Traccia La scelta
Baffo impolverato, capello spento e occhio strabico. Portava un paio di occhiali da vista anni settanta, autentici, cioè risalenti all’epoca, e aveva sempre avuto abiti imbrattati da gesso e da colore.
Inseparabile dal suo vecchio borsello – tanto pieno di carte da fargli pendere la spalla mezzo palmo – era inscindibile, soprattutto, dal suo contenuto: cedolini Findomestic e bollette da pagare (prima o poi).
Fofò, al secolo Ferdinando Mezzalira, era quello che si dice un personaggio e come tale aveva i suoi fans e i suoi denigratori.
Per questi ultimi era uno scorbutico.
Già, scorbutico. E chi non lo è se ti rubano la vespa per tre volte, ti danno una busta paga con lo stipendio che arriva alla metà di quello c’è scritto e ti chiami pure Mezzalira!?
I fans, invece, l’apprezzavano per il suo frasario: Inventava versi e filastrocche a danno dei nemici.
Specialista in epitaffi per gente viva che avrebbe preferito morta.
Ce l’aveva sempre con qualcuno del lavoro: Con il capocantiere, l’ingegnere, il geometra, il ragioniere…
E si pisciavano addosso dalle risate i colleghi di quacina.
Si pisciavano addosso anche gli avventori del bar, dove passava tutti i pomeriggi prima di tornare a casa.
Lì faceva il cabaret.
«Con chi ce l’hai oggi, Fofò?» Chiedevano gli amici, e Fofò senza manco una bestemmia, sbatteva il borsello sopra un tavolino, e cominciava.
Un elenco fitto fitto. Catilinarie che non di rado finivano con una bella rima. Il tutto in italiano, correttissimo, che c’era quasi da “gioire” per le quelle invettive azzeccatissime.
Pochi anni dai preti, gli erano valsi quel tanto d’italiano.
Sarebbe stato un poeta, Fofò, se la vita, invece di cazzuola e cardarella, gli avesse messo in mano carta e penna, avrebbe avuto fantasia perfino a scrivere romanzi, con tutto quello che gli capitava.
Passare dal bar e sfogarsi un po’, gli faceva affrontare meglio la serata. Tornare a casa – dove si discuteva sempre e non si rideva mai – era una bella sofferenza. Perché, si sa, se i soldi sono pochi non viene da ridere a nessuno. E la questione era sempre quella.
Pochi soldi partoriscono debiti e i debiti sono padri dei guai e i guai sono golosi di figli. Figli di poveri disgraziati come Fofò.
Così un bel giorno, proprio i due gemelli, gli unici figli che per altro aveva, erano finiti in carcere, appena tre giorni dopo aver spento le candeline della maggiore età; fregati da un furtarello andato male.
Il primo e l’ultimo. Pagato con gli interessi pretesi dallo stato, con il solito tasso: sproporzionato e senza fondamento.
Avrebbe fatto meglio e prima Fofò con qualche scappellotto che non la giustizia “santa e benedetta”. Perché lui, Fofò, lo aveva capito che quei due bambini ci avevano provato un martedì mattina, quando gli incassi ancora erano niente.
Volevano rubare poco, ma come si poteva spiegare questo al commissario?
Si ci mise pure il loro avvocato difensore che, con valente inettitudine, lasciò che il tentativo di furto al supermercato si trasformasse in “rapina a mano armata”, incasinando per sempre i due ragazzi.
Le pistole ad acqua, Dio sa come, passarono per Kalashnikov. Mentre le liti in casa, che scattavano sempre per colpa della frase “soldi non ce n’è”, passarono per disagi psicologici dell’intero nucleo familiare.
I vicini furono considerati testimoni oculari.
Ma di che?
Fofò non avrebbe mai saputo spiegarselo; non s’era nemmeno accorto che le discussioni fatte a voce alta, così alta – come si faceva in casa loro – sarebbero state trascritte e messe agli atti come: continui litigi e pesanti minacce.
Non se lo immaginava che il volume delle loro discussioni disturbasse tanto la quiete pubblica. Né che la gente, che se ne stava fuori, avrebbe giurato di aver visto sedie per aria e mille piatti rotti.
Come si poteva spiegare a quei vicini che i Mezzalira non sapevano discutere a mezza-voce?
Ai figli vennero imputati ingiustamente altri due reati e addio condizionale.
Così, al bar, il repertorio di Fofò cambiò, e se prima ce l’aveva con l’intera gerarchia del cantiere, adesso aveva scelto di sparare a zero sopra la giustizia, gli avvocati e la burocrazia.
Tra gli amici, con parole pronte, ora faceva il verso alle toghe nere.
Non tardò neppure – con l’astio che teneva in corpo – a rifilare più di un verso a preti e santi. E perfino Padre Pio, da vent’anni sopra il comodino, finì sotto un mucchio di calzini con l'elastico allentato.
C’è chi si porta l’abito migliore, le scarpe nuove e il volto sereno di un vero Cherubino. C’è chi nudo viene e nudo se ne torna al Padre.
Fofò decise di portarsi dietro le sue contrarietà.
Ce l’aveva ancora la parlata da poeta perché, se la parola ad arte ti scorre nelle vene, non te la toglie nemmeno il camposanto. E sulla lapide così ci volle scritto: Visitato dai guai perennemente gli si piantarono in casa meglio dei parenti.
San Pietro allarghi le porte. E pure il paradiso.
Che tutti quanti glieli porto là.
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
3Ciao, @Adel J. Pellitteri, un racconto che mi ha fatto tirare giù un sorriso.
Hai descritto, credo, la scena tipica di un bar non cittadino, di quelli frequentati dai soliti clienti che vanno lì come sfogo a parole, più che per una consumazione.
Una di quelle storie che, più che leggere, mi sembra di vivere tra queste righe, visto che sono originario di un piccolo paese, abito in un paese comunque non grande e anche a lavoro vado spesso in un bar a gestione familiare, di quelli con i proprietari in là con l'età con la loro clientela, che li trovi a imprecare contro le notizie o contro le carte nelle partite di briscola...
Una storia che tratti con un linguaggio semplice, anche con parole più del parlato (si pisciavano sotto, manco, ...) mescolate a termini più ricercati (Catilinarie, per es.) con un grottesco effetto che rende l'idea del personaggio che si lascia andare a sproloqui "eruditi" a quanto sembra. Se, poi, leggi qualcosa di mio - l'hai appena fatto in questo contest, ho visto (grazie
) - sai che quando dico "linguaggio semplice" per me non è una critica negativa.
Ti segnalo giusto due cose
Un racconto che, in pausa caffè, mi ha dato più di un sorriso. Alla prossima lettura.
Hai descritto, credo, la scena tipica di un bar non cittadino, di quelli frequentati dai soliti clienti che vanno lì come sfogo a parole, più che per una consumazione.

Una di quelle storie che, più che leggere, mi sembra di vivere tra queste righe, visto che sono originario di un piccolo paese, abito in un paese comunque non grande e anche a lavoro vado spesso in un bar a gestione familiare, di quelli con i proprietari in là con l'età con la loro clientela, che li trovi a imprecare contro le notizie o contro le carte nelle partite di briscola...
Una storia che tratti con un linguaggio semplice, anche con parole più del parlato (si pisciavano sotto, manco, ...) mescolate a termini più ricercati (Catilinarie, per es.) con un grottesco effetto che rende l'idea del personaggio che si lascia andare a sproloqui "eruditi" a quanto sembra. Se, poi, leggi qualcosa di mio - l'hai appena fatto in questo contest, ho visto (grazie

Ti segnalo giusto due cose
Adel J. Pellitteri wrote: Inseparabile dal suo vecchio borsello – tanto pieno di carte da fargli pendere la spalla mezzo palmola prima è che non mi sembra molto credibile (il borsello non è grande, per definizione di borsello) e la seconda è una cosa che inserisci come sottotesto e che mi piace molto. Il fatto che, quando succede qualcosa, se fa notizia, viene ingigantita dai media.
Un racconto che, in pausa caffè, mi ha dato più di un sorriso. Alla prossima lettura.

https://www.facebook.com/curiosamate
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
4Bentrovata, @Adel J. Pellitteri 
Ho letto d'un fiato il tuo simpatico racconto sul muratore cabarettista iellato.
Anche nella vita disgraziata del signor Fofò ci sono delle perle di sorrisi, che tu sei abile a farci trovare.
Solo la "scelta" (che dovrebbe nascere da un equivoco) non l'ho capita bene: Me la spieghi?

Ho letto d'un fiato il tuo simpatico racconto sul muratore cabarettista iellato.

Anche nella vita disgraziata del signor Fofò ci sono delle perle di sorrisi, che tu sei abile a farci trovare.
Solo la "scelta" (che dovrebbe nascere da un equivoco) non l'ho capita bene: Me la spieghi?

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
5Poeta Zaza wrote: Solo la "scelta" (che dovrebbe nascere da un equivoco) non l'ho capita bene: Me la spieghiSceglie di cambiare i destinatari delle sue invettive dopo gli equivoci sui reali fatti reali, rapina a parte: pistole ad acqua, liti in famiglia...
Che la traccia sia un po' tirata per i capelli?
Mi rimetto serenamente al tuo giudizio.
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
6Ciao @Adel J. Pellitteri
È un testo vivace, tragico e ironico allo stesso tempo, che tratteggia un personaggio memorabile. La storia ha una voce narrante nitida, coerente, partecipe ma mai invadente. Fofò è una figura che conquista, un piccolo eroe tragicomico, sospeso tra poesia e disastro. Mi ha ricordato Mazzarò, nella novella “La roba”, del grande Giovanni Verga, anche se Fofò non possiede niente, in una povera Italia popolare e sconfitta.
Si ride amaramente, e questa è una delle qualità più difficili da ottenere, io perlomeno trovo difficoltà nel creare una simile atmosfera, per me non è facile anche se descrivere l’amarezza mi ha sempre tentato. Ecco: far ridere senza far dimenticare il dolore, la ritengo una grande qualità artistica. Il tuo racconto riesce benissimo in questo intento, rendendo Fofò umano fino all’osso, e mai patetico.
Fofò è un personaggio intenso, vivido. Lo si vede, lo si sente parlare. Il “baffo impolverato”, il borsello con le bollette, il talento improvvisato da poeta da bar: bastano pochi tratti e già ci è familiare. In ogni dettaglio ci vedo un peso narrativo (come ad esempio il borsello pendente: metafora visiva della sua vita?).
Hai ben modulato il racconto: un’introduzione molto bella, che fa sorridere
Anche se alla fine abbiamo una svolta drammatica, una conclusione amara e lirica allo stesso tempo. I passaggi tra tono ironico e tragico sono perfettamente equilibrati. Non c’è retorica nel dolore, ma neppure cinismo. Questo è uno stile che mi piace.
Leggendo mi sono sentito partecipe, come se conoscessi Fofò da tempo (e personaggi del genere ne ho conosciuti davvero, da bambino per me erano leggendari)
Ho intuito, almeno credo, una certa vicinanza, un'empatia con il personaggio da parte tua, ma con un giusto distacco necessario per inquadrare la tragicità con ironia. Ci sono espressioni riuscitissime:
Potresti approfondire il contesto familare, moglie e figli restano sagome appena accennate. Una frase in più, magari una battuta affettuosa o una scena minuscola, potrebbe rafforzare l’empatia per Fofò, che risulta già molto efficace da solo ad ogni modo.
Volendo ampliare la novella potresti, secondo me, inserire flashback dei giorni belli, quando i gemelli erano bambini, o di un cantiere particolare dove ha lavorato, con un episodio esilarante, anche ricordato dagli amici al bar. O Far parlare Fofò in prima persona in alcune sezioni, mantenendo il suo stile inconfondibile.
Addirittura continuare dopo la morte, mostrando le reazioni al funerale, magari con gli amici e i compagni di cantiere che leggono l’epitaffio e ridono piangendo e soffiandosi il naso.
L’epilogo è riuscito ed efficace, l’epitaffio è tragicomico, tenero e allo stesso tempo feroce:
Complimenti.
È un testo vivace, tragico e ironico allo stesso tempo, che tratteggia un personaggio memorabile. La storia ha una voce narrante nitida, coerente, partecipe ma mai invadente. Fofò è una figura che conquista, un piccolo eroe tragicomico, sospeso tra poesia e disastro. Mi ha ricordato Mazzarò, nella novella “La roba”, del grande Giovanni Verga, anche se Fofò non possiede niente, in una povera Italia popolare e sconfitta.
Si ride amaramente, e questa è una delle qualità più difficili da ottenere, io perlomeno trovo difficoltà nel creare una simile atmosfera, per me non è facile anche se descrivere l’amarezza mi ha sempre tentato. Ecco: far ridere senza far dimenticare il dolore, la ritengo una grande qualità artistica. Il tuo racconto riesce benissimo in questo intento, rendendo Fofò umano fino all’osso, e mai patetico.
Fofò è un personaggio intenso, vivido. Lo si vede, lo si sente parlare. Il “baffo impolverato”, il borsello con le bollette, il talento improvvisato da poeta da bar: bastano pochi tratti e già ci è familiare. In ogni dettaglio ci vedo un peso narrativo (come ad esempio il borsello pendente: metafora visiva della sua vita?).
Hai ben modulato il racconto: un’introduzione molto bella, che fa sorridere
Adel J. Pellitteri wrote: Baffo impolverato, capello spento e occhio strabico. Portava un paio di occhiali da vista anni settanta, autentici, cioè risalenti all’epoca, e aveva sempre avuto abiti imbrattati da gesso e da colore.Questa è una descrizione pittorica realistica, quasi una fotografia.
Anche se alla fine abbiamo una svolta drammatica, una conclusione amara e lirica allo stesso tempo. I passaggi tra tono ironico e tragico sono perfettamente equilibrati. Non c’è retorica nel dolore, ma neppure cinismo. Questo è uno stile che mi piace.
Leggendo mi sono sentito partecipe, come se conoscessi Fofò da tempo (e personaggi del genere ne ho conosciuti davvero, da bambino per me erano leggendari)
Ho intuito, almeno credo, una certa vicinanza, un'empatia con il personaggio da parte tua, ma con un giusto distacco necessario per inquadrare la tragicità con ironia. Ci sono espressioni riuscitissime:
Adel J. Pellitteri wrote: Ce l’aveva ancora la parlata da poeta perché, se la parola ad arte ti scorre nelle vene, non te la toglie nemmeno il camposanto.Se proprio dovessi esagerare in qualche critica, per quanto difficile, ho notato alcune espressioni che ricorrono più volte in poche righe (es. “ce l’aveva con…” oppure “si pisciavano addosso…”). In un racconto così breve, variare leggermente può evitare l’impressione di “reprise”. Ma niente di che.
Potresti approfondire il contesto familare, moglie e figli restano sagome appena accennate. Una frase in più, magari una battuta affettuosa o una scena minuscola, potrebbe rafforzare l’empatia per Fofò, che risulta già molto efficace da solo ad ogni modo.
Volendo ampliare la novella potresti, secondo me, inserire flashback dei giorni belli, quando i gemelli erano bambini, o di un cantiere particolare dove ha lavorato, con un episodio esilarante, anche ricordato dagli amici al bar. O Far parlare Fofò in prima persona in alcune sezioni, mantenendo il suo stile inconfondibile.
Addirittura continuare dopo la morte, mostrando le reazioni al funerale, magari con gli amici e i compagni di cantiere che leggono l’epitaffio e ridono piangendo e soffiandosi il naso.
L’epilogo è riuscito ed efficace, l’epitaffio è tragicomico, tenero e allo stesso tempo feroce:
Adel J. Pellitteri wrote: Visitato dai guai perennemente gli si piantarono in casa meglio dei parenti.Una sintesi in tre frasi di un’intera esistenza.
San Pietro allarghi le porte. E pure il paradiso.
Che tutti quanti glieli porto là.
Complimenti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
(Apocalisse di S. Giovanni)
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
7@bwv582 grazie per esseri fermato a commentare, sono contenta di averti strappato un sorriso 
@Alberto Tosciri grazie per questo tuo bellissimo commento, definire il personaggio di Fofò "memorabile" è il più bel complimento che potevi farmi. Sono contenta delle qualità che hai attribuito alla mia voce narrante: nitida, coerente, partecipe ma mai invadente. Cosa potrei chiedere di più?
Mannaggia a me, mi sono persa nei confronti della traccia, temo resterò fuori dalla gara.

@Alberto Tosciri grazie per questo tuo bellissimo commento, definire il personaggio di Fofò "memorabile" è il più bel complimento che potevi farmi. Sono contenta delle qualità che hai attribuito alla mia voce narrante: nitida, coerente, partecipe ma mai invadente. Cosa potrei chiedere di più?
Mannaggia a me, mi sono persa nei confronti della traccia, temo resterò fuori dalla gara.

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
8@Adel J. Pellitteri
Le impressioni, le sensazioni sono importanti e in questo tuo racconto, ma anche in altri, ho notato, personalmente rivedo, un modo di raccontare che mi è sempre piaciuto, come nel Verga. Anche l'uso di termini rari, dialettali, ma che ci stanno benissimo a mio parere. Poi, di questo sono certo, un personaggio, per essere "memorabile" non c'è bisogno che sia un grande uomo che abbia compiuto imprese eclatanti, famoso, conosciuto e ricco.
Io ho conosciuto memorabili muratori, pastori e contadini che hanno tirato a campare tutta la vita in condizioni di miseria e di problemi non da poco, ma sapevano regalare un sorriso a tutti.
Le impressioni, le sensazioni sono importanti e in questo tuo racconto, ma anche in altri, ho notato, personalmente rivedo, un modo di raccontare che mi è sempre piaciuto, come nel Verga. Anche l'uso di termini rari, dialettali, ma che ci stanno benissimo a mio parere. Poi, di questo sono certo, un personaggio, per essere "memorabile" non c'è bisogno che sia un grande uomo che abbia compiuto imprese eclatanti, famoso, conosciuto e ricco.
Io ho conosciuto memorabili muratori, pastori e contadini che hanno tirato a campare tutta la vita in condizioni di miseria e di problemi non da poco, ma sapevano regalare un sorriso a tutti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
(Apocalisse di S. Giovanni)
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
9Alberto Tosciri wrote: Poi, di questo sono certo, un personaggio, per essere "memorabile" non c'è bisogno che sia un grande uomo che abbia compiuto imprese eclatanti, famoso, conosciuto e ricco.Concordo, è capitato anche a me.
Io ho conosciuto memorabili muratori, pastori e contadini che hanno tirato a campare tutta la vita in condizioni di miseria e di problemi non da poco, ma sapevano regalare un sorriso a tutti.

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
10Ciao! Spero di riuscire a inserire bene questo commento dato che è la prima volta che ne faccio uno!
Questo racconto mi ha divertito un sacco. Fofò ha qualcosa dei personaggi delle fiabe o dei cartoni animati, ma senza perdere profondità e umanità.
Mi piace anche che la voce narrante potrebbe essere quella di chiunque, lettore incluso: magari un paesano che osserva Fofò al bar, che conosce e racconta le sue vicissitudini, ridendone un po' (e come biasimarlo!) ma con empatia.
Il nome è geniale e "parlante", cosa che adoro in letteratura. Non si scorda facilmente, e il gioco di parole
Se devo trovare proprio il pelo nell'uovo, questa frase,
Inutile dire che, se ti andasse di scriverle, io leggerei altre avventure di Fofò!
Questo racconto mi ha divertito un sacco. Fofò ha qualcosa dei personaggi delle fiabe o dei cartoni animati, ma senza perdere profondità e umanità.
Mi piace anche che la voce narrante potrebbe essere quella di chiunque, lettore incluso: magari un paesano che osserva Fofò al bar, che conosce e racconta le sue vicissitudini, ridendone un po' (e come biasimarlo!) ma con empatia.
Adel J. Pellitteri wrote: Baffo impolverato, capello spento e occhio strabico. Portava un paio di occhiali da vista anni settanta, autentici, cioè risalenti all’epoca, e aveva sempre avuto abiti imbrattati da gesso e da colore.La descrizione iniziale funziona benissimo: ce lo fa inquadrare subito, sia visivamente che come personalità, e ispira simpatia.
Inseparabile dal suo vecchio borsello – tanto pieno di carte da fargli pendere la spalla mezzo palmo – era inscindibile, soprattutto, dal suo contenuto: cedolini Findomestic e bollette da pagare (prima o poi).
Adel J. Pellitteri wrote: Fofò, al secolo Ferdinando Mezzalira,
Il nome è geniale e "parlante", cosa che adoro in letteratura. Non si scorda facilmente, e il gioco di parole
Adel J. Pellitteri wrote: Come si poteva spiegare a quei vicini che i Mezzalira non sapevano discutere a mezza-voce?è perfetto! (anche se non credo ci voglia il trattino)
Adel J. Pellitteri wrote: E perfino Padre Pio, da vent’anni sopra il comodino, finì sotto un mucchio di calzini con l'elastico allentato.La mia frase preferita di questo racconto!

Se devo trovare proprio il pelo nell'uovo, questa frase,
Adel J. Pellitteri wrote: proprio i due gemelli, gli unici figli che per altro aveva,mi ha confuso un po' a prima lettura, perché leggendo "proprio" mi è venuto in mente che ci fossero altri figli.
Inutile dire che, se ti andasse di scriverle, io leggerei altre avventure di Fofò!
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
11Ciao Adel, mi accodo al commento di Sbatti.
Quel Padre Pio finito sotto il mucchio di calzini è una chicchetta che ti resta impressa per sempre nella memoria.
E mi accodo anche alle sensazioni di Alberto, pure io ho pensato a Verga mentre leggevo il racconto.
Mi è piaciuto, non è facile creare un'atmosfera così definita, così palpabile in poche righe.
Confidiamo nella clemenza di PoetaZaza
Quel Padre Pio finito sotto il mucchio di calzini è una chicchetta che ti resta impressa per sempre nella memoria.
E mi accodo anche alle sensazioni di Alberto, pure io ho pensato a Verga mentre leggevo il racconto.
Mi è piaciuto, non è facile creare un'atmosfera così definita, così palpabile in poche righe.
Confidiamo nella clemenza di PoetaZaza
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo
Sì, certo
In un ristorante, intendo
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
12@sbatti e @NanoVetricida vi sono grata per l'apprezzamento, quando il piacere di scrivere incontra il piacere di leggere è una bella vittoria per autore e lettore. 

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
13Ciao mia amata @Adel J. Pellitteri
Torno con grande piacere a leggerti e a tentare di commentarti.
Analisi generale
Il racconto su Fofò, al secolo Ferdinando Mezzalira, è un ritratto vivido e tragicomico di un uomo comune, schiacciato dalle difficoltà della vita ma dotato di un’ironia e una verve poetica che lo rendono straordinario. Ambientato in un contesto popolare, probabilmente italiano e di estrazione operaia, il testo usa un linguaggio colorito e un tono ironico per esplorare temi universali come la povertà, l’ingiustizia sociale, la famiglia e la resilienza. La narrazione, breve ma densa, alterna momenti di leggerezza a una profonda amarezza, creando un equilibrio che cattura il lettore e lascia spazio a riflessioni sulla condizione umana.
Struttura e narrazione
Il racconto segue una struttura lineare ma non cronologica in senso stretto: parte dalla descrizione di Fofò come personaggio pubblico, si sofferma sul suo contesto lavorativo e sociale, poi si sposta sulla sua vita familiare e sul dramma dei figli, per chiudersi con una riflessione sulla sua morte e il suo lascito. La narrazione è in terza persona, con un narratore onnisciente che adotta un tono colloquiale, quasi da chiacchierata al bar, che si adatta perfettamente al contesto e al personaggio.
Punti di forza della struttura:
Fofò (Ferdinando Mezzalira): È il cuore pulsante del racconto, un personaggio larger-than-life nonostante la sua condizione umile. La sua descrizione fisica (baffo impolverato, occhiali anni ’70, borsello pieno di bollette) lo rende immediatamente riconoscibile, quasi archetipico, come un personaggio da commedia all’italiana. La sua verve poetica e il suo talento per le invettive lo elevano sopra la mediocrità della sua vita, ma il racconto non lo idealizza: Fofò è anche un uomo frustrato, amareggiato, incapace di gestire i problemi familiari. Questa complessità lo rende credibile e umano.
Personaggi secondari: I figli gemelli, il capocantiere, l’avvocato e i vicini sono accennati ma non sviluppati. Funzionano come figure di contorno per evidenziare le difficoltà di Fofò, ma la loro mancanza di profondità lascia alcuni vuoti. Ad esempio, i figli sono centrali per il dramma, ma non sappiamo nulla di loro oltre il furtarello, il che limita l’impatto emotivo della loro vicenda.
Punti di forza dei personaggi:
Temi
Il racconto affronta diversi temi, trattati con un misto di ironia e amarezza che ne amplifica l’impatto emotivo:
Stile e linguaggio
Il linguaggio del racconto è uno dei suoi punti di forza principali. È colloquiale, vivace, e intriso di espressioni popolari che riflettono il contesto sociale di Fofò. Frasi come “si pisciavano addosso dalle risate” o “quacina” (probabile refuso per “guacina”, termine gergale per indicare un gruppo di amici o colleghi) danno al testo un sapore autentico, quasi da racconto orale. L’uso dell’italiano “correttissimo” nelle invettive di Fofò crea un contrasto ironico con il suo status sociale, sottolineando il suo talento sprecato.
Punti di forza dello stile:
Contesto culturale
Il racconto si inserisce in una tradizione narrativa italiana che celebra i personaggi popolari, con un linguaggio che richiama autori come Stefano Benni o il cinema di Monicelli, dove l’ironia è un’arma per affrontare le ingiustizie della vita. L’ambientazione operaia, il bar come luogo di socialità e il tema della povertà evocano un’Italia di provincia, forse degli anni ’80 o ’90, segnata da disuguaglianze sociali e da un sistema giudiziario percepito come distante e punitivo. La menzione di Padre Pio e dei preti aggiunge un tocco di critica alla religiosità popolare, un tema ricorrente nella letteratura italiana che esplora il rapporto tra fede e vita quotidiana.
Simbolismo
Il racconto su Fofò è un piccolo capolavoro di narrativa popolare, che mescola ironia, critica sociale e poesia per raccontare la vita di un uomo schiacciato dalle difficoltà ma capace di trasformare la sua rabbia in arte. La forza del testo risiede nel personaggio di Fofò, nella sua autenticità e nella sua capacità di parlare al cuore del lettore, ma anche nell’abilità del narratore di bilanciare umorismo e dramma. Con qualche aggiustamento per chiarire il contesto e approfondire i personaggi secondari, il racconto potrebbe guadagnare ancora più forza e universalità. È una storia che celebra la resilienza dei “poveri disgraziati” come Fofò, lasciando un’impronta duratura grazie al suo epitaffio, che è insieme un grido di ribellione e un inno alla vita.
Piaciuto molto come sempre.
Un grande abbraccio
Torno con grande piacere a leggerti e a tentare di commentarti.
Analisi generale
Il racconto su Fofò, al secolo Ferdinando Mezzalira, è un ritratto vivido e tragicomico di un uomo comune, schiacciato dalle difficoltà della vita ma dotato di un’ironia e una verve poetica che lo rendono straordinario. Ambientato in un contesto popolare, probabilmente italiano e di estrazione operaia, il testo usa un linguaggio colorito e un tono ironico per esplorare temi universali come la povertà, l’ingiustizia sociale, la famiglia e la resilienza. La narrazione, breve ma densa, alterna momenti di leggerezza a una profonda amarezza, creando un equilibrio che cattura il lettore e lascia spazio a riflessioni sulla condizione umana.
Struttura e narrazione
Il racconto segue una struttura lineare ma non cronologica in senso stretto: parte dalla descrizione di Fofò come personaggio pubblico, si sofferma sul suo contesto lavorativo e sociale, poi si sposta sulla sua vita familiare e sul dramma dei figli, per chiudersi con una riflessione sulla sua morte e il suo lascito. La narrazione è in terza persona, con un narratore onnisciente che adotta un tono colloquiale, quasi da chiacchierata al bar, che si adatta perfettamente al contesto e al personaggio.
Punti di forza della struttura:
- Ritmo incalzante: La narrazione è fluida e tiene alta l’attenzione grazie a un’alternanza tra aneddoti divertenti (le invettive di Fofò al bar) e momenti drammatici (il carcere dei figli, la povertà). Questa alternanza crea un effetto di contrasto che rende il racconto emotivamente coinvolgente.
- Chiusura poetica: L’epitaffio finale, con il suo tono ironico e poetico, chiude il racconto in modo memorabile, sintetizzando la vita di Fofò e il suo carattere indomito. La frase “San Pietro allarghi le porte” è un tocco brillante che mescola umorismo e sfida, coerente con la personalità del protagonista.
- Transizioni brusche: Il passaggio dalla descrizione di Fofò come personaggio pubblico al dramma familiare è un po’ repentino. L’introduzione del tema dei figli in carcere arriva senza un’adeguata preparazione, e alcuni lettori potrebbero trovarlo spiazzante. Un accenno precedente alla sua vita familiare potrebbe rendere il passaggio più organico.
- Mancanza di contesto temporale/spaziale: Il racconto non chiarisce dove e quando si svolga la vicenda. Sebbene il linguaggio e i riferimenti culturali suggeriscano un’ambientazione italiana (probabilmente anni ’80 o ’90, vista la menzione degli occhiali anni ’70 e dei cedolini Findomestic), un maggiore ancoraggio al contesto potrebbe aiutare il lettore a visualizzare meglio la storia.
Fofò (Ferdinando Mezzalira): È il cuore pulsante del racconto, un personaggio larger-than-life nonostante la sua condizione umile. La sua descrizione fisica (baffo impolverato, occhiali anni ’70, borsello pieno di bollette) lo rende immediatamente riconoscibile, quasi archetipico, come un personaggio da commedia all’italiana. La sua verve poetica e il suo talento per le invettive lo elevano sopra la mediocrità della sua vita, ma il racconto non lo idealizza: Fofò è anche un uomo frustrato, amareggiato, incapace di gestire i problemi familiari. Questa complessità lo rende credibile e umano.
Personaggi secondari: I figli gemelli, il capocantiere, l’avvocato e i vicini sono accennati ma non sviluppati. Funzionano come figure di contorno per evidenziare le difficoltà di Fofò, ma la loro mancanza di profondità lascia alcuni vuoti. Ad esempio, i figli sono centrali per il dramma, ma non sappiamo nulla di loro oltre il furtarello, il che limita l’impatto emotivo della loro vicenda.
Punti di forza dei personaggi:
- Autenticità di Fofò: La sua personalità è tratteggiata con pochi dettagli ma molto efficaci. Il suo borsello, le bollette, le filastrocche e le lamentele sono elementi che lo rendono un personaggio vivo e radicato in un contesto sociale preciso.
- Contrasto tra pubblico e privato: Il racconto gioca abilmente sul contrasto tra il Fofò pubblico, cabarettista al bar, e il Fofò privato, schiacciato dai debiti e dai problemi familiari. Questo dualismo arricchisce il personaggio e lo rende memorabile.
- Sottosviluppo dei secondari: I figli, in particolare, meriterebbero più spazio per rendere il loro dramma più toccante. Anche i colleghi e gli avventori del bar, pur ben evocati, rimangono figure bidimensionali, utili solo a inquadrare Fofò.
- Rischio di stereotipo: Fofò, pur ben caratterizzato, rischia di cadere nello stereotipo dell’operaio scorbutico ma dal cuore d’oro. Il racconto evita questo pericolo grazie alla sua ironia e al finale poetico, ma un maggiore approfondimento delle sue motivazioni o del suo passato potrebbe renderlo ancora più unico.
Temi
Il racconto affronta diversi temi, trattati con un misto di ironia e amarezza che ne amplifica l’impatto emotivo:
- Povertà e ingiustizia sociale: La vita di Fofò è segnata dalla precarietà economica, dai debiti e da un sistema (lavoro, giustizia, burocrazia) che sembra accanirsi contro di lui. La trasformazione del furtarello dei figli in “rapina a mano armata” è un esempio potente di come il sistema giudiziario possa schiacciare i più deboli.
- Resilienza e creatività: Nonostante le difficoltà, Fofò trova sfogo nella sua parlata poetica e nelle sue invettive. La sua capacità di trasformare la rabbia in arte (le filastrocche, l’epitaffio) è un atto di resistenza contro una vita che lo vuole “nudo” e sconfitto.
- Famiglia e conflitto: Le liti in casa Mezzalira, descritte con ironia (“non sapevano discutere a mezza-voce”), riflettono il peso della povertà sulle relazioni familiari. Il dramma dei figli in carcere sottolinea il senso di impotenza di Fofò come genitore.
- Critica alla società: Il racconto è una critica implicita alla burocrazia, alla giustizia e alla morale ipocrita dei vicini, che trasformano le discussioni familiari in “minacce” e contribuiscono alla condanna dei figli.
Stile e linguaggio
Il linguaggio del racconto è uno dei suoi punti di forza principali. È colloquiale, vivace, e intriso di espressioni popolari che riflettono il contesto sociale di Fofò. Frasi come “si pisciavano addosso dalle risate” o “quacina” (probabile refuso per “guacina”, termine gergale per indicare un gruppo di amici o colleghi) danno al testo un sapore autentico, quasi da racconto orale. L’uso dell’italiano “correttissimo” nelle invettive di Fofò crea un contrasto ironico con il suo status sociale, sottolineando il suo talento sprecato.
Punti di forza dello stile:
- Tono tragicomico: Il mix di umorismo e dramma è gestito con maestria. L’ironia non sminuisce la gravità dei temi, ma li rende più accessibili, come nella descrizione delle pistole ad acqua scambiate per Kalashnikov.
- Immagini vivide: La descrizione di Fofò (il borsello, gli occhiali, il gesso sugli abiti) e del contesto (il bar, la casa rumorosa) crea immagini potenti che ancorano il racconto alla realtà.
- Epitaffio finale: La lapide di Fofò è un capolavoro di sintesi poetica, che chiude il racconto con un tono che è insieme ironico, ribelle e universale.
- Alcuni passaggi confusi: Frasi come “i guai sono golosi di figli” o “figli di poveri disgraziati come Fofò” sono evocative ma un po’ criptiche, e potrebbero confondere il lettore. Una maggiore chiarezza in alcuni passaggi migliorerebbe la fluidità.
- Ripetizioni: L’insistenza su alcuni elementi (ad esempio, le liti familiari o le invettive di Fofò) rischia di essere ridondante. Una revisione per eliminare ripetizioni potrebbe rendere il testo più incisivo.
Contesto culturale
Il racconto si inserisce in una tradizione narrativa italiana che celebra i personaggi popolari, con un linguaggio che richiama autori come Stefano Benni o il cinema di Monicelli, dove l’ironia è un’arma per affrontare le ingiustizie della vita. L’ambientazione operaia, il bar come luogo di socialità e il tema della povertà evocano un’Italia di provincia, forse degli anni ’80 o ’90, segnata da disuguaglianze sociali e da un sistema giudiziario percepito come distante e punitivo. La menzione di Padre Pio e dei preti aggiunge un tocco di critica alla religiosità popolare, un tema ricorrente nella letteratura italiana che esplora il rapporto tra fede e vita quotidiana.
Simbolismo
- Il borsello: Simbolo del peso della vita di Fofò, pieno di bollette e cedolini, rappresenta i suoi debiti e le sue responsabilità. Il fatto che gli faccia “pendere la spalla mezzo palmo” è un’immagine potente della fatica esistenziale.
- Le invettive poetiche: La capacità di Fofò di trasformare la rabbia in versi è un simbolo della sua resilienza e del suo talento sprecato. È un poeta senza carta e penna, costretto a usare la “cazzuola e cardarella”.
- L’epitaffio: La lapide è il culmine del simbolismo del racconto, un ultimo atto di ribellione e creatività che sfida anche la morte. La richiesta a San Pietro di “allargare le porte” è un grido di defiance, come se Fofò volesse portare le sue battaglie persino in paradiso.
- Personaggio memorabile: Fofò è un protagonista che rimane impresso per la sua vivacità, il suo umorismo e la sua tragica umanità.
- Tono bilanciato: Il racconto riesce a essere divertente e commovente senza mai scadere nel sentimentalismo o nell’eccessiva leggerezza.
- Critica sociale: La denuncia delle ingiustizie (giudiziarie, economiche, sociali) è sottile ma efficace, e si rivolge a un pubblico che può riconoscersi nel vissuto di Fofò.
- Finale potente: L’epitaffio è un colpo di genio che chiude il racconto con un misto di ironia e profondità, lasciando il lettore con una sensazione di compiutezza.
- Sottosviluppo di alcuni elementi: I figli, i vicini e il contesto familiare meriterebbero più spazio per dare maggiore peso emotivo alla storia.
- Mancanza di contesto specifico: Un maggiore ancoraggio temporale e spaziale aiuterebbe a radicare la vicenda e a renderla più universale.
- Alcuni passaggi confusi: Certi momenti, come la descrizione dei “guai golosi di figli” o i dettagli sul processo, risultano vaghi e potrebbero essere chiariti.
- Approfondire i personaggi secondari: Dare più spazio ai figli di Fofò, magari con un flashback o un aneddoto che mostri il loro rapporto con il padre, renderebbe il dramma più toccante.
- Chiarire il contesto: Inserire qualche dettaglio sull’ambientazione (una città di provincia? Un cantiere specifico?) o sul periodo storico aiuterebbe a contestualizzare la storia.
- Snellire le ripetizioni: Eliminare o condensare alcune descrizioni ridondanti (ad esempio, l’insistenza sulle liti familiari) per mantenere il ritmo serrato.
- Rafforzare il dramma familiare: Il tema dei figli in carcere è centrale ma trattato in modo rapido. Un maggiore approfondimento, magari con un dialogo o una scena che mostri il dolore di Fofò, potrebbe amplificare l’impatto emotivo.
- Chiarire alcuni passaggi: Frasi evocative ma ambigue, come quelle sui “guai” o sulle liti familiari, potrebbero essere riformulate per maggiore chiarezza senza perdere il loro impatto poetico.
Il racconto su Fofò è un piccolo capolavoro di narrativa popolare, che mescola ironia, critica sociale e poesia per raccontare la vita di un uomo schiacciato dalle difficoltà ma capace di trasformare la sua rabbia in arte. La forza del testo risiede nel personaggio di Fofò, nella sua autenticità e nella sua capacità di parlare al cuore del lettore, ma anche nell’abilità del narratore di bilanciare umorismo e dramma. Con qualche aggiustamento per chiarire il contesto e approfondire i personaggi secondari, il racconto potrebbe guadagnare ancora più forza e universalità. È una storia che celebra la resilienza dei “poveri disgraziati” come Fofò, lasciando un’impronta duratura grazie al suo epitaffio, che è insieme un grido di ribellione e un inno alla vita.
Piaciuto molto come sempre.
Un grande abbraccio

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
14@Nightafter grazie per questo commentone.
Io ho capito che non si deve perdere lo slancio della scrittura, soprattutto non si deve perdere la propria voce. Più volte mi sono ritrovata a rimaneggiare un testo, attenendomi a determinate direttive, capaci, alla fine, di rendere fiscale anche il pezzo più poetico.
È questo, secondo me, ciò che non potrà mai fare l'intelligenza artificiale: avere una voce narrante diversa per ogni autore che gli chiede aiuto.
Capita anche a me di fare un appunto a qualcuno, e poi dire a me stessa "quella imperfezione è la vera firma dell'autore." Ma non come errore, piuttosto come qualità.
Un testo, poi, può essere riscritto mille volte e per altre mille volte ancora si potrà riscrivere e perfezionare.
Grazie per l'apprezzamento, non riuscivo a partecipare da un po', e sono contenta di esserci riuscita.
Io ho capito che non si deve perdere lo slancio della scrittura, soprattutto non si deve perdere la propria voce. Più volte mi sono ritrovata a rimaneggiare un testo, attenendomi a determinate direttive, capaci, alla fine, di rendere fiscale anche il pezzo più poetico.
È questo, secondo me, ciò che non potrà mai fare l'intelligenza artificiale: avere una voce narrante diversa per ogni autore che gli chiede aiuto.
Capita anche a me di fare un appunto a qualcuno, e poi dire a me stessa "quella imperfezione è la vera firma dell'autore." Ma non come errore, piuttosto come qualità.
Un testo, poi, può essere riscritto mille volte e per altre mille volte ancora si potrà riscrivere e perfezionare.
Grazie per l'apprezzamento, non riuscivo a partecipare da un po', e sono contenta di esserci riuscita.

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
15ciao @Adel J. Pellitteri
"[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Un testo, poi, può essere riscritto mille volte e per altre mille volte ancora si potrà riscrivere e perfezionare."[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Non dirlo a me amica mia, che sono impegnato nella titanica impresa di rivedere e riscrivere tutto quello che ho scritto fino a ora
[/font]
"[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Un testo, poi, può essere riscritto mille volte e per altre mille volte ancora si potrà riscrivere e perfezionare."[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Non dirlo a me amica mia, che sono impegnato nella titanica impresa di rivedere e riscrivere tutto quello che ho scritto fino a ora

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
17Fofò è un personaggio di cui ti innamori, ne conosci uno simile nella vita reale, in qualunque secolo tu ti ritrovi a vivere! Grazie mille per questo brillante esempio di caratterizzazione, riuscita sino a farmelo visualizzare nella mente.
Da lettore, mi hai saputo solleticare l'umorismo, con l'ironia pungente... aspettavo il prossimo epitaffio ad ogni caporiga.
Mi sono divertito, anche se trovo corretto suggerire l'inserimento di una svolta dei fatti più repentina, un'azione che definisce la storia.
Hai sicuramente messo tutta la tua cura in una così articolata ricostruzione fantasiosa, ti ringrazio.
Da lettore, mi hai saputo solleticare l'umorismo, con l'ironia pungente... aspettavo il prossimo epitaffio ad ogni caporiga.
Mi sono divertito, anche se trovo corretto suggerire l'inserimento di una svolta dei fatti più repentina, un'azione che definisce la storia.
Hai sicuramente messo tutta la tua cura in una così articolata ricostruzione fantasiosa, ti ringrazio.
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
18Artemis wrote: Fofò è un personaggio di cui ti innamori, ne conosci uno simile nella vita reale, in qualunque secolo tu ti ritrovi a vivere! Grazie mille per questo brillante esempio di caratterizzazioneGrazie a te per per l'apprezzamento.

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
19Nello spazio limitato di questo racconto le descrizioni sono molto particolareggiate (per es. descrivendo il protagonista) e, allo stesso tempo, vaghe quando serve (per es. la descrizione dei commensali). Un dosaggio perfetto, che ci fa immergere in un luogo sconosciuto – sappiamo solo che si tratta di un bar – eppure famigliare.
Con ironia, ci viene presentata la storia di Fofò; una vita non facile, eppure il protagonista affronta le difficoltà con umorismo. Combattivo fino alla fine, si fa incidere sulla lapide l’ultimo dei suoi epitaffi:
Con ironia, ci viene presentata la storia di Fofò; una vita non facile, eppure il protagonista affronta le difficoltà con umorismo. Combattivo fino alla fine, si fa incidere sulla lapide l’ultimo dei suoi epitaffi:
Adel J. Pellitteri wrote: Visitato dai guai perennemente gli si piantarono in casa meglio dei parenti.Perché la battaglia di Fofò contro le ingiustizie non è ancora finita; dopotutto, anche Dio ha le sue colpe.
San Pietro allarghi le porte. E pure il paradiso.
Che tutti quanti glieli porto là.
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
20@Adel J. Pellitteri ciao.. Io che vivo di cantieri edili di questi personaggi ne incontro tutti i giorni. Un racconto di altri tempi, stile commedia napoletana.
La disavventura dei figli in seno alla giustizia potrebbe essere plausibile, anche se, messa così, fa acqua..
Nel complesso, non mi ha fatto impazzire..
La disavventura dei figli in seno alla giustizia potrebbe essere plausibile, anche se, messa così, fa acqua..
Nel complesso, non mi ha fatto impazzire..

Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Re: [MI187] Fofò si porta i guai
21Kyra wrote: Nello spazio limitato di questo racconto le descrizioni sono molto particolareggiate (per es. descrivendo il protagonista) e, allo stesso tempo, vaghe quando serve (per es. la descrizione dei commensali). Un dosaggio perfetto, che ci fa immergere in un luogo sconosciuto – sappiamo solo che si tratta di un bar – eppure famigliare.Grazie infinite per il tuo commento
Con ironia, ci viene presentata la storia di Fofò; una vita non facile, eppure il protagonista affronta le difficoltà con umorismo. Combattivo fino alla fine, si fa incidere sulla lapide l’ultimo dei suoi epitaffi: Perché la battaglia di Fofò contro le ingiustizie non è ancora finita; dopotutto, anche Dio ha le sue colpe.

Re: [MI187] Fofò si porta i guai
22bestseller2020 wrote: Nel complesso, non mi ha fatto impazzire.Posso capire.
bestseller2020 wrote: Io che vivo di cantieri edili di questi personaggi ne incontro tutti i giorniQuesto mi basta.
Grazie per esserti fermato a commentare.