Uanema ha scritto: lun feb 08, 2021 11:04 am
Che una cosa sia bella o brutta è soggettivo.
Dovresti conoscere il famoso proverbio: "Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace". Significa che il concetto di bellezza non è assoluto, ma è relativo. Pertanto non si possono giudicare le cose o le persone come belle universalmente: ad alcuni possono piacere mentre ad altri no.
Per dire anche uno sfondo bianco con la sola scritta del titolo e del nome dell'autore può indicare già tanto. Molte copertine si rifanno a temi ripetitivi, quadri di artisti universalmente riconosciuti (il best seller di Dan Brown aveva la Gioconda di Leonardo da Vinci), la foto dell'autore e ecc.. Pensa che il successo di Moccia è stato raggiunto tramite delle fotocopie che giravano tra i ragazzi, il famoso passaparola, altro che cover. Naturale poi che le micro case editrici, così come gli autori in self publishing, non possono competere con altre realtà e cercheranno un lavoro più artigianale, in base alle proprie competenze.
Ho parlato di brutto in senso oggettivo del termine, nell'accezione di non professionale, in quanto un prodotto amatoriale non è all'altezza di prodotti professionali. Mi dispiace, ma è così.
Una copertina con sfondo bianco e titolo ha un significato molto importante e traduce un contenuto di un certo tipo (Il giovane Holden veste tale copertina nell'edizione odierna), ma va saputa eseguire. Anche uno sfondo bianco con titolo va saputo progettare e deve essere attinente al romanzo.
I temi non sono ripetitivi, ma di per sé si esauriscono nei livelli iconici a disposizione per effettuare una rappresentazione (fotografia, fotografia manipolata, dipinto, illustrazione, disegno tecnico, disegno al tratto, riduzione geometrica). Chiaro che sul tema grafico e di progettazione stai parlando lato pubblico, e non lato professionale.
Nel mio intervento di prima, poi, ho parlato del "a meno di raccomandazioni specifiche". Ovvio che se un testo viene raccomandato da passaparola, allora comincia ad avere un suo giro. Il discorso cui mi riferisco è volto all'assenza del passaparola, perché non sempre si innesca, non sempre produce una grande portata di consenso. Non si può contare solo sul passaparola, perché non è un processo controllabile per il singolo; bisogna per forza entrare nell'ottica che allo stato attuale del mercato (generale, non solo del libro) il prodotto deve essere vendibile e deve attirare l'attenzione. Piaccia o non piacca, è l'era dell'immagine e del contenuto visuale. Se vuoi approfondire l'argomento sociologico posso consigliarti "La società dello spettacolo" di Guy E. Debord.
Per quanto riguarda, invece, il discorso di micro case editrici e autori di autoedizione, possono competere eccome. La differenza è tra:
- chi vuole competere e quindi ricerca una qualità minima standard;
- chi non guarda minimamente alla questione, spesso perché incompetente o ignorante in materia (sì, vale anche per gli editori);
- chi pubblica solo per il gusto di farlo (autori self che vogliono pubblicare a tutti i costi e non hanno un programma di vendita specifico, pertanto per costoro è assolutamente inutile investire nel libro, andrebbe quasi di certo in perdita, e in questi casi sono la prima a consigliare di arrangiarsi e non investire).
Tutto, a mio avviso, si riduce al solito discorso, che vale per qualsiasi cosa: le cose si fanno bene, oppure si fanno male o a caso. Chi crede davvero nel proprio testo o nella propria azienda dovrebbe puntare a fare bene, mettendo in pratica un progetto imprenditoriale nei confronti del prodotto. Il succo è che anche il libro è un prodotto e va venduto, e per venderlo si attuano strategie di marketing che comprendono le parti che ho elencato all'inizio di questo topic.
Su chi debba sobbarcarsi l'impegno nella ricerca e le spese a carico di ciò, dovrebbe essere la figura dell'investitore, ossia la casa editrice in caso di pubblicazione tradizionale, l'autore in caso di autoedizione. Con questo non intendo che l'investitore debba fare da sé, ma è l'investitore che si fa carico di cercare i professionisti più consoni e retribuirli.
Non voglio più leggere di autori che devono coprire tutti i ruoli della filiera editoriale, magari pagando di tasca propria senza essere retribuito.
Infatti questo è sbagliato, nessuno ha mai detto che deve ricoprire i ruoli della filiera, anche perché non può essere un tuttologo. Se è investitore della propria opera nell'ambito dell'autoedizione, allora troverà e pagherà i professionisti adeguati. Se è sotto contratto con una CE, deve aspettarsi che la CE investa davvero nell'opera aiutando nella promozione non lato economico, ma presenziando quantomeno nelle occasioni e sui canali richiesti. Se la CE non è seria e lavora male, purtroppo è inutile ricorrere ad azioni legali, tanto l'autore non otterrebbe alcun tipo di risarcimento, spesso le CE non serie non sono nemmeno società con capitale, ma associazioni culturali o simili. Il caso della pezza messa dall'autore di cui ho parlato è un caso limite per cui l'autore in questione aveva le sue ragioni per non attuare altre politiche. Consiglio di agire così? No. Perché ciascun caso va trattato in maniera differente, secondo quanto possa essere più conveniente per l'autore in termini economici e di ritorno di immagine. Ho solo riportato il fatto così com'è stato.
Se un editore o un grafico vogliono guadagnarci anche loro, senza forme nuove o vecchie di EAP, intendo CE o self dove paga tutto l'autore, ognuno metterà a disposizione il proprio lavoro e divideranno i proventi secondo le percentuali stabilite.
L'editore guadagna sulla percentuale del venduto, in quanto investe in prima persona sull'opera: decide di pubblicarla perché vuole venderla e guadagnarci il più possibile (quando l'editore lavora bene e punta al pubblico, non a spillare quei pochi spicci dai parenti dell'autore). Il progettista no, viene pagato a commissione o con stipendio fisso (se assunto presso una CE), in quanto non è investitore ma garante di un servizio che viene svolto con tempi specifici ed è volto alla produzione di un artefatto compiuto. I ruoli sono ben distinti.
Per quanto concerne i costi dei singoli professionisti, starà all'investitore scegliere se rientrano nei costi iniziali che riuscirà ad ammortizzare poi con le vendite, oppure se sono troppo alti rispetto la strategia commerciale messa a punto. Come per qualsiasi attività commerciale.
Che sia più o meno redditizia, si spera lo sappia valutare chi decide di entrare in questo mercato per quanto riguarda le possibilità della sua azienda.