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«Ecco qua la valigia.» Zio Carmelo la tira giù da sopra l’armadio, è avvolta in un pezzo di matapollo. «Si vede che era destinata a te» dice.
È di colore beige, leggera e immacolata.
Me la rigira davanti come fosse un venditore «È di fibrone, ha le cinghie in cuoio, guarda le fibbie, sono ancora lucide.»
«Tu perché non sei partito più?»
Si volta a fissare la parete dove è appeso il suo diploma di scuola elementare, è datato 1869, in caratteri elaborati c’è una scritta che legge ad alta voce: «Ti condurrò per le vie della sapienza ti incamminerai per i sentieri della giustizia e quando in essi sarai entrato non troverai ostacolo al tuo corso né inciampo ai tuoi passi. E invece di inciampi ne ho trovato tanti, Pinù. Avrei voluto studiare ma non c’erano soldi. Per anni ho fatto il ragazzo di bottega, ho pedalato più io che Emilio Petiva.» Ride, batte la mano sulla valigia e aggiunge «Mi chiamavano bicicletta, ma sognavo sempre di potere riprendere gli studi, solo che con la morte di mio padre, tuo nonno, a quindici anni divenni capofamiglia.»
«E poi?»
«E poi, e poi, morta mia madre, parecchio tempo dopo, capii che per i libri era troppo tardi. Tuo padre poteva ormai cavarsela da solo, e io decisi di andare in cerca di fortuna e per essere certo che sarei partito comprai subito la valigia. Volevo andare in Africa, a Tunisi come molti conoscenti facevano da tempo e, invece, mentre mettevo da parte i soldi per il viaggio mi sono innamorato di Marietta. Lavorava alla tonnara e per corteggiarla mi feci assumere lì anch’io. E adesso a Tunisi ci vai tu, sei contento? Quando me lo hai detto ho rivisto me stesso e ho deciso di darti una mano anche con quella testa dura di tuo padre. Per mio fratello dovremmo stare tutti sotto i Florio “con loro non ci mancherà mai niente” ripete sempre come un pappagallo. Non ha capito che qui e ai Florio le cose non vanno più bene come un tempo. Sembra non se ne accorga nessuno ma ‘Gnazziddu Floriu nunnè comu a so’ patri.»
«Ma chi dici ziu? I Florio sunnu onnipotenti.»
«Onniputenti c’è sulu ‘u Signiuruzzu, ‘un tu scurdari mai, Pinù.»
Sul piroscafo, i siciliani siamo in cinquantadue: diciassette trapanesi, ventuno panteschi, dodici lampedusani e due, compreso me, favignanesi. La maggior parte di loro è operaio specializzato, i trapanesi sono quasi tutti corallari, mentre i panteschi s’intendono di vigneti.
Io non so cosa farò, ma spero di fare il parrucchiere. Acconciavo i capelli di mia madre con le cartine e il ferro, e di nascosto da mio padre sono andato a fare lo shampista nell’unica parruccheria dell’isola; l’unica, almeno, con l’insegna e la licenza per esercitare. Mio padre lo scoprì tempo niente e me le suonò di santa ragione. Ecco perché ho deciso di partire, per lui dovrei fare domanda per lavorare alla tonnara come lui, lo zio Carmelo e la zia Marietta. Nonostante le pedate ho detto no e lui, quando ha sentito che volevo andare a Tunisi, prima ha battuto i pugni sul tavolo, poi si è messo a ridere “vai, vai” mi ha detto “tanto torni con lo stesso piroscafo senza nemmeno sbarcare.”
Si riferiva al fatto che mi sarebbero mancati troppo mia madre e la mia Favignana con le sue cave e i suoi colori.
Attracchiamo a La Goulette mentre albeggia. I passeggeri, in maggior parte, hanno l’aspetto di straccioni, i loro bagagli, perlopiù, sono pacchi legati con lo spago o gran fagotti avvolti con del tessuto grezzo; io, con la mia valigia di fibrone, l’abito senza rattoppi e i capelli tirati indietro con la brillantina, sbarco a testa alta. Il mio aspetto, per il mestiere che sono venuto a fare, è importante.
Appena scesi ci incamminiamo compatti, sembriamo una scolaresca, abbiamo paura di allontanarci l’uno dall’altro: uniti siamo ancora quel lembo di terra che abbiamo lasciato in cambio di una patria straniera.
Re: 1910
2@Adel J. Pellitteri
Leggo e commento:
Titolo 1910. Perché?
Vado avanti a
Cambierei solo il titolo, ma pensaci tu. Io la data l'avrei messa prima di iniziare il testo.

Leggo e commento:
Titolo 1910. Perché?
Vado avanti a

Adel J. Pellitteri wrote: invece, mentre mettevo da parte i soldi per il viaggio virgola mi sono innamorato di Mariettaper chiudere l'inciso.
Adel J. Pellitteri wrote: Sul piroscafo, i siciliani siamo in cinquantadue:Ti suggerisco di siciliani invece di i siciliani.
Adel J. Pellitteri wrote: La maggior parte di loro noi è operaio specializzato, i trapanesi sono quasi tutti corallari, mentre i panteschi s’intendono di vigneti.per analogia al siamo siciliani di prima
Adel J. Pellitteri wrote: Appena scesi ci incamminiamo compatti, sembriamo una scolaresca, abbiamo paura di allontanarci l’uno dall’altro: uniti siamo ancora quel lembo di terra che abbiamo lasciato in cambio di una patria straniera.Bellissimo finale! Brava @Adel J. Pellitteri. Indovinato lo stile e il messaggio del racconto, che spero sia il primo capitolo di un avvincente romanzo.
Cambierei solo il titolo, ma pensaci tu. Io la data l'avrei messa prima di iniziare il testo.
Re: 1910
3Poeta Zaza wrote: Indovinato lo stile e il messaggio del racconto, che spero sia il primo capitolo di un avvincente romanzo.Grazie infinite, hai indovinato: è l'incipit di un nuovo lavoro. E volevo sondare l'impatto.
Cambierei solo il titolo, ma pensaci tu. Io la data l'avrei messa prima di iniziare il testo
1910 (in realtà è un titolo provvisorio) è, grossomodo, l'inizio di un periodo di forte emigrazione (va dal 1910 al 1925) soprattutto di siciliani verso la Tunisia. Mi affascina questo periodo.
Al momento, ho appena finito di scrivere il mio nuovo romanzo (adesso comincia la ricerca dell'editore, anche se vorrei provare la strada dell'agenzia) e quindi avrò più "tempo" (almeno spero) da passare con voi.
Re: 1910
4@Adel J. Pellitteri
"La maggioranza dei passeggeri ha l'aspetto di straccioni, i loro bagagli sono in gran parte legati con lo spago"oppure "Quasi tutti i passeggeri hanno l'aspetto di straccioni, i loro bagagli sono in gran parte legati con lo spago"
Quello però che mi ha subito colpito sono stati il diploma di zio Carmelo e la bicicletta: entrambi ho pensato a come potessero essere accettabili nel momento storico in cui li collochi, quindi ho fatto una blanda ricerchina in rete per capire se questa "stortura temporale" era solo nella mia testa.
Stai chiaramente trattando di una famiglia operaia in Sicilia, che pare abbastanza arduo, nel 1867, avesse potuto mandare il figlio a scuola: non c'erano soldi, poche scuole, pochi maestri, e ai figli, soprattutto maschi, un lavoretto lo si trovava anche da piccoli. Da documenti reperibili in rete l'analfabetismo in Sicilia in quegli anni toccava circa l'80%: uguale a dire che a scuola andavano generalmente solo i figli della borghesia. Nel 1861 in Sicilia c'erano 0,86 alunni per 100 abitanti: anche se 5 anni dopo le cose erano migliorate, è dura pensare che lo zio Carmelo facesse parte di quella élite.
Se per qualche motivo, per il romanzo, è importante questo elemento distintivo dello zio Carmelo, cercherei di accompagnarlo almeno a qualcosa che ne delineasse la straordinarietà: "Sua madre aveva risparmiato fino all'inverosimile per permettergli di studiare", oppure "Si riteneva molto fortunato ad aver potuto frequentare la scuola in quanto..."
Stesso discorso per la bicicletta: se zio Carmelo nel 1869 aveva 8 anni, ammettiamo che il "bimbo di bottega" lo abbia fatto a 10: le prime biciclette in Italia risulta siano apparse proprio in quegli anni, perciò molto (troppo) costose per un operaio o contadino (minimo 4 mesi di paga).
Molto, molto bella la frase finale.
L'argomento è senz'altro interessante, dato lo stereotipo che vede l'italiano emigrato in America. E doppiamente interessante perché se l'emigrato in America trova, rispetto alla realtà italiana, un "paese delle meraviglie", a Tunisi dovrebbe trovarsi in un contesto sociale e culturale esattamente opposto.

wrote:Sul piroscafo, i siciliani siamo in cinquantadueSul piroscafo siamo cinquantadue siciliani
wrote:I passeggeri, in maggior parte, hanno l’aspetto di straccioni, i loro bagagli, perlopiù, sono pacchi legati con lo spagoAnche se i termini usati sono diversi, il "suono" abbinato alla punteggiatura danno secondo me un senso di ridondanza. Potrebbe essere:
"La maggioranza dei passeggeri ha l'aspetto di straccioni, i loro bagagli sono in gran parte legati con lo spago"oppure "Quasi tutti i passeggeri hanno l'aspetto di straccioni, i loro bagagli sono in gran parte legati con lo spago"
Quello però che mi ha subito colpito sono stati il diploma di zio Carmelo e la bicicletta: entrambi ho pensato a come potessero essere accettabili nel momento storico in cui li collochi, quindi ho fatto una blanda ricerchina in rete per capire se questa "stortura temporale" era solo nella mia testa.
Stai chiaramente trattando di una famiglia operaia in Sicilia, che pare abbastanza arduo, nel 1867, avesse potuto mandare il figlio a scuola: non c'erano soldi, poche scuole, pochi maestri, e ai figli, soprattutto maschi, un lavoretto lo si trovava anche da piccoli. Da documenti reperibili in rete l'analfabetismo in Sicilia in quegli anni toccava circa l'80%: uguale a dire che a scuola andavano generalmente solo i figli della borghesia. Nel 1861 in Sicilia c'erano 0,86 alunni per 100 abitanti: anche se 5 anni dopo le cose erano migliorate, è dura pensare che lo zio Carmelo facesse parte di quella élite.
Se per qualche motivo, per il romanzo, è importante questo elemento distintivo dello zio Carmelo, cercherei di accompagnarlo almeno a qualcosa che ne delineasse la straordinarietà: "Sua madre aveva risparmiato fino all'inverosimile per permettergli di studiare", oppure "Si riteneva molto fortunato ad aver potuto frequentare la scuola in quanto..."
Stesso discorso per la bicicletta: se zio Carmelo nel 1869 aveva 8 anni, ammettiamo che il "bimbo di bottega" lo abbia fatto a 10: le prime biciclette in Italia risulta siano apparse proprio in quegli anni, perciò molto (troppo) costose per un operaio o contadino (minimo 4 mesi di paga).
Molto, molto bella la frase finale.
L'argomento è senz'altro interessante, dato lo stereotipo che vede l'italiano emigrato in America. E doppiamente interessante perché se l'emigrato in America trova, rispetto alla realtà italiana, un "paese delle meraviglie", a Tunisi dovrebbe trovarsi in un contesto sociale e culturale esattamente opposto.

Re: 1910
5@Sienna innanzittutto ti ringrazio per esserti fermato/a a commentare, ottimi suggerimenti sulla ridondanza e per il "cinquantadue siciliani", scorrerebbe tutto decisamente meglio. Comprendo perfettamente le tue perplessità circa il diploma di scuola elementare e la bicicletta, ma mi sono rifatta al diploma di mio nonno stessa data e stessa dicitura. Le statistiche non sono verità uniforme, esistono casi singoli che esulano dalla maggioranza"; Infatti, ho voluto citare anche la dicitura stampigliata in caratteri molto elaborati, per dare voce all'autenticità di ciò che ho scritto. Vi assicuro che, a quel tempo e a paragone, biciclette ne circolavano più in Sicilia che in alt'Italia. Il Nord era molto più povero rispetto al Sud, e chi dice il contrario mente (al di là delle condizioni generali della massa). Non che tutti avessero la due ruote, ma qualcuno (e mio nonno, che però viveva a Palermo, era tra questi) sì. I miei personaggi partono da una condizione di "benessere collettivo"; l'imprenditoria dei Florio, a Favignava, aveva portato un certo "agio" alla comunità.
Mi fa piacere che ti sia piaciuta la frase conclusiva e spero di continuare a sondare quella realtà (il fenomeno migratorio verso l'Africa), anche se non trovo granché, almeno per l'argomento che voglio trattare. Una mia prozia è rimasta a Tunisi e mi ricordo che da bambina, quando veniva a trovarci, fine anni '60, mi affascinava con le sue parole in francese. Lei non tornò mai definitivamente. Mi dispiace non avere avuto, allora, la possibilità di parlarle da adulta per memorizzare la sua esperienza, mi è rimasto solo un vago ricordo.
Grazie ancora e alla prossima.
Mi fa piacere che ti sia piaciuta la frase conclusiva e spero di continuare a sondare quella realtà (il fenomeno migratorio verso l'Africa), anche se non trovo granché, almeno per l'argomento che voglio trattare. Una mia prozia è rimasta a Tunisi e mi ricordo che da bambina, quando veniva a trovarci, fine anni '60, mi affascinava con le sue parole in francese. Lei non tornò mai definitivamente. Mi dispiace non avere avuto, allora, la possibilità di parlarle da adulta per memorizzare la sua esperienza, mi è rimasto solo un vago ricordo.
Grazie ancora e alla prossima.
Re: 1910
6Ciao @Adel J. Pellitteri, passo da te in questo pomeriggio ozioso per leggere qualcosa di storico. E tu non hai per niente deluso le mie aspettative.
Alla fine del racconto, ho sentito un piccolo brivido d'emozione e mi è venuta la pelle d'oca.
Per il mio modestissimo (e ignorante) parere di lettrice, il tuo riferimento all'imprenditoria dei Florio è stato abbastanza chiaro da darmi un quadro nitido dell'agiatezza della comunità, perciò la bicicletta o gli studi del nonno non mi sono sembrati strani.
Ma sarà anche che, pure dove vivo io, le famiglie "bene" hanno decretato per tantissimi anni il benessere esteso di tutto un paese.
Ho poi imparato un termine nuovo: matapollo. Che meraviglia i dialettalismi in grado di dare quel qualcosa in più alle descrizioni.
Grazie di cuore per questo spaccato della storia d'Italia. Mi ha coinvolto ed emozionata. Che è scritto molto bene non te lo dico neanche, ma spero di leggere il romanzo completo, un giorno!
A rileggerti.
Alla fine del racconto, ho sentito un piccolo brivido d'emozione e mi è venuta la pelle d'oca.
Per il mio modestissimo (e ignorante) parere di lettrice, il tuo riferimento all'imprenditoria dei Florio è stato abbastanza chiaro da darmi un quadro nitido dell'agiatezza della comunità, perciò la bicicletta o gli studi del nonno non mi sono sembrati strani.
Ma sarà anche che, pure dove vivo io, le famiglie "bene" hanno decretato per tantissimi anni il benessere esteso di tutto un paese.
Ho poi imparato un termine nuovo: matapollo. Che meraviglia i dialettalismi in grado di dare quel qualcosa in più alle descrizioni.
Grazie di cuore per questo spaccato della storia d'Italia. Mi ha coinvolto ed emozionata. Che è scritto molto bene non te lo dico neanche, ma spero di leggere il romanzo completo, un giorno!
A rileggerti.
Re: 1910
7Claire1987 wrote: Grazie di cuore per questo spaccato della storia d'Italia. Mi ha coinvolto ed emozionata. Che è scritto molto bene non te lo dico neanche, ma spero di leggere il romanzo completo, un giornoChe bella sorpresa trovare questo tuo commento! Bello sapere di avere emozionato un lettore! Spero anch'io di fare diventare questo incipit un romanzo. Grazie di cuore.