[H24] I migliori

1
A Torre Santarcangelo, nella cucina della villetta appena fuori il paese, Teresa poggiò la moca sul tavolo, accanto al bricco del latte, prese un piattino dallo scolapiatti e ci mise sopra due fette biscottate. Scostò la sedia quel tanto che bastava per farci passare il sedere, si accomodò e cominciò a fissare Gregorio.
«E la marmellata?» fece quello.
«No.»
«Manco lo zucchero?»
«No.»
L’altro aggrottò la fronte: «Un uomo avrebbe diritto a una colazione decente» brontolò.
«Hai la glicemia a 300.»
Lui sospirò, riempì la tazza e prese a inzuppare la fetta biscottata.
«Allora è deciso» fece lei.
«Non lo so, Teresa. Non lo so.»
«Ma come non lo sai, non t’è bastato?» disse col braccio teso verso il corridoio.
Gregorio alzò la testa e guardò lo sfacelo. Mobili rovesciati, cuscini sventrati, cornici sparse per terra tra cocci e schegge di vetro. Ma più di tutto lo facevano rabbrividire quei segni chiazzati di rosso che solcavano il muro, lungo la scala, fino al piano di sopra.
In quel momento un tramestio, un tonfo, poi un altro e su quel fracasso un suono orribile, come il latrato di una bestia ferita.
«La senti?» disse lei. «No, dico, la senti? E se la senti tu, capirai che anche gli altri…»
Gregorio si passò le mani sulla faccia.
Uno scampanellio, un toc toc alla porta di casa. Lui  si sporse verso la finestra, scostò un poco la tendina e lanciò un’occhiata alla moglie.
«Ecco, appunto!» disse quella. Scattò in piedi furente e si precipitò ad aprire.
«Buongiorno, cara…» fece compunta la signorina Adelaide. «Va tutto bene?»
«Certo, va tutto benissimo» disse Teresa a denti stretti.
«Ne è sicura?» fece quella allungando il collo per sbirciare. «No, perché stanotte… tutto quel trambusto, insomma mi sono preoccupata.»
«Non ce n’è motivo» disse l’altra. Fece per richiudere la porta, ma la donna riuscì a mettere una spalla e un piede dentro.
«Volevo chiamare qualcuno, sa?» continuò imperterrita. « Ma poi… come dire? In fondo un uomo in casa ce l’ha e allora…»
«E allora ha pensato bene di farsi i fatti suoi.»
«Sì, però…»
«Grazie, Adelaide.» Le mise una mano al petto, la spinse indietro, sbatté la porta e tornò in cucina. «Ecco, sarai contento adesso» fece al marito.
Dal piano di sopra ancora colpi, latrati acuti e poi ancora colpi.
«Gregorio, te lo chiedo per l’ultima volta: che intendi fare?»
L’uomo guardò il soffitto e poi la moglie: «Ma non capisci? Lei è…»
«No, sei tu che non capisci!» inveì Teresa. «Perché i soldi ti hanno dato alla testa!»
«Che c’entrano adesso i soldi? Pensa invece alle lettere, quelle che arrivavano ogni settimana, te le ricordi? Diceva che era felice, che…»
«No! Erano mail, chi ti dice che le abbia scritte lei? Hai visto la sua calligrafia, l’hai vista? No, non l’hai vista!» urlava.
«Calmati, Teresa.»
«No, non mi calmo! La mia bambina, in che stato mioddio!» Gridava, piangeva, alzava gli occhi al soffitto, a quel di sopra che era tutto uno sbattere, ululare e latrare.«È questo che volevamo per lei? Dimmelo, è questo?»
In quel momento uno scampanellio.
«Se è ancora quella, giuro che…»
Gregorio la bloccò: «Lascia, vado io.»
Si alzò e quando tornò non era solo: «Ci sono i genitori di Nino.»
Teresa sgranò gli occhi.
«Li faccio accomodare in salotto?»
«Ma no» fece Marisa. «Niente cerimonie, non è proprio il caso.» Sedette al tavolo e fece cenno al marito di fare lo stesso.
Attimi di silenzio. Sguardi. Marisa prese le mani di Teresa tra le sue: «In paese lo sanno tutti.»
«Adelaide! È stata lei, fai solo che mi capiti tra le mani…»
«Ma no, è stato tutto il casino di stanotte. Come potevano non accorgersene?»
Tacque fissando il vuoto a labbra strette, come ci fosse tanto altro da dire, ma il cuore sbarrasse la strada alle parole.
«Ma che, pure Nino?» chiese Teresa con un filo di voce.
Marisa annuì: «Come Danielina tua… o sbaglio?»
Teresa scosse la testa desolata.
«Devono essere tornati insieme, ma prima di arrivare a casa… insomma, Nino non era in sé…»
«Nemmeno Danielina» disse Gregorio. «Ha sfondato la finestra a mani nude e ci si è avventata contro.» Lo disse con gli occhi lucidi e i pugni stretti. «Se Teresa non l’avesse tramortita con la lampada… »
«Alla gola, Marisa, lo voleva azzannare alla gola!»
L’altra annuì: «Anche Nino. Sembrava una bestia inferocita e allora Sergio è stato costretto a…» ebbe un sussulto e cominciò a piangere pure lei. «Un ragazzo così dolce, così caro, non ci posso pensare!»
«Quindi in paese lo sanno» fece Teresa.
«Per forza. Tutta la notte a correre su e giù, ululando, raspando alle porte come lupi. E poi panchine divelte, le sedie e i tavolini del bar di Gianni fatti a pezzi, un disastro! Persino il cane del maresciallo Annigoni...»
«Il cane?»
«Sgozzato… a morsi, Teresa. Ti dico, come bestie.»
«No!»Teresa si aggrappò al marito, prese a strattonarlo urlando «Ma che gli hanno fatto? I nostri bambini, mioddio! Che gli hanno fatto!»
«Maledetti!» fece Sergio sbattendo un pugno sul tavolo. «Vengono qui coi loro macchinoni, con quell’aria dottorale: «È un’occasione per i vostri figli, per garantir loro un futuro radioso.» E noi ci abbiamo creduto! Come imbecilli ci abbiamo creduto!»
Gregorio gli mise una mano sulla spalla: «Non potevamo saperlo.»
«Dovevamo, invece!» fece Teresa singhiozzando.
«E come?» disse Marisa. «Sembravano tutti così preparati, impeccabili. Come potevamo competere con tutti quei paroloni, quei numeri, come potevamo contraddirli?»
«Avremmo dovuto chiedere, farci spiegare, cercare di capire.»
«E che c’era da capire? Quando ti dicono che selezioneranno i migliori, che li  inseriranno in un progetto… com’è che si chiamava?»
«Futura Humanitas» fece Sergio con aria tetra. «Proprio un bel nome.»
«Capisci? I migliori, i nostri figli accolti in una struttura esclusiva, ve le ricordate le foto, no?»
Annuivano ripensando al parco, alla biblioteca, all’auditorium, ai campi da tennis e alla piscina, a tutto quel paradiso che sembrava aspettare solo i loro ragazzi. I migliori.
«Se penso a tutto quello che abbiamo fatto» disse Marisa sconsolata.
«Carte false, certo!» insorse Teresa. «Quando è in ballo il futuro dei figli è così che si fa!»
Tacque mente gli altri la fissavano. «Perché mi guardate così? Non è forse vero che per i figli si vende l’anima al diavolo? E poi tutti quei…»
«Adesso basta!» la interruppe Gregorio.
«Non vuoi che lo dica, eh?» fece lei con un sorrisetto acido. «Soldi» disse e lasciò che il suono aleggiasse nell’aria. Prese una scatolina cinese dal davanzale, tirò fuori una sigaretta e l’accese. «Tutti noi abbiamo avuto la nostra parte. O no?» E mentre lo diceva, dalla bocca e dalle narici le uscivano volute azzurrine che serpeggiavano, fluttuavano e si dissolvevano.
«Era il compenso per…» Marisa arrossì. «Insomma, diglielo pure tu Sergio!»
«Ma sì, per il distacco dai nostri figlioli. Per le spese che avremmo dovuto sostenere quando fossimo andati a trovarli…»
«I ragazzi sono via da quanto? Sei mesi, un anno?» fece Teresa.
«Un anno e mezzo» disse Sergio a voce bassa.
«E in tutto questo tempo, dimmi, quante volte siamo andati a trovarli?»
«Ma non ce lo permettevano!» piagnucolò Marisa.
«Dicevano che la sperimentazione richiedeva il massimo della concentrazione» fece Sergio. «Continuità e concentrazione.»
«Sì, Teresa» disse Gregorio prendendole la mano. «Te lo ricordi, è proprio così che dicevano.»
Lei si divincolò: «Ma davvero vogliamo continuare a raccontarci questa balla?»
«Non è una balla! È la verità!» gridò stridula Marisa.
«Ma certo. Come il diabete del figlio del Notaio Gambetta, come l’emofilia della figlia del dottor Chiarelli, come le tare psichiatriche dei figli di…»
«Basta, Teresa! Adesso piantala!» fece Gregorio.
«Abbiamo mentito, falsificato, fatto sparire certificati e documenti per mandare avanti i nostri di figli» continuò imperterrita. «Perché dovevano essere loro, loro e nessun altro, i migliori a qualunque costo. E tu lo sai bene, Sergio, perché i fascicoli personali dei ragazzi li tenevi in cassaforte nel tuo ufficio, Così saranno al sicuro dicevi. E quelli te lo hanno lasciato fare, e lo sai perché? Te lo sei mai chiesto? Perché il progetto Futura Humanitas aveva bisogno di una cosa sola, non importava quale: carne da macello.»
«Ma che dici? Sei impazzita!» gridò Sergio.
«Li abbiamo venduti, questa è la verità! Perché potessero usarli come cavie.»
«Medicina sperimentale» sussurrò Gregorio. « Dicevano che gli innesti di DNA…»
Teresa si voltò di scatto: «Ma allora tu lo sapevi!»
«No, ti giuro, non ne sapevo niente!»
«Come niente?» gridò Marisa.
Sergiò si alzò, afferrò il collo di Gregorio, lo spinse fino all’acquaio, lo piegò all’indietro: «Tu sapevi!»
«Solo che... avrebbero fatto dei prelievi» balbettò quello paonazzo.
«E poi?»
«E poi li avrebbero innestati sugli animali…»
«No, è il contrario» mormorò Marisa. «L’ho capito soltanto adesso.» Lo disse con voce opaca, come se l’angoscia le avesse preso il cuore e l’avesse scagliato lontano, dove nessuno l’avrebbe mai più sentito battere.
«Che vuol dire il contrario? Spiegati.» ringhiò Sergio.
«Prelievi da animali innestati sui nostri ragazzi. È per questo che…»
In quel momento, un tonfo al piano di sopra, un urlo acutissimo e poi un tramestio violento lungo la scala. Qualcuno stava scendendo senza badare ai gradini. Qualcuno o qualcosa.
E un attimo dopo era lì, in cucina. Con la faccia scavata, pallida come se la pelle e le ossa del cranio fossero una cosa sola, gli occhi sporgenti e senza palpebre, mentre una bava densa colava dall’apertura che una volta era stata la bocca.
Ansimava, brandendo un pezzo della porta che aveva divelto e, curva sotto il peso della cresta artigliata che sporgeva dalla schiena, a piccoli salti sulle gambe deformi, avanzava verso di loro.
Era Danielina. O quello che ne era rimasto.
E quando fece per avventarsi contro Gregorio, questo afferrò un coltello dall’acquaio e glielo piantò dritto in mezzo al petto che emise un gorgoglio e poi un sibilo, come di un pallone che si sgonfia, mentre una poltiglia maleodorante usciva a fiotti.
Lei per un attimo restò immobile, con gli occhi sgranati e la bocca aperta, presa dallo stupore. Poi si accasciò, mentre tutti restavano in silenzio a guardarla palpitare e fremere, finché gli occhi le si velarono come quelli di un pesce da troppo tempo lontano dal mare.
 
Silenzio. Minuti, forse secondi, più probabilmente un’intera vita, poi Teresa drizzò la schiena, fece un respiro fondo e guardò gli altri. Uno ad uno. 
«È finita» disse.
E fu allora che Marisa si riscosse: «Nino!» gridò.
Sergio si precipitò ad abbracciarla.
«Dov’è adesso?» chiese Gregorio.
«A casa, dove vuoi che sia?» fece Marisa tra i singhiozzi.
«Sei sicura?»
Lei annuì, alzò la testa verso il marito che la strinse più forte.
«Sei sicura?» incalzò Teresa.
«Sì, cazzo, sì! Siamo sicuri» gridò Sergio.
«Ed è…»
«È vivo, è vivo. Legato al letto e sedato col Roipnol, va bene?»
«E tu perché avevi pronto in casa il Roipnol?» fece Gregorio massaggiandosi il collo.
«Fatti i cazzi tuoi.»
«Sono cazzi miei!»
«Basta!» gridò Teresa. «Piantatela, non è il momento.»
«Ma certo, con tutto quello che c’è da fare» fece Sergio acido. «Potremmo organizzare una festicciola per brindare con tutto il paese, saranno contenti.»
«E Nino?» piagnucolò Marisa.
«Infatti, Nino, ma non solo» disse Teresa indicando il corpo di Danielina.
«Aspetta, che vorresti fare?» fece Gregorio allarmato.
«Chiamarli.»
«Chiamare chi?»
«Il Centro Futura Humanitas. Loro hanno fatto il guaio, a loro spetta rimediare.»
«Sì, è giusto» disse Sergio. «Ma ormai che potrebbero fare?»
«Pulizia, tanto per cominciare. Qui e da voi.»
«Beh, certo» fece Marisa con gli occhi improvvisamente asciutti. «Potrebbero riprendersi Nino, per esempio, che in quelle condizioni, ecco, proprio non potremmo…»
«Esatto. E poi…»
«E poi pensare anche a noi, che diamine!» disse Sergio. «Che in tutta questa faccenda…»
«Eh sì, noi ci abbiamo rimesso!» fece Marisa con la voce sempre più acuta «E sotto molti punti di vista! La reputazione, per esempio.»
«Beh, in effetti» disse Gregorio. «Che se venissero fuori tutte quelle piccole, come dire? Irregolarità della selezione… Intendiamoci, non che alla fine noi si abbia avuti chissà che vantaggi, però…»
«Però i soldi li avete presi, questo direbbero tutti» fece Teresa.
«E certo, perché sono malelingue, gente cattiva» disse Marisa.
«Senza contare i danni di stanotte» fece Gregorio.
«Eh sì. Ai portoni, al bar di Gianni, al cane del maresciallo che c’era tanto affezionato…»
«Giusto!» disse Sergio «Che se poi dovessimo cercare i responsabili, eh mi dispiace tanto, ma non siamo noi, né i nostri ragazzi, povere creature!»
«Vittime! Sì, vittime noi e loro!» strillò Marisa. «Vittime di un raggiro di gente senza scrupoli, che si approfitta della buona fede delle persone! Che fa credere di… com’è che dicevano? Un progetto innovativo in campo farmacologico, per il bene dell’umanità. Roba da pazzi!... Ma cos’è questa puzza? Ah, già Danielina, apri per favore, che mi viene da vomitare.»
Teresa aprì la finestra e tornò a sedere. «Per questo dobbiamo farci sentire. Per mettere le cose in chiaro, ognuna al suo posto.»
«Certo! Perché ci spetterà pure qualcosa dopo tutto questo.»
«Giusto, sì!»
«Assolutamente.»
 
Due mesi dopo, i tredici metri e settanta dell’Ellemment Palazzo Superior, camper extra lusso, fecero il loro ingresso a Sant’Adelmo e si fermarono proprio al centro della piazzetta.
Il logo della Futura Humanitas splendeva d’oro sulla fiancata bianco perla.
Gregorio spense il motore e restò un attimo a fissare il vuoto sorridendo.
«Che c’è?» chiese Sergio.
«Procacciatori. Senti come suona bene.»
«Non te lo saresti mai aspettato, eh?»
«Sì, invece. In fondo, essere dalla stessa parte conviene a tutti» disse. «E poi siamo i migliori.»
Si girò verso il retro: «Pronte, ragazze?»
«Un attimo, solo un po’ di profumo» fece Marisa. «Ne vuoi, Teresa?»
Lei sorrise, fece no con la testa e aprì il portellone.
«Aspetta, cara» disse Gregorio. «Ti aiuto a scendere.»
 
Nella sala capitolare, il sindaco, dottor Antonio Stradella e signora, li attendeva con tutta la giunta comunale tra corbeille di rose bianche e il festoso tintinnio di cristalli e bollicine. E quando li vide andò loro incontro con il più radioso dei sorrisi, seguito da uno scroscio di applausi.
«Benvenuti, è un onore che abbiate scelto proprio i giovani di Sant’Adelmo per un progetto di tale importanza.»
Sergio annuì benevolo, stringendo la mano che quello gli tendeva.
«È stata una scelta difficile, ma ponderata, frutto di selezioni molto severe» disse. «Ma alla fine, la Futura Humanitas ha visto in voi, in tutti voi, l’occasione per dare una svolta epocale alla ricerca medica.»
«E allora, brindiamo!» esultò il sindaco.
«Al futuro!» disse Gregorio alzando il calice.
«Al futuro!» gridarono tutti insieme.
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2
Wow… Letto in un amen (un po’ di preghiera concedimela)… Un progetto degno del miglior (peggior) Mengele. Un ritmo serratissimo grazie ai succulenti e sapienti dialoghi che riescono nel raro e difficile compito di informare il lettore a tutto tondo (caratteristiche dei personaggi, dei luoghi e della situazione generale) senza la minima ombra di infodump. La storia fa orrore sia per le evidenti conseguenze della sperimentazione “medica” ma soprattutto per il comportamento, quello sì orrorifico, delle famiglie dei malcapitati ragazzi. Stupenda la macchietta Adelaide con quel piede malandrino che trattiene la porta. Un horror a deflagrazione ritardata perché una volta finito il divertimento della lettura, ci rende conto della tristissima realtà in cui ci hai catapultato cara @aladicorvo ed è allora, che scattano il vero disgusto e l’orrore. Grazie per questo ennesimo gioiellino.

Re: [H24] I migliori

3
@Monica wrote: Wed Oct 30, 2024 7:42 pm Wow… Letto in un amen (un po’ di preghiera concedimela)… Un progetto degno del miglior (peggior) Mengele. Un ritmo serratissimo grazie ai succulenti e sapienti dialoghi che riescono nel raro e difficile compito di informare il lettore a tutto tondo (caratteristiche dei personaggi, dei luoghi e della situazione generale) senza la minima ombra di infodump. La storia fa orrore sia per le evidenti conseguenze della sperimentazione “medica” ma soprattutto per il comportamento, quello sì orrorifico, delle famiglie dei malcapitati ragazzi. Stupenda la macchietta Adelaide con quel piede malandrino che trattiene la porta. Un horror a deflagrazione ritardata perché una volta finito il divertimento della lettura, ci rende conto della tristissima realtà in cui ci hai catapultato cara @aladicorvo ed è allora, che scattano il vero disgusto e l’orrore. Grazie per questo ennesimo gioiellino.
Speravo che si cogliesse il vero posto dell'orrore. Ma, trattandosi di te, cara @Monica , non avevo dubbi.
Dunque sono io a ringraziarti, mia lucciola gentile  :rosa:
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Re: [H24] I migliori

4
Ciao @aladicorvo

Il racconto che hai scritto trascende di molto le caratteristiche "di genere" per farsi acuta e purtroppo realistica critica sociale. Geniale la denominazione della clinica "futura humanitas", che cela dietro un nome solo apparentemente ottimista quel che sembra davvero attendere l'umanità: il capitalismo più cinico e sfrenato.
I dialoghi sono scritti molto bene, e anche l'apertura, nella sua verosimile quotidianità, si svela solo alla fine come sincera indifferenza alle sorti della povera Danielina. Coglie nel segno anche il titolo e tutta la tragica retorica "dei migliori", da altri declinata secondo l'analoga dizione "del merito". Una corsa a una presunta "eccellenza" che, in fin dei conti e come dimostra il tuo racconto, miete soltanto vittime.
E' indimenticabile Marisa, che verso la fine del racconto si ricorda di Danielina solo perché... puzza.

Se devo trovare un difetto lo indicherei nel collegamento, che mi sembra piuttosto labile, con l'immagine tematica. Ma è un peccato che si persona volentieri.

Per il resto, se puoi cortesemente passarmi i contatti della Futura Humanitas... ho due bimbe e il mutuo da estinguere.
Grazie in anticipo.

Re: [H24] I migliori

5
Bentrovata, @aladicorvo   :)

Premesso che hai premuto l'acceleratore sui peggiori orrori che si possono trovare nell'animo umano, non capisco il finale, e ti spiego il motivo.

Qui c'è un paesino che ha visto l'orrore fatto dalla "Futura Homanitas" sulla pelle di due giovani compaesani. Che gli orridi  genitori di questi sventurati, stracaricati di soldi,  facciano pubblicità a questa "operazione" purtroppo ci sta. Ma che un intero paese (con tanto di sindaco in testa) che ha visto gli effetti della sperimentazione ci stia a sacrificare, per soldi, le giovani generazioni e a portare, col tempo, all'estinzione del loro paese, mi sembra inverosimile e illogico.

Comunque, la tua penna è sempre formidabile!
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [H24] I migliori

6
Ciao @Sineddoche, grazie del passaggio, ti adoro non foss'altro che per il nome, ormai solo i nodi scorsoi della comunicazione ci salveranno. 
La foto dell'incipit ritrae la nostra Danielina un attimo prima che sfondi la vetrata a mani nude, forse un pregevole scatto dell'ottima Vivien Mayer, anima bella, come si dice? solare, fai caso allo sguardo dei rarissimi autoscatti... Vabbè.
Carissima @Poeta Zaza
Poeta Zaza wrote: Thu Oct 31, 2024 2:44 pmche un intero paese (con tanto di sindaco in testa) che ha visto gli effetti della sperimentazione ci stia a sacrificare, per soldi, le giovani generazioni e a portare, col tempo, all'estinzione del loro paese, mi sembra inverosimile e illogico.
La gente di Sant'Adelmo non lo sa. 
Sono carnefici innocenti, esattamente come quelli di Torre Sant'Arcangelo. 
Il mondo è immensamente piccolo. E l'agghiacciante ossimoro, mai come oggi, riguarda soltanto le dimensioni del cuore.
  ;(
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7
aladicorvo wrote: Thu Oct 31, 2024 5:40 pmLa gente di Sant'Adelmo non lo sa. 
Sono carnefici innocenti, esattamente come quelli di Torre Sant'Arcangelo. 
Il mondo è immensamente piccolo. E l'agghiacciante ossimoro, mai come oggi, riguarda soltanto le dimensioni del cuore.
  ;(
Importante il tuo chiarimento. Avevo letto lo stesso nome dello stesso paese. Scusami la mancata dovuta attenzione.  :facepalm:

Ora ti posso fare i dovuti complimenti!  (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [H24] I migliori

8
Ciao @aladicorvo


Alcune tematiche e modalità del racconto mi hanno ricordato il film The Boys from Brazil, dove gerarchi nazisti fuggiti in Brasile dopo la 2^ GM preparavano un piano per far rinascere, tramite il sangue di Hitler, tante sue copie in tutto il mondo affinchè diventassero leader e guidassero i popoli. La loro idea era creare un mondo perfetto di uomini perfetti, secondo i loro criteri. Pur nell’abiezione di questo folle progetto non avrebbero però preso mai in considerazione l’idea di unire DNA animale con quello umano.
Quello che intendo dire, non vorrei essere frainteso, era che per il progetto di quel mondo molti ci credevano ed erano disposti a sacrificarsi pur di attuarlo, come accadde anche nella realtà della guerra.
Nel tuo racconto i cittadini sembrano essere inconsapevoli delle vere modalità e finalità dell’esperimento sui loro figli, vedendo solo l’occasione economica e la possibilità di far parte di un piano universale, di una nuova società che li veda coinvolti, in primo piano. Un fanatismo misto a cecità, desiderio di emergere, di guadagnare, di non essere tagliati fuori.
Cosa succede a chi non ne vuole far parte?
Il tuo racconto offre spunti di orrore più che per gli effetti dell'esperimento su alcuni ragazzi, per le modalità attuative di questa società Futura Humanitas, per l’incoscienza, la leggerezza, la venalità di chi ha accettato di farne parte.
Mi ricorda una ventata di follia che recentemente ha attraversato il mondo, dirottata su un’altra follia totale come la guerra.
Ormai la realtà supera la fantasia.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [H24] I migliori

9
Ciao @aladicorvo . Hai tirato fuori un horror un poco Orwelliano. Ho notato anche una punta di ironia. :D Piaciuto <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

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Caro @Alberto Tosciri è questo l'orrore. Semplice, meschino e volgare come ogni umana abiezione. 
Ma quel che preferiamo dimenticare, quotidiano... Dacci oggi il nostro quarto d'ora di ... Già di cosa?
Un grand'uomo, frainteso e mistificato, morto divorato dalla follia, disse  che la visione dell'abisso, oltre ogni inganno metafisico, alla fine non è altro che uno specchio. 
Lo specchio ch'è la ragione di vita di tante ... come chiamarle? Ignare fanciulle , vabbè. 
Guardo quelle unghie, mi chiedo cosa accada nel bidet. Mi viene un attacco di ridarola.
Farebbe allegria... 
Vabbè.
 
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11
Mio adorato @bestseller2020 ,  quindi l'hai notata!  
Dico la punta d'ironia, attorcigliata tra le creste aguzze sulla schiena della povera mostrina. Che da morta puzzava, figuriamoci da viva con tutto quell'agitasi senza deodorante, che fracassava porte e coglioni, come troppa gente ma lei di più, sennò come si montava la storia horror?
Danielina. Ti giuro, avessi il giardino la terrei  :diavolo2:
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Ciao carissima @aladicorvo 

Gran racconto questo tuo, davvero interessante e gustoso nel leggerlo.
Ti lascio questo stringato commento, confidando di aver toccato i punti di maggiore rilevanza.


Il racconto che hai scritto è un’opera intensa e disturbante, che mescola elementi di horror, dramma psicologico e critica sociale in un contesto apparentemente realistico, quello di un piccolo paese italiano, Torre Santarcangelo.

Il racconto è strutturato in modo efficace, con un’apertura quotidiana e apparentemente banale – una colazione in cucina – che si trasforma rapidamente in un crescendo di tensione e orrore. Ì
Questa progressione è ben gestita: utilizza il dialogo e i dettagli ambientali per costruire un’atmosfera inquietante, lasciando che il lettore scopra gradualmente la gravità della situazione.
La scelta di partire da un contesto domestico e familiare (la cucina, la moca, le fette biscottate) crea un contrasto potente con gli elementi grotteschi e violenti che emergono successivamente, come i segni di devastazione e il comportamento animalesco di Danielina.
La narrazione è prevalentemente dialogica, con un ritmo serrato che mantiene alta la tensione.
I dialoghi sono realistici e ben costruiti, riuscendo a trasmettere sia il carattere dei personaggi sia le dinamiche sociali del paese.
Tuttavia, in alcuni punti, l’esposizione di informazioni attraverso i dialoghi può sembrare leggermente forzata, come quando i personaggi riepilogano eventi passati (ad esempio, il progetto Futura Humanitas).
Questo espediente, pur funzionale per chiarire la backstory, rischia di spezzare l’immersione in favore di una spiegazione diretta.
Il finale, con il passaggio al camper di lusso e l’ingresso trionfale a Sant’Adelmo, chiude il racconto con un’amara nota satirica.
Questo epilogo sposta il focus dall’orrore individuale a una critica più ampia, suggerendo una corruzione morale che si perpetua.
La struttura circolare, che torna a un’immagine di apparente normalità e successo, rafforza il messaggio cinico del racconto.
Temi
Il racconto affronta diversi temi, intrecciandoli con abilità:
  1. Corruzione morale e avidità: Uno dei temi centrali è il sacrificio dei valori umani in nome del guadagno personale. I personaggi, inizialmente presentati come vittime di un raggiro, si rivelano complici consapevoli del progetto Futura Humanitas, spinti da interessi economici e dalla promessa di un futuro migliore per i loro figli. La loro trasformazione in “procacciatori” nel finale sottolinea come l’avidità li abbia portati a perpetuare il sistema che ha distrutto i loro stessi figli.
  2. Scienza e abuso etico: Il progetto Futura Humanitas richiama esperimenti scientifici disumani, evocando temi classici della fantascienza e dell’horror, come Frankenstein o The Island of Dr. Moreau. L’idea di innesti di DNA animale sugli esseri umani introduce un elemento di body horror, ma serve anche come metafora per la perdita di umanità, sia da parte delle vittime (i ragazzi trasformati) sia dei carnefici (i genitori e gli organizzatori del progetto).
  3. Ipocrisia e dinamiche sociali: Il racconto dipinge un ritratto caustico della vita di provincia, dove le apparenze e la pressione sociale giocano un ruolo cruciale. La figura di Adelaide, la vicina ficcanaso, e il riferimento alla “malelingua” del paese riflettono una comunità che giudica ma è pronta a chiudere un occhio di fronte a promesse di prestigio o denaro. Il brindisi finale, con il sindaco e la giunta che accolgono i protagonisti, è un’ironica celebrazione dell’ipocrisia collettiva.
  4. Sacrificio dei figli: Il rapporto tra genitori e figli è al cuore del racconto. I genitori, pur mossi da un apparente desiderio di garantire un futuro migliore ai loro figli, li sacrificano per ambizione e denaro. La scena in cui Danielina, ormai mostruosa, viene uccisa dal padre è il culmine tragico di questa dinamica: un gesto estremo che simboleggia il fallimento genitoriale e l’annientamento della prossima generazione.
Personaggi


I personaggi principali – Teresa, Gregorio, Marisa e Sergio – sono ben delineati attraverso i loro dialoghi e le loro azioni, anche se non vengono descritti in modo dettagliato dal punto di vista fisico o psicologico.
Questo approccio minimalista si adatta al tono del racconto, che privilegia l’azione e l’atmosfera rispetto a un’introspezione profonda.
  • Teresa è il personaggio più complesso e sfaccettato. La sua rabbia, il suo dolore e la sua lucidità nel riconoscere la verità (“Li abbiamo venduti”) la rendono una figura tragica ma anche moralmente ambigua. La sua evoluzione da madre disperata a complice attiva nel finale è un passaggio chiave, che evidenzia il conflitto tra il suo senso di colpa e il desiderio di trarre profitto dalla situazione.
  • Gregorio appare più passivo, quasi sopraffatto dagli eventi. La sua iniziale riluttanza a prendere una decisione e il suo tentativo di giustificare le proprie azioni (“Non potevamo saperlo”) lo dipingono come un uomo debole, incapace di opporsi al sistema o alla moglie.
  • Marisa e Sergio rappresentano una coppia complementare, che riflette le stesse dinamiche di Teresa e Gregorio ma con un’enfasi maggiore sull’autogiustificazione. La loro insistenza nel considerarsi “vittime” e il loro rapido passaggio a un atteggiamento pragmatico nel finale rafforzano il tema dell’ipocrisia.
Danielina, pur essendo un personaggio centrale, è più un simbolo che una figura tridimensionale.
La sua trasformazione in una creatura mostruosa rappresenta la perdita di umanità causata dal progetto, ma la sua presenza fisica nel racconto è limitata, rendendola più un catalizzatore per le reazioni degli altri che un personaggio a sé stante.


Stile e linguaggio


Lo stile del racconto è diretto e incisivo, con un linguaggio che alterna il registro colloquiale dei dialoghi a descrizioni vivide e inquietanti.
Utilizza immagini forti, come i “segni chiazzati di rosso” sul muro o la descrizione di Danielina trasformata, per creare un senso di disgusto e orrore. La scelta di termini come “latrato”, “ululare” e “raspare” enfatizza l’animalità dei ragazzi, rafforzando il tema della degradazione umana.
I dialoghi sono il punto di forza del racconto, catturando il tono e le inflessioni di una comunità rurale italiana.
Espressioni come “farsi i fatti suoi” o “carte false” sono radicate nella cultura popolare e aggiungono autenticità al testo.
Tuttavia, in alcuni momenti, i dialoghi possono sembrare un po’ didascalici, specialmente quando i personaggi discutono del progetto Futura Humanitas, rischiando di appesantire il ritmo.
L’uso dell’ironia è particolarmente efficace nel finale,
dove il tono trionfale del brindisi e l’immagine del camper di lusso contrastano con l’orrore delle azioni compiute.
Questo contrasto crea un effetto straniante, che invita il lettore a riflettere sulla moralità dei protagonisti.


Impatto e interpretazione


Il racconto riesce a disturbare e a provocare, grazie alla combinazione di horror fisico e critica sociale.
L’orrore non risiede solo nella trasformazione mostruosa dei ragazzi, ma nella freddezza con cui i genitori accettano e sfruttano il sistema che li ha distrutti. La scena finale, con il brindisi al “futuro”, è un pugno nello stomaco: i protagonisti non solo hanno sacrificato i loro figli, ma hanno abbracciato il ruolo di complici per trarne profitto, perpetuando il ciclo di sfruttamento.
Un punto di forza del racconto è la sua capacità di lasciare spazio all’interpretazione. Non viene mai chiarito del tutto cosa sia il progetto Futura Humanitas o quali siano i dettagli degli esperimenti, e questa ambiguità contribuisce a rendere la storia più universale: potrebbe essere letta come una critica al progresso scientifico senza etica, al capitalismo che mercifica le persone, o alla compiacenza delle piccole comunità di fronte al potere.
Tuttavia, il racconto potrebbe beneficiare di un maggiore sviluppo di alcuni aspetti.
Ad esempio, una backstory più dettagliata sul progetto Futura Humanitas o sui ragazzi prima della loro trasformazione potrebbe aggiungere profondità alla narrazione.
Inoltre, la transizione dei personaggi da vittime a complici avviene in modo rapido, e un maggiore focus sul loro conflitto interiore potrebbe rendere la loro evoluzione più credibile.


Conclusione


In definitiva, il racconto è un’opera potente e ben costruita, che utilizza l’horror come lente per esplorare temi complessi come l’avidità, la corruzione e la perdita di umanità.
La sua forza risiede nel contrasto tra l’ordinarietà del setting e l’orrore delle azioni, nonché nell’ironia tagliente del finale.
Nonostante alcuni momenti di esposizione un po’ forzata e una certa bidimensionalità dei personaggi secondari, il testo riesce a lasciare un’impressione duratura, spingendo il lettore a interrogarsi sulla moralità delle scelte individuali e collettive.
È un racconto che non offre consolazione, ma proprio per questo colpisce nel segno, denunciando con amarezza le contraddizioni dell’essere umano.

Con i miei complimenti ti invio un caloroso abbraccio <3

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