Traccia 6. Arbitro
"Visioni perdute"
[MI187] Sogni rubati
Luna era una specialista dei sogni. Negli anni, aveva maturato un approccio e un vissuto tale che, con un pensiero propedeutico al sonno, preparava l'argomento del capitolo notturno o apriva un nuovo atto unico, predefinendone l'argomento, anche se sapeva che poi sarebbe andato avanti per conto suo, trasmutando di netto la trama. Quindi, si lasciava andare al sonno, che arrivava quasi sempre a comando, e scivolava nel sogno di cui era la regista. Ma solo quando piombava sul set, si girava la scena.
Non si lasciava furviare dai significati onirici che si trovano sparsi a piene mani ovunque. Non c'è bisogno di avere imparato (e da chi, poi?) a interpretare un messaggio per riceverlo. Si diceva: quando lo vedi, lo capisci da te.
Ricordava sua madre che, scuotendo la testa, asseriva: "Sei sempre nel tuo mondo di sogni".
Una notte, agganciò diretta la cella aperta del suo onirismo e ci si introdusse: lei non vedeva se stessa ma solo il suo interlocutore, col quale riprendeva il discorso sulle endorfine naturali, come la gioia di scrivere, a chi piace farlo, e sentiva di trovarsi seduta nel vagone di un treno in movimento. Diretto dove? Mah, però si vedeva il mare dai finestrini: le spiagge circostanti erano affollate di persone eleganti e disinvolte, in compagnia di giraffe sui cui colli alcuni degli anomali bagnanti si arrampicavano senza impaccio, divertendosi a gettarsi in acqua, se ci arrivavano a tiro.
A differenza delle passate esperienze, questa volta si accorse di disturbi di percezione intorno al cerchio del suo sogno.
Erano sfere analoghe a quella in cui era entrata lei,almeno un centinaio di globi a perdita d'occhi chiusi, che lei percepiva gravitare tutt'intorno.
Luna viveva nel suo sogno come, in altra modalità, era a suo agio nella vita reale (quasi sempre). Ragionando come se il suo cervello avesse mantenuto tutti i collegamenti soliti, "vide" come avatar singoli i dormienti raffigurati nei globo-sogni. Provò ad accedere ad uno di loro, forse il suo macellaio, e la sfera sognante si aprì come un libro all'ultima pagina. Poi, con frenesia, parecchie altre a seguire. Gli avatar erano suoi compaesani!
"Visioni perdute"
[MI187] Sogni rubati
Luna era una specialista dei sogni. Negli anni, aveva maturato un approccio e un vissuto tale che, con un pensiero propedeutico al sonno, preparava l'argomento del capitolo notturno o apriva un nuovo atto unico, predefinendone l'argomento, anche se sapeva che poi sarebbe andato avanti per conto suo, trasmutando di netto la trama. Quindi, si lasciava andare al sonno, che arrivava quasi sempre a comando, e scivolava nel sogno di cui era la regista. Ma solo quando piombava sul set, si girava la scena.
Non si lasciava furviare dai significati onirici che si trovano sparsi a piene mani ovunque. Non c'è bisogno di avere imparato (e da chi, poi?) a interpretare un messaggio per riceverlo. Si diceva: quando lo vedi, lo capisci da te.
Ricordava sua madre che, scuotendo la testa, asseriva: "Sei sempre nel tuo mondo di sogni".
Una notte, agganciò diretta la cella aperta del suo onirismo e ci si introdusse: lei non vedeva se stessa ma solo il suo interlocutore, col quale riprendeva il discorso sulle endorfine naturali, come la gioia di scrivere, a chi piace farlo, e sentiva di trovarsi seduta nel vagone di un treno in movimento. Diretto dove? Mah, però si vedeva il mare dai finestrini: le spiagge circostanti erano affollate di persone eleganti e disinvolte, in compagnia di giraffe sui cui colli alcuni degli anomali bagnanti si arrampicavano senza impaccio, divertendosi a gettarsi in acqua, se ci arrivavano a tiro.
A differenza delle passate esperienze, questa volta si accorse di disturbi di percezione intorno al cerchio del suo sogno.
Erano sfere analoghe a quella in cui era entrata lei,almeno un centinaio di globi a perdita d'occhi chiusi, che lei percepiva gravitare tutt'intorno.
Luna viveva nel suo sogno come, in altra modalità, era a suo agio nella vita reale (quasi sempre). Ragionando come se il suo cervello avesse mantenuto tutti i collegamenti soliti, "vide" come avatar singoli i dormienti raffigurati nei globo-sogni. Provò ad accedere ad uno di loro, forse il suo macellaio, e la sfera sognante si aprì come un libro all'ultima pagina. Poi, con frenesia, parecchie altre a seguire. Gli avatar erano suoi compaesani!
Poteva accedere ai sogni degli altri? Era al di là dello stupore terreno: significava avere un potere incredibile. D'altra parte, si sentiva in difetto, in imbarazzo, in colpa se andava a violare la privacy più profonda di un essere umano.
Scrollò le spalle sul cuscino, inconsciamente, come se fosse presente a se stessa: chi se ne frega, mentre dormo non ho colpe. Però, le ore di sonno non bastarono ad aprire tutte le sfere. Al risveglio, le sembrava terribile dover affrontare ogni volta almeno quindici ore di veglia (doveva anche andare al lavoro, mangiare, camminare, relazionarsi), ma adesso aveva una ragione più gioiosa per andare a dormire la sera. Per fortuna viveva da sola e non doveva rispondere a nessuno del suo tempo.
La cena se la anticipò da allora in poi alle 18,30. IDa subito, aveva riassunto quanto visto nelle sequenze dei sogni dei suoi compaesani, grazie agli appunti compulsivi di quando, appena sveglia, aveva riportato nel block notes sul comodino in frasi monche ma segnalatrici, parole chiavi ecc.
Intanto, nel mondo esterno, la gente privata dei propri sogni era diversa, come se avesse perso l'equilibrio che sino ad allora aveva palesato. Dormiva male e vegliava peggio. Nessun medico sapeva fare la diagnosi corretta, anzi, alcuni di loro stavano anch'essi diversamente sani rispetto a prima.
Per tornare alla ladra di sogni, la maggioranza di quelli che vedeva erano semplici o assurde sequenze di situazioni fluide tra due persone, di cui una era il protagonista sognante, laddove una vicenda ordinaria prendeva una piega strana e illogica. Ad esempio, i due salgono su una scala mobile e scendono da una cascata in canoa.
Notte dopo notte, perché erano tantissimi i sogni degli altri e le ore di sonno erano poche, Luna aprì tutti i sogni in corso degli avatar conosciuti.
"Sì, mamma, sono sempre nel mio mondo di sogni, ma adesso lo abitano anche i sogni degli altri".
Si soffermò su quelli dei suoi ex e su quelli di conoscenti, colleghi, ex capi o ex amiche, o parenti serpenti, con qualcuno dei quali rimpiangeva di avere condiviso giorni, mesi, o anni della sua vita reale; per altri, il contrario.
Sette in tutto. La faccenda era troppo intrigante: doveva forzare quei sogni, intervenire lasciando la sua firma.
Come? Sette addii che non aveva ancora formalizzato. Lo avrebbe fatto mediante un'altra sua specialità: gli aforismi.
Addirittura, in uno dei sogni rubati si riconobbe.
Primo sogno, primo addio.
Era quello dell'unico ex che l'aveva piantata: nella scena, Luna stirava un paio di pantaloni. Niente di strano? Sì, perché aveva quei calzoni addosso, da seduta, col ferro in mano posato su uno dei risvolti stropicciati.
Luna non poteva commentare i sogni altrui, oppure rifarli di sana pianta, o dargli un decorso, un percorso diverso. Guai! Si sarebbe auto bannata per averlo anche solo pensato.
Per cui, nel sogno recente dell'ex, entrò con la chiave del padrone e scrisse in sovrimpressione:
Non ti voltasti più
Girò la faccia la luna
e furon tenebre...
Secondo sogno, secondo addio.
Entrò nell'avatar sognante del suo antico amore proibito, dove c'era la scena di un monolite stretto come una torre, con le fondamenta negli abissi del mare e la parte emersa, come un iceberg, svettante al cielo, senza che se ne vedesse la fine, l'apice, la sommità.
E vide curvo l'orizzonte, come le spalle di un vecchio in lontananza.
Lasciò scritto in sovrimpressione:
Gli addii più dolorosi
non si danno,
schizzati
nel tumulto dell'assenza
sempre nuova
nell'alba opaca
del giorno.
Terzo sogno, terzo addio.
Nessuna spiegazione, tra vecchi amici che non si parlano e non si cercano più. Luna aveva persino rimosso il ricordo del loro ultimo incontro. Perché non si erano più frequentate?
Entrò nell'avatar, dove giocò per un po' a "Forza quattro" prendendo il posto della persona con cui giocava la sua amica di un tempo, la batté e lasciò scritto in sovrimpressione:
Un addio a rate
si scandisce
ogni giorno
col mancato vedersi
per caso...
Quarto sogno, quarto addio.
Dietro all'avatar della parente-serpente, ingrata e ignara, tra bambole, vestite di mussola, che camminano su tappeti di banconote di grosso taglio, lasciò scritto:
Non si formula addio per certa gente.
Si cancella
anche l'ombra di quei passi.
Quinto sogno, quinto addio.
Ombre con forme di proiettili, che trafiggono sagome di spaventapasseri animati.
Ancora un ex, ma lasciato da Luna e "raccolto" da un'ex amica:
In sintesi:
ti ho perso e lei t'ha preso.
L'effetto evanescenza
m'ha sorpreso.
Sesto sogno, sesto addio.
Il sogno in corso del vecchio ex capo che angariava Luna porta la sequenza di un mozzo che getta l'acqua potabile a secchiate dalla tolda di un natante in disarmo al mare.
Mentre fiaccando scivoli dal mondo
ricorda il tuo dominio pretenzioso:
cosa ti resta addosso?
Un bell'addio.
Settimo sogno, settimo addio.
Entrò nell'avatar del sogno di una persona con cui, un tempo, era stata in sintonia, con cui aveva fatto un bel tratto di strada insieme.
Poi, le circostanze erano riuscite a distanziarle.
Nel sogno, c'è una montagna e tanti scalatori che l'affrontano.
Se dilaga
quel silenzio
senza sponde,
viene vaga
la sembianza
alla distanza.
Luna pensava nel sogno.
Addio nel dimenticarsi di far sentire la propria voce. C'è chi si allontana e non si volta: anche perché tu non lo chiami.
Adesso che aveva detto addio, doveva restituire tutti i sogni rubati, non solo i sette con i suoi messaggi di congedo.
Avrebbe trovato il modo di restare col suo bozzolo personale e basta.
Nell'ultima notte condivisa coi sogni rubati ai suoi compaesani, a centinaia, Luna aveva archiviato in sé un pianeta prezioso, da cui aveva captato un segnale importante: se ci perdiamo nelle strade del mondo, ci riconosciamo nei sogni.
Nell'ultima notte condivisa coi sogni rubati ai suoi compaesani, a centinaia, Luna aveva archiviato in sé un pianeta prezioso, da cui aveva captato un segnale importante: se ci perdiamo nelle strade del mondo, ci riconosciamo nei sogni.