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Il treno regionale S3 per Milano Cadorna avanza stancamente sui binari consunti. Fuori dai finestrini appannati si intravede un interland grigio, fatto di case brutte e fatiscenti e terreni a riposo, brulli e desolati.
“Luisa, guarda che meraviglia”. Una donna sulla sessantina, infagottata in un giaccone viola lucido, allunga il cellulare all’amica seduta di fronte a lei. “Lo abbiamo finito ieri, io, Nina e le bambine”, continua a raccontare con entusiasmo, mentre mostra la foto con un alberello di natale spiumato. In cima, al posto del canonico puntale a stella, troneggia la testa tonda di un pupazzo di neve dall’aria giuliva.
Luisa fissa l’immagine. “Cascasse il mondo”, pensa, “Mariella ha sempre un motivo per essere di buon umore”.
“Poi alla fine”, continua la prima con un pizzico di teatralità, “abbiamo spento tutte le luci del salotto e acceso le candele sulla tavola e le lucine dell’albero e… che spettacolo!”, conclude emozionata, gli occhi che le luccicano, rievocando quel momento di sublime bellezza.
Luisa, a differenza dell’amica, al natale non ci pensa proprio. Lei neanche l’ha fatto l’albero, quest’anno. Ha crucci diversi nella testa, che le rubano il sonno e le corrugano la fronte: quel pigrone di suo figlio, che non combina niente e passa tutte le giornate sul divano, e quel buono a nulla del marito, che chissà con chi se la spassa mentre lei va al lavoro.
Il treno inizia a rallentare, prima piano piano, poi sempre più, fino a frenare del tutto e a fermarsi fra due stazioni, nel mezzo del nulla. L’altoparlante tace. Il capotreno non si degna di spiegare a quella fiumana di pendolari come mai sono bloccati e quando ripartiranno.
“Insomma, è mai possibile che questo maledetto treno arrivi puntuale?” sbotta Luisa, battendosi con forza una mano sulla coscia tornita.
Mariella, che nel frattempo era passata a elencare una per una le palline acquistate in sconto dai cinesi, cerca di consolarla: “Su su, che fra poche settimane ci godiamo tutte un po’ di vacanza!”. Poi, per strapparle un sorriso, porta le mani a forma di imbuto davanti alla bocca e con voce perentoria ordina al treno di ripartire.
Luisa non sorride per niente. Una ragnatela di rughe sottili le cerchiano gli occhi, stanchi e spenti: ciascuna nasconde una delusione. I trent’anni passati a fare le pulizie nelle case dei ricchi milanesi l’hanno sfiancata: è stufa marcia di stirare i colli delle camicie, di grattare gli stipiti, di pulire finestre. Si sente mancare al pensiero che sia solo lunedì, che il treno sia bloccato e che la settimana sia ancora tutta in salita: “Altro che vacanza… Ancora tre anni e me ne vado in pensione! Adesso che la sciura sta male, mi tocca pure farle da infermiera… Per mille euro al mese faccio fin troppo”, ribatte amareggiata.
Anche Mariella, come Luisa, fa i mestieri. La diverte sempre un mondo pensare a chi si è inventato il titolo di “collaboratrice domestica”. Certo, “signora delle pulizie” era meno elegante, ma molto più sincero. La fa ridere pensare che questa gentilezza linguistica esista solo a beneficio di chi se l’è inventata: creano un titolo altisonante, così non si sentono in colpa del loro privilegio quando tu gli lavi le mutande. A Mariella non importa un fico secco di titoli e sottotitoli. Lei non è neanche a contratto, prende tutto in nero e lavorerà finché avrà forza nelle braccia, che finora non le è mai mancata.
“Lo sai che fa, la figlia della sciura?”, prosegue Luisa, tormentandosi una crosticina sul polso sinistro, “Non fa un bel niente. Vive di rendita, senza figli. Si diverte proprio. Mai una volta che sia venuta a prendersi cura della madre. Ma quando passa a curiosare è sempre attenta a trovare un granello di polvere lasciato indietro e a criticarmi”. Si distrae per un attimo dal suo rancore, fissando il paesaggio immobile fuori dai finestrini e ricordandosi che farà ritardo: “E poi, perché siamo ancora bloccati qui? Se non arrivo entro le nove mi faranno una testa così!”
“Ma non bisogna aver fretta di andare a lavorare!” replica Mariella, guardandola con maliziosa complicità. “Calma, calma, che tanto la medaglia non ce la danno. Soldi in più non ce ne danno. E quando uno si lamenta con te, lo sai cosa devi fare? Basta far entrare da qui e uscire da là”. Conclude, indicandosi prima l’orecchio destro e poi il sinistro.
Il treno compie finalmente qualche incerto balzello in avanti e, con fatica, riprende la sua corsa nella nebbia. Prossima fermata: Milano Cadorna.
Re: Storie dal treno
2@MaiaMoon
Come d'abitudine, inizio col segnalare alcune note e consigli secondo il mio parere: spero ti siano utili e graditi.
@MaiaMoon
Hai scelto di tracciare un percorso da pendolari, narrando con pennellate tocchi di vita di due lavoratrici domestiche che si incrociano in treno. Tratteggi bene il carattere delle due (una estroversa e aperta alla vita, l'altra cupa e piena di recriminazioni).
Lo stile è scorrevole e chiaro: il racconto è gradevole e si legge bene.
Ho notato la brevità del testo: ti suggerisco di arricchirlo con qualche episodio in più narrato dalle due donne, per fare passare amichevolmente il forzato tempo di attesa. Episodi leggeri, quotidiani; niente di troppo personale, ché hai fatto capire che sono semplici conoscenti.
Comunque, nel complesso, il tuo racconto mi è piaciuto e spero di rileggerti a breve.

Come d'abitudine, inizio col segnalare alcune note e consigli secondo il mio parere: spero ti siano utili e graditi.
MaiaMoon wrote: un interland grigio, fatto di casehinterland
MaiaMoon wrote: alberello di natale spiumatoNatale va sempre indicato maiuscolo, come le altre festività, tipo Capodanno o Pasqua.
MaiaMoon wrote: al natale non ci pensa proprioNatale
MaiaMoon wrote: fissando il paesaggio immobile fuori dai finestrini e ricordandosi constatando che farà ritardo:Ti suggerisco anche (al posto di "farà ritardo"): che farà tardi oppure che ritarderà.
MaiaMoon wrote: Tue Dec 31, 2024 12:47 pmSoldi in più non ce ne danno. E quando uno si lamenta con te, lo sai cosa devi fare? Basta far entrare da qui e uscire da là”.Suggerimento
Così conclude Conclude, indicandosi prima l’orecchio destro e poi il sinistro.
@MaiaMoon

Hai scelto di tracciare un percorso da pendolari, narrando con pennellate tocchi di vita di due lavoratrici domestiche che si incrociano in treno. Tratteggi bene il carattere delle due (una estroversa e aperta alla vita, l'altra cupa e piena di recriminazioni).
Lo stile è scorrevole e chiaro: il racconto è gradevole e si legge bene.
Ho notato la brevità del testo: ti suggerisco di arricchirlo con qualche episodio in più narrato dalle due donne, per fare passare amichevolmente il forzato tempo di attesa. Episodi leggeri, quotidiani; niente di troppo personale, ché hai fatto capire che sono semplici conoscenti.
Comunque, nel complesso, il tuo racconto mi è piaciuto e spero di rileggerti a breve.

Re: Storie dal treno
4"Il treno regionale S3 per Milano Cadorna avanza stancamente sui binari consunti." La frase iniziale pare un film già visto: un treno che avanza stancamente. L'autore vuole probabilmente collegare la stanchezza della protagonista con quella del mezzo che la trasporta. Attenzione poi a quel consunto. I binari possono essere rovinati, malmessi, non curati, arrugginiti, ma consunti?
Anche lo specificare brulli e desolati dopo terreni a riposo, mi pare solo un accrescere quella sensazione di stanchezza che già è fin troppo chiara fin dalle primissime battute.
Il tema del racconto qual è? A mio avviso non tanto la stanchezza delle due donne, o lo sfruttamento, i lavori sottopagati, o il grigiore di una vita senza speranza. Il tema, a mio avviso, è il contrasto tra il modo di intendere e vivere la vita di Luisa e quello di Mariella.
"Luisa fissa l’immagine. “Cascasse il mondo”, pensa, “Mariella ha sempre un motivo per essere di buon umore”.
“Poi alla fine”, continua la prima con un pizzico di teatralità, “abbiamo spento tutte le luci del salotto e acceso le candele sulla tavola e le lucine dell’albero e… che spettacolo!”, conclude emozionata, gli occhi che le luccicano, rievocando quel momento di sublime bellezza."
Luisa, a differenza dell’amica, al natale non ci pensa proprio. Lei neanche l’ha fatto l’albero, quest’anno. Ha crucci diversi nella testa, che le rubano il sonno e le corrugano la fronte: quel pigrone di suo figlio, che non combina niente e passa tutte le giornate sul divano, e quel buono a nulla del marito, che chissà con chi se la spassa mentre lei va al lavoro.
Ecco, Mariella vede qualcosa di bello nella vita sempre, dovunque e con chiunque, mentre Luisa al Natale (maiuscolo) non ci pensa proprio. Luisa è stata sconfitta dalla vita, anzi da un certo modo di pesare la vita, persino la odia quando pensa di spostarla in avanti di tre anni per raggiungere la pensione. L'incapacità di vivere con pienezza il presente è la malattia di Luisa. E riesce bene il contrasto con la visione di Mariella.
Dunque, a mio avviso, una volta che riesci a centrare il tema del racconto, il perché si scrive, ciò che vuoi dire che si sappia, puoi provare ad arricchire il testo, come poeta zaza ti ha suggerito.
Un caro saluto, a rileggerti.
Scusa, sono appena arrivato e non maneggio bene il reparto citazioni.
Anche lo specificare brulli e desolati dopo terreni a riposo, mi pare solo un accrescere quella sensazione di stanchezza che già è fin troppo chiara fin dalle primissime battute.
Il tema del racconto qual è? A mio avviso non tanto la stanchezza delle due donne, o lo sfruttamento, i lavori sottopagati, o il grigiore di una vita senza speranza. Il tema, a mio avviso, è il contrasto tra il modo di intendere e vivere la vita di Luisa e quello di Mariella.
"Luisa fissa l’immagine. “Cascasse il mondo”, pensa, “Mariella ha sempre un motivo per essere di buon umore”.
“Poi alla fine”, continua la prima con un pizzico di teatralità, “abbiamo spento tutte le luci del salotto e acceso le candele sulla tavola e le lucine dell’albero e… che spettacolo!”, conclude emozionata, gli occhi che le luccicano, rievocando quel momento di sublime bellezza."
Luisa, a differenza dell’amica, al natale non ci pensa proprio. Lei neanche l’ha fatto l’albero, quest’anno. Ha crucci diversi nella testa, che le rubano il sonno e le corrugano la fronte: quel pigrone di suo figlio, che non combina niente e passa tutte le giornate sul divano, e quel buono a nulla del marito, che chissà con chi se la spassa mentre lei va al lavoro.
Ecco, Mariella vede qualcosa di bello nella vita sempre, dovunque e con chiunque, mentre Luisa al Natale (maiuscolo) non ci pensa proprio. Luisa è stata sconfitta dalla vita, anzi da un certo modo di pesare la vita, persino la odia quando pensa di spostarla in avanti di tre anni per raggiungere la pensione. L'incapacità di vivere con pienezza il presente è la malattia di Luisa. E riesce bene il contrasto con la visione di Mariella.
Dunque, a mio avviso, una volta che riesci a centrare il tema del racconto, il perché si scrive, ciò che vuoi dire che si sappia, puoi provare ad arricchire il testo, come poeta zaza ti ha suggerito.
Un caro saluto, a rileggerti.
Scusa, sono appena arrivato e non maneggio bene il reparto citazioni.
Re: Storie dal treno
5Ciao @MaiaMoon
Ti lascio degli appunti di carattere personale, buttali via se non li trovi utili:
Il treno regionale S3 per Milano Cadorna avanza stancamente sui binari consunti. Fuori dai finestrini appannati si intravede un interland grigio, fatto di case brutte e fatiscenti e terreni desolati.
Personalmente non sono contraria agli aggettivi, forse qui sono un po’ ridondanti
“Luisa, guarda che meraviglia”.
Meglio aggiungere il punto esclamativo.
Lei neanche l’ha fatto l’albero, quest’anno.
È una frase troppo colloquiale, a mio avviso. “Non ha fatto neanche l’albero, quest’anno. “
Ha crucci diversi nella testa, che le rubano il sonno e le corrugano la fronte
Troppi
quel pigrone di suo figlio, che non combina niente e passa tutte le giornate sul divano,
"Passa le giornate sul divano" dice già che non combina niente
Il treno inizia a rallentare, prima piano piano, poi sempre più, fino a frenare del tutto e a fermarsi fra due stazioni, nel mezzo del nulla.
L’altoparlante tace. Il capotreno non si degna di spiegare a quella fiumana di pendolari come mai sono bloccati e quando ripartiranno.
Ai passeggeri
“Insomma, è mai possibile che questo maledetto treno arrivi puntuale?” sbotta Luisa, battendosi con forza una mano sulla coscia tornita.
non arrivi mai puntuale
“Su su, che fra poche settimane ci godiamo tutte un po’ di vacanza!”.
Non serve il punto dopo le virgolette.
Il racconto si legge bene, con tua scrittura fluida hai creato un bel quadretto che potrebbe essere ampliato. Credo però, e ribadisco che le mie sono opinioni personali, che nel testo ci sia un problema di focalizzazione, che comincia su Luisa e si disperde, alla fine del racconto, su entrambe: a me, perlomeno, ha creato un po’ di perplessità.
Grazie, a rileggerti
Ti lascio degli appunti di carattere personale, buttali via se non li trovi utili:
Il treno regionale S3 per Milano Cadorna avanza stancamente sui binari consunti. Fuori dai finestrini appannati si intravede un interland grigio, fatto di case brutte e fatiscenti e terreni desolati.
Personalmente non sono contraria agli aggettivi, forse qui sono un po’ ridondanti
“Luisa, guarda che meraviglia”.
Meglio aggiungere il punto esclamativo.
Lei neanche l’ha fatto l’albero, quest’anno.
È una frase troppo colloquiale, a mio avviso. “Non ha fatto neanche l’albero, quest’anno. “
Ha crucci diversi nella testa, che le rubano il sonno e le corrugano la fronte
Troppi
quel pigrone di suo figlio, che non combina niente e passa tutte le giornate sul divano,
"Passa le giornate sul divano" dice già che non combina niente
Il treno inizia a rallentare, prima piano piano, poi sempre più, fino a frenare del tutto e a fermarsi fra due stazioni, nel mezzo del nulla.
L’altoparlante tace. Il capotreno non si degna di spiegare a quella fiumana di pendolari come mai sono bloccati e quando ripartiranno.
Ai passeggeri
“Insomma, è mai possibile che questo maledetto treno arrivi puntuale?” sbotta Luisa, battendosi con forza una mano sulla coscia tornita.
non arrivi mai puntuale
“Su su, che fra poche settimane ci godiamo tutte un po’ di vacanza!”.
Non serve il punto dopo le virgolette.
Il racconto si legge bene, con tua scrittura fluida hai creato un bel quadretto che potrebbe essere ampliato. Credo però, e ribadisco che le mie sono opinioni personali, che nel testo ci sia un problema di focalizzazione, che comincia su Luisa e si disperde, alla fine del racconto, su entrambe: a me, perlomeno, ha creato un po’ di perplessità.
Grazie, a rileggerti
Già.
Re: Storie dal treno
6@Ilaris ti ringrazio per questa analisi, l'ho trovata davvero utile e ho trovato tutti i tuoi appunti puntuali. Concordo riguardo al problema di focus, la verità è che ho realmente assistito alla conversazione fra queste due donne, e mi hanno talmente colpita che le ho volute raccontare qui. Ma credo di essermi concentrata proprio sul "bel quadretto", o sull'intenzione di riportare per iscritto ciò che i miei occhi e le mie orecchie avevano testimoniato, che sul vero racconto di una storia (avvincente per il lettore!).
Spero di portare il tuo feedback nel mio prossimo racconto!
Spero di portare il tuo feedback nel mio prossimo racconto!
Re: Storie dal treno
7Piacere di leggerti @MaiaMoon
Mi sembra che ti abbiano fatto delle ottime annotazioni sul testo, non avrei nulla da aggiungere. Provo a darti delle riflessioni personali.
Un racconto che trovo perfetto nella sua lucida semplicità. Con poche parole descrivi il mondo del pendolare nella sua semplice intimità, il sacrificio, l'amarezza di chi deve sopravvivere in una città che per loro ha poco da offrire.
Poi mi ha colpito molto sia perché ero pendolare su quella linea, da studente e poi lavoratore, sia perché mia mamma era una collaboratrice domestica.
Nel breve dialogo emergono le due personalità di Luisa e Mariella, stanche di un lavoro dal quale non ricevono neanche un minimo di gratificazione.
Sembra quasi una situazione senza tempo. Se non fosse per la citazione del cellulare poteva adattarsi al periodo della seconda metà del secolo scorso.
Luisa, come tanti, ha dentro di sé solo l'obiettivo di giungere alla pensione, anche se mancano diversi anni, senza sapere cosa poi in effetti l'attenderà. Ha una vita fuori dal lavoro che non sembra migliore e ha perso la voglia di combattere. Mariella, come la definisce l'amica, trova sempre l'entusiasmo per andare avanti, sente il calore della famiglia ed è propositiva, anche se è trattata nel peggiore dei modi con il lavoro nero, lasciando intuire brutti presagi per il futuro.
Da un semplice dialogo sul treno, metti in mostra un mondo, lo trasmetti senza troppi giri di parole, e nello stesso tempo possiamo immaginare tutti gli altri passeggeri, molti con lo sguardo perso e stanco che guardano dal finestrino.
E poi il treno, forse pensavi proprio a questo con l'aggettivo consunto, logoro, con i finestrini appannati per non dire opachi, intrisi dallo sporco e dalla polvere. E le fermate improvvise senza sapere nulla, magari a pochi metri dalla fermata, quanti ricordi, sono dei misteri difficili da digerire per chi deve lottare con il cronometro per prendere una coincidenza.
A queste immagini che descrivi non ho niente da aggiungere. Bellissime.
Forse, pensando di arricchirlo, poteva essere stato interessante descrivere altri quadretti all'interno dello scompartimento, altre realtà che si potevano sovrapporre a quelle delle due signore. Discorsi tra studenti, altri pendolari di origine straniera, che sicuramente utilizzano i mezzi pubblici più di ogni altro, con le loro vite, i loro sogni, speranze o frustrazioni.
Complimenti
Mi sembra che ti abbiano fatto delle ottime annotazioni sul testo, non avrei nulla da aggiungere. Provo a darti delle riflessioni personali.
MaiaMoon wrote: Fuori dai finestrini appannati si intravede un interland grigio, fatto di case brutte e fatiscenti e terreni a riposo, brulli e desolati.I terreni sono sempre meno e ormai il paesaggio è un cumulo di case che si susseguono quasi senza interruzione. Per arricchire il quadro deprimente si poteva anche aggiungere che oltre alle case si susseguono cumuli di rifiuti appena lo spazio lo consente.
MaiaMoon wrote: Mariella, che nel frattempo era passata a elencare una per una le palline acquistate in sconto dai cinesi, cerca di consolarla: “Su su, che fra poche settimane ci godiamo tutte un po’ di vacanza!”. Poi, per strapparle un sorriso, porta le mani a forma di imbuto davanti alla bocca e con voce perentoria ordina al treno di ripartire.Questo passaggio lo trovo fantastico.
MaiaMoon wrote: “Ma non bisogna aver fretta di andare a lavorare!” replica Mariella, guardandola con maliziosa complicità. “Calma, calma, che tanto la medaglia non ce la danno. Soldi in più non ce ne danno. E quando uno si lamenta con te, lo sai cosa devi fare? Basta far entrare da qui e uscire da là”. Conclude, indicandosi prima l’orecchio destro e poi il sinistro.Bello il finale. Lo spirito di Mariella, forse pessimistico, porta comunque ad affrontare le difficoltà nel modo più saggio.
Il treno compie finalmente qualche incerto balzello in avanti e, con fatica, riprende la sua corsa nella nebbia. Prossima fermata: Milano Cadorna.
Un racconto che trovo perfetto nella sua lucida semplicità. Con poche parole descrivi il mondo del pendolare nella sua semplice intimità, il sacrificio, l'amarezza di chi deve sopravvivere in una città che per loro ha poco da offrire.
Poi mi ha colpito molto sia perché ero pendolare su quella linea, da studente e poi lavoratore, sia perché mia mamma era una collaboratrice domestica.
Nel breve dialogo emergono le due personalità di Luisa e Mariella, stanche di un lavoro dal quale non ricevono neanche un minimo di gratificazione.
Sembra quasi una situazione senza tempo. Se non fosse per la citazione del cellulare poteva adattarsi al periodo della seconda metà del secolo scorso.
Luisa, come tanti, ha dentro di sé solo l'obiettivo di giungere alla pensione, anche se mancano diversi anni, senza sapere cosa poi in effetti l'attenderà. Ha una vita fuori dal lavoro che non sembra migliore e ha perso la voglia di combattere. Mariella, come la definisce l'amica, trova sempre l'entusiasmo per andare avanti, sente il calore della famiglia ed è propositiva, anche se è trattata nel peggiore dei modi con il lavoro nero, lasciando intuire brutti presagi per il futuro.
Da un semplice dialogo sul treno, metti in mostra un mondo, lo trasmetti senza troppi giri di parole, e nello stesso tempo possiamo immaginare tutti gli altri passeggeri, molti con lo sguardo perso e stanco che guardano dal finestrino.
E poi il treno, forse pensavi proprio a questo con l'aggettivo consunto, logoro, con i finestrini appannati per non dire opachi, intrisi dallo sporco e dalla polvere. E le fermate improvvise senza sapere nulla, magari a pochi metri dalla fermata, quanti ricordi, sono dei misteri difficili da digerire per chi deve lottare con il cronometro per prendere una coincidenza.
A queste immagini che descrivi non ho niente da aggiungere. Bellissime.
Forse, pensando di arricchirlo, poteva essere stato interessante descrivere altri quadretti all'interno dello scompartimento, altre realtà che si potevano sovrapporre a quelle delle due signore. Discorsi tra studenti, altri pendolari di origine straniera, che sicuramente utilizzano i mezzi pubblici più di ogni altro, con le loro vite, i loro sogni, speranze o frustrazioni.
Complimenti