava volessero tornare alla terra: i tetti spaccati lasciavano intravedere cieli bassi, color ferro, e l’odore del muschio si mescolava a quello della ruggine.
Nessuno ricordava chi avesse fondato Selenighe, né perché la gente continuasse con ostinazione a viverci. Si diceva che le case fossero sorte attorno a un pozzo isolato, e che nel pozzo fosse caduto il primo bambino. Da allora, il silenzio era diventato legge, e l’acqua ─ quando c’era, portava con sé il gusto del ferro e del peccato.
Ogni tanto il fiume restituiva un giocattolo: un cavallino di legno, una bambola sfigurata dall’acqua, una scarpetta consumata. Chi li vedeva si faceva il segno della croce senza dire nulla, poi si chiudeva in casa, serrando porte e finestre, come se l’acqua potesse ricordare. Si respirava affannati, allo stesso ritmo della nebbia che incombeva. 
Incombeva qualcosa, sempre, ma non si sapeva da dove venisse.

Marta abitava al centro del paese, in una casa che sapeva di disinfettante e solitudine. Da giovane era stata infermiera: le sue mani avevano imparato a curare, ma anche a nascondere. Da quando Luca, suo figlio, era scomparso, la sua vita si era ridotta a un’ attesa muta. Non mangiava quasi nulla, non parlava con nessuno; ascoltava il vento, cercando di riconoscere una voce familiare. 
Ogni tanto trovava piccoli segni davanti alla porta: un bottone, un dente da latte, un filo di lana blu.
Li raccoglieva in un barattolo, come reliquie di un santo impossibile. E la notte, quando la luna cadeva dietro la collina, le sembrava di sentire il suo bambino chiamarla da un punto che non apparteneva al mondo.

Le sparizioni erano ricominciate.
Prima un bambino, poi due, poi una donna che non aveva figli ma li desiderava. Le ricerche non portavano a nulla: solo tracce di fango, orme confuse e quella sensazione appiccicosa di essere osservati da qualcuno nascosto tra gli alberi.
La gente cominciò a parlare della Casa a Sette Finestre: un rudere annerito dal tempo, arroccato sul poggio più alto, con le finestre spalancate come orbite cieche. Nessuno vi saliva più, da quando il dottor Eberhard Morgenstern era scomparso senza lasciare traccia.

Eberhard Morgenstern.
Lo chiamavano il dottore dei bambini. Era arrivato durante la guerra, pochi bagagli e una divisa nascosta sotto il camice. Diceva di voler salvare i piccoli dalle malattie, dalla fame, dai soldati sbandati.
Li accoglieva nella sua casa e tardava a restituirli. Qualcuno non tornava. Chi era andato a protestare ne era uscito che non era più se stesso: gli occhi sbarrati dal terrore e dal ricordo di fulmini d’oro cuciti sul colletto del dottore, intravisti sotto il camice.
Passò il tempo. Dopo la guerra Morgenstern scomparve. Nella casa furono trovati lettini di ferro, piccoli abiti piegati, strumenti medici che non servivano a curare. Ma nessuno ebbe il coraggio di scavare più a fondo. Qualcuno venne a cercare il dottore. 
Altri soldati, altre divise.
Invano fu chiesto loro perché nella Casa a Sette Finestre fossero scomparsi dei bambini. Risposero che Morgenstern non era solo un loro nemico, ma andava oltre.  Veniva da un altro Nord, da una scuola dura e disumana che stavano cercando di sradicare dal mondo. Lo avrebbero trovato, un giorno. I soldati ne parlavano con  terrore negli occhi. Uomini come Morgenstern si insinuavano nel mondo, nelle guerre e nelle paci, portando nuove sofferenze.
─ Distruggete la sua casa, ─ dissero i contadini.
─ Non lo faremo.
─ Perché? Non lasciateci quel ricordo. Lo faremo noi, allora.
─ Non fatelo. È l’unico punto di contatto.
─ Con che cosa?
─ Con i bambini scomparsi. Che Dio vi aiuti.

Una notte d’inverno Marta sognò La Casa a Sette Finestre. Vide le finestre sanguinare alla luce del tramonto, e dietro ciascuna il volto di un bambino. Vide il suo Luca, che la guardava con grandi occhi neri. Si risvegliò in un bagno di sudore, febbricitante, con addosso un odore dolciastro, come di carne in putrefazione.
Nel sogno Morgenstern rideva, gelido. Alle sue spalle, file di bambini si inerpicavano per un sentiero.

Marta  andò da Lucilla. Anche lei non aveva più visto il suo Georgy, dopo che lo aveva portato dal dottore. Era impazzita.
─ Vieni con me ─ le disse Marta. ─ Andiamo a cercare i nostri figli.
La prese per mano e Lucilla la seguì, mentre la sua vecchia madre, che l’accudiva, le guardava andare via piangendo.
Arrivarono alla Casa a Sette Finestre  che il vento si sollevò all’improvviso, ululando come un lupo. La nebbia pareva muoversi con volontà propria. Cominciò a piovere. Marta prese un tronco e sfondò la porta. Lucilla la guardava speranzosa, incurante dell’acqua che le flagellava.
Dentro era buio, rischiarato a tratti dai bagliori dei lampi. I mobili ancora al loro posto, gonfi di muffa. Un pianoforte in un angolo, coperto di piccole impronte, e ai suoi piedi un carillon rotto, che pareva ancora suonare una nenia spezzata.
Camminarono.
Sulle pareti, disegni infantili: case, madri, grandi soli tristi. Cuori sospesi.
Trovarono una botola in cucina, visibile sotto un tappeto rosicchiato dai topi. La scoperchiarono: una scala di legno scendeva nel buio. L’odore di ferro e decomposizione era forte. Le due donne si portarono la mano alla bocca.
Dietro vetri opachi, delle luci si accesero da sole. Videro letti arrugginiti, bacinelle, cateteri. E piccole ossa candide racchiuse in barattoli di vetro polverosi.
Sulla parete una scritta: “Il dolore guarisce. L’amore distrugge. La carne ricorda”.
Marta avanzò, attirata da un tavolo operatorio con sopra una forma coperta da un lenzuolo. Lo sollevò.
Sotto, giaceva una creatura incompiuta: parte bambola, parte bambino. La pelle cucita, le orbite vuote, un cuore di stoffa infilato nel torace aperto.
Lucilla iniziò a pregare, ma la voce si spezzò. Marta indietreggiò, inciampò. Qualcosa cadde dai ripiani: un barattolo pieno di liquido ambrato, con dentro un piccolo cranio, con ancora attaccati  ciuffi di capelli biondi.

Nella stanza successiva trovarono un diario. La copertina era fatta di pelle troppo chiara, le pagine scritte in un inchiostro rosso scuro. Solo il dottor Morgenstern poteva averle vergate. La calligrafia era spaventosamente chiara. Marta sfogliò frenetica. Lesse di “purezza”  della voce di Dio ─ quale Dio? ─ che gli aveva mostrato come rimediare alla corruzione del mondo.
“Le madri consegnano figli imperfetti, impuri. Io li restituisco alla luce e alla purezza. La carne è solo un abito da correggere”.
Più avanti, le annotazioni diventavano furiose: “Le loro voci mi svegliano. Mi chiedono di finire il lavoro. Di farli diventare una sola cosa, un solo corpo, un solo cuore”.
Nell’ultima pagina, una frase scritta con forza: “La settima finestra non si chiuderà finché la madre non sarà tornata”.
Marta sollevò lo sguardo. Sopra il tavolo operatorio pendeva una lampada, la luce tremolante. Nel silenzio, un suono lieve, ritmico: tum… tum… tum. Proveniva da un vaso di vetro, al centro della stanza. Dentro, in un liquido scuro, pulsava un cuore.
Un cuore vero, ancora vivo. Intorno al vaso una catenella legava un quadrato di pelle con inciso un nome: Luca.
Marta si sentì gelare. Il mondo si spense.
Una voce, la stessa dei sogni, sussurrò: “Mamma, finisci quello che lui ha cominciato. Per piacere”.
Quando Marta e Lucilla cercarono di fuggire, la scala era sparita. Le pareti si muovevano come carne viva. La casa respirava.
Dal soffitto scesero gocce di sangue denso, antico, e un coro di voci infantili cominciò a cantare: “Dormi, dormi, bimbo mio…”
Marta cadde a terra piangendo, con le mani immerse nel sangue.
Lucilla corse verso una strana finestra che si era aperta e si gettò nel vuoto, ma il terreno sotto di lei si mosse: un groviglio di corpi minuscoli e nudi la inghiottì in un urlo muto.
Marta si rialzò. Prese un bisturi dal tavolo, si avvicinò alla  creatura  sulla lettiga e lo appoggiò sul petto.
─ Se devo finire il lavoro, lo finirò io, figlio mio ─ sussurrò.
Poi, con un gesto preciso, affondò la lama.

All’alba, la casa era in fiamme.
I contadini la videro bruciare da lontano, senza avvicinarsi.
Il fumo saliva dritto al cielo, denso come un corpo. Quando cessò, della casa non restava che la pietra annerita e una sola finestra intatta: la settima. Dietro, qualcuno giurò di aver visto una donna e un bambino, mano nella mano.

Da quel giorno, il paese cominciò a smettere di esistere.
Gli abitanti lo abbandonarono, le strade scomparvero tra i rovi, il fiume si prosciugò.
Solo la collina rimase, bruciata e arida. Qualche cercatore di villaggi abbandonati e fantasmi giura che, nelle notti senza luna, quella finestra si apra e da dentro filtri una luce calda, pulsante  ─ come un cuore che non ha mai smesso di battere.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [H25] La Casa a Sette Finestre

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Ciao Alberto, è sempre un piacere leggerti. Ho apprezzato molto il tuo racconto, il tuo stile ben si presta anche al genere horror. Credo che il senso di questo genere letterario sia trasmettere un senso di angoscia al lettore. Non sono un appassionato, non capisco i film dell'orrore che tutto fanno men che spaventarmi, né ho letto tanti romanzi e quando li ho letti, più per curiosità che per altro, non mi è mai arrivato l'elemento disturbante... Il tuo racconto, invece, per la prima volta, mi ha comunicato quel senso di inquietudine che dovrebbe comunicare un horror, complimenti. Come al solito. 
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [H25] La Casa a Sette Finestre

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Ciao Alberto, 
ho letto con attenzione La Casa a Sette Finestre e ti faccio i complimenti: l’atmosfera che riesci a creare è densa, cupa, quasi palpabile. La nebbia, i tetti che si sfaldano, i giocattoli restituiti dal fiume: sono immagini che restano impresse e danno subito la misura di un mondo malato e sospeso che hai creato.

Quello che mi ha colpito già dalla prima lettura è l'ambientazione: Selenighe è un personaggio a sé, con la sua aria corrotta e la memoria che pesa su ogni pietra. Come sempre, nei tuoi racconti catturi il lettore con immagini vivide, si imprimono nel cervello con una forza che non è facile creare.

 I dettagli disturbanti che hai inserito colpiscono senza quell'effetto che a volte mi accascia in certi racconti: i cliché appiccicati per forza, per intenderci.  Il cuore pulsante nel vaso, la creatura incompiuta, i barattoli con ossa e capelli: sono dettagli forti,  colpiscono senza scivolare nel gratuito.
Inoltre  ho svelato a modo mio la parte simbolica, che nella mia mente ho trovato eccellente: la settima finestra come soglia mai chiusa, la casa che respira, il fuoco finale: mi è parso un impianto allegorico coerente, costruito con intenzione, una comunicazione horror che regge la trama.


Ho qualche osservazione tecnica del genere che farei anche a un mio racconto prima di postarlo, se ti serviranno bene, altrimenti butta tutto nel secchio :D

Ho rilevato qualche ripetizione che potresti rivedere: l’odore di ferro/decomposizione compare più volte in forme simili; potresti variarlo con qualche altro odore. Anche la nebbia “soffocante” e il “respiro malato” tornano con immagini vicine.
In alcuni passaggi (soprattutto nell’incipit e nella descrizione della casa) le frasi sono molto estese e ricche di subordinate. Questo crea atmosfera, ma rischia di rallentare troppo il ritmo. Nel caso di questo tuo racconto, che deve creare tensione, spezzare in periodi più brevi aumenterebbe l'attesa. 
Ti segnalo anche due cose che credo aiuterebbero il lettore:

Marta e Lucilla entrano nella casa sotto la pioggia e trovano i mobili “ancora al loro posto”: aggiungerei un dettaglio da rendere più coerente con l’abbandono e la muffa; vernice scrostata, un 'anta caduta,  le gambe spaccate, l'odore di legno marcio….
Il diario di Morgenstern è scritto in “inchiostro rosso scuro”: Non specifichi se è sangue, nel caso dopo anni dovrebbe essersi seccato e annerito. Potresti aggiungere una nota soprannaturale che lo renda ancora umido come appena scritto.


Mi sono mancate le parti dialogiche che forse in una revisione potresti rivedere: Marta e Lucilla parlano poco, e questo rende la loro discesa quasi muta. Qualche battuta in più potrebbe aumentare l’empatia nel lettore.




[li]Alleggerirei alcune descrizioni per non rischiare di “spiegare troppo” e lasciare più spazio all’immaginazione del lettore. Ho notato che spesso fai questo: soffocante, come un respiro malato; non si ritirava mai del tutto. Se le conti, in tutto il racconto, sono dodici volte che allunghi la descrizione con la parola Come. Te lo dico perché io stessa ho dovuto trovare un modo per non fare questo decine di volte nello stesso racconto. Io uso la funzione Trova e sostituisci del programma di scrittura, individuate le ripetizioni le correggo una all volta. 

In conclusione: un racconto che riesce a trasmettere inquietudine e a stratificare la trama con simboli forti.  Complimenti per la potenza della tua immaginazione e per la capacità di intrecciare horror e memoria storica.[/li]
[li]PS:[/li]
[li]Qualcuno non tornava. Chi era andato a protestare ne era uscito che non era più se stesso: gli occhi sbarrati dal terrore e dal ricordo di fulmini d’oro cuciti sul colletto del dottore, intravisti sotto il camice.
Particolare illuminante! 


[/li]
Last edited by Albascura on Sun Nov 02, 2025 11:36 am, edited 3 times in total.

Re: [H25] La Casa a Sette Finestre

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@Alberto Tosciri i tuoi racconti quando li inizio non riesco a non finire di leggerli. Mi incuriosiscono sempre.
  wrote:...una divisa nascosta sotto il camice...
Ecco questo particolare mi ha colpito. Rende perfettamente. Quante divise ci sono dietro ai vestiti "professionali" con un ruolo ben preciso?

Mi ha ricordato un po' Cthulhu questo racconto, ovvero la possibilità che questo Morgensten abbia scavato un po' troppo a fondo, trovando i Grandi Antichi!
A rileggersi!

Re: [H25] La Casa a Sette Finestre

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Ciao @Alberto Tosciri 

La Casa a Sette Finestre
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Parto dal titolo: inquietante. Il numero sette è un elemento perfetto per questioni di cabala, di religione, evoca la perfezione divina assieme a quella demoniaca.
Il paese di Selenighe non compariva sulle mappe. Il sole vi arrivava stanco, filtrando tra alberi contorti che parevano preghiere eretiche pietrificate. La nebbia che lo circondava era densa, soffocante, come un respiro malato; non si ritirava mai del tutto.

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Eco la giusta atmosfera. Per certi versi mi sembri la Deledda nella descrizione delle sue terre pietrose e solitarie, dove la gente è ben amalgamata al contesto.
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Eberhard Morgenstern.
Lo chiamavano il dottore dei bambini. Era arrivato durante la guerra, pochi bagagli e una divisa nascosta sotto il camice. Diceva di voler salvare i piccoli dalle malattie, dalla fame, dai soldati sbandati.
Li accoglieva nella sua casa e tardava a restituirli. Qualcuno non tornava. Chi era andato a protestare ne era uscito che non era più se stesso: gli occhi sbarrati dal terrore e dal ricordo di fulmini d’oro cuciti sul colletto del dottore, intravisti sotto il camice.
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Beh! Mi pare evidente il richiamo al dottor Josef Mengele. I fulmini d'oro sul colletto, il simbolo delle SS, una esse stilizzata a modo di fulmine. Vengono in mente i suoi crudeli esperimenti. L'idea di trasformare il debole in forte, la razza impura in pura.
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All’alba, la casa era in fiamme.
I contadini la videro bruciare da lontano, senza avvicinarsi.
Il fumo saliva dritto al cielo, denso come un corpo. Quando cessò, della casa non restava che la pietra annerita e una sola finestra intatta: la settima. Dietro, qualcuno giurò di aver visto una donna e un bambino, mano nella mano.
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L'esorcismo si è compiuto. Il male del dottor Morghenstern ( non a caso ai costruito tale cognome  :D come sai bene, morghen vuol dire notte in tedesco) svanisce assieme alla disperazione delle madri per la perdita dei figli.
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Da quel giorno, il paese cominciò a smettere di esistere.
Gli abitanti lo abbandonarono, le strade scomparvero tra i rovi, il fiume si prosciugò.
Solo la collina rimase, bruciata e arida. Qualche cercatore di villaggi abbandonati e fantasmi giura che, nelle notti senza luna, quella finestra si apra e da dentro filtri una luce calda, pulsante  ─ come un cuore che non ha mai smesso di battere.


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Che dire? Ci vedo la classica storia di paese, dove tu hai interposto fatti storici terribili. Un racconto carico di paure esistenziali, dove ha trovato l'abitat idoneo a svilupparsi degnamente, tra le rovine di antiche civiltà, distrutte dalla malvagità umana. Ciao a si biri.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Io malata in fuga.https://www.facebook.com/raffaele.manca.90/

Re: [H25] La Casa a Sette Finestre

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Grazie @NanoVetricida
Il genere horror non mi attira molto, preferisco altri misteri, per quanto anche quelli inquietanti. 
Ho cercato di mischiare un po’ le cose, diciamo. A volte mi faccio prendere la mano e devo stare attento: qualcuno potrebbe intervenire con il Taser.

Ti ringrazio @Albascura
Hai notato molto bene che anche il paese inventato di Selenighe è un personaggio. Mi piace che la materia inanimata, case, paesaggi, attrezzi, si uniscano alla storia quasi come soggetti “pensanti”.  Quello è il mio intento. Ci provo.
Come ho già detto, il genere horror non mi attira molto anche se so per esperienza che talvolta se ne cava qualcosa, buttandosi a capofitto nei suoi meandri.
Albascura wrote: Sun Nov 02, 2025 11:26 amun racconto che riesce a trasmettere inquietudine e a stratificare la trama con simboli forti.  Complimenti per la potenza della tua immaginazione e per la capacità di intrecciare horror e memoria storica.[/l
Penso che l'epoca della 2^ GM sia stata un notevole orrore, in Europa.
Albascura wrote: Sun Nov 02, 2025 11:26 amQualcuno non tornava. Chi era andato a protestare ne era uscito che non era più se stesso: gli occhi sbarrati dal terrore e dal ricordo di fulmini d’oro cuciti sul colletto del dottore, intravisti sotto il camice.
Particolare illuminante! 
Bisognava pur fare riferimento, nell'immaginario collettivo e sia pure per sommi capi, a un’epoca in cui la follia e la malvagità umana dilagarono. Non che oggi si stia meglio.
Ottime e utilissime le tue osservazioni tecniche, ne terrò conto. Avrei avuto bisogno di più tempo per sfoltire ripetizioni e tutti quei “come”, che sono da sempre la mia dannazione e mi sfuggono anche a ripetute letture.
Rimedierò, grazie alla tua attenzione. Gentilissima.



Grazie davvero @Strikeiron 
Strikeiron wrote: Sun Nov 02, 2025 11:28 am
Ecco questo particolare mi ha colpito. Rende perfettamente. Quante divise ci sono dietro ai vestiti "professionali" con un ruolo ben preciso?
Sì. Volevo mettere un riferimento “forte”. E hai ragione. Dietro molte facciate si possono celare ben altri ruoli e motivazioni.
Strikeiron wrote: Sun Nov 02, 2025 11:28 amMi ha ricordato un po' Cthulhu questo racconto, ovvero la possibilità che questo Morgensten abbia scavato un po' troppo a fondo, trovando i Grandi Antichi!
Ci ho pensato. Amo Lovecraft. Meglio non disturbare troppo le profondità degli abissi.


Ciao @bestseller2020,  ti ringrazio.
bestseller2020 wrote: Sun Nov 02, 2025 12:08 pmPer certi versi mi sembri la Deledda nella descrizione delle sue terre pietrose e solitarie, dove la gente è ben amalgamata al contesto.
Deledda mi insegna molto con la sua psicologia. Con la sua splendida, tremenda, e arcaica solitudine, la paura del peccato, il desiderio di redenzione, l’ineluttabile fatalismo. Lei non era un personaggio da “spuntini”, come dicono in Sardegna, sai bene, a indicare pantagruelici pranzi e cene fra amici. Anche per questo, e per altro… non era molto ben vista da una parte della sua stessa gente.
bestseller2020 wrote: Sun Nov 02, 2025 12:08 pmBeh! Mi pare evidente il richiamo al dottor Josef Mengele. I fulmini d'oro sul colletto, il simbolo delle SS, una esse stilizzata a modo di fulmine. Vengono in mente i suoi crudeli esperimenti. L'idea di trasformare il debole in forte, la razza impura in pura.
Avevo in mente proprio il dottor Mengele, anche se a tal proposito si sarebbe dovuto scrivere qualcosa ai livelli di The Boys from Brazil, di Ira Levin, e del film che ne fecero.
bestseller2020 wrote: Sun Nov 02, 2025 12:08 pmL'esorcismo si è compiuto. Il male del dottor Morghenstern ( non a caso ai costruito tale cognome  :D come sai bene, morghen vuol dire notte in tedesco) svanisce assieme alla disperazione delle madri per la perdita dei figli.
Sì, ho costruito il nome unendo Morgen – giorno, con Stern – stella.
Sarebbe Stella del Mattino. Ma una stella come la intendevano le forze del male. La stella di fuoco di Lucifero, diabolica.
Ancora grazie. A si biri.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [H25] La Casa a Sette Finestre

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Alberto Tosciri wrote: Sun Nov 02, 2025 2:41 amIl paese di Selenighe non compariva sulle mappe. Il sole vi arrivava stanco, filtrando tra alberi contorti che parevano preghiere eretiche pietrificate. La nebbia che lo circondava era densa, soffocante, come un respiro malato; non si ritirava mai del tutto. 
Anche le giornate di sole erano tristi ─ una luce che sembrava una grazia concessa, come l’aria che si tinge di rosso in attesa di una condanna. Respirare non era una gioia.
Le case si sfaldavano lentamente, sembrava volessero tornare alla terra: i tetti spaccati lasciavano intravedere cieli bassi, color ferro, e l’odore del muschio si mescolava a quello della ruggine.
Cupe immagini a tratteggiare un paese senescente, descritte in modo magistrale: bravo, @Alberto Tosciri .
Alberto Tosciri wrote: Sun Nov 02, 2025 2:41 amSi diceva che le case fossero sorte attorno a un pozzo isolato, e che nel pozzo fosse caduto il primo bambino. Da allora, il silenzio era diventato legge, e l’acqua ─ quando c’era, portava con sé il gusto del ferro e del peccato.
Ogni tanto il fiume restituiva un giocattolo: un cavallino di legno, una bambola sfigurata dall’acqua, una scarpetta consumata. Chi li vedeva si faceva il segno della croce senza dire nulla, poi si chiudeva in casa, serrando porte e finestre, come se l’acqua potesse ricordare. Si respirava affannati, allo stesso ritmo della nebbia che incombeva. 
Incombeva qualcosa, sempre, ma non si sapeva da dove venisse.
Una tragedia all'origine della decadenza inarrestabile del paese.
Alberto Tosciri wrote: Sun Nov 02, 2025 2:41 amMarta abitava al centro del paese, in una casa che sapeva di disinfettante e solitudine. Da giovane era stata infermiera: le sue mani avevano imparato a curare, ma anche a nascondere. Da quando Luca, suo figlio, era scomparso, la sua vita si era ridotta a un’ attesa muta. Non mangiava quasi nulla, non parlava con nessuno; ascoltava il vento, cercando di riconoscere una voce familiare. 
Ogni tanto trovava piccoli segni davanti alla porta: un bottone, un dente da latte, un filo di lana blu.
Li raccoglieva in un barattolo, come reliquie di un santo impossibile. E la notte, quando la luna cadeva dietro la collina, le sembrava di sentire il suo bambino chiamarla da un punto che non apparteneva al mondo.
Questa la madre che ha perso il bambino nel pozzo.
Alberto Tosciri wrote: Sun Nov 02, 2025 2:41 amLe sparizioni erano ricominciate.
Prima un bambino, poi due, poi una donna che non aveva figli ma li desiderava. Le ricerche non portavano a nulla: solo tracce di fango, orme confuse e quella sensazione appiccicosa di essere osservati da qualcuno nascosto tra gli alberi.
La gente cominciò a parlare della Casa a Sette Finestre: un rudere annerito dal tempo, arroccato sul poggio più alto, con le finestre spalancate come orbite cieche. Nessuno vi saliva più, da quando il dottor Eberhard Morgenstern era scomparso senza lasciare traccia.

Eberhard Morgenstern.
Lo chiamavano il dottore dei bambini. Era arrivato durante la guerra, pochi bagagli e una divisa nascosta sotto il camice. Diceva di voler salvare i piccoli dalle malattie, dalla fame, dai soldati sbandati.
Li accoglieva nella sua casa e tardava a restituirli. Qualcuno non tornava. Chi era andato a protestare ne era uscito che non era più se stesso: gli occhi sbarrati dal terrore e dal ricordo di fulmini d’oro cuciti sul colletto del dottore, intravisti sotto il camice.
Passò il tempo. Dopo la guerra Morgenstern scomparve. Nella casa furono trovati lettini di ferro, piccoli abiti piegati, strumenti medici che non servivano a curare. Ma nessuno ebbe il coraggio di scavare più a fondo. Qualcuno venne a cercare il dottore. 
C'è, dietro a tutto questo, la mano del diavolo...
Alberto Tosciri wrote: Sun Nov 02, 2025 2:41 amMarta si rialzò. Prese un bisturi dal tavolo, si avvicinò alla  creatura  sulla lettiga e lo appoggiò sul petto.
─ Se devo finire il lavoro, lo finirò io, figlio mio ─ sussurrò.
Poi, con un gesto preciso, affondò la lama.

All’alba, la casa era in fiamme.
I contadini la videro bruciare da lontano, senza avvicinarsi.
Il fumo saliva dritto al cielo, denso come un corpo. Quando cessò, della casa non restava che la pietra annerita e una sola finestra intatta: la settima. Dietro, qualcuno giurò di aver visto una donna e un bambino, mano nella mano.

Da quel giorno, il paese cominciò a smettere di esistere.
Gli abitanti lo abbandonarono, le strade scomparvero tra i rovi, il fiume si prosciugò.
Solo la collina rimase, bruciata e arida. Qualche cercatore di villaggi abbandonati e fantasmi giura che, nelle notti senza luna, quella finestra si apra e da dentro filtri una luce calda, pulsante  ─ come un cuore che non ha mai smesso di battere.
Fai davvero tastare il terrore, Alberto.

Una grande prova!  (y)









 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [H25] La Casa a Sette Finestre

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bestseller2020 wrote: Sun Nov 02, 2025 5:37 pmmannaggia! ricordavo male! Notte si dice nacht.. pensavo all'uomo delle tenebre, invece era la luce del diavolo.. devo ripassare il mein kampf
sei perdonato. Per punizione tornerai indietro nel tempo, anni Quaranta del secolo scorso,  all'età di vent'anni, e farai il servizio militare in un battaglione di disciplina tedesco, con al fianco lo scrittore danese Sven Hassel, arruolato  a forza anche lui. Sarai catturato dagli americani che ti porteranno prigioniero in USA, dove resterai svariati anni, fino a non voler più ritornare in Italia...
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

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