[H25] Monkey Dust

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Contest di Halloween - Monkey Dust 

“Scommetto che non l’hai mai provata.”
“Guarda che questa vecchia discarica ha provato di tutto nella vita.”
“Naaa, questa non l’hai nemmeno sentita nominare. Fidati.”
“Mmm? E che sarebbe?”
“Sei curioso, eh?”
“Avanti, spara!”
“Monkey Dust...”
“Monkey che?”
“Dust, amigo. Roba che ti spacca le costole!”
Il vento tirava forte, i bidoni dell’immondizia cadevano uno dopo l’altro come tessere del domino, vomitando sulle strade già sudicie le loro fetide schifezze. Un gabbiano si tuffò in picchiata ma non riuscì ad atterrare. Sbatteva le ali con forza e restava immobile, con il becco a pochi centimetri dal sacchetto nero, in una rivisitazione urbana del supplizio di Tantalo.
“Entriamo nel palazzo, amigo. Ho il terrore dei gabbiani.”
“Il terrore, addirittura?”
“Di’, hai visto che espressione hanno? Sembrano dei gangster.”
“Beh, sì. Ma, insomma... in fondo non sono così pericolosi.”
“Scherzi? L’altra notte si sono pappati il gatto di mia cugina che era rimasto chiuso fuori al terrazzo.”
“Ma che dici?”
“Garantito, c’era sangue dappertutto. Mia cugina sta ancora lavando le agavi.”
“Le agavi?”
“Ti giuro! Dai, per favore, saliamo! Non li vedi come volano in cerchio? Sembrano avvoltoi!”
La notte era elettrica, una busta di plastica schizzò in aria risucchiata dal cielo viola. Nello stesso momento il dito dell’amigo schiacciava compulsivamente l’ultimo tasto del citofono.
“Dai, dai, dai, che tra un po’ arriva la tempesta del secolo.”
Gregor non aveva alcuna voglia di entrare in quel palazzaccio umido, con l’androne che puzzava di urina, i muri pieni di cazzi e numeri telefonici e i gradini tutti sconnessi. Soprattutto se ad attenderli c’era la Monkey Dust.
Sì, è vero, le aveva provate tutte, ma le sostanze con i nomi americani non gli avevano mai ispirato fiducia. Gli era andata bene troppe volte, perché sfidare ancora la sorte? Era proprio necessario assaggiare l’ennesima stregoneria chimica? Decise di no, mica era un collezionista. Aveva paura di scucchiaiarsi il cervello e finire in un tram a molestare i passeggeri ogni santo pomeriggio. Era arrivato a cinquanta anni con un passato glorioso alle spalle e nessun danno irreversibile. Beh, magari non era diventato uno stimato ingegnere o un medico rinomato, ma aveva ancora tutti i denti in bocca e riusciva a finire il sudoku.
Ora, non voleva fare il moralista. Però, a una certa, giunge anche l’ora di darci un taglio, no?
See, vallo a spiegare all’amigo che aveva il pizzetto bianco, pesava cento chili e ancora voleva andare a ballare la techno in quei locali con le sgallettate di vent’anni che smandibolavano a tempo di chetamina.
Se quella era l’eterna giovinezza, Gregor avrebbe voluto volentieri entrare nella terza età a pie’ pari, avvolto in un plaid a quadrettoni e spaparanzarsi davanti alla televisione.
L’amigo, invece, saliva quei gradini asimmetrici a due alla volta, tirando grosse boccate da una Marlboro rossa. Ma come cavolo faceva? Gregor dovette ammettere con un sospiro che a stento riusciva a stargli dietro.
Il terzo piano era illuminato da un neon difettoso e giallognolo, la porta si aprì con un cigolio in sibemolle senza bisogno di bussare. Gregor aveva visto un paio di film dell’orrore cominciare allo stesso modo. Provò per l’ennesima volta l’impulso di scappare. Ragazzi, ho dimenticato il gas aperto, la mia ragazza all’aeroporto, il gatto fuori al terrazzo. Sarebbe bastata una scusa qualsiasi. Ma sapeva che ormai c’era dentro fino al collo: non doveva convincere gli altri, doveva convincere sé stesso. Un’impresa impossibile. Il richiamo della foresta non muore mai, nemmeno a cinquanta anni. O ti ripulisci da capo a piedi - magari entrando in una di quelle comunità che ti fanno diventare un evangelista obeso – oppure bastano un paio di paroline in inglese per ritrovarti seduto attorno a un tavolo di plastica, con una bottiglia di Pepsi sfiatata al centro, in compagnia di gente che in fondo nemmeno conosci.
“Ma poi... che significa Monkey Dust?” Gregor provò a rompere il silenzio, si sentiva solo il vento sibilare impazzito dietro i vetri.
“Polvere di scimmia, amigo. Questa è roba che ti fa saltare da un lampione all’altro.”
Gregor sollevò lo sguardo verso il padrone di casa. Una testa calva e deforme con lunghi capelli grigi ai lati, la barba dello stesso colore aveva almeno un paio di settimane. Le braccia magre erano coperte da discutibili tatuaggi sbiaditi. Si distinguevano una donna nuda, una chitarra, un teschio e un paio di linee tirate a casaccio. Sull’orecchio sinistro albergavano un paio di piercing piazzati senza alcun criterio estetico. Sembrava quasi che se li fosse fatti da solo...
Erano loro tre, basta. Di sabato sera, chiusi in un salottino illuminato male e arredato peggio. L’eterna giovinezza. Accanto a una credenza in legno antico era attaccato un poster sgualcito dei Rancid con un angolo scollato. Gregor non poteva esserne certo, ma gli era sembrato di intravedere una blatta nascondersi dietro la libreria.
“Polvere di scimmia?”
“Esatto, amigo! Ottima, prelibata polvere di scimmia.”
“Perché ti manda a rota dopo un solo tiro?” quella vecchia discarica di Gregor non riusciva più a nascondere l’inquietudine.
“Ma no, che c’entra? Perché ti trasformi in una scimmia” intervenne il padrone di casa, mentre si grattava energicamente il braccio magrissimo. In mezzo a tutti quei tatuaggi si confondevano lividi e croste. Gregor l’aveva già visto in un paio di occasioni, ed entrambe le volte aveva giurato a sé stesso che non voleva frequentare un personaggio del genere. Per metterlo a suo agio il padrone di casa gli rivolse un sorriso. Ma a giudicare dal tartaro sarebbe stato meglio non farlo.
“Ragazzi, mi sa che passo. Oggi non mi sento in forma.”
“Che dici, amigo! Tutti per uno. Questa mica si trova facilmente.”
“Sicuro, ma...”
“Poi resti con il dubbio per tutta la vita.”
“Beh, capirai che dubbio.”
“Non puoi immaginare, una volta provata non si torna più indietro.”
“Ci scommetto...”
“Se il problema sono i soldi, non ti devi preoccupare – intervenne il padrone di casa mentre si grattava la nuca con l’unghia del pollice – questa roba non costa niente. Appena tredici euro. Che diviso tre fa...”
“Immagino la qualità.”
“Vabbè, amigo. Se non te la senti, non te la senti. Non fa niente. Mica ti obblighiamo. Siamo adulti e vaccinati, ‘ste situazioni non le sopportavo neanche al liceo.”
“La pressione sociale” annuì il padrone di casa mentre armeggiava con una bustina. Stava ancora tentando di fare tredici diviso tre. Le mani gli tremavano, eppure riusciva a non sprecare nemmeno un granello di polvere di scimmia mentre la inseriva nella pipetta.
“Tu te ne stai buono sulla sedia mentre noi andiamo a vedere i draghi - lo rassicurò l’amigo. - Tiè, beviti la Pepsi, questa non fa male” gli disse avvicinandogli quella bottiglia che sembrava essere lì da mesi.
Gregor non rispose, neanche quella alternativa lo allettava. Nello stesso momento, quasi a dileggiarlo, venne giù il diluvio. Di punto in bianco, goccioloni grossi quanto acini d’uva sembravano voler spaccare il sottile vetro della finestra. Niente male, tappato in casa con due vecchie scimmie elettriche ad aspettare che spiovesse. Un altro sabato sera indimenticabile.
Nello stesso istante, una porta di legno si spalancò. Gregor saltò letteralmente dalla sedia. Non credeva ai suoi occhi: era una specie di mummia, uno zombie mostruoso che lo stava indicando.
“E dai, mamma, torna a letto. Ci sono i miei amici...” disse il padrone di casa mentre con una mano tentava di nascondere la bustina, la pipetta e il resto dell’armamentario.
A Gregor si era staccato un ventricolo. Se quella figura raccapricciante fosse apparsa mentre era fatto gli sarebbe venuto un coccolone. Una zaffata di medicine e malattie gli pizzicò le narici.
La vecchia ondeggiò su sé stessa e, bofonchiando un improperio all’indirizzo del figlio ultracinquantenne che ancora giocava con gli amichetti, tornò in camera da letto contrariata. Il padrone di casa strizzò l’occhio ai suoi ospiti come per dire: anche stavolta è andata liscia, e ricominciò a riempire la pipetta di polvere di scimmia.
“Sei pronto?”
“Puoi dirlo forte, amigo.”
“Tu? Sicuro che non vuoi provare?”
Gregor non era affatto sicuro, ma abbozzò un gesto nobile con la mano. Non preoccupatevi per me, posso resistere a tentazioni ben più grandi.
Eppure, non riusciva a staccare gli occhi dalla pipetta. Osservò il padrone di casa cimentarsi in un lunghissimo tiro: più aspirava, più scuoteva la testa calva come colto dalle convulsioni. Con gli occhi sbarrati e una smorfia soddisfatta passò la pipetta al compare.
“Fai presto, sennò si spegne.”
L’altro non se lo fece ripetere due volte, quasi gli strappò la pipetta di mano e aspirò fortissimo. Anche lui scuoteva la testa, le guance gli vibravano come un San Bernardo.
“Cristo!” disse il padrone di casa.
“Vero, vero, vero!”
Gregor li studiava attento, ancora non li vedeva saltare da un lampione all’altro. Il padrone di casa continuava a grattarsi il braccio scheletrico con lo sguardo perso nel nulla e l’aria compiaciuta di chi stavolta l’ha combinata grossa.
L’amigo, invece, non smetteva di fissarlo con due pupille grandi come monete da cinque centesimi.
“Beh, che hai da guardare?” chiese Gregor.
“Chi? Io?”
“Beh sì, tu...”
“Non ti sto guardando.”
“Sì, che mi stai guardando.”
“Vero, vero, vero!”
“Cosa vero?” chiese Gregor divertito.
“Non lo so, non c’è nulla di veramente vero, amigo” mentre lo diceva l’occhio destro cominciò a vibrargli vistosamente.
Il padrone di casa, intanto, si stava piano piano rintanando in sé stesso. Affondava la testa spelacchiata tra le spalle come una tartaruga, lanciando occhiate sospettose verso la porta da cui era uscita la vecchia.
“Dobbiamo farci un altro tiro prima che torni.”
“Vero, vero, vero!”
Se soltanto un minuto prima le mani del padrone di casa erano scosse dai tremori, adesso agivano con precisione chirurgica. Aveva la testa inclinata da un lato e la punta della lingua di fuori.
“Presto, presto. Non abbiamo un minuto da perdere!”
“Vero, vero, vero!”
Gregor sapeva che glielo avrebbero chiesto ancora, stava cercando la forza e le parole per rifiutare anche la seconda volta.
“Tu sicuro che non la vuoi?”
“Io...”
“La vuole, la vuole, la vuole...”
“Ma no...”
“La vuole, la vuole…”
“Ma non è che la voglio, però che faccio mentre voi...”
“Vedi? La vuoi. Tutti per uno. Tutti per uno.”
“Vabbè, magari giusto un tirino, per la compagnia...”
Non aveva neanche finito la frase che il padrone di casa aveva già fatto il giro del tavolo per ficcargli la pipetta in bocca.
“Però devi fare presto” il padrone di casa adesso sembrava minaccioso. Lo guardava dall’alto verso il basso con quei capelli grigi che gli coprivano soltanto le orecchie e la maglietta dei Sex Pistols.
Gregor sentì i battiti accelerare. Lo prendeva sempre l’ansia quando provava una nuova droga, soprattutto se aveva un nome americano. Ma d’altronde che poteva succedere? Quei due l’avevano tirata ed erano ancora vivi. Strani, ma vivi.
Fece un solo tiro, leggero, senza nemmeno scuotere la testa. Il suo primo pensiero - come al solito - fu che la Monkey Dust su di lui non faceva effetto. D’altronde l’aveva detto anche la prima volta che aveva provato gli acidi, appena trenta minuti prima di rinchiudersi per una notte intera nel bagno di una discoteca di Acapulco convinto che i narcos volevano matarlo. La vida no vale nada.
Alzò gli occhi in direzione del padrone di casa e capì che qualcosa non andava. Forse era l’effetto della Monkey Dust, ma non riusciva più a vedergli le iridi, soltanto due palle bianche senza espressione. Il tipo stava ribaltando gli occhi all’indietro, provava a dire qualcosa ma le labbra andavano a vuoto.
Gregor voltò la testa di riflesso, forse la vecchia era uscita un’altra volta dalla stanza per rimbrottarlo, ma la porta era chiusa. Rigirò la testa proprio nel momento in cui il padrone di casa stramazzò sul pavimento a peso morto, con la pipetta accesa ancora tra le mani.
Ora la tachicardia pompava di brutto. Nelle orecchie di Gregor, oltre a un fischio sinistro, risuonarono le parole: appena tredici euro. Chissà che marca di ibuprofene tagliato con la stricnina si erano tirati. L’amigo squadrava il padrone di casa steso ai suoi piedi e sussurrava veroverovero.
“È andato in bad trip?”
“Brad...?”
Gregor gli lanciò un’occhiataccia. D’altronde sperare di ottenere una risposta assennata dall’amigo era un’utopia. Già quando era lucido era un rimbambito colossale, ora stravolto dalla Monkey Dust era inservibile. Gregor sentiva le vampate, la Monkey Dust stava facendo effetto, cavolo se stava facendo effetto. Sentiva le tempie scoppiare, tentò di formulare un piano prima che la polvere di scimmia gli obnubilasse del tutto il cervello. Che doveva fare? Scappare? Lasciare l’amigo da solo in compagnia di quello che con ogni probabilità era già un cadavere? In fondo, sarebbe bastato uscire da quel lugubre salottino per togliersi per sempre dai guai. E tanti saluti all’amigo, al padrone di casa stecchito e alla vecchia incartapecorita.
Una mancanza di tempismo totale: se il padrone di casa fosse collassato appena cinque secondi prima non avrebbe tirato anche lui da quella dannata pipetta. Avrebbe potuto gestire la situazione al cento percento delle proprie facoltà. Adesso gli stava salendo il panico. Sentiva uno strano formicolio nei polpastrelli.
Mantieni la calma, Gregor. Mantieni la calma. Questo è il segreto di ogni drogato professionista.
Ripeteva questo mantra con l’amigo che continuava a fissarlo inebetito. Era inquietante. Il suo occhio destro continuava a pulsare al ritmo incessante dei goccioloni che battevano sempre più forti contro la finestra. Accanto alla narice sinistra una linea nera gli si stava allungando fino allo zigomo, i capillari gli si stavano fulminando uno dopo l’altro come le lucine di Natale.
Gregor capì cosa sarebbe successo un attimo prima che l’amigo si portasse la mano sul petto. Un filo di bava gli pendeva dal mento; il grosso capoccione andò a sbattere contro il tavolo di plastica, facendo cadere la bottiglia di Pepsi sfiatata. Gregor osservava inorridito la schiumetta che si andava a impiastricciare nei peli bianchi del pizzetto. Forse era un'allucinazione, ma sembrava che l’amigo gli stesse sorridendo. Muoveva le labbra con quel ghigno diabolico, ma le parole erano indistinguibili, si percepiva soltanto un gorgoglio confuso. Gregor tese l'orecchio, non poteva esserne certo, ma per un attimo gli parve di sentire: “Tutti per uno, amigo.”  
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [H25] Monkey Dust

3
NanoVetricida wrote: Fri Oct 31, 2025 5:49 pm
Lasciare l’amigo da solo in compagnia di quello che con ogni probabilità era già un cadavere? In fondo, sarebbe bastato uscire da quel lugubre salottino per togliersi per sempre dai guai. E tanti saluti all’amigo, al padrone di casa stecchito e alla vecchia incartapecorita.
Una mancanza di tempismo totale: se il padrone di casa fosse collassato appena cinque secondi prima non avrebbe tirato anche lui da quella dannata pipetta. Avrebbe potuto gestire la situazione al cento percento delle proprie facoltà. Adesso gli stava salendo il panico. Sentiva uno strano formicolio nei polpastrelli.
Mantieni la calma, Gregor. Mantieni la calma. Questo è il segreto di ogni drogato professionista.
Ripeteva questo mantra con l’amigo che continuava a fissarlo inebetito. Era inquietante. Il suo occhio destro continuava a pulsare al ritmo incessante dei goccioloni che battevano sempre più forti contro la finestra. Accanto alla narice sinistra una linea nera gli si stava allungando fino allo zigomo, i capillari gli si stavano fulminando uno dopo l’altro come le lucine di Natale.
Gregor capì cosa sarebbe successo un attimo prima che l’amigo si portasse la mano sul petto. Un filo di bava gli pendeva dal mento; il grosso capoccione andò a sbattere contro il tavolo di plastica, facendo cadere la bottiglia di Pepsi sfiatata. Gregor osservava inorridito la schiumetta che si andava a impiastricciare nei peli bianchi del pizzetto. Forse era un'allucinazione, ma sembrava che l’amigo gli stesse sorridendo. Muoveva le labbra con quel ghigno diabolico, ma le parole erano indistinguibili, si percepiva soltanto un gorgoglio confuso. Gregor tese l'orecchio, non poteva esserne certo, ma per un attimo gli parve di sentire: “Tutti per uno, amigo.”  
Un buon horror, @NanoVetricida  (per quello che io ne possa capire del genere). Scritto bene e d'effetto!  :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [H25] Monkey Dust

4
Ciao @NanoVetricida,
racconto ben scritto, non in linea con la mia idea di "horror & co.", ma anche io per questo halloween ho scelto una strada alternativa.
Il racconto è ben scritto, si legge bene, ma a mio parere ti sei inizialmente dilungato su dettagli, scene, che più che preparare ad un clima di tensione, davano la giusta misura della poca credibilità dei personaggi (del resto sono dei "fattoni") creando poca empatia.
Ai fini del racconto, va benissimo, nello specifico del contest, per me ha diluito le emozioni di ansia, l'idea del pericolo imminente, così come, nel mezzo delle paure del protagonista, inserisci la figura di una madre macchietta, che di fatto ridicolizza il padrone di casa. Credo tu non abbia potuto fare a meno di una vena ironica a dispetto della suspence.
NanoVetricida wrote: Fri Oct 31, 2025 5:49 pmcento percento

Refusino

Mi ha fatto piacere leggerti.
Buon contest.
<3

Re: [H25] Monkey Dust

5
Oddio è difficile riuscire a scriverti qualcosa. Come sempre premetto che uso il mio istinto da lettore. 
  wrote:“Scommetto che non l’hai mai provata.”
“Guarda che questa vecchia discarica ha provato di tutto nella vita.”
“Naaa, questa non l’hai nemmeno sentita nominare. Fidati.”
“Mmm? E che sarebbe?”
“Sei curioso, eh?”
“Avanti, spara!”
“Monkey Dust...”
“Monkey che?”
“Dust, amigo. Roba che ti spacca le costole!”
Il vento tirava forte, i bidoni dell’immondizia cadevano uno dopo l’altro come tessere del domino, vomitando sulle strade già sudicie le loro fetide schifezze. Un gabbiano si tuffò in picchiata ma non riuscì ad atterrare. Sbatteva le ali con forza e restava immobile, con il becco a pochi centimetri dal sacchetto nero, in una rivisitazione urbana del supplizio di Tantalo.
Bella introduzione in medias res, rende molto l’idea. Bella aggiunta quella di Tantalo. Coerente il gabbiano che sbatte le ali forte per rimanere immobile contro il vento.
  wrote: .... Aveva paura di scucchiaiarsi il cervello …
Bella l’immagine dei gabbiani che si pappano letteralmente il gatto lasciato sul terrazzo. Ma perché lasciare il gatto sul terrazzo di notte? Farebbe di tutto per tornare in casa… qui potevi essere malefico. Magari accennare che il gatto aveva rotto le scatole irrequieto e l’avevano lasciato fuori perché non rompesse…. Sullo scucchiaiarsi mi sono lambiccato, ma mi ha colpito. 
  wrote:Ora, non voleva fare il moralista. Però, a una certa, giunge anche l’ora di darci un taglio, no?
See, vallo a spiegare all’amigo che aveva il pizzetto bianco, pesava cento chili e ancora voleva andare a ballare la techno in quei locali con le sgallettate di vent’anni che smandibolavano a tempo di chetamina.
Io qui la frase me la sarei vista costruita senza il “che aveva”, mi sembra rallentare la fluidità del resto del testo che sta intorno. O mi sbaglio io? Anche in altre parti ho letto di queste frasi coordinate in modo simile, da lettore mi sembra che un po’ rallentino il ritmo. 
  wrote:
Se quella era l’eterna giovinezza, Gregor avrebbe voluto volentieri entrare nella terza età a pie’ pari, avvolto in un plaid a quadrettoni e spaparanzarsi davanti alla televisione.
In una frase rendi benissimo l’idea. Questa mi è piaciuta molto. 
  wrote: Il terzo piano era illuminato da un neon difettoso e giallognolo, la porta si aprì con un cigolio in sibemolle senza bisogno di bussare.
Prima de “la porta” punto e virgola?
  wrote:
Gregor aveva visto un paio di film dell’orrore cominciare allo stesso modo. Provò per l’ennesima volta l’impulso di scappare. Ragazzi, ho dimenticato il gas aperto, la mia ragazza all’aeroporto, il gatto fuori al terrazzo. Sarebbe bastata una scusa qualsiasi.
Ecco qui ritorni sul gatto. Potevi approfittarne con qualcosa di grottesco: tipo il gatto si è chiuso fuori in terrazzo senza nemmeno le agavi a fargli compagnia 
  wrote:
Gregor non poteva esserne certo, ma gli era sembrato di intravedere una blatta nascondersi dietro la libreria.
Anche questo particolare, molto bello, molto vivido.
  wrote:
“Ragazzi, mi sa che passo. Oggi non mi sento in forma.”
“Che dici, amigo! Tutti per uno. Questa mica si trova facilmente.”
“Sicuro, ma...”
“Poi resti con il dubbio per tutta la vita.”
“Beh, capirai che dubbio.”
“Non puoi immaginare, una volta provata non si torna più indietro.”
“Ci scommetto...”
“Se il problema sono i soldi, non ti devi preoccupare – intervenne il padrone di casa mentre si grattava la nuca con l’unghia del pollice – questa roba non costa niente. Appena tredici euro. Che diviso tre fa...”
“Immagino la qualità.”
“Vabbè, amigo. Se non te la senti, non te la senti. Non fa niente. Mica ti obblighiamo. Siamo adulti e vaccinati, ‘ste situazioni non le sopportavo neanche al liceo.”
Ecco qui sai veramente gestire il dialogo. Un beat solo e devo dire che ti è venuto fuori benissimo; si capisce chi dice cosa. Io sarei negato su questi dialoghi.
  wrote:
Nello stesso istante, una porta di legno si spalancò. Gregor saltò letteralmente dalla sedia. Non credeva ai suoi occhi: era una specie di mummia, uno zombie mostruoso che lo stava indicando.
“E dai, mamma, torna a letto. Ci sono i miei amici...” disse il padrone di casa mentre con una mano tentava di nascondere la bustina, la pipetta e il resto dell’armamentario.
Anche questo particolare t’è venuto fuori bene.
 
  wrote: Fece un solo tiro, leggero, senza nemmeno scuotere la testa. Il suo primo pensiero - come al solito - fu che la Monkey Dust su di lui non faceva effetto. D’altronde l’aveva detto anche la prima volta che aveva provato gli acidi, appena trenta minuti prima di rinchiudersi per una notte intera nel bagno di una discoteca di Acapulco convinto che i narcos volevano matarlo. La vida no vale nada.
In poche frasi rende molto l’atmosfera.
  wrote:Gregor sentiva le vampate, la Monkey Dust stava facendo effetto, cavolo se stava facendo effetto. Sentiva le tempie scoppiare, tentò di formulare un piano prima che la polvere di scimmia gli obnubilasse del tutto il cervello. Che doveva fare? Scappare? Lasciare l’amigo da solo in compagnia di quello che con ogni probabilità era già un cadavere? In fondo, sarebbe bastato uscire da quel lugubre salottino per togliersi per sempre dai guai. E tanti saluti all’amigo, al padrone di casa stecchito e alla vecchia incartapecorita.
Sono un lettore pessimo: alla seconda lettura mi sono accorto il significato del tuo racconto e allora mi sono chiesto: se sai che stai per morire, ma la percezione della droga che ti sta ammazzando altera come vedi le cose attorno a te, come rendere l’idea? Rallentare? Aumentare maniacalmente i particolari come farebbe una persona autistica che nota tutte le minuzie al punto che gli diventano opprimenti? Un'alterazione della sensibilità? Te dopo descrivi i capillari che si coagulano per l'appunto.
  wrote:
Muoveva le labbra con quel ghigno diabolico, ma le parole erano indistinguibili, si percepiva soltanto un gorgoglio confuso. Gregor tese l'orecchio, non poteva esserne certo, ma per un attimo gli parve di sentire: “Tutti per uno, amigo.”  
La frase chiude il circolo e il racconto. Quindi da manuale. Mi è piaciuto, soprattutto per la descrizione delle atmosfere che rende molto e anche l’incalzare dei dialoghi… per me è un complimento, ma mi ha fatto pensare moltissimo al primo Trainspotting.
A rileggerci!

Re: [H25] Monkey Dust

6
Ciao @Modea72
Grazie per la lettura. Sì, è vero, ormai non riesco più a uscire da questo loop. Ogni volta mi dico: dai, prova a fare il serio, ma poi la butto sempre in caciara. Forse è per nascondere i miei problemi con la monkeydust...  
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [H25] Monkey Dust

7
Ciao @Strikeiron
Beh, anche io lo prendo come un complimento. Ammetto di ricordare meglio il film che il romanzo, ma Trainspotting, a suo modo, resta un piccolo capolavoro. Soprattutto la bicchierata di Begbie...
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [H25] Monkey Dust

8
Buongiorno @NanoVetricida  e bentrovato. Non credo di avere avuto l'occasione di leggere niente di tuo, prima. Bene così, diamoci dentro.  

Il racconto in breve:
Gregor e il suo "amigo" sono due disadattati per giunta drogati. Nell'occasione, s'incontrano per provare un nuovo stupefacente dal nome abbastanza inquietante "Monkey Dust".  E poi... Beh sappiamo già che finirà male.

Stile e narrazione:
Il racconto è scritto bene. Ogni frase, ogni immagine o scena è finalizzata a descrivere la giornata "tipo" dei due figuri: vuota, senza scopo, tipica di chi vive ai margini della società, senza avere nulla da chiedere o da dare.  Unico conforto una nuova sostanza psicotropa "da sballo".
Fanno gioco, in tal senso le descrizioni ambientali. La giornata fredda, ventosa (dapprima), successivamente piovosa, "triste" insomma, sembra proiettare all'esterno lo stato d'animo dei protagonisti, rifiuti della società al pari dei sacchi di immondizia che il gabbiano cerca inutilmente di ghermire.
Buoni i dialoghi, incalzanti, coerenti con i soggetti rappresentati, solo un po' macchiettistici, forse (ma non frequentando abitualmente gli strafatti,  non ho certezze in tal senso).
Nel complesso il brano è curato. Alcune espressioni, tipo "scucchiaiarsi il cervello" sono probabilmente gergali o tipiche dell'ambiente dei tossici (?), ma in genere la lettura procede fluida e senza inciampi.

Voto: 4 zucche di Halloween su 5 

Personaggi:
In un racconto come questo, tutto sommato breve, è stato fatto un lodevole sforzo di caratterizzazione. L'"amigo" è rappresentato come una causa persa: cinquantenne sovrappeso, dedito all'uso di droghe, incapace di avere contezza del tempo che passa, è il prototipo del fallito che, per giunta, sembra avere accettato la sua condizione.
Gregor fa tristezza. È il tipico personaggio che "potrebbe farcela ma non ce la fa". Comprende che c'è altro, oltre a quell'esistenza squallida e sminuente ma che, alla prova dei fatti, non fa nulla per uscire dal loop e, anzi, ci ricasca.
Il vero campione, però (e qui standing ovation), è il "padrone di casa", ancor più vecchio, sfatto e compromesso dell'amigo, ridottosi alla sua veneranda età, a vivere con la madre-zombi. È il prodotto finale della deriva umana messa in scena.


Voto:    4 zucche di Halloween su 5


Fattore paura, ansia, disgusto:
Non fa paura, ammettiamolo. L'ansia si percepisce distintamente solo sul finale (diciamo da quando cominciano a pippare), ma va detto che c'è, e anche gli "effetti" della Monkey Dust sono rappresentati in maniera "realistica", senza strafare con effetti speciali e colori ultravivaci (per parafrasare una vecchia pubblicità di televisori).


Voto:  3 zucche di Halloween su 5


Concludendo
È un horror un po' particolare. Suscita un certo grado di ansia nel lettore (senza esagerare), ma lo conduce senza intoppi fino alla fine. È, insomma, un racconto piacevole da leggere, una prova senz'altro di buon livello.


Voto (che non può non tener conto della tipologia del racconto richiesto):  3,5 zucche di Halloween su 5

Re: [H25] Monkey Dust

9
NanoVetricida wrote: Sun Nov 02, 2025 10:30 am Ciao @Strikeiron
Beh, anche io lo prendo come un complimento. Ammetto di ricordare meglio il film che il romanzo, ma Trainspotting, a suo modo, resta un piccolo capolavoro. Soprattutto la bicchierata di Begbie...
E lo era un complimento. Quel film è famoso per il suo ritmo che qui te sei stato capace di ricreare. La bicchierata? Quell'esplosione di violenza assurda dal nulla? 

Re: [H25] Monkey Dust

10
Ciao @Pulsar
Grazie per il commento così dettagliato, beh sì, ammetto di non essere pratico di horror, l'ho preso un po' alla larga, confidando che in un racconto dell'orrore non debbano esserci per forza fantasmi e assassini. 
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [H25] Monkey Dust

11
NanoVetricida wrote: Sun Nov 02, 2025 10:17 am Ciao @Modea72
Grazie per la lettura. Sì, è vero, ormai non riesco più a uscire da questo loop. Ogni volta mi dico: dai, prova a fare il serio, ma poi la butto sempre in caciara. Forse è per nascondere i miei problemi con la monkeydust...  
:hihi:
Grande!
<3

Re: [H25] Monkey Dust

12
Ciao,  @NanoVetricida  
il tuo racconto mi ha colpito per il ritmo serrato e l’atmosfera urbana sporca e claustrofobica che riesci a rendere con pochi dettagli incisivi (i gabbiani, i bidoni, la pioggia). La battuta dei Gabbiani che si mangiano il gatto della vicina è magnifica, [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif] [/font]hai visto che espressione hanno? Sembrano dei gangster. :sorrisoidiota: è verooo.

Le agavi lavate dal sangue sono un dettaglio surreale che accentua il tono comico‑nero.

I dialoghi sono vividi e credibili, danno subito il tono dei personaggi e trascinano la lettura. Ho apprezzato anche la vena ironica che si intreccia con l’ansia crescente: rende la storia più originale rispetto all’horror classico.  E non spezza la tensione tipica dei racconti horror. 
Forse qualche descrizione poteva essere leggermente asciugata per aumentare l'attesa, ma nel complesso il testo funziona bene e lascia addosso un senso di inquietudine amara.
L'ho letto con vero piacere. La polvere di scimmia è davvero originale come idea.
Complimenti!

Re: [H25] Monkey Dust

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Ciao@NanoVetricida

Noto il tuo solito slang nei dialoghi dei tuoi disadattati personaggi. Non trovo terrore di sorta ma credo che oramai avendo provato di tutto, ci sia poco da inventarsi. Hai un ottimo approccio ai dialoghi ma a mio parere forse sono troppi per un horror. Come già detto, usi sempre un certo slang, che penso tu debba anche cercare di metterlo da parte, in quanto dà un certo sapore al racconto, sempre lo stesso. Ogni genere dovrebbe avere anche un timbro diverso. La prossima occasione mettilo da parte e cambia registro, almeno nei dialoghi. Spero di esserti stato utile. Ciao :)
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Io malata in fuga.https://www.facebook.com/raffaele.manca.90/

Re: [H25] Monkey Dust

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Ciao @Albascura 
vado a lavorare in un luogo oscuro infestato dai gabbiani, ogni mattina mi fissano con il loro sguardo truce, disseminati in mezzo alla strada. 
Aspetto solo che estraggano la pistola  
Last edited by NanoVetricida on Sun Nov 02, 2025 1:53 pm, edited 1 time in total.
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [H25] Monkey Dust

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bestseller2020 wrote: Sun Nov 02, 2025 1:15 pm Ciao@NanoVetricida

Noto il tuo solito slang nei dialoghi dei tuoi disadattati personaggi. Non trovo terrore di sorta ma credo che oramai avendo provato di tutto, ci sia poco da inventarsi. Hai un ottimo approccio ai dialoghi ma a mio parere forse sono troppi per un horror. Come già detto, usi sempre un certo slang, che penso tu debba anche cercare di metterlo da parte, in quanto dà un certo sapore al racconto, sempre lo stesso. Ogni genere dovrebbe avere anche un timbro diverso. La prossima occasione mettilo da parte e cambia registro, almeno nei dialoghi. Spero di esserti stato utile. Ciao :)
Ciao @bestseller2020
Prima di tutto grazie per la lettura. Ammetto che il racconto non sia molto horror, me ne dolgo. Accetto la tua critica e la prossima volta cercherò assolutamente di mettere da parte lo slang e di cambiare registro, anche solo per vedere se sono capace di scrivere in un altro modo. 
Però volevo aprire con te una piccola discussione a riguardo. 
Ora, non voglio dire di avere uno stile ben preciso, di farlo consciamente o di avere la minima idea di come si scrivano racconti, però pensavo che lavorare su un proprio stile potesse essere un plus. 
Penso, che so, a mc carthy, ha uno stile riconoscibilissimo a cento metri di distanza, e con lo stesso stile scrive storie di narcos, storie di zombie, western. A me sembra una cosa bellissima. 
Come la vedi? Avevo pensato che usare lo stesso stile per generi diversi, potesse essere simpatico. Cioè, l'ho scritto così apposta, noto dalle tue parole invece che può risultare noioso o ripetitivo, in tal caso alzo tutte e tre le mani. Secondo te è sbagliato proprio l'approccio alla stesura del racconto? 
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [H25] Monkey Dust

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Ciao @NanoVetricida credo che lo stile sia una cosa diversa. Credo che usare un certo modo per descrivere i personaggi, o meglio, farli apparire buoni per qualsiasi genere, sia sbagliato. Lo stile penso che sia un insieme di particolarità che ci distingue, che non è solo usare lo slang da dare come target al lettore. Non so se mi spiego! :)
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Io malata in fuga.https://www.facebook.com/raffaele.manca.90/

Re: [H25] Monkey Dust

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Ti spieghi, ti spieghi... grazie per la dritta, ci farò più caso la prossima volta. Un abbraccio
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

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