[MI 187] La prima ora della notte

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Traccia numero uno: la scelta.     
Giunse l’ora in cui il Signore lasciò il suo servo andar via,
affinché seguisse la Sua parola.
Luca, 2,29





Si accostò alla finestra poggiando la testa sulla tenda di lino candido: inspirò a lungo, e il profumo della lavanda le riportò alla memoria il viso della mamma, mentre la sera invadeva la via e s’allungavano, tra le palazzine spoglie, i colori del tramonto.
I bambini giocavano per strada, attardandosi: Luce a rincorrer Sandro, Lia e Livia rapide a fuggir in bicicletta, i più grandi a tirar calci alla palla a valle d’una porta immaginaria. Di quei figli, figli dei prospetti cogli intonaci malmessi, delle ringhiere invariabilmente rugginose, degli androni senza ascensori funzionanti, sapeva di ciascuno il nome, e delle loro famiglie la quotidiana fatica.
Tirò via la tenda, per aprire le imposte, e la sentì arrivare: la prima ora della notte.
Lanciò un grido abbasso, per chiamare a raccolta i fratelli, mentre le note malinconiche di Io che amo solo te si diffondevano nella casa. Suo padre la metteva sempre quando tornava dal lavoro, e si concedeva una doccia calda prima della cena.
Mi ricorda Elena, si scusava sempre.
Aveva soltanto ventidue anni Adele, ed era rimasta, dopo la morte della mamma, a far da madre ai suoi fratelli più piccoli, Enrico ed Elisa, e ad aiutare il papà.
Che lavorava tutto il santo giorno per permettere loro una vita dignitosa.
A un certo punto le domandò perché ancora non fossero rincasati.
Adele smorzò un sorriso e scrollò le spalle. «Aspettano te per essere recuperati.»
Si guardò in giro, a passare in rivista gli oggetti della piccola sala.
Alcuni, lo ricordava, li aveva comprati assieme alla mamma, alla fiera del sabato a Monte San Giuliano.
Prese una pezza, mentre si domandava da dove potesse arrivare tanta polvere.
E pensò a quanto fosse strano, in quegli anni il non aver mai pensato di potersene separare: al contrario, a volte le pareva quasi di appartener lei a quella casa e a quanto si trovava dentro.
«Novità?» Chiese il papà.
E iniziò a darle una mano in cucina, mentre i piccoli si lavavano in bagno continuando le loro allegre chiassate.
«Il professor Maccagnano finalmente mi ha fatto una proposta: a dicembre si apre una finestra. Dovrei completare i due esami per la magistrale a Helsinki e rimanere là per il dottorato. Lui mi ha assicurato che esiste una possibilità reale.»
«Helsinki? Helsinki... È lontanissimo» rimuginò ad alta voce il papà, un fil di voce appena, e al tempo stesso un sorriso fiero gli illuminò il volto.
«Ma hanno uno dei migliori dipartimenti di paleo antropologia d’Europa. Quando mi capiterà un’occasione del genere?»
«E allora vai. Pensa al tuo futuro. Sei la prima della famiglia ad essere arrivata alla laurea. La mamma sarebbe fiera di te. Noi ce la caveremo, non stare a preoccuparti.»
«E come? Come ve la caverete? Chi baderà ai bambini, chi li prenderà da scuola, chi gli farà fare i compiti, chi preparerà loro da mangiare? Chi si occuperà di voi? Mi trovo in una situzione ambigua, equivoca, poco chiara.»
«Ogni scelta solleva in noi dei dubbi, ogni via sconosciuta presenta dei lati oscuri. Ma bisogna avere fiducia in chi ci vuole aiutare. Perciò a noi non pensare, in qualche modo ci arrangeremo. E poi c’è la signora Carla, la conosci, muore dalla voglia di poterli avere tutti per sé. Tu invece devi pensare solo a te stessa, e al tuo futuro.»
«Però soprattutto all’inizio, non so fino a che punto là potrei essere indipendente. Non voglio pesarvi, le incognite sono tante. E se l’ipotesi del dottorato restasse tale? Sarebbe una sconfitta, dovrei tornare con le pive nel sacco.»
Abbassò lo sguardo, sconfortata. E lui le si avvicinò per zittirla.
L’abbracciò, la rincuorò, le sussurrò a un orecchio di non stare a preoccuparsi, le fece coraggio, la rassicurò dicendole che ce l’avrebbero fatta, che quel distacco, per quanto doloroso, lo avrebbe dovuto compiere, prima o poi, e che non stesse a preoccuparsi dei soldi. Le raccomandò di mettere bene le carte in tavola col professore, per evitare ogni equivoco.
Furono interrotti dai bambini, il loro ingresso in cucina simile a un’irruzione, lesti ad avvinghiarsi a loro in un soffocante abbraccio.
E la piccolina, afferrata la sorella per il collo, faceva la voce grossa per esser tirata su, e giù, e poi di nuovo su, e ancora.
«Sei la vita mia» le sussurrò Adele, con una lacrima calda a scivolarle dal viso.
Non li aveva solo visti, ma fatti crescere, erano loro la sua famiglia. Ma, tutto deve cambiare.
Gliel’aveva ripetuto anche Serena, la sua migliore amica e unica confidente, sino alla sera avanti.
Le aveva detto di doversi rassegnare a questo genere di cambiamento, perché le cose non potevano rimanere sempre eguali, e lei doveva farsi forza per crescere, e andar avanti da sola, colle sue sole forze, sulle proprie gambe.
«Adele, che aspetti? A tavola è pronto» la chiamava il papà, destandola dai suoi rimorsi.
E si disse che Serena aveva ragione.
Di quella vita, in fondo, lei s’era stancata. Ogni giorno a dover badare ai bambini, a svegliarli e preparare loro la colazione, ad accompagnarli a scuola. E poi correre all’università, e ancor più di fretta tornare, prima la metro e poi col bus, e far la spesa, rassettare casa, inventarsi la cena. Ogni santo dì dell’anno.
Senza mai un momento per sé.
Eccetto i pomeriggi dei fine settimana, in cui aveva trovato lavoro nella boutique della signora Elsa, per poter avere qualcosa da spendere in più per i libri, non certo per divertirsi colle amiche. Un’esistenza ingessata, a volte soffocante; ma ora, proprio adesso, mentre s’apprestava a lasciarla, non la trovava poi del tutto indesiderabile.
Provò a farsi forza e pensò alla vita di Serena: usciva quasi ogni sera lei, e viveva con leggerezza, gliela si poteva leggere in faccia la sua felicità, la facilità con cui viveva la vita.
Perché tutti hanno diritto alla felicità, non è così che si dice? Non è forse un mio diritto?
Ogni sera a domandarsi quando sarebbe mai iniziata la sua vita.
Quando avrò mai il tempo di frequentare un ragazzo, l’opportunità di svagarmi un po’; quando inizierò a pensare solo, e finalmente, a me stessa?
Ma si può pensare solo a se stessi? E non bisognerebbe invece prendersi cura di tutto ciò che ci circonda?
A Helsinki, ne aveva la certezza, avrebbe potuto esplorare un altro modo di vivere. E approfondire quegli studi da cui si era sempre sentita attratta, fin da ragazzina: con la prospettiva di un dottorato di ricerca, e magari, in futuro, di una cattedra universitaria: ciò significava indipendenza economica, una casa tutta sua, di conseguenza prestigio sociale e quindi il rispetto della gente.
Prima di quelle degli altri vengono le mie esigenze.
Oltre la soglia intravedeva la possibilità di pensare solo a sé, e le sere libere, le infinite probabilità: di conoscere qualcuno e di potersi costruire una vita propria, indipendente, piena, felice, facile.
Ecco, devo inseguire la mia felicità, i miei sogni, la mia realizzazione.
Era questo il punto dirimente? L’esser sciolta da ogni incombenza se non quella di pensare a sé sola?
E tuttavia, come faccio con papà, coi piccoli? Quale sorte toccherebbe loro? La mia felicità potrebbe causare la loro infelicità, accrescere le loro difficoltà. Sono già orfani e papà a casa non c’è mai.
Sarebbero rimasti a Torre Angela?
I fratellini di certo, ma senza più il mio conforto, il mio aiuto.
C’era la signora Carla, è vero.
E papà, papà chissà quali salti mortali sarà costretto a fare; ma lui è forte, una roccia.
E lui l’aveva rassicurata più volte, nei giorni seguenti, le aveva ripetuto, sino alla nausea, di non preoccuparsi dei fratelli né tantomeno di lui.
Le aveva detto che non era la responsabilità di una figlia quella, ma di un padre, e aveva ragione.
È la sua croce, non la mia.
Quante volte pure lei se l’era ripetuto, per farsi forza.
Dopo cena aveva messo a letto i bambini, come ogni sera non ne volevano sapere di staccarsi dalle sue braccia, soprattutto dal giorno in cui la mamma era volata via. Suo padre, era crollato sul divano, davanti allo schermo acceso. Lo svegliò.
Le diede un bacio sulla fronte e l’abbracciò. Pareva preoccupato, ma contento.
Ogni mattina si alzava alle quattro per arrivare puntuale in fabbrica alle sette.
Sgombrato il tavolo Adele iniziava a studiare. A notte fonda, quando si sentì troppo stanca per continuare, si fermò ad ascoltare la casa avvolta dal silenzio.
E per un attimo a rammemorarsi di quel giorno, di sua madre ancora viva: tutti e cinque usciti per una gita al mare, al promontorio di Sant’Arcadio. Lei col cappello della mamma, per far ridere i bambini, suo padre a portarli in acqua, sul materassino gonfiabile.
Tutti i loro visi, sorridenti e perfetti, li avrebbe portati per sempre nel cuore.
Non saremo mai più tutti insieme felici, ma ognuno per conto proprio.
Era questo il dazio da pagare alla propria indipendenza.
Si appoggiò colla testa alla tenda di lino, e di nuovo la lavanda le ricondusse la mamma vicino.
Quante volte aveva cercato di dimenticare, per non soffrire. Quante volte aveva tentato di sopire il ricordo di lei, di nasconderlo agli occhi celarlo alle orecchie.
Ma estirpare il ricordo di qualcuno non equivale forse a farlo morire un’altra volta?
Nel silenzio della notte, perduto tra il sibilo del vento e il latrare dei cani, affiorava, lontanissimo, un motivo suonato da una chitarra. Lo riconobbe.
L’aveva sentito quando aveva fatta la promessa a sua madre: di occuparsi della famiglia, dei bambini, del papà, il più a lungo possibile.
Rivide la mamma sul letto di morte, e si sentì soffocare.
All’ombra della sua vita sono cresciute le mie insicurezze.
La tua è stata una vita banale, mamma, fatta di sacrifici banali, e ti sei spenta dopo una banale malattia. Non voglio questo per me! E con quale diritto mi hai chiesto di rimanere il più a lungo possibile? Per continuare con la mia vita l’inutilità della tua?
Si allontanò dalla tenda, da quei ricordi, livida di furore.
Devo andar via! E fuggire, fuggire da questa esistenza asfissiante. A Helsinki troverò la vita.
E lei vuole vivere, intensamente, e amare, fino a rimaner senza respiro.
Io, a differenza di mia madre, mi salverò.


Alla fine il giorno della partenza giunse, e si trovò in mezzo alla folla ondeggiante del Terminal B, come un naufrago in mezzo ai flutti.
Il papà le stringeva la mano e ostentava un sorriso dietro cui celava la fierezza per quella figlia capace di farsi valere nel mondo. I piccoli li aveva affidati alla signora Carla, per evitare scene strazianti di addio in pubblico, consumate, invece prima, nel privato di quattro mura. Ma, a modo loro, avevano saputo incoraggiare la sorella maggiore, come fossero loro gli adulti, e non dei pulcini senza ali.
Quando il papà sciolse la mano di lei dal suo intreccio, Adele si avviò a larghi passi verso i controlli di sicurezza, per la prima volta sola.
Mostrata la carta di imbarco, posizionato sui rulli il bagaglio a mano, oltrepassò il metal detector.
È fatta, riuscì a pensare.
Quando si voltò, a salutare il papà per l’ultima volta, ne incrociò gli occhi: in lui non v’era odio, né risentimento, ma solo orgoglio e infinito amore.
E quest’amore fu lesto a riannodare i sensi di colpa.
Devo fuggire, devo fuggire, che ci sto a fare qui?
Il ritornello cominciò a martellarle la testa, per metter a tacere la colpa.
La mia vita è al di là di quel cancello d’imbarco. Devo solo oltrepassare la soglia. E poi, il biglietto già fatto, i bagagli imbarcati, gli accordi già presi.
Quanti sacrifici, dietro quel biglietto, quanto studio la notte, quante corse, quante privazioni, quanta vita non vissuta.
Da un altoparlante correvano le note di Sergio Endrigo, cantate da una voce femminile.
Bastarono quelle vibrazioni per chiudere tutti i cieli, mentre, nella gigantesca sala, una marea di umanità indifferente iniziava a girarle intorno: si afferrò con tutte le sue forze alla maniglia del trolley, per non cadere.
Non lo sentiva più il desiderio di fuggire, di realizzarsi altrove, non voleva più tenere per sé la propria vita.
E si scoprì a rimontare la marea per tornare indietro, verso quegli occhi incapaci di abbandonarla e al mondo a cui appartengono.
E solo allora comprese di averla varcata da un pezzo quella soglia.
Perché la prima ora della notte era quella già trascorsa.

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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wà, sai che potevi fare? Che solo alla fine si scopre che lei è la sorella e non la madre dei bimbetti. Si vive tutto il tormento della scelta e poi decide di non partire perché schiacciata da un senso di responsabilità che non dovrebbe avere. 
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Le responsabilità alle volte non le scegliamo noi, ma sono loro che ci scelgono, forse per la capacità variabile di ciascuno di sostenerle. Tenere alta la suspence con un capitombolo finale non era il mio intento. Non volevo scrivere una storia breve né un giallo. Il tema del racconto è la scelta di Adele, divisa tra la possibilità di realizzarsi professionalmente e l'amore per i propri fratelli, la cura della sfera familiare. Adele non è costretta dalla propria famiglia, semmai il contrario. È costretta dalla società che vede nella capacità di guadagnare l'unico obiettivo della vita di ciascuno e un disvalore rinunciarci. La scelta non è conservativa, né anacronistica, né patriarcale (un termine oggi abusato), ma coraggiosa, consapevole, sensata, inclusiva, perché la scelta di Adele non si lascia limitare da un concetto di responsabilità meramente personale, individuale. Privilegiare i sentimenti e la cura (nel senso di dare la precedenza a questi piuttosto che ad altro)  invece che la realizzazione personale è oggi una scelta coraggiosa, e anche equivoca. Equivoca perché viene scambiata per qualcos'altro, quasi sempre per paura, per arrendevolezza, per inconcludenza e tutta una serie di figure che attendono in vario modo a disvalori o a deficit comportamentali o addirittura a deviazioni psicopatologiche.
La cifra del successo oggi è l'egoismo sciolto da vincoli e il denaro che si riesce ad accumulare ne costituisce il fine ultimo. 
 

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Commenterò questo perché, finora, è quello che mi è piaciuto di più. 
Senza nulla togliere agli altri, quello di Alberto è scritto superbamente, ma a me affascinano più le idee dello stile. E l’idea di questo racconto mi ha colpito: hai centrato in pieno il concetto di scelta. Farlo in un racconto breve, poi, vale triplo. Hai trovato la scelta per eccellenza, anche se ora che ci penso Poeta Zaza si arrabbierà perché non nasce da un equivoco. Se dovessi pensare alla scelta più complicata, dopo quella di Sophie, penserei proprio alla scelta di lasciare la propria casa per inseguire il lavoro. Un tema stramaledettamente attuale, che rispecchia il declino dei tempi nostri: una scelta di cuore è una scelta pavida; qui se non ragioni con il cervello, anzi, con il portafoglio, sei un mentecatto. 
La costruzione, come ti ho detto prima, l’avrei fatta un filino differente, non perché volevo i fuochi d’artificio alla fine, ma per rendere graduale l’ansia della scelta, entrare sempre più nel vivo della paranoia fino a creare il paradosso che lei, partendo, non avrebbe abbandonato i figli, ma i fratellini (e ci avresti infilato pure l’equivoco). 
Cioè, lo hai detto tu: la cifra del successo oggi è l’egoismo. Così Adele diventa un’antieroina; se invece avesse scelto i fratellini, pur non avendone la responsabilità materna, avresti potuto evidenziare meglio il conflitto. 
Però rispetto la tua… scelta, anche così fa riflettere. E forse è anche più lineare. Lei sceglie la vita (per dirla alla Mark Renton) e poi se ne pente, lasciando il conflitto ancora aperto. 
Stilisticamente non mi permetto di mettere bocca perché scrivo come mangio e mangio male. A me tutti quei cogli e quelle colle mi hanno fatto storcere un po’ il naso, però magari uno più “studiato” saprà dare un parere più corretto. Ti segnalo solo: “Ma bisogna avere fiducia in chi ci vuole aiutare. Perciò a noi non pensare”. Una rima evitabilissima.
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Simona M. wrote: Le responsabilità alle volte non le scegliamo noi, ma sono loro che ci scelgono, [...]
La cifra del successo oggi è l'egoismo sciolto da vincoli e il denaro che si riesce ad accumulare ne costituisce il fine ultimo. 
Citerei tutto questo tuo commento, @Simona M., perché condivido ogni parola e perché è un sentimento, secondo me, molto nascosto nel racconto. Il tuo racconto resta tranquillo, mesto, quasi rassegnato dove mi spiace molto per la protagonista. Non fraintendermi, non credo possa avere senso un racconto di rabbia o sconforto, ma questo passaggio
Simona M. wrote: pensò alla vita di Serena: usciva quasi ogni sera lei, e viveva con leggerezza, gliela si poteva leggere in faccia la sua felicità, la facilità con cui viveva la vita.
si concretizza con il tuo commento successivo, ha in sé un sentimento sommesso nel racconto, dove la protagonista quasi per stessa rassegnazione si decide a restare e continuare la propria vita. Un buon racconto, una storia con tematiche in cui ci riconosciamo in molti, per me manca un po' di conflitto interiore, quella sensazione di cui hai parlato in seguito.

Alla prossima lettura.  :libro: 
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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@NanoVetricida 
Grazie per la recensione. L'apprezzo molto. 
L'equivoco della traccia non l'ho inteso come il classico qui pro quo, che pure oggi probabilmente costituisce il significato prevalente del termine. Invece gli ho preferito quello di situazione ambigua, poco chiara. E dunque la scelta di Adele scaturisce da un contesto non perfettamente intellegibile, prevedibile, come spesso avviene quando si sceglie. D'altra parte Poeta Zaza non ha specificato quale significato di equivoco tra i tanti scegliere. 
Grazie ancora 

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Ciao @Simona M.
Simona M. wrote: Si accostò alla finestra poggiando la testa sulla tenda di lino candido: inspirò a lungo, e il profumo della lavanda le riportò alla memoria il viso della mamma, mentre la sera invadeva la via e s’allungavano, tra le palazzine spoglie, i colori del tramonto.
I bambini giocavano per strada, attardandosi: Luce a rincorrer Sandro, Lia e Livia rapide a fuggir in bicicletta, i più grandi a tirar calci alla palla a valle d’una porta immaginaria. Di quei figli, figli dei prospetti cogli intonaci malmessi, delle ringhiere invariabilmente rugginose, degli androni senza ascensori funzionanti, sapeva di ciascuno il nome, e delle loro famiglie la quotidiana fatica.
Un incipit che mi piace moltissimo. Anche io amo perdermi, addentrarmi in questi particolari di vita quotidiana.

Racconto di una grande forza emotiva e un senso di verità che emerge chiaramente attraverso i pensieri e le azioni di Adele. La sua battaglia interiore, la voglia di fuggire per costruirsi una vita propria, ma anche la consapevolezza che la sua felicità potrebbe implicare il sacrificio degli altri, è un tema che risuona fortemente.
Il tuo racconto è ricco di emozioni intense e riflessioni profonde. La protagonista, Adele, è tratteggiata in modo realistico e umano, combattuta tra il senso di responsabilità verso la sua famiglia e il desiderio di perseguire la sua indipendenza.
 La sua lotta interiore, le sue paure e le sue speranze sono ben rese, e il lettore riesce a sentire il suo conflitto attraverso ogni passaggio.
Risalta in Adele il suo desiderio di libertà, ma anche il suo senso del dovere, sentimenti che emergono con forza. La dinamica familiare che descrivi, il rapporto con il padre e i fratelli, arricchisce ulteriormente il quadro emotivo del racconto. La sua riflessione sul sacrificio materno, il contrasto tra la sua vita di sacrifici e il sogno di una vita più leggera, con del tempo da dedicare anche alla sua personale felicità, è molto potente.
Mi hanno colpito le immagini che usi per descrivere la casa, la finestra, la lavanda e i ricordi di sua madre, evocative e ben fatte. Il contrasto tra il mondo familiare che Adele conosce e quello che sogna di raggiungere (Helsinki, il dottorato, una vita "facile") è palpabile, molto sofferto nella protagonista. Le descrizioni, come quella del tramonto o della tenda di lino, per come la vedo io non sono solo paesaggi fisici, ma anche simboli della sua condizione interiore, della sua transizione.

Alterni momenti di riflessione interiore e scene quotidiane. Se l’intenzione è quella di mantenere un flusso contemplativo, allora va bene così, ma il ritmo potrebbe beneficiare di qualche passaggio più dinamico. Ad esempio, nelle scene di vita familiare, dove Adele è impegnata con i fratelli e il padre, potrebbe esserci un po’ più di movimento, un accenno di conflitto esterno che amplifichi le sue riflessioni interiori.
Il conflitto tra dovere e desiderio, tra il restare per prendersi cura della famiglia e l'inseguire i propri sogni è  un tema universale, lo hai ben delineato. Adele rappresenta la lotta di molte persone che devono fare i conti con le proprie aspirazioni personali e le necessità degli altri. La riflessione sul sacrificio e sull'identità è incisiva.

Di contro, a mio parere, approfondirei alcuni dialoghi, specialmente quelli tra Adele e il padre, che comunque, così come delineati, sono già intensi e rivelano molto dei personaggi. Tuttavia, in alcune occasioni, potrebbe esserci un po' di ridondanza. Il discorso sul futuro, per esempio, potrebbe essere più conciso senza perdere il suo impatto. La protagonista è molto consapevole della sua situazione, quindi potrebbe essere interessante rendere i suoi pensieri ancora più incisivi e concentrati, in modo da evitare ripetizioni.
Stupisce poi, ma è naturale, anche se appare dura, la parte finale del racconto, dove la rabbia di Adele verso la madre, per come ha vissuto in rassegnazione, senza mai osare nemmeno pensare di andare “oltre”, senza il desiderio di emanciparsi da quella vita che sente soffocante, faccia nascere in Adele quasi un moto di ripulsa, non direi di odio verso la madre, ma sicuramente di contrapposizione, anche se ormai tardiva. Sono momenti molto forti.
Tuttavia, potrebbe esserci un po' più di spazio per la riflessione finale di Adele. La sua decisione di partire per Helsinki potrebbe essere un punto di svolta più profondo, dove le sue emozioni contrastanti (il dolore di lasciare la famiglia e la speranza per il futuro) trovano un equilibrio, anche se non perfetto. Un finale che dia un po' più di respiro alla sua evoluzione emotiva sarebbe interessante.
La scelta di Helsinki come meta è interessante e simbolica. Molto lontana, un altro mondo in pratica. Era possibile solo in quella città? Forse potresti approfondire perché proprio quella città e quella disciplina (paleo-antropologia). Qual è il fascino che esercita su Adele? Che legame ha con la sua infanzia, con i suoi sogni?
Potresti esplorare ulteriormente la relazione tra Adele e il padre, magari approfondendo qualche aspetto del suo carattere, della sua percezione di Adele. Potresti anche inserire qualche altro dettaglio che renda la sua figura più complessa: il suo atteggiamento nei confronti della figlia che sta per partire, il suo senso di impotenza o di speranza.
Direi che con qualche affinamento nelle descrizioni e nei dialoghi, il racconto potrebbe essere ancora più incisivo e appassionante. Ma già così, riesce a toccare corde profonde e universali. Mi piace molto come hai saputo intrecciare il presente di Adele con i suoi ricordi e il suo desiderio di cambiamento.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Ciao @Simona M. 

Bello e profondo questo tuo racconto, che ho letto con grande piacere.
Ti lascio questo mio commento sperando d'aver afferrato appieno il messaggio che contiene il tuo lavoro.

Il racconto La scelta si presenta come un’intensa riflessione sul conflitto interiore tra il desiderio di emancipazione personale e il senso di responsabilità verso la famiglia, tema universale che attraversa epoche e contesti.
Costruisce una narrazione densa di emotività e simbolismo, intrecciando il vissuto quotidiano della protagonista, Adele, con il peso delle sue aspirazioni e delle aspettative altrui.
Attraverso una prosa sobria ma evocativa, il testo esplora il dilemma della scelta, il sacrificio, il senso di colpa e la ricerca di identità, offrendo uno spaccato di vita che si radica in un contesto sociale ben definito, quello di una periferia operaia, probabilmente italiana, carica di dettagli realistici e poetici al contempo.


Struttura e stile


La narrazione si sviluppa in modo lineare, seguendo il flusso di coscienza di Adele, una giovane donna di ventidue anni che si trova a un bivio esistenziale. La struttura del racconto è scandita da momenti di introspezione e dialoghi significativi, che alternano il presente della protagonista a flashback che rievocano il passato, in particolare il legame con la madre defunta.
L’epigrafe biblica (Luca 2,29) introduce il tema del “lasciare andare” e del compimento di un destino, suggerendo una dimensione spirituale che permea il racconto senza mai diventare esplicita.


Lo stile è caratterizzato da una prosa lirica ma controllata, che utilizza immagini sensoriali per evocare emozioni profonde.
L’odore di lavanda, il suono della canzone Io che amo solo te, le tende di lino candido e i colori del tramonto creano un’atmosfera intima e nostalgica, che contrasta con la durezza della vita quotidiana di Adele.
La descrizione del contesto periferico – le palazzine con intonaci malmessi, le ringhiere rugginose, gli androni senza ascensori – non è mai fine a sé stessa, ma serve a radicare i personaggi in un mondo concreto, fatto di fatica e dignità.
I dialoghi, semplici e realistici, riflettono il linguaggio quotidiano di una famiglia operaia, ma sono carichi di sottotesti emotivi, specialmente nei momenti di confronto tra Adele e il padre.
Temi principali
  1. Il conflitto tra dovere e desiderio: Il cuore del racconto risiede nel dilemma di Adele, costretta a scegliere tra l’opportunità di un dottorato a Helsinki, che rappresenta la libertà e la realizzazione personale, e il senso di responsabilità verso la famiglia.
  2. Questo conflitto è reso ancora più complesso dalla perdita della madre, che ha lasciato Adele nel ruolo di surrogato materno per i fratelli minori. La narrazione esplora il peso di questa responsabilità non scelta, che soffoca le aspirazioni individuali della protagonista, ma al contempo le conferisce un senso di appartenenza e identità.
  3. Il sacrificio e il senso di colpa: Adele è intrappolata in un’oscillazione tra il desiderio di “fuggire” verso una vita propria e il senso di colpa per l’abbandono della famiglia.
  4. Questo tema è particolarmente evidente nel suo rapporto con la madre, il cui ricordo è sia una fonte di conforto che un peso.
  5. La promessa fatta alla madre morente di prendersi cura della famiglia diventa una catena che Adele vorrebbe spezzare, ma che al contempo la definisce.
  6. La sua ribellione contro la “vita banale” della madre, percepita come sacrificata e priva di realizzazione, è un momento di grande intensità emotiva, che rivela il conflitto generazionale e la paura di ripetere lo stesso destino.
  7. La memoria e il legame familiare: La memoria gioca un ruolo centrale nel racconto, incarnata da oggetti (le tende, la canzone, gli acquisti alla fiera) e da momenti condivisi, come la gita al mare.
  8. Questi elementi non sono mere decorazioni narrative, ma simboli del legame indissolubile tra Adele e la sua famiglia.
  9. La lavanda, in particolare, diventa un leitmotiv che richiama la madre e il passato, fungendo da ponte tra il presente e il ricordo, ma anche da monito contro il rischio di “uccidere” la memoria per sfuggire al dolore.
  10. La soglia come metafora:
    Il titolo La scelta e il riferimento alla “prima ora della notte” suggeriscono una transizione, un passaggio simbolico.
    La soglia, sia fisica (il cancello d’imbarco all’aeroporto) che metaforica (il momento della decisione), rappresenta il punto di non ritorno.
    Tuttavia, il racconto subverte l’aspettativa: Adele, che sembra pronta a varcare la soglia verso una nuova vita, torna indietro, scegliendo di rimanere legata alla famiglia.
    Questo ribaltamento finale suggerisce che la vera crescita non consiste nell’abbandono, ma nell’accettazione consapevole delle proprie radici.
Personaggi
  • Adele: La protagonista è un personaggio complesso, che incarna il conflitto tra giovinezza e maturità, egoismo e altruismo.
    La sua lotta interiore è resa con grande sensibilità, attraverso i suoi pensieri, le sue esitazioni e le sue paure. La sua decisione finale di non partire non è una rinuncia, ma una scelta attiva, che dimostra la sua forza e la sua capacità di assumersi la responsabilità della famiglia senza sacrificare del tutto i propri sogni.
  • Il padre: Figura silenziosa ma potente, il padre di Adele rappresenta la resilienza e il sacrificio. Il suo orgoglio per la figlia e la sua volontà di spingerla verso il futuro, nonostante il dolore della separazione, lo rendono un personaggio empatico e realistico. La sua stanchezza fisica e il suo amore incondizionato sono descritti con tocchi delicati, come il bacio sulla fronte o il crollo sul divano.
  • I fratelli minori: Enrico ed Elisa, pur presenti in modo marginale, sono il motore emotivo del racconto.
    La loro dipendenza da Adele e il loro affetto incondizionato amplificano il senso di colpa della protagonista, ma anche la sua consapevolezza del ruolo che occupa nella loro vita.
  • La madre: Sebbene assente fisicamente, la madre è una presenza costante, evocata attraverso i ricordi e gli oggetti.
    La sua “vita banale” diventa il contraltare delle aspirazioni di Adele, ma anche un monito sulla bellezza nascosta nei sacrifici quotidiani.
Punti di forza
  • Realismo emotivo: Il racconto riesce a catturare con grande autenticità il dramma interiore di Adele, rendendo il lettore partecipe delle sue emozioni. La descrizione dei piccoli gesti quotidiani – la polvere sugli oggetti, il rumore dei bambini, la canzone di Endrigo – crea un’intimità che rende la storia universale.
  • Simbolismo efficace: L’uso di immagini come la lavanda, la tenda di lino e la “prima ora della notte” arricchisce il racconto di significati profondi, senza mai risultare forzato.
  • Finale aperto e potente: La decisione di Adele di non partire è un colpo di scena che sfida le aspettative, ma è coerente con il suo percorso emotivo. Il racconto non giudica la sua scelta, lasciando al lettore la possibilità di interpretarla come un atto di forza o di rinuncia.
Punti di debolezza
  • Eccessiva introspezione: In alcuni passaggi, il flusso di pensieri di Adele rischia di rallentare la narrazione, rendendo il ritmo meno fluido. Un maggiore equilibrio tra introspezione e azione avrebbe potuto rendere il racconto più dinamico.
  • Personaggi secondari poco approfonditi: Sebbene il padre e i fratelli siano ben delineati, figure come Serena o la signora Carla rimangono appena accennate, riducendo il loro impatto sulla storia.
  • Contesto culturale vago: Il racconto sembra ambientato in una periferia italiana (i riferimenti a Monte San Giuliano e Torre Angela lo suggeriscono), ma manca una chiara contestualizzazione geografica o temporale, che potrebbe rendere la storia più ancorata e riconoscibile.
Interpretazione finale
La scelta è un racconto che parla di crescita, sacrificio e identità, ma soprattutto della tensione tra l’individualismo e il senso di comunità.
Adele, come molti giovani, si trova a dover bilanciare il desiderio di autorealizzazione con il peso delle aspettative familiari.
La sua decisione di non partire per Helsinki non è una sconfitta, ma un atto di consapevolezza: sceglie di rimanere non per paura o debolezza, ma perché riconosce che la sua identità è intrecciata a quella della sua famiglia.
Il racconto, in questo senso, rifiuta una visione semplicistica della felicità come conquista individuale, suggerendo invece che il vero coraggio risieda nell’accettare le proprie responsabilità senza rinunciare a sé stessi.


L’epigrafe biblica si rivela fondamentale: il “lasciare andare” non è solo quello di Adele verso la famiglia, ma anche quello della famiglia verso di lei, e infine di Adele verso le sue paure e insicurezze.
La “prima ora della notte” diventa così il momento della consapevolezza, in cui Adele comprende che la sua vita non inizia oltre una soglia, ma è già iniziata, nella complessità e nella bellezza del suo quotidiano.
In conclusione, La scelta è un racconto che colpisce per la sua profondità emotiva e la sua capacità di esplorare temi universali attraverso una storia intima e personale.
La narrazione, pur con qualche limite, riesce a costruire un ritratto autentico e commovente di una giovane donna alle prese con il peso delle proprie decisioni, offrendo al lettore una riflessione profonda sul significato della libertà e del sacrificio.

Nel farti i miei complimenti ti invio un saluto e un augurio di buon lavoro. <3

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Capisco i racconti solo se me li spiega Nightafter... io avevo capito che Adele si era pentita solo dopo essere partita

Oltre la soglia intravedeva la possibilità di pensare solo a sé
La mia vita è al di là di quel cancello d’imbarco. Devo solo oltrepassare la soglia
E solo allora comprese di averla varcata da un pezzo quella soglia. 



E allora scusami Simona, ti ho attaccato un pippone e non avevo capito nulla
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Simona M. wrote: Dopo cena aveva messo a letto i bambini, come ogni sera non ne volevano sapere di staccarsi dalle sue braccia, soprattutto dal giorno in cui la mamma era volata via. Suo padre, era crollato sul divano
la frase che comincia con "Suo padre..." va a capo

@Simona M. complimenti per questo racconto intenso, ricco di sentimenti. Ci martellano il cervello dicendoci che la vita va vissuta "altrove", che devi spiccare il volo, che prima di tutto vieni "tu". Nascondono che quel "tu" rischia di renderci davvero la vita banale, con una ricerca di affermazione che costringe a tranciare i rami affettivi. Nascondono il fatto che, invece, conducono a una solitudine scontata e subdola. Quando parlano di vita banale non immaginano quanto sia banale un lavoro (scienziati a parte) normale in qualsiasi parte del mondo, giacchè anche quello del professore universitatiro per quanto elitario, in fondo è un lavoro comune. La vita banale non è rimanere lì dove sei nata, ma non riuscire a rendere il luogo (famiglia e contesto) migliore di quando sei venuta al mondo. 
Non ho molto tempo per approfondire, ma riconfermo: il tuo racconto mi è arrivato con un tono avvolgente e convincente. 
Un solo appunto, mi è sembrata troppa la differenza di età tra lei, universitaria e i bambini, che ci hai mostrato davvero piccoli.
Ciao e alla prossima

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Simona M. wrote: Mi ricorda Elena, si scusava sempre.
Meglio virgolettare il discorso diretto, o metterlo in corsivo.
Simona M. wrote: E pensò a quanto fosse strano, in quegli anni virgola il non aver mai pensato di potersene separare: a
per chiudere l'inciso
Simona M. wrote: «Novità?» Chiese chiese il papà.
di norma, dopo il virgolettato, si prosegue con la minuscola
Simona M. wrote: Quando mi capiterà un’occasione del genere?»
ti suggerisco: ricapiterà
Simona M. wrote: L’abbracciò, la rincuorò, le sussurrò a un orecchio di non stare a preoccuparsi, le fece coraggio, la rassicurò dicendole che ce l’avrebbero fatta, che quel distacco, per quanto doloroso, lo avrebbe dovuto compiere, prima o poi, e che non stesse a preoccuparsi dei soldi. Le raccomandò di mettere bene le carte in tavola col professore, per evitare ogni equivoco.
Il padre la ama e le sta dicendo quello che pensa e che vuole: il bene di lei, il suo successo. Glielo dice con chiarezza, affinché non ci siano equivoci.
Di più, per essere sicura del suo futuro, la sprona a parlare chiaro col suo professore di riferimento.
Simona M. wrote: Furono interrotti dai bambini, il loro ingresso in cucina simile a un’irruzione, lesti ad avvinghiarsi a loro in un soffocante abbraccio.
Dopo "bambini" ti suggerisco i due punti esplicativi
Simona M. wrote: Ma, tutto deve cambiare.
quella virgola è da togliere
Simona M. wrote: Suo padre, era crollato sul divano, davanti allo schermo acceso. Lo svegliò.
anche questa virgola dopo "padre" non ci va
Simona M. wrote: Sgombrato il tavolo virgola Adele iniziava a studiare.
qui sopra la pausa ci sta
Simona M. wrote: Quando si voltò, a salutare il papà per l’ultima volta, ne incrociò gli occhi: in lui non v’era odio, né risentimento, ma solo orgoglio e infinito amore.
toglierei la virgola dopo "voltò"
Simona M. wrote: E si scoprì a rimontare la marea per tornare indietro, verso quegli occhi incapaci di abbandonarla e al mondo a cui appartengono appartenevano.
il racconto non è sviluppato al presente
Simona M. wrote: E solo allora comprese di averla varcata da un pezzo quella soglia.
Perché la prima ora della notte era quella già trascorsa.
@Simona M. Complimenti per il racconto e per lo stile!  :)

Ho letto con attenzione, sperando sino all'ultimo che Adele facesse la scelta giusta per lei, che era chiaramente quella di partire.
Invece, gli equivoci l'hanno voltata in un'altra direzione, con future conseguenze a favore del benessere della forzata riconoscenza dei familiari.
Si va a rovinare la vita per un malinteso senso del dovere, alla fin fine.
Ed è triste.
Tu sei stata brava a sviluppare l'alternanza degli stati d'animo della ragazza.
Se posso fare un appunto sulla trama della vicenda in sé, ho notato un po' di egoismo nella figura del padre. Avrebbe dovuto sapere che Adele, dopo tutto il lavoro che faceva per la famiglia, studiava ancora, per recuperare, sino a notte fonda. Avrebbe dovuto essere lui, il capofamiglia, a "aggiustare" la situazione 
dopo la morte della moglie, chiamando come aiuto domestico quella signora Carla tanto disponibile coi bambini.
Così, Adele sarebbe arrivata più serena alla scelta, e non avrebbe rischiato di equivocare sulla sua "insostituibile" presenza in casa.

:ciaociao:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Ma il contrappunto è proprio la scelta non giusta di Adele, Poeta Zaza. Altrimenti il racconto non direbbe nulla e la scelta sarebbe piuttosto banale, non credi?

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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@Simona M. ciao, è la prima volta che ti commento. L'idea della scelta in ambito familiare è stata molto usata.. Niente di nuovo, quindi. Hai concentrato tutto in questa esagerata introspezione.. come ti ha fatto notare l'amico qui sopra. Certamente sai dilatare i discorsi e costruire coreografie di parole, ma alla fine manca l'azione, il movimento, una trama che attira. Ciao a presto :sss:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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@bestseller2020 
Quale amico, scusa. 
Esagerata introspezione è certo un tuo punto di vista, perché per me la letteratura è principalmente riflessione, approfondimento, studio dei caratteri, ma anche struttura, perché non hai speso una parola in merito. Sui discorsi indiretti, sul flusso di coscienza e come si fondono con pensieri e dialoghi.  Per te è tutto uniforme e, a quanto ho capito, ogni contenuto si riduce ad azione, movimento, quindi gente che spara, scopa e fa a cazzotti suppongo, in quale ordine poco importa. Ma un bel videogame non è mille volte più appagante? 
Scusa, ma la tua recensione è esageratamente superficiale, triste, insensata, e mi ha fatto venir voglia di movimento, azione, trama e di lasciar perdere di scrivere per recensioni del genere. 

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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@Simona M. scusami, ma esageratamente superficiale è la tua reazione. Perdonami se ti ho irritato. Comunque a me è passata da un bel pezzo la voglia di commentare.. ciao
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Simona M. wrote:
Simona M.@bestseller2020 
Quale amico, scusa. 
Esagerata introspezione è certo un tuo punto di vista, perché per me la letteratura è principalmente riflessione, approfondimento, studio dei caratteri, ma anche struttura, perché non hai speso una parola in merito. Sui discorsi indiretti, sul flusso di coscienza e come si fondono con pensieri e dialoghi.  Per te è tutto uniforme e, a quanto ho capito, ogni contenuto si riduce ad azione, movimento, quindi gente che spara, scopa e fa a cazzotti suppongo, in quale ordine poco importa. Ma un bel videogame non è mille volte più appagante? 
Scusa, ma la tua recensione è esageratamente superficiale, triste, insensata, e mi ha fatto venir voglia di movimento, azione, trama e di lasciar perdere di scrivere per recensioni del genere. 
Intervento staff
@Simona M.  questo non è il modo per rispondere a un commento su questo forum.
Ti invito a rileggere il punto 3 del Regolamento che recita:
L’utente che pubblica un testo è invitato ad accettare critiche e commenti negativi, senza rispondere punto per punto all’autore del commento: l’opinione del lettore non dovrebbe essere messa in discussione. È ammessa la discussione pacifica con il lettore. L’utente che commenta è invitato a essere sincero, senza timore di offendere l’autore del testo: consigliamo di leggere lo spirito sul quale si fonda questa comunità.
Non ti richiamo ufficialmente perché ti sei iscritta da poco, ma ricorda che questo atteggiamento supponente qui non è accettato.
Grazie.
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Re: [MI 187] La prima ora della notte

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Scusami, Marcello, ma io non ho nessun amico qui sopra, come scrive bestsellers 2020. Le critiche le accetto e accetto i commenti negativi, me ne sono stati rivolti molti, mi pare. E non ho fiatato. Ma quello di bestsellers per me non è né un commento né una critica al testo. Est modus in rebus, caro Marcello. Le regole sono generali e astratte, ma ciascun caso è particolare. 

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