[Lab 17] Il cuore di Siku

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La Tana di Nanook mi accoglie col profumo di legno bruciato e buon cibo. Mio fratello, seduto a un tavolino accanto al fuoco, parla di pesca con alcuni turisti: gli piace familiarizzare coi clienti.
Incrocio il suo sguardo di rimprovero mentre appoggio alla parete la lancia. Non vuole che mi eserciti a cacciare da sola.
Salgo nella mia stanza. Sotto al letto tengo una piccola cassetta regalatami da mio padre per il decimo compleanno, l’aveva intagliata per me da un tronco di legno trasportato dal mare; è  ruvida come lo erano le sue carezze. Dentro c’è l’amuleto mi regalò: un ciondolo ricavato da un osso di balena.
“La vedi questa spirale? È il simbolo del vento che soffia nelle nostre terre artiche, del legame tra l’uomo e la natura, tra il nostro popolo e la dea Sila. Ti proteggerà quando non potrò più farlo io.”
“Cos’è quello scintillio al centro?”
Appoggiò la  fronte sulla mia e sussurrò: “Sono le lacrime di Akkaniq.”
A pensarci oggi, le sue parole sembravano una premonizione. Lo stesso giorno mio padre fu ucciso da Siku, il grande orso bianco che vive laggiù. Stava per sbranare uno dei cercatori d’oro che infestano la zona.  L’uomo si salvò, ma mio padre non tornò più da noi. Stringo i pugni ricacciando indietro le lacrime.
Mio fratello è bravo con l’arpione. A volte mi porta a cacciare e a pescare con lui. Il kayak non fa alcun rumore, ma bisogna conoscere bene le correnti. I pesci si lasciano avvicinare.  Per catturarli bisogna essere rapidissimi e precisi ma, con gli orsi, è un’altra storia: ci vogliono forza e coraggio. Il coraggio non mi manca… Indosso il costume tradizionale e scendo nella taverna.
Mio fratello mi indica uno straniero seduto al tavolino più appartato della sala. A giudicare dalle bottiglie vuote di fronte a lui, dev’essere un bel po’ di tempo che aspetta. Immagino faccia parte della schiera d’illusi che vengono a cercare fortuna da queste parti: in molti mi chiedono di accompagnarli ad Aqqanik. Si dice ci siano quintali d’oro sotto al permafrost. Nessuno l’ha trovato finora: la grande Sila sa bene come proteggere i propri tesori. Intono una preghiera muta alla dea e mi avvicino al tavolo. L’uomo sembra più alto della media, ha le spalle larghe, il corpo robusto; mi squadra dal basso in alto prima di parlare:
«Come ti chiami?»
«Aputi. Nella nostra lingua significa neve.»
«Io sono Oscar, come il premio» sorride mentre mi stringe la mano con vigore.
Vuole che lo accompagni alla miniera, come supponevo. Contrattiamo la paga per il servizio. Sembra ubriaco fradicio…  lo accompagnerò domani.

Il vento ulula tra le rocce riempiendo l’aria di minuscoli cristalli. Noto la barba del mio cliente già congelata e rallento il passo. Ha il respiro corto.
«Quanto ci vuole per raggiungere Akkaniq?» chiede ansimando.
«Camminiamo solo da un’ora e sei già stanco? Guarda laggiù, lo vedi quel riflesso sotto alla parete? Dobbiamo arrivare fino a lì» gli indico un punto lontano.
«Allora muoviamoci, a stare fermi qui mi si congelano anche le ossa.»
Avanziamo ancora accompagnati dal sibilo del vento.
Poco dopo, davanti a noi si apre un’immensa distesa di ghiaccio azzurro solcato da crepe sottili che scintillano sotto i pallidi raggi del sole.
«Tuktuqsiuq Qamaniq, il lago dai ghiacci eterni» gli dico senza attendere la domanda.
«Dobbiamo proprio attraversarlo?»
Annuisco. «Si dice che gli spiriti del ghiaccio veglino su di esso e…  sui cacciatori che vi hanno trovato il loro destino. Hai paura?»
Mastica un no non troppo convinto. «Accidenti, Aputi, non sento più le dita. È come se le avessi perse per strada.»
«Cerca di muoverle, stringile a pugno! Se si intorpidiscono troppo, poi è un problema.»
«Facile a dirsi… È come infilare le mani in un secchio di lame acuminate!»
Un rumore sordo riecheggia in lontananza.
«Merda! Cos’è?»
«Un iceberg che si è staccato. I nostri ghiacciai sembrano giganti invincibili, ma sono ammalati.»
«Non sono soltnto vostri i ghiacciai.»
«Ah, no?»
Raggiungiamo Akkaniq dopo altre due ore di cammino.
Arriviamo all’igloo che ho costruito insieme a mio fratello. Nelle ultime settimane la temperatura si è alzata di qualche grado. Prima di entrare controllo la struttura esterna: si iniziano a intravedere piccoli segni di cedimento, ma pare ancora abbastanza solida.
«Ti presento Quannik, fiocco di neve. Entra.»
Oscar deve piegarsi sulle ginocchia per accedere.
«È incredibile… c’è davvero un bel calduccio qui.»
«È la neve che fa da isolante. Accogliente, vero?» Accendo la lampada a olio e la posiziono in un apposito spazio al centro del pavimento rivestito da pelli di animali.«C’è tutto il necessario per sopravvivere qualche giorno. E, naturalmente, gli attrezzi per pescare o cacciare. A proposito… pesce o carne?» gli chiedo.
Ci pensa su qualche istante: «Non hai del gin in quella borraccia?»
Scrollo le spalle e metto a sciogliere della neve su di un pentolino posto vicino alla fiammella della lampada. «Con questo cibo è meglio bere acqua.»
Consumiamo dell’halibut essiccato. Finito di mangiare, mi sdraio e invito il mio cliente a fare altrettanto.
Scuote la testa. «Non voglio perdere altro tempo. Quanto manca alla miniera?»
«Non molto. Ma ora dobbiamo riposare. Tieni, spalmati questo sulle guance.»
Mi guarda con aria interrogativa.
«È nuktic, un rimedio che facciamo col grasso di foca.»
Non posso certo dirgli che lo usiamo come sonnifero. Non impiega molto a crollare.
Mentre dorme, gli apro la zip del giaccone. Ha un cartellino giallo appeso al collo. Leggo: Oscar Riley - White Sentinel Society. Ne ho incontrati altri come lui. Tutti cibo per Siku.»
Spengo la lampada, prendo l’arpione ed esco a esercitarmi un po’. Non passa molto che, da lontano, lo vedo sgattaiolare fuori dall’igloo barcollando.
«Aputi, andiamo! Ti ho pagata per portarmi ad Aqqanik.»
È più resiliente di quanto pensassi.
Raggiunta una piccola fenditura, ci addentriamo per una decina di metri tra le mura possenti del ghiacciaio. È una specie di labirinto qui dentro: per cercare l’oro, hanno scavato decine di tunnel e tutto è molto fragile. Una luce flebile che filtra dall’alto gioca sulle pareti componendo delicati ricami azzurrini. Chiedo mentalmente perdono a Sila prima di parlare: «Dicono che l’oro sia qui sotto.»
«Chi ti dice che io sia venuto qui per scavare?»
«La White Sentinel non ti paga per questo?»
Spalanca gli occhi: «E tu che ne sai?»
Uno scricchiolio improvviso ci fa sobbalzare. Un blocco di ghiaccio si stacca dalla parete sbarrandoci la strada.
«Non possiamo proseguire. Il tuo oro dovrà attendere.»
«Come devo dirtelo? Non sono qui per l’oro.»
«Chi sei allora, Oscar Riley? Cos’è la White Sentinel?»
«Sono uno scienziato, Aputi. Mi occupo di un progetto speciale per proteggere i ghiacciai. E qui ci sono un bel po’ di danni, mi sembra.»
Ora sono io a guardarlo a occhi sbarrati.
«Non mi credi? I ghiacciai conservano i più grandi misteri della vita e tanti tesori che fanno gola… I potenti della Terra fanno di tutto per impossessarsene e noi per evitare che ci riescano.» Cerca il mio sguardo: «E ora, Neve, dimmi cosa è capitato agli altri.»
«Chi? Quali altri?»
«I miei colleghi che sono venuti qui qualche settimana fa.»
Deglutisco a vuoto. «Davvero, non so di chi tu stia parlando.»
Scuote la testa.
Riusciamo con fatica a guadagnare l’uscita. Il vento gelido ci taglia il respiro mentre ci allontaniamo in fretta dal ghiacciaio.
L’igloo ci accoglie come un piccolo paradiso.
Prendo la borraccia e tracanno il liquore d’un fiato. «Paul, Nevill e John… Hai ragione, anche loro sono venuti alla Tana di Nanook. Volevano che li accompagnassi alla miniera. Come tutti. Come te. Come l’uomo per cui mio padre ha perso la vita per salvarlo dall’orso.»
Lui cerca le mie mani. E le trova. «Mi dispiace tanto, Aputi. Te lo chiedo di nuovo. Dove sono finiti i miei colleghi? L’ultima volta che ho parlato con loro mi hanno detto di aver trovato una guida speciale alla Tana di Nanook: una bella ragazza inuit di nome Aputi. Tu.»
Esco senza rispondergli. Mi segue. Allungo lo sguardo e lo individuo in lontananza: Siku, il grande orso è intento a scavare nel ghiaccio in cerca di foche. È una bestia possente e, a suo modo, protegge il ghiacciaio. Ha di sicuro un grande cuore  e sono certa  che la grande Sila lo ama come un figlio. Ma per lui sono tutti delle prede.
Le parole mi rotolano dalle labbra senza controllo; quasi non riesco a credere di essere proprio io a pronunciarle: «È stato lui, Oscar.» dico indicandoglielo.
Emette un grido soffocato. «Ce l’hai un fucile?»
Scuoto la testa. 
Oscar è un uomo alto e forte. Gli porgo l’arpione: «Quando l’orso si volta, devi mirare alla zona morbida dietro la spalla. Pensi di farcela?»
Annuisce.
Avvicino due dita alle labbra ed emetto un fischio che lancina il silenzio.
Siku ci nota. Non traderà ad arrivare, lo so. Trattengo il respiro.
Restiamo acquattati dietro all’igloo fino a quando non è abbastanza vicino.
Oscar lancia l’arpione e lo colpisce. L’orso si alza sulle zampe posteriori, emette un ruglio infuriato e si avventa su di lui. Gli basterebbe una sola zampata per ucciderlo, lo so bene, ma, invece di reagire, barcolla lasciando una scia di sangue sulla neve prima di crollare.
Ci guardiamo increduli.
«Oscar, resta dove sei. Ho anch’io un conto in sospeso con questo animale.»
Mi avvicino con cautela e lo colpisco più e più volte. Non riesco a fermarmi neppure quando vedo la sua lingua penzolare inerte.
Oscar mi sorregge la testa mentre vomito tutto l’odio accumulato. 
«Pensi che ci sia un posto per me nella White Sentinel?»
Mi guarda stranito. Non devo essere un bello spettacolo.
«Perché no? Saresti la prima inuit a far parte dell’organizzazione.»

La Tana di Nanook mi accoglie col profumo di legno bruciato e buon cibo. Mio fratello, seduto a un tavolino accanto al fuoco, parla con alcuni turisti.
Salgo nella mia stanza, prendo l’amuleto e lo stringo tra le mani. Penso a mio padre, ai ghiacciai che appartengono al nostro popolo e alla Terra e intono una preghiera per Siku. Sono sicura che la grande Sila lo accoglierà tra le sue braccia.

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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@Monica wrote: Sotto al letto tengo una piccola cassetta regalatami da mio padre per il decimo compleanno, l’aveva intagliata per me da un tronco di legno trasportato dal mare; è  ruvida come lo erano le sue carezze.
Dopo "decimo compleanno" ti suggerisco di spezzare la frase con un punto e virgola.  Invece, prima dell'ultima frase, vedo meglio i due punti esplicativi.
@Monica wrote: Prendo la borraccia e tracanno il liquore d’un fiato. «Paul, Nevill e John… Hai ragione, anche loro sono venuti alla Tana di Nanook. Volevano che li accompagnassi alla miniera. Come tutti. Come te. Come l’uomo per cui mio padre ha perso la vita per salvarlo dall’orso.»
Lui cerca le mie mani. E le trova. «Mi dispiace tanto, Aputi. Te lo chiedo di nuovo. Dove sono finiti i miei colleghi? L’ultima volta che ho parlato con loro mi hanno detto di aver trovato una guida speciale alla Tana di Nanook: una bella ragazza inuit di nome Aputi. Tu.»
Esco senza rispondergli. Mi segue. Allungo lo sguardo e lo individuo in lontananza: Siku, il grande orso è intento a scavare nel ghiaccio in cerca di foche. È una bestia possente e, a suo modo, protegge il ghiacciaio. Ha di sicuro un grande cuore  e sono certa  che la grande Sila lo ama come un figlio. Ma per lui sono tutti delle prede.
La giovane iniut sta per superare dei preconcetti sullo straniero, membro della stessa razza di quello che ha fatto morire suo padre.
@Monica wrote: resta dove sei. Ho anch’io un conto in sospeso con questo animale.»
Mi avvicino con cautela e lo colpisco più e più volte. Non riesco a fermarmi neppure quando vedo la sua lingua penzolare inerte.
Oscar mi sorregge la testa mentre vomito tutto l’odio accumulato. 
«Pensi che ci sia un posto per me nella White Sentinel?»
Mi guarda stranito. Non devo essere un bello spettacolo.
«Perché no? Saresti la prima inuit a far parte dell’organizzazione.»
Comincia a cambiare il suo punto di vista.


@Monica wrote: La Tana di Nanook mi accoglie col profumo di legno bruciato e buon cibo. Mio fratello, seduto a un tavolino accanto al fuoco, parla con alcuni turisti.
Salgo nella mia stanza, prendo l’amuleto e lo stringo tra le mani. Penso a mio padre, ai ghiacciai che appartengono al nostro popolo e alla Terra e intono una preghiera per Siku. Sono sicura che la grande Sila lo accoglierà tra le sue braccia.
Un bel finale; una storia sui ghiacci e su un cambio di marcia della protagonista rispetto a che credeva un antagonista del suo mondo e non lo era.

Brava, @@Monica  :) 

@Piaciuta molto la tua storia. Complimenti per come cerchi (e trovi) sempre la verosimiglianza dei fatti narrati col proprio contesto.


Un buon sviluppo del laboratorio sulla figura dell'antagonista. A questo proposito, ti suggerisco di fare aggiungere, prima del racconto, a modo di traccia (perché, quando finirà confuso tra tutti i racconti, non ci sarà più l'aggancio col topic che ne chiarirà l'argomento):

Laboratorio: L'antagonista

Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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Ciao @@Monica
Un racconto molto ben scritto, di piacevole lettura
Molto interessanti alcuni passaggi, tipo: ruvida, come le sue carezze
Ti segnalo un piccolo refuso: Non "traderà" ad arrivare
Non capisco se hai pensato e creato questo mondo di ghiaccio appositamente per il contest o se fa parte di una raccolta di racconti sull’argomento: la scrittura sembra presupporre una conoscenza approfondita dell’ambiente, degli usi e dei costumi. Ti confesso che, a primo impatto, ho avuto difficoltà a calarmi nell’ambientazione, come se mi mancasse la “puntata precedente”.
Il tutto, invece, avrebbe senso se il racconto fosse un capitolo di una serie più vasta, magari, non con gli stessi personaggi, ma con la stessa ambientazione. Ma forse sto vaneggiando.
Bello il finale: Oscar, da antagonista diventa la speranza per il futuro di Aputi. Un bel modo di trattare il tema del contest.
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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Ciao @NanoVetricida e grazie per il commento. No, questo racconto non fa parte di una raccolta e mi sono (tipo te… eh eh) chiesta a lungo se fosse il caso di mettere una indicazione di spazialità e/o temporalità prima del testo) forse avrebbe favorito l’ingresso nella storia. Chissà. 
Grazie per avermi segnalato il refuso.
Approfitto di questo spazio per ringraziare @Poeta Zaza per i suoi suggerimenti e per il suo generoso (fin troppo!) commento.

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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Beh, in tal caso, rinnovo i complimenti. 
Sembra una saga, ambientazione che resta scolpita nelle retine  
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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Ciao @@Monica

Proponi una bella immersione intensa e suggestiva nell’ambiente artico, offrendo una narrazione ricca di dettagli sensoriali e culturali che avvolgono il lettore nel mondo della protagonista, Aputi. Trasmetti in maniera efficace  l’atmosfera di un luogo tanto remoto quanto sacro, dove la natura e le tradizioni del popolo inuit si intrecciano in modo profondo.
Uno degli aspetti più attraenti del racconto è la costruzione della protagonista: Aputi emerge come una figura determinata, coraggiosa e legata alle proprie radici. Bello. In tempi come i nostri, dove se si parla di radici quasi scatta la risata di sufficienza e poi la denuncia.
Il rapporto di Aputi con il fratello e il ricordo del padre tragicamente scomparso aggiungono una dimensione emotiva che dà spessore al personaggio, rendendo comprensibile la sua forza e la sua resistenza di fronte alle difficoltà.
L’ambientazione è descritta con grande cura: i dettagli sul clima, il ghiaccio, il kayak, gli igloo, il legame con gli animali e la natura sono elementi che non solo arricchiscono la narrazione, ma fungono anche da simboli per temi più ampi come la sopravvivenza, il rispetto per la natura e il contrasto tra tradizione e modernità. La presenza di Oscar, lo straniero che sembra in cerca di fortuna, come tutti gli stranieri, e poi si rivela uno scienziato impegnato nella protezione dell’ambiente, introduce un conflitto interessante, sottolineando il tema dello sfruttamento delle risorse e della difesa del patrimonio naturale, quando fatto senza secondi intenti.

Nella trama ho riscontrato, ma è solo un mio parere dettato anche dal gusto, qualche passaggio narrativo affrettato o poco approfondito, soprattutto nella parte finale, dove la tensione raggiunge il climax nello scontro con l’orso Siku. Questo momento cruciale lo avrei approfondito, meritava; avrebbe potuto beneficiare di una maggiore introspezione emotiva o di una descrizione più dettagliata per aumentare l’impatto drammatico. Anche la figura di Oscar, pur interessante, resta in parte ambigua: il suo ruolo di scienziato ambientalista si contrappone alla sua apparente dipendenza dall’alcol e alla sua iniziale incapacità di affrontare le difficoltà proprie di quelle latitudini. Se è un vero ambientalista dovrebbe essere abituato e allenato a camminare in luoghi dalla natura impervia o climaticamente difficile. La sua fatica nel farlo, rende il suo sviluppo meno convincente.
Mi  è piaciuto il tono evocativo e rispettoso verso la cultura inuit, ma che al contempo invita a riflettere sulle sfide ambientali attuali, rappresentate dai ghiacciai, che secondo il parere della scienza ufficiale si stanno sciogliendo per l’aumento del calore. La fusione di elementi realistici con la dimensione quasi mitica, come la dea Sila e gli spiriti del ghiaccio, conferisce al racconto una dimensione simbolica, sacra, che ne arricchisce il valore.
Alla fine, però, mi è un po’ dispiaciuto che Aputi chieda a Oscar di entrare a far parte della White Sentinel.
Il suo intento è nobile, intendiamoci. Ma le varie associazioni disperse per il mondo, finanziate da governi e privati ideologicamente motivati, che combattono alacremente per l’ambiente e diritti vari dell’umanità, facendo parte tutti di una sola ideologia, non m’ispirano molta fiducia. Avrei lasciato Aputi sola nel suo ambiente. Lei e quelli come lei sono gli unici veri ambientalisti in questo mondo, nel senso che hanno un autentico e profondo rispetto dei luoghi dove vivono. Meglio tenerli lontani dalla cosiddetta civiltà.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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Prima di tutto grazie per il commento approfondito @Alberto Tosciri . Le tue osservazioni puntuali e concrete mi aiutano a far luce sulle “falle”  del testo e faccio mie le tue riflessioni. Lavorerò ancora su questo testo e chissà magari cambierò il finale. Mi piace l’idea che mi hai suggerito di lasciare Aputi nel proprio mondo senza invischiarsi in dinamiche che non le appartengono e che, immagino, forse faticherebbe a comprendere e adottare.
Vediamo se in sede di riscrittura riesco a cavarci qualcosa di meglio! Grazie ancora.

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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Ciao @@Monica! È la prima volta che leggo qualcosa di tuo. Il racconto mi è piaciuto: non ho trovato difficoltà nell'inizio in medias res, anche se il name-dropping è un po' confusionario. Tipo, non ho capito se "Nanook" è il nome di suo fratello o solo della locanda. Forse chiarirei qua e là, visto che lo vuoi già rivedere, senza l'effetto spiegone all'inizio. 
Trovo il personaggio di Aputi molto riuscito: anche se è solo un racconto, sei riuscita a rendere ben chiare le sue motivazioni, i suoi obbiettivi, le sue credenze/convinzioni in poche righe e senza monologhi infiniti. Oscar forse è un po' abbozzato, e dato il tema del contest avrei rimarcato l'antipatia, la diffidenza iniziale di Aputi che lo percepisce come un nemico. 
Come ti hanno fatto notare, anche lo scontro con l'orso è un po' anticlimatico, però mi rendo conto che avevamo tutti dei limiti di caratteri, quindi ci sta. A me il finale è piaciuto, forse si può trovare una via di mezzo: tipo potrebbe essere una risorsa sul campo (?) dell'associazione e rimanere nella sua terra ma anche aiutare chi pensava fosse lì per altri scopi, avendo lo stesso l'evoluzione originale che hai concepito. Ma è solo un'idea e ovviamente la decisione finale è tua!
Momento nostalgia, ma forse mi è piaciuto così tanto anche perché mi ha ricordato uno dei miei film preferiti di sempre: Koda fratello Orso. Non so se l'hai mai visto, ma le immagini mi sono tornate in mente mentre leggevo. 
Spero di rileggerti presto!

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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Ciao @sbatti  bentrovato al lab e grazie per il tuo contributo! Nanook è il nome del fratello di Aputi e la “Tana di Nanook” è il suo locale, un po’ come se uno si chiama Tito e ha la “pizzeria da Tito” tanto per fare un esempio. Se dici che non si capisce bene, ci rifletto ancora in riscrittura magari trovo un modo migliore di esporlo. Non ho visto Koda fratello Orso, grazie per la segnalazione, lo guarderò senz’altro perché la vita tra i ghiacci mi affascina tanto e sono sicura che mi piacerà. Vediamo se mi vengono idee per irrobustire e personalizzare meglio Oscar e renderlo, almeno nella fase iniziale, più antipatico. Ho cercato di farlo e poi disvelare pian piano il suo vero obiettivo (andare alla ricerca dei suoi colleghi scomparsi nella lotta per salvare i ghiacciai) ma posso cercare di lavorarci. Sul finale ho tanti rovelli, mi piace il suggerimento di @Alberto Tosciri ma anche farne una risorsa in campo potrebbe aprire nuovi scenari. Magari potrebbe essere Oscar a fare questa proposta ad Aputi (anziché essere lei a chiedere) e lasciare il lettore con un finale aperto in cui si possa immaginarla “assoldata” oppure no. Continuo a pensarci… siete preziosi! Grazie ancora.

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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@Monica wrote: Dentro c’è l’amuleto mi regalò
Suppongo che il "che" sia rimasto nella tastiera  :P
@Monica wrote: I potenti della Terra fanno di tutto per impossessarsene e noi per evitare che ci riescano.
È grammaticalmente corretto, ma sembra un po' forzato; si potrebbe usare almeno una virgola dopo "impossessarsene, oppure fluidificare in "I potenti della Terra fanno di tutto per impossessarsene, e noi ci adoperiamo per evitare che ci riescano."
@Monica wrote: «Non sono soltnto vostri i ghiacciai.»
Piccolo errore di battitura


Bel racconto, tristemente attuale.
Nella mia mente deviata però, ho immaginato una realtà diversa da quella apparente :facepalm: :
  • Aputi non ha ancora superato la morte del padre (Stringo i pugni ricacciando indietro le lacrime)
  • Con noncuranza addormenta Oscar per frugargli nelle tasche, come fosse una consuetudine.
  • "Tutti cibo per Siku". Frase secca e sibillina, che fa pensare.
  • Aputi tentenna e ha difficoltà a dire dove sono finiti i colleghi di Oscar (Deglutisce a vuoto): solo perchè sono morti o c'è un altro motivo?
  • Aputi sembra abbia rispetto per Siku, che non maschera il sottofondo di rancore (Ha di sicuro un grande cuore [...] Ma per lui sono tutti delle prede)
  • Aputi con facilità offre l'arpione a Oscar: è forse quello che ha fatto anche con tutti gli altri?
  • Aputi esterna chiaramente l'odio verso Siku quando infierisce senza fermarsi: finalmente è riuscita a vendicarsi attraverso Oscar?
Concordo con la figura atipica dello scienziato ubriacone: forse un escamotage per farlo risultare antipatico al primo impatto?  :)

Ci sarebbe anche da dire che tre persone scomparse di uno stesso ente pare non abbiano fatto né caldo né freddo a nessuno  :P , visto che le sta cercando solo un collega, ma va da sé che la brevità del racconto non permette troppe deviazioni sul tema. 

Interessante la terminologia e la mitologia: si legge anche per imparare

Ottimo il finale che riprende l'inizio del racconto.

(y)

Re: [Lab 17] Il cuore di Siku

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Grazie @Sienna per il commento e la lettura approfondita. Devo dire che hai colto bene tutti i segnali che ho cercato d’introdurre nel testo! Ah, questa Aputi… strana ragazza. Grazie anche per le segnalazioni dei refusi.  :facepalm:

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