Traccia 2. - In crociera
[MI186] Finisterre
La partenza era stata uno spettacolo, sia per chi partiva sia per chi restava.
[MI186] Finisterre
La partenza era stata uno spettacolo, sia per chi partiva sia per chi restava.
Dal molo, gli spettatori alzavano lo sguardo sulla vertiginosa altezza di settanta metri dell'ultimo esemplare tra le navi-città da crociera, tutta impavesata di bandierine colorate e di passeggeri entusiasti.
Dalla nave, le migliaia di imbarcati non sembravano far pendere in avanti la struttura: la stabilità era garantita all'origine.
Il nome della nave, Finisterre, aveva una doppia lettura: di sfida o di inquietudine, a sentire i mormorii degli astanti. Era stato messo per l’auspicio di una navigazione senza limiti, questa la risposta dell’armatore ai media.
"Ho paura. Quello steward mi ha detto che non possono essere sicuri che le persone che scendono siano le stesse che risalgono a ogni scalo. Sai cosa ti dico, Alberto? Se noi due scendiamo e ci perdiamo nei luoghi, qualcuno ci può dare un colpo in testa e risalire col nostro pass sulla nave. Coi nostri documenti, nella nostra cabina. Noi morti o senza memoria, in un posto estraneo e remoto da casa nostra!"
"Voleva fare lo spiritoso e fare colpo su di te, tutto qui. Ha detto una sciocchezza, ne sono sicuro. E poi, che ne sarebbe della sostanza di questo premio, Lucia? Abbiamo vinto questa crociera, noi che non abbiamo mai toccato una terra diversa dalla nostra, e vuoi che solchiamo i mari più profondi senza mai toccare terra?"
"Sai che le escursioni guidate non sono comprese, caro mio. E sai che non possiamo permettercele. E scendere per girare in un porto che sa di pericolo no, ti prego. C'è un paese a bordo da visitare e da vivere. Ed è ancora meglio farlo, non dico soli, ma con un migliaio di persone invece che con dieci volte tanto."
Ecco che la giovane coppia, fortunata a poter fare questa mega crociera sull'ultimo grido di nave-città varata al mondo, si entusiasma a visitare il "moderno galeone" come lo chiamano tra di loro.
Sono ragazzi sani e felici, sposi da qualche anno: queste ferie sono le prime che godono dell'effetto sorpresa.
Per il cibo e le bevande, non si abbuffano ai buffet gratuiti; prediligono le piscine e le passeggiate sull'ultimo ponte, col giro ellittico della pista sul ponte panoramico, ciascuno cronometrando l'altro: sia a nave in movimento, sia a nave ferma. Il momento più bello è la passeggiata mano nella mano, al tramonto.
I posti in avvicinamento hanno un che di accogliente, di familiare, salvo per i deserti sconfinati all'orizzonte, che si alternano a panorami diversi e mozzafiato.
Alla quarta tappa, Alberto dice:
"Ho cambiato idea. Cosa ne dici Lucia se qui scendiamo? Facciamo un giro nelle vicinanze e risaliamo tranquilli quando ci va?"
" Va bene, caro. Non è neppure un posto di quelli col tipico odore di porto che te li fa riconoscere a naso...
Ok. Scendiamo. Prepariamoci a riuscire a toccare terra tra due ore, con la coda che c'è." ride Lucia col marito.
Il giro portuale non dà soverchia soddisfazione alla coppia, comunque appagata di procedere insieme, stretti uno all'altra.
Prima di risalire, si fanno scattare una foto davanti alla prora della gigantesca nave sullo sfondo.
Soltanto tornati a bordo, la esaminano con attenzione: c'è una "cosa" che sporge dalla sommità della prua.
"Voleva fare lo spiritoso e fare colpo su di te, tutto qui. Ha detto una sciocchezza, ne sono sicuro. E poi, che ne sarebbe della sostanza di questo premio, Lucia? Abbiamo vinto questa crociera, noi che non abbiamo mai toccato una terra diversa dalla nostra, e vuoi che solchiamo i mari più profondi senza mai toccare terra?"
"Sai che le escursioni guidate non sono comprese, caro mio. E sai che non possiamo permettercele. E scendere per girare in un porto che sa di pericolo no, ti prego. C'è un paese a bordo da visitare e da vivere. Ed è ancora meglio farlo, non dico soli, ma con un migliaio di persone invece che con dieci volte tanto."
Ecco che la giovane coppia, fortunata a poter fare questa mega crociera sull'ultimo grido di nave-città varata al mondo, si entusiasma a visitare il "moderno galeone" come lo chiamano tra di loro.
Sono ragazzi sani e felici, sposi da qualche anno: queste ferie sono le prime che godono dell'effetto sorpresa.
Per il cibo e le bevande, non si abbuffano ai buffet gratuiti; prediligono le piscine e le passeggiate sull'ultimo ponte, col giro ellittico della pista sul ponte panoramico, ciascuno cronometrando l'altro: sia a nave in movimento, sia a nave ferma. Il momento più bello è la passeggiata mano nella mano, al tramonto.
I posti in avvicinamento hanno un che di accogliente, di familiare, salvo per i deserti sconfinati all'orizzonte, che si alternano a panorami diversi e mozzafiato.
Alla quarta tappa, Alberto dice:
"Ho cambiato idea. Cosa ne dici Lucia se qui scendiamo? Facciamo un giro nelle vicinanze e risaliamo tranquilli quando ci va?"
" Va bene, caro. Non è neppure un posto di quelli col tipico odore di porto che te li fa riconoscere a naso...
Ok. Scendiamo. Prepariamoci a riuscire a toccare terra tra due ore, con la coda che c'è." ride Lucia col marito.
Il giro portuale non dà soverchia soddisfazione alla coppia, comunque appagata di procedere insieme, stretti uno all'altra.
Prima di risalire, si fanno scattare una foto davanti alla prora della gigantesca nave sullo sfondo.
Soltanto tornati a bordo, la esaminano con attenzione: c'è una "cosa" che sporge dalla sommità della prua.
La polena
Non mi ero ancora accorta di essere diventata io a indicare la rotta alla nave, ma sento che è la mia ora: l'ingranaggio è partito e niente e nessuno lo fermerà.. Ero un pezzo di legno, pregiato sin che vuoi, ma inerte, che serviva un galeone di secoli fa. La mia fibra, alterata, è stata montata e adattata sul punto più alto della prora esterna della nave più grande del mondo di questo secolo.
Non mi ero ancora accorta di essere diventata io a indicare la rotta alla nave, ma sento che è la mia ora: l'ingranaggio è partito e niente e nessuno lo fermerà.. Ero un pezzo di legno, pregiato sin che vuoi, ma inerte, che serviva un galeone di secoli fa. La mia fibra, alterata, è stata montata e adattata sul punto più alto della prora esterna della nave più grande del mondo di questo secolo.
Dal basso, sono sempre sembrata un cono d'ombra. Quello che non ci si aspetta di vedere non si vede, non c'è, si giustifica diversamente.
Mentre era caratteristica di velieri antichi, dove si armonizzavano, le mie pari, con le strutture agili e armoniose. Va a sapere perché, il costruttore di questa città galleggiante ha voluto inserirmi nella trama di questo enorme galeone, e per di più col braccio destro e l'indice teso a indicare la meta. Sempre dritto.
Sono così minuscola in rapporto all'enormità della nave che nessuno mi vede, neppure quando i crocieristi risalgono.
Però quei due giovani si sono fatti scattare la foto "giusta" per immortalarmi in chiaro con loro.
Bene, fa piacere anche a me avere questo reciproco ricordo.
Alberto si domanda cosa fare. Non si tratta di un effetto ombra, posizionato all'apice della curvatura frontale. Si tratta proprio di una polena, una di quelle che, secoli addietro, innanzi ai galeoni sembravano sfidare i marosi avversi per conto degli equipaggi.
Sono così minuscola in rapporto all'enormità della nave che nessuno mi vede, neppure quando i crocieristi risalgono.
Però quei due giovani si sono fatti scattare la foto "giusta" per immortalarmi in chiaro con loro.
Bene, fa piacere anche a me avere questo reciproco ricordo.
Alberto si domanda cosa fare. Non si tratta di un effetto ombra, posizionato all'apice della curvatura frontale. Si tratta proprio di una polena, una di quelle che, secoli addietro, innanzi ai galeoni sembravano sfidare i marosi avversi per conto degli equipaggi.
Con Lucia, lui arriva al punto più vicino alla zona della prua, ma sono comunque decine di metri in linea d'aria. Ci vanno di notte, e vedono una luce irradiarsi dalla posizione ipotetica di una polena... Ah... potessero affacciarsi a guardare. Del resto, la nave di notte splende e irradia luci ovunque.
Far vedere la foto sul cellulare a qualcuno dell'equipaggio? "Già, magari allo stesso che mi ha preso in giro" fa Lucia, scuotendo il capo.
Aspettano il prossimo porto, per scendere e verificare di nuovo.
Il giorno dello scalo arriva... ma c'è il panico a bordo.
La nave non è in grado di effettuare le manovre per accostarsi al porto. Continua ad andare dritta, ma su una rotta che il comandante e tutto l'equipaggio vorrebbero modificare e non ci riescono.
L'equipaggio urla, corre in tutte le direzioni, il comandante e gli alti ufficiali sbraitano ordini tecnici all'altoparlante.
Inframmezzati e dall'esito contrario all'intento, giungono ai passeggeri messaggi dal contenuto rassicurante, letti da voci tremanti.
Nel frattempo, troppe voci concitate e smarrite si alzano interrogative e impaurite.
Non ci vuole molto che la pressione del primo centinaio di persone travolga l'accesso al ponte di comando.
La situazione è fuori da ogni controllo: gli strumenti di navigazione non rispondono più ai comandi umani. Gli strumenti umani sono impotenti ad arginare l'effetto paura dell'ignoto che prende tutti.
Per assurdo, la nave non è allo sbando, né potrebbe esserlo, data la stazza e le dimensioni. Per certo, qualcosa la guida.
Il problema è la calca, che uccide e ferisce la massa di gente fuori di sé.
Medici e ufficiali assistono impotenti, fino a quando restano incolumi, alla tragedia in atto. Nessuno strumento di comunicazione con l'esterno, dai cellulari alla stazione radio, ai radar funziona.
Alberto e Lucia sono riusciti a chiudersi in cabina per tempo, e scrutano la foto che è rimasta fissa sullo schermo del cellulare.
Sentono la nave-città perire e soccombere senza naufragare. In centinaia, fuori di sé, dopo aver cercato inutilmente di sganciare le scialuppe di salvataggio, si lanciano in mare da queste e dal ponte più basso, con prevedibile esito letale.
Il rumore e lo spettacolo, per chi lo potesse vedere dall'alto, sarebbe quello di un campo di battaglia a strati.
Questione di poche ore ed è un'ecatombe.
Quando scende il tramonto a tema (rosso sangue), i sopravvissuti si organizzano e liberano i ponti gettando migliaia di cadaveri (o presunti morti) in mare. Comunque, nessuno è in grado di curare i feriti, che nella sera, col favore delle tenebre e degli sciacalli umani, raggiungono i più sfortunati compagni di viaggio.
Nel sopravvenuto silenzio dello sconcerto e dell'orrore, Alberto e Lucia si affacciano dalla loro cabina sul quinto ponte.
Far vedere la foto sul cellulare a qualcuno dell'equipaggio? "Già, magari allo stesso che mi ha preso in giro" fa Lucia, scuotendo il capo.
Aspettano il prossimo porto, per scendere e verificare di nuovo.
Il giorno dello scalo arriva... ma c'è il panico a bordo.
La nave non è in grado di effettuare le manovre per accostarsi al porto. Continua ad andare dritta, ma su una rotta che il comandante e tutto l'equipaggio vorrebbero modificare e non ci riescono.
L'equipaggio urla, corre in tutte le direzioni, il comandante e gli alti ufficiali sbraitano ordini tecnici all'altoparlante.
Inframmezzati e dall'esito contrario all'intento, giungono ai passeggeri messaggi dal contenuto rassicurante, letti da voci tremanti.
Nel frattempo, troppe voci concitate e smarrite si alzano interrogative e impaurite.
Non ci vuole molto che la pressione del primo centinaio di persone travolga l'accesso al ponte di comando.
La situazione è fuori da ogni controllo: gli strumenti di navigazione non rispondono più ai comandi umani. Gli strumenti umani sono impotenti ad arginare l'effetto paura dell'ignoto che prende tutti.
Per assurdo, la nave non è allo sbando, né potrebbe esserlo, data la stazza e le dimensioni. Per certo, qualcosa la guida.
Il problema è la calca, che uccide e ferisce la massa di gente fuori di sé.
Medici e ufficiali assistono impotenti, fino a quando restano incolumi, alla tragedia in atto. Nessuno strumento di comunicazione con l'esterno, dai cellulari alla stazione radio, ai radar funziona.
Alberto e Lucia sono riusciti a chiudersi in cabina per tempo, e scrutano la foto che è rimasta fissa sullo schermo del cellulare.
Sentono la nave-città perire e soccombere senza naufragare. In centinaia, fuori di sé, dopo aver cercato inutilmente di sganciare le scialuppe di salvataggio, si lanciano in mare da queste e dal ponte più basso, con prevedibile esito letale.
Il rumore e lo spettacolo, per chi lo potesse vedere dall'alto, sarebbe quello di un campo di battaglia a strati.
Questione di poche ore ed è un'ecatombe.
Quando scende il tramonto a tema (rosso sangue), i sopravvissuti si organizzano e liberano i ponti gettando migliaia di cadaveri (o presunti morti) in mare. Comunque, nessuno è in grado di curare i feriti, che nella sera, col favore delle tenebre e degli sciacalli umani, raggiungono i più sfortunati compagni di viaggio.
Nel sopravvenuto silenzio dello sconcerto e dell'orrore, Alberto e Lucia si affacciano dalla loro cabina sul quinto ponte.
Passeggeri come fantasmi contusi e strappati dagli occhi spenti sfilano davanti a loro camminando come se non fossero su una stabile nave da crociera dalla solida e composta andatura. Non parlano che a mozziconi di frase: saliamo sull'ultimo ponte a contarci è la frase più comprensibile. Alberto capisce anche che c'è una squadra che ha cominciato a cercare con metodo i sopravvissuti dal ponte più basso, per spingerli a destinazione: la pista sul ponte panoramico, dove, in teoria, possono farsi "vedere" da eventuali mezzi aerei di passaggio, e pregare più vicini al cielo che agli abissi,
I sopravvissuti sono mille, di lingua italiana e inglese, e occupano tutto lo spazio dell'ultimo ponte. Prevalgono gli sguardi folli e il silenzio.Alberto decide di non parlare della polena: rischierebbe la perdita o la distruzione del cellulare. Peggio ancora, di essere sopraffatto dall'orda di un branco senza più autocontrollo.
La gente è atterrita e muta per l'esasperato uso della voce.
Tutti hanno capito che una forza misteriosa si è impadronita della nave Finisterre e la dirige verso una destinazione ignota.
Alberto si stringe una piangente Lucia al petto, e dà voce al comune smarrimento con una cantilena sulla polena e sul loro andare:
Che fa la polena,
che fa della nave?
Da sola governa la prora sicura;
lei solca i marosi,
fantasma si leva
leggera e decisa,
in cerca di un mare diverso,
d'un altrove ch'è intonso ed ignoto.
Lei cerca quel varco al mistero,
alla curva più estrema del mare,
e là si dirige la nave con lei
e gli ignari e moderni pionieri
a bordo rimasti per caso.
che fa della nave?
Da sola governa la prora sicura;
lei solca i marosi,
fantasma si leva
leggera e decisa,
in cerca di un mare diverso,
d'un altrove ch'è intonso ed ignoto.
Lei cerca quel varco al mistero,
alla curva più estrema del mare,
e là si dirige la nave con lei
e gli ignari e moderni pionieri
a bordo rimasti per caso.