Boa: Stelle filanti
Indagine pendente
L’ispettore Nucciarelli uscì nel cortile davanti alla sua casa di Cadenza Po, dove affacciavano altre case dei vicini. Incontrò Pino che saltellava per evitare una pozzanghera, aveva piovuto quella notte. Si accingeva ad aprire la porta basculante del suo garage. Pino era un tranquillo pensionato, aveva lavorato in ferrovia, era vedovo e viveva con un nipote rimasto orfano dei genitori, un ragazzino che frequentava un liceo a Ferrara.
─ Buongiorno Pino. Dove vai di bello?
─ Buongiorno. Vado a Fràra, al mercato. E tu lavori di domenica?
─ Ma capita a volte sai. E poi a casa mi annoio.
─ Eh! Te sei zòan! Io sono al capolinea ormai!
─ Ma va là che sei sempre in forma! E Vincenzino?
─ Ah, è andato a giocare al campetto.
─ L’ho visto un po’ giù questi giorni. Ma sta bene, si?
─ Si, sì. Ci sono sempre pensieri, sai: i giovani.
─ È fortunato ad avere un nonno come te.
─ Mah! Mi bastava avere quarantanni di meno per difenderlo meglio. Ma cerco di arrangiarmi. Non è facile ma cerco, sai. A s’av dem!
Nucciarelli sorrise comprensivo, lui non aveva quei pensieri essendo scapolo, però per un attimo si fermò al pensiero che anche lui avrebbe potuto avere dei nipoti, magari ancora piccoli. Sarebbe stato bello. Mise in moto la sua auto, percorse alcune strade del paese, costeggiò per un tratto il Po dove sulla pista pedonale qualcuno faceva la sua corsetta mattutina, cosa che si riprometteva sempre di fare anche lui, ma poi rimandava. Si mise sulla statale 16 che salvo complicazioni di traffico in un venti minuti lo avrebbe portato alla questura di Ferrara. Faceva tutto in automatico, gli stessi gesti uguali tutti i giorni, senza pensarci. Si ritrovò all’improvviso in città ad attraversare Corso d’Este, fiancheggiando la prefettura e la questura senza far caso al riverbero rosato della parete di Palazzo Diamanti che stava a fianco, rallentando per abitudine sul fitto acciottolato. Traversò un incrocio ed entrò nella porta carraia dell’ufficio passaporti dove lavorava da un paio d’anni, distaccato di poco dalla questura. Quando fu nel parcheggio si rese conto che sarebbe potuto entrare direttamente in questura, ma decise di andarci a piedi, erano quattro passi. Doveva andare proprio dal dottor Fantano che lo aveva convocato d’urgenza. Si chiedeva cosa mai potesse volere, aveva lavorato per anni con Fantano, lo conosceva fin da quando era vice commissario, ci andava d’accordo anche se non approvava il suo fare scherzoso un po’ pesante, da primo della classe. Di cosa mai doveva parlargli il questore? Non certo di passaporti pensò, ed ebbe un leggero presentimento. In teoria Nucciarelli non aveva più compiti investigativi ora che stava in ufficio, ma nel suo mestiere talvolta necessitavano eccezioni alle regole. Fantano nel passato lo aveva buttato in clamorosi pasticci, forse inconsapevolmente, ma Nucciarelli era sempre riuscito a districarsi, ricevendo anche encomi e facendogli fare bella figura. L’ispettore aveva sempre un vasto giro di conoscenze e confidenti con i quali teneva da anni proficui contatti. L’ultimo caso era stato l’arresto di quello psicopatico che aveva ucciso due persone a caso travestito da babbo Natale. Nucciarelli scacciò quel ricordo entrando in questura.
─ Me lo devi risolvere, Nucciarelli. Mi stanno facendo pressione. No: la cosa è seria. Pretendono che si risolva subito.
─ Quando?
─ Ma anche domani.
Nucciarelli sorrise garbato.
─ Domani all’italiana?
Si trattava di un assassinio inspiegabile. Un archeologo, il professor Acquaro, insegnante di storia stimatissimo in alcuni licei in città, era stato pugnalato al cuore in casa sua con una punta sottile, forse uno stiletto. L’assassino, ripreso da due fotocamere esterne, anche se sfocato, indossava una maschera di carnevale orrida, forse la morte, e aveva lasciato sul petto della vittima la copia di un libro scritto dallo stesso Acquaro. La cosa particolare, forse lasciata volutamente, il fatto che sulla copertina del libro fosse ritratta una maschera che ricordava quella dell’assassino.
─ Avete delle foto? ─ chiese Nucciarelli. Il questore ne mostrò alcune. Oltre al cadavere si vedevano ingrandimenti del libro sul petto, intitolato: Antiche vite. Nucciarelli osservò bene.
─ Più che la maschera della morte mi sembra una maschera da teatro greco o romano.
─ Potrebbe. Il professore faceva ricerche di rovine antiche, ville romane. Quel libro parla di una villa bizantina intorno a Ravenna, gli archeologi ci stanno lavorando da anni. Il professore aveva scoperto dei testi incisi su pareti, poesie in stanze segrete, mosaici e li aveva commentati con successo. Forse potrebbe essere un movente: magari i suoi colleghi erano invidiosi dei suoi risultati.
─ Potrebbe essere, già. In quel caso servirà molto tempo per analizzare tutti…
─ Speriamo di no! Non ho… non abbiamo tutto questo tempo. I giornali hanno fatto la sparata del serial killer che va nelle case ad ammazzare come gli capita. È carnevale, molti vanno in giro mascherati, grandi e piccoli. In città hanno paura, i partiti, i giornalisti ci sguazzano perché è sempre colpa della polizia se ci sono squilibrati che uccidono.
─ Ha rubato qualcosa?
─ Assolutamente niente! C’erano soldi in casa, quadri di valore, gioielli. Non ha toccato niente!
─ Non mi sembra però un serial killer. Doveva avere un motivo particolare per uccidere proprio quell’uomo, per evidenziare proprio quel libro. Mettere una maschera simile alla copertina…
─ Già. Ma quale motivo?
─ Come è entrato in casa?
─ Il professore ha aperto dall’interno.
─ Forse lo conosceva. Questo in maschera è lui? ─ disse l’ispettore indicando una figura grossolana e sfocata con una maschera diabolica.
─ Si, è molto sgranato. Stiamo analizzando le misure del viso, ma la maschera non è aderente, sembra di cartapesta e sforma la fisionomia. Stiamo comparando la corporatura con altre simili nel data base, ma niente.
─ È piegato, corpulento, non mi pare un giovane, forse un anziano. Le mani hanno guanti grossi, sembrano di pelle. Ha un giaccone pesante, inopportuno... Non mi sembra un abitudinario del crimine.
─ Guarda: ti aggancio all’indagine, sarai informato di ogni novità, ti vedrai con un paio di colleghi già al lavoro in giro. Analizza per conto tuo, prendi tutto, analizza tutto, avvicina i tuoi contatti…
─ Se non è dell’ambiente sarà lunga…
─ Fai quello che vuoi. Risolvi subito.
Nucciarelli fissò lo sguardo in faccia al questore come a dire: subito? Che film americano hai visto? Dopo qualche altro preliminare inconcludente Il dottor Fantano lo accompagnò alla porta. Nucciarelli vide scaraventati sopra un tavolo laterale dell’ufficio alcuni giornali, su uno risaltava parzialmente una scritta: … brancola nel buio. Anche volendo non si poteva risolvere tutto in un lampo: non era come compilare la settimana enigmistica. Nucciarelli andò a vedere il buco d’ufficio che gli era stato dato, parlò con uno dei colleghi titolari ufficiali dell’indagine. C’era anche Marta, una giovane viceispettrice con la quale aveva lavorato gomito a gomito un paio d’anni prima per recuperare dei minori abbandonati. Ora che lavoravano in sezioni diverse la vedeva di rado. Riconvocare i testimoni che avevano visto la maschera in strada per confermare e se del caso integrare i verbali sarebbe stato un problema: alcuni erano minorenni, sarebbero dovuti venire con un genitore e un avvocato, poi era domenica… Tempo, tempo: ci voleva tempo. Facevano pressione al questore? Si sarebbe preso una camomilla, lui e gli altri. Cercare un assassino non era un’avventura, anche se per alcuni lo era, non tanto per amore della giustizia ma per il piacere di impiegare il tempo, vedere luoghi e persone, girare spesati di tutto. Nucciarelli mandò ad acquistare Antiche vite del professor Acquaro, non voleva toccare l’originale ancora nella busta dei reperti.
─ Vuoi leggerlo? ─ gli disse Marta.
─ Sì. Passo la notte qui.
─ Divertiti. È una schifezza.
─ Lo hai letto allora? Di che parla?
Marta fece una smorfia di disgusto mentre usciva. Nucciarelli lesse parti salienti del libro, rendendosi conto che era una descrizione accurata di mosaici sconci, riproduzioni di testi latini e greci lascivi e, cosa interessante, ancora più sconci commenti del professore, che sembrava compiaciuto e osannante verso quel sistema di vita. Un vero incitamento alla pornografia e anche peggio. Sembravano descrizioni di esperienze reali con le personali interpretazioni del professore. Incredibile come da poesie di quattro righe si potessero estrapolare decine di pagine di disturbi sessuali. Questo professore, per quanto stimatissimo, doveva avere qualche lato oscuro anche di suo. E forse a qualcuno non andava. Già. Ma a chi?
La mattina Marta trovò Nucciarelli che dormiva con la testa reclinata sul tavolo, svegliandolo con il profumo di caffè in un bicchiere di carta.
─ Torno a casa a farmi una doccia poi andiamo a casa del professore e facciamo un giro intorno ─ disse Nucciarelli. Mentre guidava, alla radio la cronaca locale parlava sempre del nuovo serial killer di carnevale, instillando una sottile paura. La cronista dalla voce giovane sembrava divertirsi a spargere il panico dicendo di fare attenzione a maschere lugubri della morte che potevano circolare. Che idiota. Un serial killer poteva anche mettersi la maschera di Biancaneve. Ne aveva idea la giornalista ventenne? Arrivato in cortile parcheggiò la macchina fuori dal garage. Stava per entrare in casa quando qualcuno lo chiamò:
─ Ispettore! Ispettore!
Era Vincenzino, il nipote del signor Pino che aveva raccolto qualcosa davanti alla sua macchina e la osservava come paralizzato. Nucciarelli tornò indietro e vide che il ragazzo aveva in mano il libro di Acquaro e fissava la copertina ansimando. Vabbè, Nucciarelli pensò di aver preso il libro come una qualunque scartoffia dall’ufficio insieme ad altri documenti e al borsello e gli era scivolato a terra scendendo dalla macchina. Ma perché Vincenzino sembrava scioccato? Dubitava molto che leggesse roba del genere, era ancora un bambino, in prima o seconda liceo. Comparve il signor Pino che andava alla sua macchina, probabilmente per accompagnare il nipote a scuola, come faceva spesso. Si avvicinò a Vincenzino che alzò lo sguardo su di lui e fece cadere il libro a terra chinando il capo. Pino si chinò a raccoglierlo.
─ Era in mezzo a documenti che ho preso in ufficio, mi è caduto senza accorgermi e allora… ─ disse Nucciarelli avvicinandosi per prendere quel maledetto libro. Anche Pino spalancò gli occhi, alternando lo sguardo dal libro all’ispettore. Arretrò di qualche passo mettendo le mani avanti, come se volesse schernirsi poi cadde di colpo in ginocchio sull’acciottolato producendo un rumore secco e si riversò faccia a terra stringendo il libro con due mani.
─ Cosa è successo? ─ disse Marta preoccupata andando incontro a Nucciarelli nella sala d’aspetto dell’ospedale.
Guardò verso una fila di panchine dove un ragazzino stava seduto nervosamente a capo chino dietro di loro.
─ Senti, non so bene ma… devi darmi una mano.
─ Ma ti è successo qualcosa? ─ Marta era sinceramente preoccupata e guardava fisso Nucciarelli che per un attimo pensò che sarebbe stato bello trovarsi in un’altra occasione. In quel momento venne un medico.
─ Lei è un parente? ─ disse.
─ No, un amico.
Vincenzino si era avvicinato silenzioso come un gatto spaurito. Voleva sentire qualcosa senza avere il coraggio di chiedere. ─ Per piacere Marta, prendi il ragazzo con te. È un amica Vincenzino, vai tranquillo con lei mentre io vado a vedere come sta il nonno. Suo nonno è un mio amico Marta, abitano vicino a casa mia. Dopo ti spiego.
Pino stava in una stanza, isolato dagli altri pazienti da un separè. Una flebo sospesa in alto.
─ Cosa ha avuto? ─ chiese Nucciarelli.
Il medico disse sottovoce: ─ Sembrava un infarto, i sintomi sono quelli. Stavamo approntando ma poi abbiamo visto…
─ Cosa?
─ Crepacuore.
─ Ma… Come mai? Si salva?
Il medico sospirò.
─ Consideri che ha superato gli ottantacinque...
─ Perché il crepacuore?
─ Un’emozione troppo forte. Insopportabile. È rimasto da poco vedovo?
─ No, sono anni… Che tipo di emozione?
─ Non lo so. È soggettiva. Ha avuto un’emozione che non è riuscito a contenere e che lo ha sopraffatto. Non lo affatichi, parla a stento.
Nucciarelli si chinò su Pino che era a occhi chiusi e respirava lentamente attraverso la cannula d’ossigeno sotto il naso. L’ispettore lo guardò a lungo in silenzio. Pino aprì gli occhi, lo guardò, cercò di parlare. L’ispettore gli strinse un polso per non toccare il buco della flebo.
─ Cosa è successo, Pino?
Il vecchio ansimò alcune volte e in un soffio doloroso disse: ─ Vincen… zino.
─ È qui. Dopo viene. Ma cosa è successo?
Pino scuoteva la testa. Ansimò ancora.
─ Mi arresti? ─ emise con un unico soffio.
─ Ma non scherzare, dai! Lo vedi che stai meglio? Vedrai che tutto passa.
Pino scuoteva la testa.
─ Non passa… Non passa. Sono stato… io…
─ A fare cosa?
─ Ho… ucciso… io… il professore.
Questa era l’ultima cosa al mondo che Nucciarelli poteva immaginare. Non ci sarebbe potuto arrivare. La bocca gli si seccò. ─ Perché? ─ riuscì a dire a fatica.
─ Perché… Perché… Ha fatto male a Vincenzino. Ha fatto…
─ Va bene, va bene. Ho capito. Non parlare.
─ Quelle cose… del libro. Le ha fatte a… Vincen… zino.
Nucciarelli si morse le labbra.
─ Mi arresti allora?
─ Ma no, ma no.
─ Tanto… me ne vado… sai…
Attraverso il polso Nucciarelli sentì aumentare le pulsazioni, si voltò per cercare un medico, suonò il pulsante avvolto alla spalliera del letto.
─ Promettimi… che… prendi…
─ Si, si ti prometto, ti prometto. Dottore! Dottore! Venga qualcuno!
─… Prendi Vincenzino. Prometti.
─ Io… prometto Pino. Tranquillo. Prendo Vincenzino.
─ Prometti!
─ Prometto.
─ Sei sicuro di quello che vuoi fare? ─ disse Marta guidando la sua macchina con Nucciarelli al fianco e Vincenzino esausto sdraiato nel sedile di dietro.
─ Sì. Ti ho spiegato come è andata.
─ L’uomo ha confessato. Pensi che sarà sufficiente a chiudere il caso? ─ disse Marta sottovoce guardando nello specchietto che Vincenzino stesse dormendo.
─ Non sarà chiuso, ti ho detto.
─ Parli seriamente? Sai a cosa vai incontro?
─ Sì. Ma lo sai solo tu. E forse lui ─ disse indicando con un cenno il sedile posteriore.
─ Ho capito. Non hai intenzione di dirlo. Perché? Io non so…
─ Ascoltami Marta. Ci conosciamo da un po’.
─ Direi di si.
─ Ascoltami: quel vecchio ha avuto una vita di stenti, è rimasto vedovo, aveva un figlio che poi se ne è andato in un incidente con la moglie, lasciando un bambino che lui ha accudito come un figlio. Poi salta fuori… tutta quella roba là.
─ Poteva denunciare…
─ Poteva. Ma non l’ha fatto. Ha agito diversamente.
─ Quindi è giusto? Lo giustifichi?
─ No! Per niente! Ma adesso il vecchio non c’è più.
─ Non c’è più neanche quell’altro…
─ Non meritava di vivere.
─ Non ci posso credere che parli così! Mi sembravi…
─ Cosa ti sembravo? Dillo.
Marta scosse la testa. ─ Bisogna che qualcuno si prenda cura di lui.
─ Non deve andare in un istituto! Ha già subito abbastanza.
─ Quindi?
─ Quindi tu hai ottimi requisiti per proporti come tutrice. Il giudice non avrà problemi ad affidarti un ragazzino, hai eccellenti referenze come poliziotta, hai due figli, sei regolarmente divorziata, hai una casa…
─ Anche tu hai ottime referenze, sei un poliziotto e sei scapolo. O no? E cosa dirai al questore per le indagini?
─ L'indagine resterà pendente. Lo deluderò. Non importa. Tanto commissario non ci diventavo comunque.
In quel momento si sentì uno scoppiettio provenire dal sedile anteriore e il cruscotto fu invaso da un mare di stelle filanti colorate che invasero l’abitacolo e anche il parabrezza. Vincenzino si era svegliato confuso e spaventato, coperto di stelle filanti appiccicate in faccia e nei capelli; aveva azionato nel sonno un tubetto rimasto nei sedili dai recenti acquisti di carnevale che Marta aveva fatto per i suoi bambini. Non era il caso di ridere.
Nucciarelli spostava le stelle filanti dal vetro gettandole dal finestrino, facendole disperdere in lunghe serpentine, però servì ad alleviare la tensione. Nuove vite dovevano cominciare.