[MI187] Arlecchino

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Traccia 2. "Incipit"

Quello che aveva davanti agli occhi non era logico, era senza senso... “Scarafaggi, scarafaggi!” continuava a gridare lo sconosciuto, storcendo i lineamenti del volto in maschere grottesche. “Vi schiaccerò tutti, insulsi scarafaggi!” Ripeteva quella parola ogni volta che apriva la grossa bocca dai denti storti e ingialliti, gli occhi spiritati che non si soffermavano mai su di un unico punto per più di pochi secondi. Era esageratamente alto per quella sua forma così striminzita, quasi fragile, gli abiti che in qualche modo sembravano sbagliati, ogni indumento di un colore diverso. Eppure nessuno osava fermarlo. La prima che ci aveva provato era stata anche l’ultima; e ora giaceva a terra, il volto una matassa indistinta di carne e sangue. Ogni tanto emetteva dei rantoli, simili a gorgoglii sommessi che uscivano a forma di piccole bolle d’aria da un’unica fessura, un tempo formata da naso e bocca. Non c’era più molto da fare, per lei. Qualcuno le si era persino avvicinando cercando di tastarle il polso, ma quello era balzato su di lui con movimenti da cavalletta imbizzarrita, colpendolo alla schiena. Il ragazzo era caduto disteso e l’altro aveva continuato a colpirlo, i colpi che riecheggiavano nella galleria, secchi come la legna che si spaccava, mentre il silenzio piombava sugli altri.
Da allora nessuno si era più mosso né un sussurro era sfuggito alle loro labbra; erano una decina, più o meno. Stranamente pochi ma, d’altronde, a quell’ora la stazione era quasi sempre un po' vuota. E l’arlecchino, dalla giacca rattoppata da losanghe multicolori continuava a sghignazzare, alzando goffamente le gambe ossute schiacciando insetti immaginari. Menò l’aria con il randello che teneva a due mani, una specie di bastone avvolto da filo spinato, il fruscio che ad ogni arco compiuto risuonava più sinistro. Eccolo che ricomincia, pensò, mentre quel folle si voltava, avanzando verso di lui; non lo perdeva di vista, lo sguardo fisso sui suoi colori sgargianti, evitando comunque di guardarlo negli occhi. Mi ammazza, mi ammazza si ripeteva questo qui mi ammazza sul serio! Ma non accadeva, appena pochi passi prima di raggiungerlo si voltava bruscamente, ricominciando il girotondo. Erano passati sì e no dieci minuti, eppure sentiva di essere intrappolato, di non avere via di scampo da quel gioco perverso, le nocche sbiancate delle dita tremanti che si aggrappavano con disperazione al sedile attaccato al muro. Le unghie affondarono nella vernice, staccandone alcuni pezzi; doveva agire, fare qualcosa; lui non ci voleva morire, lì.
Non aveva alcun piano né tantomeno una seppur vaga idea di che cosa stesse facendo; semplicemente, sopraffatto dalla paura, anzi, da un’emozione che assomigliava tanto al terrore, si scaraventò su quel pazzo, agguantando l’assurda giacca variopinta; si spinse su di lui con tutto il proprio peso e, cogliendolo alla sprovvista, lo trascinò con sé a terra. Il bastone gli cadde dalle mani e i due rotolarono verso i binari. Per un attimo, la vista gli si offuscò, avendo sbattuto la testa sul cemento; ma un fischio lo risvegliò dal torpore; il treno si stava avvicinando. Era finito sotto all’uomo, il volto dello sconosciuto un’informe macchia grigia. Tentò di toglierselo di dosso, di spingerlo di sotto, sulle rotaie, ma quegli resistette. Infine, lottando e scalciando, riuscì a sovvertire le loro posizioni. Fu allora che li sentì, come se qualcuno avesse riattivato i suoni premendo su di un interruttore invisibile; grida, pianti e lo sferragliare che si faceva sempre più forte, sempre più vicino. Qualcosa lo scuoteva, una forte vibrazione che sembrava provenire dall’interno gli risaliva lungo la schiena; di certo erano causate dal treno che si stava avvicinando. Con un ultimo strappo si liberò le mani; le dita cercarono quegli occhi stralunati, occhi da pazzo, occhi malvagi. Le palpebre dalle venature rossastre si chiusero per un attimo e i suoi polpastrelli si posarono su di esse – prima piano, poi premendo con sempre più forza. Un urlo, strozzato, gli sfuggì; ma si perse nel frastuono generale proprio quando le porte del treno iniziavano ad aprirsi.

Era ormai buio. La ressa serale si era dispersa e poche persone si ostinavano a percorrere le strade sotto la persistente, sebbene lieve pioggerella autunnale. Dalle case e i palazzi le finestre si accendevano assieme alle luci della città. Ben protetti da quelle mura, molti erano seduti nei loro salotti, gli occhi fissi sugli schermi. Una voce – seria – annunciava la prima notizia:

Fermato il folle che, stamattina, ha aggredito un passante, in preda a forti allucinazioni. La vittima, un signore di mezza età, è stata prontamente ricoverata al reparto di chirurgia intensiva. Sebbene l’operazione sia andata a buon fine, la prognosi rimane tuttora riservata.

Re: [MI187] Arlecchino

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Kyra wrote: , secchi come la legna che si spaccava,
ottima metafora
trovo che il tuo racconto abbia una buona tensione, si avverte l'angoscia della lotta. Il lettore diventa osservatore, come gli altri che assistono alla scena immobili. Mi pare sia una metafora della nostra società: a combattere si muovono in pochi, o nessuno. E l'eroe solitario, come la prima vittima già a terra, ne paga le conseguene. Se la collettività fosse più partecipe, non sarebbe più facile vincere?
La notizia fredda e sintetica della giornalista rafforza il distacco dall'azione; chi non vive la scena non percepisce il pericolo né gli attimi concitati di chi ha veramente combattuto. 

Complimenti

Re: [MI187] Arlecchino

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Ciao @Kyra 

Ho letto il tuo bel racconto e non posso che farti i miei complimenti.
Commentarlo è stato un piacere identico al leggerlo.


Il racconto è un’intensa narrazione breve che si distingue per il ritmo incalzante, l’atmosfera claustrofobica e il forte impatto visivo. 

Struttura e ritmo
 
Il racconto si sviluppa in un’unica sequenza narrativa, ambientata in una stazione della metropolitana, che si svolge in un arco temporale ristretto (circa dieci minuti, come indicato nel testo).
La scelta di concentrare l’azione in un unico momento e luogo contribuisce a creare un senso di urgenza e oppressione, amplificato dalla minaccia costante rappresentata dal personaggio dell’“arlecchino”.
La narrazione segue un crescendo drammatico: inizia con una descrizione caotica e disturbante, culmina nello scontro fisico tra il protagonista e l’antagonista, e si chiude con un epilogo che sposta la prospettiva su un contesto più ampio, quello delle notizie serali.
L’epilogo, in particolare, introduce un cambio di tono e prospettiva: dal coinvolgimento viscerale della scena principale si passa a un distacco quasi clinico, tipico di un notiziario.
Questo contrasto è efficace nel sottolineare l’assurdità e la brutalità dell’evento, ma lascia il lettore con un senso di incompletezza, come se la storia si interrompesse bruscamente senza una vera risoluzione emotiva o narrativa. Una possibile area di miglioramento potrebbe essere un’espansione dell’epilogo, magari con un dettaglio che leghi meglio il finale al dramma vissuto dal protagonista, per dare maggiore chiusura alla storia.

Stile e linguaggio

Il linguaggio è vivido, crudo e ricco di immagini sensoriali, che immergono il lettore nella scena.
Utilizza descrizioni dettagliate e cariche di tensione per costruire l’atmosfera: espressioni come “maschere grottesche”, “denti storti e ingialliti” o “matassa indistinta di carne e sangue” evocano un senso di disgusto e orrore, rafforzando l’impatto psicologico della vicenda. La scelta di termini come “scarafaggi” e “arlecchino” per descrivere il folle non solo ne sottolinea la natura alienante e disturbante, ma crea anche un’immagine quasi archetipica, che richiama figure di caos e follia.
Il ritmo del testo è scandito da frasi brevi e incisive alternate a periodi più lunghi, che riflettono il panico crescente del protagonista e la frenesia della situazione.
Tuttavia, in alcuni punti, l’uso di frasi lunghe e dense di dettagli può rallentare il ritmo, rischiando di spezzare la tensione.
Ad esempio, nella descrizione dei movimenti dell’arlecchino (“alzando goffamente le gambe ossute schiacciando insetti immaginari”), l’accumulo di aggettivi e immagini potrebbe essere snellito per mantenere la fluidità.
Un editing più stringato in questi passaggi potrebbe rendere il testo ancora più incisivo.

Personaggi

Il racconto presenta due figure principali: l’“arlecchino” (l’antagonista) e il protagonista, che rimane senza nome e si distingue solo per le sue reazioni istintive.
L’arlecchino è un personaggio memorabile per la sua eccentricità e violenza: la sua descrizione fisica (alto, fragile, con abiti multicolori e un bastone avvolto da filo spinato) lo rende una figura quasi surreale, un misto tra un clown grottesco e un’entità minacciosa.
La sua follia, espressa attraverso il monologo ossessivo sugli “scarafaggi”, lo rende un simbolo di caos e imprevedibilità, ma la sua caratterizzazione rimane superficiale: non sappiamo nulla delle sue motivazioni o del contesto che lo ha portato a questo stato.
Questo può essere un punto di forza, se l’intento è lasciare il personaggio come un enigma disturbante, ma potrebbe anche essere un limite, se si voleva suscitare empatia o una comprensione più profonda.

Il protagonista, invece, è definito principalmente attraverso il suo terrore e la sua reazione istintiva.
La sua mancanza di background o tratti distintivi lo rende un “everyman”, una figura universale in cui il lettore può facilmente immedesimarsi.
Tuttavia, questa vaghezza può anche ridurre l’empatia: il lettore conosce poco di lui, a parte il suo panico e il gesto finale di ribellione.
Un maggiore approfondimento del suo stato emotivo o un piccolo dettaglio sul suo passato potrebbero rendere il personaggio più tridimensionale, senza necessariamente appesantire la narrazione.

Temi

Il racconto sembra esplorare temi come la paura dell’imprevedibile, la violenza irrazionale e il senso di impotenza di fronte al caos.
La stazione della metropolitana, un luogo di transizione e anonimato, diventa il palcoscenico perfetto per rappresentare l’isolamento e la vulnerabilità dell’individuo in una situazione estrema.
L’arlecchino, con il suo comportamento erratico e la sua violenza gratuita, può essere letto come una metafora della follia che irrompe nella quotidianità, distruggendo ogni senso di sicurezza.

Un altro tema interessante è la passività della folla: gli altri presenti nella stazione non intervengono, paralizzati dalla paura o dall’indifferenza.
Questo sottolinea un commento implicito sulla natura umana e sulla tendenza a rimanere spettatori di fronte all’orrore, un aspetto che avrebbe potuto essere ulteriormente sviluppato per aggiungere spessore al racconto.

Impatto emotivo e atmosfera

Uno dei punti di forza del racconto è la sua capacità di creare un’atmosfera opprimente e claustrofobica.
La descrizione della stazione vuota, il suono dei colpi “secchi come la legna che si spaccava” e il crescendo del rumore del treno contribuiscono a un’immersione totale.
Il lettore è trascinato nel terrore del protagonista, vivendo ogni momento di tensione attraverso i suoi occhi.
La scena culminante, con lo scontro fisico e il tentativo disperato di sopraffare l’arlecchino, è carica di adrenalina e mantiene alta l’attenzione.
Tuttavia, l’impatto emotivo potrebbe essere ulteriormente potenziato con un maggiore focus sulle conseguenze delle azioni del protagonista.
Ad esempio, il racconto non chiarisce se il protagonista sopravviva o quali siano le sue emozioni dopo lo scontro.
Un accenno al suo stato d’animo (sollievo, colpa, trauma) potrebbe aggiungere profondità e rendere il finale più soddisfacente.
Punti di forza
  1. Atmosfera vivida: La descrizione sensoriale e l’uso di immagini forti creano un’esperienza immersiva e inquietante.
  2. Ritmo incalzante: Il crescendo della tensione tiene il lettore incollato alla pagina.
  3. Personaggio dell’arlecchino: La sua eccentricità e imprevedibilità lo rendono una figura memorabile e disturbante.
  4. Tematiche universali: La paura del caos e l’impotenza di fronte alla violenza sono esplorati in modo efficace, anche se sintetico.
Possibili miglioramenti
  1. Chiusura narrativa: L’epilogo, pur efficace nel cambiare prospettiva, appare slegato dalla narrazione principale. Un maggiore collegamento con il protagonista potrebbe rafforzare il finale.
  2. Caratterizzazione: Approfondire leggermente il protagonista o l’arlecchino (anche solo con piccoli dettagli) potrebbe rendere i personaggi più complessi.
  3. Bilanciamento del ritmo: Alcuni passaggi descrittivi potrebbero essere snelliti per mantenere costante la tensione.
  4. Conseguenze: Dare più spazio alle ripercussioni emotive o fisiche dello scontro potrebbe aumentare l’impatto emotivo.
Conclusione

Il racconto è un efficace esercizio di tensione narrativa, che sfrutta un’ambientazione claustrofobica e un antagonista disturbante per esplorare temi di paura e sopravvivenza.
La scrittura vivida e il ritmo serrato lo rendono coinvolgente, anche se alcuni aspetti, come la caratterizzazione e il finale, potrebbero beneficiare di un maggiore sviluppo.
Nel complesso, è una storia che colpisce per la sua intensità e lascia un’impressione duratura, pur con margini di miglioramento per raggiungere un impatto ancora più profondo.

Con i miei complimenti ti porgo un caldo saluto (y)

Re: [MI187] Arlecchino

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Kyra wrote: Eppure nessuno osava fermarlo. La prima che ci aveva provato era stata anche l’ultima; e ora giaceva a terra, il volto una matassa indistinta di carne e sangue. Ogni tanto emetteva dei rantoli, simili a gorgoglii sommessi che uscivano a forma di piccole bolle d’aria da un’unica fessura, un tempo formata da naso e bocca. Non c’era più molto da fare, per lei. Qualcuno le si era persino
Quindi è una donna la prima vittima, vero? @Kyra ?

  wrote:Kyra
Fermato il folle che, stamattina, ha aggredito un passante, in preda a forti allucinazioni. La vittima, un signore di mezza età, è stata prontamente ricoverata al reparto di chirurgia intensiva. Sebbene l’operazione sia andata a buon fine, la prognosi rimane tuttora riservata.
Avresti voluto scrivere "una passante", "una signora di mezza età", suppongo. 

Comunque, ho letto con interesse un racconto di cronaca nera, scritto con ritmo incalzante in un'atmosfera che hai saputo rendere oppressiva, inquietante, paurosa. La maschera dell'Arlecchino, visto che è personalizzata dal folle, è da indicare con la maiuscola.
Piccolo appunto: i media non parlano mai di "folle", ma di "persona con evidenti disturbi psichici".

Ti do il  :benvenuto:  nel mondo dei Contest di CdM! @Kyra  :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI187] Arlecchino

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Grazie a tutti per i commenti e il benvenuto, siete stati tutti molto gentili e di grande aiuto. Davvero esaustiva l’analisi di @Nightafter, complimenti! Personalmente, quando c’è da fare un commento, riesco a malapena a mettere insieme un paio di frasi.

Ma a questo punto devo precisare una cosa sulla conclusione del racconto. Il distacco è intenzionale, è vero, per fare richiamo alla logica e non più sull’aspetto emotivo della faccenda. È anche breve perché lo scopo doveva essere uno solo, e cioè suscitare il dubbio. Come ha notato @Poeta Zaza c’è una specie di errore che in realtà tale non è; si usa volutamente un termine forte, il folle, per richiamare l’attenzione, che però ha aggredito una sola vittima, un uomo; è qui ci si dovrebbe chiedere – di chi sta parlando? L’errore è ovviamente mio, ho scritto questo breve racconto d’impulso, lasciandolo così, anche se sospettavo di aver seminato pochi indizi: è il protagonista ad avere le allucinazioni; l’Arlecchino (mi scuso per la svista della maiuscola) non esiste. Ad essere aggredito è stato davvero uno a caso, scambiato per la figura dell’Arlecchino. Tutto il resto non è mai successo. A mia discolpa, è difficile dire senza dire.

Re: [MI187] Arlecchino

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Ciao @Kyra, ho letto il tuo racconto e ho avuto difficoltà a capire qualcosa (scusami per questo, prendilo comunque come parere sincero). Ho letto anche il tuo ultimo commento che, però, mi ha dato fiducia perché, in realtà, pensavo si trattasse del punto di vista di una persona con allucinazioni e/o disturbi mentali, in quale vedeva nemici ovunque - scarafaggi nella fattispecie - e combatteva contro di essi. Gli eventi immaginari, diciamo così, contribuivano ad alimentare questa lotta, ma nella realtà arriva ad aggredire un'altra persona.
Per lo stile narrativo e la cura non ho nulla da dire, un racconto scritto bene che si legge bene, almeno per i miei occhi, diciamo. 
Alla prossima lettura.  :libro:
https://www.facebook.com/curiosamate

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