[MI 183] Naftalina

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Traccia 3. - Il fratello

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Il poliziotto continua a urlarmi davanti al viso con fare minaccioso.
«Le ripeto che non capisco cosa mi sta chiedendo. Avete un interprete? Posso parlare in inglese,»
Per tutta risposta, l’uomo mi mostra delle manette: «A prisão te espera, senhor Da Silva.»
«Ma chi lo conosce questo Da Silva? Come glielo devo dire che mi chiamo Roberto Menchetti. Sono italiano. Vi ho dato i documentosthe passport…»
Un agente irrompe nella stanza: «Thiago Da Silva está morto.»

***

I ricordi sono una cosa strana, forse sono dovuti a un semplice fatto chimico, una reazione che s’innesca nel cervello quando i nostri sensi incontrano un certo odore, un sapore o magari la consistenza di un oggetto. È ciò che mi è capitato qualche giorno fa, davanti al solito cappuccino e brioche consumato nel bar di fronte alla scuola dove insegno.
«Professore, le spiace se mi siedo accanto a lei?»
La donna, prima che io abbia avuto il tempo di reagire, si è accomodata nella sedia accanto alla mia e mi ha sorriso.
Una signora giovane e molto carina. “Dev’essere la nuova insegnante d’italiano”, ho pensato; non l’avevo ancora vista, ma i miei colleghi me l’avevano descritta bene. A parte l’aspetto, mi ha colpito l’odore di naftalina dei suoi abiti: un odore antico, lo stesso che sentivo ogni volta che abbracciavo mia nonna; non era certo la fragranza adatta a una giovane. Il mio pensiero è corso subito a nonna Amelia, la mia alleata, la persona alla quale ho confidato i miei primi segreti… quanto sarebbe stata orgogliosa sentendomi chiamare “professore”; invece, lei non ha avuto neppure la soddisfazione di vedermi laureato.
La signorina ha abbassato lo sguardo e in quel momento mi sono reso conto di fissarla in modo sconveniente; per fortuna il suono di una notifica sullo smartphone mi ha tolto dall’imbarazzo.
Si trattava di un laconico messaggio di mio padre: “Ho trovato un acquirente per la casa della nonna”.
Stavo pensando ancora ad Amelia quando ho ricevuto il messaggio che parlava della sua casa… Se fossi uno che crede alle coincidenze, avrei anche potuto supporre che la nonna avesse trovato il modo di comunicarmi dall’aldilà qualcosa d’importante.
Comunque sia, coincidenza o no, per una volta ho dato retta all’istinto: l’odore di naftalina aveva appena attivato qualche interrutore nella mia memoria e dovevo capire il perché.
Così, ho chiesto un permesso al preside per assentarmi dalle lezioni. Mi sono detto che valeva la pena di vedere un’ultima volta la casa in cui ho trascorso le ore più belle della mia infanzia.

La ricordavo molto più grande, ma l’odore di fumo del camino incrostato nelle pareti era ancora lo stesso. Ho salito le scale di graniglia liscia e lucida che portano al piano superiore. In camera ho ritrovato il grande letto “a bandone” con piccoli intarsi di madreperla, il lavamano di smalto bianco e l’armadio che sa ancora di naftalina nonostante il tempo trascorso. Ho cercato dappertutto il portagioie della nonna, una scatola di legno che suonava “la vie en rose” quando si sollevava il coperchio. Mi sarebbe piaciuto tanto ritrovarlo, ma sopra i mobili c’era solo uno spesso strato polvere. Mi sono fatto coraggio (detesto ragni, topi e qualsiasi bestia immonda si annidi nell’oscurità) e sono salito in soffitta. Dall’abbaino filtrava poca luce, così mi sono aiutato con la torcia del cellulare. Rovistavo qua e là tra le cianfrusaglie, quando una cartellina mi è caduta sui piedi. Mi sono chinato per raccoglierla e mi sono accorto che cadendo si era aperta: il contenuto era sparso sul pavimento.
I fogli, datati 29 aprile 1971, si leggevano a malapena. Dovevano essere delle copie. I caratteri  erano sbavati di sicuro per colpa dell’umidità e della carta carbone. L’intestazione della lettera però si leggeva bene: Lar Santo Antônio - Tupã, São Paolo.
Che cosa c’entrava mia nonna col Brasile?
Per quanto ne ho sempre saputo, il viaggio più lungo che abbia fatto è stato da Firenze a Cecina quando si è sposata. Ho raccolto le foto: c’ero io in tutte quante. In quella che stringevo tra le dita avrò avuto tredici o quattordici anni al massimo. Che strano, non ricordavo di portare i capelli così lunghi.
Mi sono avvicinato al lucernario per osservarla meglio ma, per quanto mi sia sforzato, non sono riuscito a riconoscere nemmeno la bicicletta che stavo mostrando con orgoglio. Eppure quel ragazzo ero io: capelli neri e ricci e lo stesso sguardo un po’ cupo che oggi incute timore nei miei alunni. Ne ho guardato un’altra; in quella stavo in piedi accanto a una suora...  impossibile, mi sono detto. Sul retro della foto ho notato la presenza di un timbro scolorito dal quale sono riuscito solo a leggere Santo Antônio e un nome scritto a penna con una calligrafia d’altri tempi: Thiago. Nessuna data, nessun altro indizio. Ho iniziato a sudare nonostante l’umidità e gli spifferi. Con lo stomaco in subbuglio, ho preso la cartellina con tutto il contenuto e sono corso via. Le soluzioni erano due: o stavo diventando pazzo o mio padre avrebbe dovuto darmi delle spiegazioni.
Da quando è morta mia madre il nostro rapporto si è limitato a qualche messaggio col cellulare e rare visite per le feste comandate. Sapevo che da qualche tempo ha una nuova compagna, una certa Augusta, ma non l’avevo mai incontrata di persona.
Non abitano troppo distante da casa mia. Era già sera quando ho suonato il loro campanello.
La signora Augusta mi ha accolto con inatteso calore, mio padre si è alzato dalla poltrona, ha abbassato il volume della televisione e mi è venuto incontro: «Hai ricevuto il mio messaggio?» mi ha chiesto senza indugiare.
Avrà immaginato che mi sia presentato per reclamare la mia parte di eredità.
«Sì, per questo ho voluto rivedere la casa prima che tu la venda.»
Stavamo uno di fronte all’altro, come in un duello, ma senza armi. Augusta si è defilata dalla situazione con eleganza: «Che ne dite di un caffè?»
Mio padre ha annuito e, appena lei è uscita dalla sala, si è affrettato a chiudere la porta.
Sono partito subito all’attacco: «Papà, chi è Thiago?»
Per un istante che mi è parso durare un’eternità, ha soffermato lo sguardo sull’inserto che tenevo sotto il braccio. Ha vacillato, come se la mia domanda fosse l’ultima richiesta che si aspettava da me. Non ho potuto fare a meno di notare il tremore delle sue mani mentre cercava di riguadagnare la poltrona. «Siediti, per favore. Non è facile risponderti.»
«Eppure, ti ho fatto una domanda semplicissima, mi pare. Chi è Thiago? Perché il ragazzo di queste foto» le ho tirate fuori e gliele ho mostrate «non sono io, vero?»
Parlava a fatica come se le parole non trovassero la strada per uscire dalle labbra.
«Avrei dovuto bruciare tutto… Dove le hai trovate? A casa di Amelia?»
«Sì, erano in soffitta.»
«Non sapevo che tua nonna le avesse conservate.»
Mi sono seduto davanti a lui. In quel momento avrei avuto bisogno di bere qualcosa di forte. Altro che caffè.
«Tua madre ed io non potevamo avere figli ma, alla fine, siamo riusciti a ottenere la tua adozione. Ma le cose non sono andate del tutto come speravamo. Quando siamo arrivati all’istituto, le suore ci hanno detto che avevi un gemello, Thiago. Eravamo felicissimi e volevamo adottarvi entrambi, ma  ci dissero che non era possibile. Non abbiamo potuto portarlo via con noi, ma abbiamo cercato di provvedere al suo mantenimento. Suor Irmã Dulce ci scriveva ogni tanto per chiederci di te e a volte allegava delle foto di Thiago.»
Stringo forte i braccioli della poltrona per evitare di reagire: «Perché tenermelo nascosto?»
«Tua madre e io abbiamo deciso di mantenere il segreto per il bene di entrambi. Eravate così piccoli. Non lo avreste mai dovuto sapere.»
In quel momento non riuscivo a chiedere altro, ma lui ha proseguito: «Se non potevamo farvi crescere insieme, perché farvi soffrire? Cosa avrebbe pensato Thiago? E tu? Che avresti pensato di noi?»
Scuoto la testa.
«Posso almeno sapere qual è il mio vero nome?»

***

Il poliziotto smette di urlarmi in faccia, estrae una foto segnaletica da un fascicolo sulla scrivania e me la porge.
«Desculpe, eu estava errado…você è o mesmo…» dice mentre lo sguardo passa ritmicamente dalla foto al mio volto.
Devo essere sbiancato perché il mio inquisitore si alza e mi offre un bicchiere d’acqua.
Non sono sicuro di sentirmi bene. Thiago Da Silva è la mia copia carbone.
La ricerca che ho iniziato solo pochi giorni fa sembra già finita. E non è certo il finale che speravo.
Il fratello che ho appena scoperto di avere, era un ricercato per traffico di stupefacenti, ed è rimasto ferito a morte durante uno scontro a fuoco con la polizia.
Era meglio se non lo avessi mai saputo, avevano ragione i miei, penso mentre mi reco all’obitorio.

Nella saletta d’attesa c’è odore di morte e di disinfettante. Dopo qualche minuto, la porta si apre con un cigolio sinistro. Il medico precede una donna in lacrime e un giovane dallo sguardo cupo. I nostri sguardi carichi d’interrogativi s’incrociano per istante. Il dottore riesce a evitare che la donna si accasci sul pavimento. Il ragazzo mi fissa incredulo.
Mi avvicino a loro cercando di racimolare le parole giuste da dire. Spero mi capiscano anche se non conoscono la mia lingua e io non so parlare la loro.
«Tranquilli» dico «mi chiamo Rafael e sono il fratello di Thiago…  su hermano…  brother…»
«Meu Tio?»
«Sì, sono tuo zio.»

Nonna Amelia, ovunque tu sia, il tuo messaggio al profumo di naftalina mi è arrivato forte e chiaro. Non permetterò che mio nipote segua le orme del padre.
Thiago, la tua compagna e tuo figlio avranno la famiglia e la vita che tu non hai potuto avere. Te lo prometto.

Re: [MI 183] Naftalina

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Una storia di drammi e coincidenze che presenta qualche incongruenza e un po' d'incertezza nei tempi verbali. 
Piacevole l'immersione nei ricordi d'infanzia.
@Monica wrote: Tue Sep 24, 2024 5:34 pmin inglese,»
Piccolo refuso: punto al posto della virgola.
@Monica wrote: Tue Sep 24, 2024 5:34 pmCosì, ho chiesto un permesso al preside per assentarmi dalle lezioni. Mi sono detto che valeva la pena di vedere un’ultima volta la casa in cui ho trascorso le ore più belle della mia infanzia.
A mio avviso sarebbe preferibile agganciare al solo stimolo della naftalina la fretta che assilla l'uomo dopo che il padre gli ha comunicato di aver trovato un acquirente. Di solito, infatti, tra il momento in cui compare l'acquirente e la vendita vera e propria passa del tempo, molto del quale utilizzato per svuotare la casa. Mi viene in mente pertanto che difficilmente il protagonista possa aver pensato di avere a disposizione solo "un'ultima volta" per tornare nella casa amata. Concludendo: mi pare eccessivo che chieda un permesso con effetto immediato per un motivo non urgente, lasciando scoperte le classi; mentre trovo del tutto verosimile che voglia andare al più presto in quella casa, sull'onda della fragranza.
@Monica wrote: Tue Sep 24, 2024 5:34 pm«Sì, per questo ho voluto rivedere la casa prima che tu la venda.»
Mi meraviglia che, pur essendo una casa chiusa da tempo, l'uomo abbia con sé le chiavi e non debba cercarle a casa propria o eventualmente chiederle al padre.
@Monica wrote: Tue Sep 24, 2024 5:34 pmma  ci dissero che non era possibile.
Da esperienze di amici e conoscenti, so che si tende a non dividere mai una coppia di fratelli o sorelle.
@Monica wrote: Tue Sep 24, 2024 5:34 pml fratello che ho appena scoperto di avere, era un ricercato
Bisognerebbe eliminare la virgola tra soggetto e verbo.
@Monica wrote: Tue Sep 24, 2024 5:34 pmera un ricercato per traffico di stupefacenti, ed è rimasto ferito
Attenzione anche qui alla coerenza dei tempi verbali.
@Monica wrote: Tue Sep 24, 2024 5:34 pmcigolio sinistro
Non userei in questo racconto un nesso tipico di racconti di altro genere.

Grazie per la lettura, @@Monica, e un saluto.
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Re: [MI 183] Naftalina

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@Monica cara, il racconto è uno scrigno di cose preziose che, chissà perché, non hai usato. 
Sorvolo sul registro narrativo che ormai si è fatto stile, sai bene quanto lo apprezzi, e mi concentro invece sul focus, a mio parere mancato.
Il nucleo sensibile, direi il cuore, di ogni storia è il conflitto, da intendersi non come ostacolo da superare o nodo da sciogliere, quanto come vera e propria sostanza della narrazione. A maggior ragione se accettiamo la sfida di una traccia malandrina, che le carte della partita le ha già scoperte praticamente tutte. C'è il rischio di incappare in un gioco combinatorio dove possiamo collocare i personaggi in un posto o nell'altro, a fare una cosa o un'altra, per poi accorgerci di non essere andati da nessuna parte. Come uscirne? 
Scavando.
Il mondo interiore dei personaggi è una miniera. I tuoi non fanno eccezione.
Ti faccio un esempio: il rapporto tra il protagonista e suo padre, che invece è rimasto solo una cornice. 
Peccato, perché andare in profondità avrebbe dato alla rivelazione finale il nerbo di un colpo di scena ribaltando quella che era stata vissuta come distanza anaffettiva in amorosa protezione. Niente di ingombrante, solo qualche flash, vecchie ferite, fraintendimenti. 
Così facendo avresti predisposto tutto l'occorrente anche per il secondo atto: il bivio bastardo in cui si trova il nostro eroe quando incontra Thiago. 
E' una scena forte, che mette in scena la sfida più difficile: scegliere. 
Continuare con la vita di sempre o farsi padre, cioè chiudere il cerchio?
Perché liquidarla in poche righe? 
Scusa il pippone, @Monica, mi sono lasciata prendere la mano.
Colpa dello scrigno di cose preziose nascoste nel tuo racconto, insomma colpa tua   :P
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Re: [MI 183] Naftalina

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@Monica wrote: Nella saletta d’attesa c’è odore di morte e di disinfettante. Dopo qualche minuto, la porta si apre con un cigolio sinistro. Il medico precede una donna in lacrime e un giovane dallo sguardo cupo. I nostri sguardi carichi d’interrogativi s’incrociano per istante. Il dottore riesce a evitare che la donna si accasci sul pavimento. Il ragazzo mi fissa incredulo.
Mi avvicino a loro cercando di racimolare le parole giuste da dire. Spero mi capiscano anche se non conoscono la mia lingua e io non so parlare la loro.
«Tranquilli» dico «mi chiamo Rafael e sono il fratello di Thiago…  su hermano…  brother…»
«Meu Tio?»
«Sì, sono tuo zio.»

Nonna Amelia, ovunque tu sia, il tuo messaggio al profumo di naftalina mi è arrivato forte e chiaro. Non permetterò che mio nipote segua le orme del padre.
Thiago, la tua compagna e tuo figlio avranno la famiglia e la vita che tu non hai potuto avere. Te lo prometto.
Questo finale mi ha commosso fino alle lacrime. Sei stata brava, @@Monica   :)

Qualche incongruenza che mi ha colpito:
- la tua scelta di ricorrere a una giovane donna al bar che sa di naftalina come tua nonna per pensare a lei... Non bastava il messaggo del padre a fargli
desiderare, prima della vendita, di dare ancora un'occhiata alla vecchia casa?
- Sembra sia ambientata in Brasile, la tua storia, nel primo novecento. Comunque, mi sembra inverosimile la decisione di separare due gemelli in tenera età, e contro la volontà dei genitori adottivi che li volevano entrambi. Se era così la situazione, che vergogna per quell'istituzione che si dichiarava religiosa... Che pena...

Grazie della bella lettura.  :libro:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 183] Naftalina

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@@Monica ciao!
Inizio dicendoti quanto si è piaciuto il racconto. Bella l’idea, bello, bellissimo il finale.
Come stile hai scelto di essere molto leggera, funziona decisamente ma, visto che ne avevi lo spazio (caratteri), forse potevi far emergere di più le personalità  dal protagonista e del padre e della nonna. Insomma, scavare un pochino di più nei loro animi.
ma ovviamente questa è una scelta prettamente autoriale, quindi tua!

un po’ di commenti sparsi.

Credo che dovresti dare un’occhiata alla coerenza dei tempi verbali lungo la narrazione che secondo me non sono sempre utilizzati correttamente.

Seguendo il filo del racconto:
@Monica wrote: La donna, prima che io abbia avuto il tempo di reagire, si è accomodata nella sedia accanto alla mia e mi ha sorriso.
Per i tempi che hai utilizzato in prevalenza nel seguito, penso che abbia avuto debba diventare avessi
@Monica wrote: Se fossi uno che crede alle coincidenze, avrei anche potuto supporre che la nonna avesse trovato il modo di comunicarmi dall’aldilà qualcosa d’importante.
Riguardo alla frase qui sopra, promettendo che non ho una soluzione che non sono molto sicuro di quello che sto per scrivere, ma penso che se uno crede alle coincidenze allora pensa che siano semplicemente… coincidenze. In questo caso invece il protagonista pensa che non siano coincidenze, no? Quindi forse il protagonista normalmente crede che ci siano delle coincidenza nella vita ma in questo caso no, che ci sia qualcosa di diverso… boh, mi sono incasinato!
@Monica wrote: e l’armadio che sa ancora di naftalina nonostante il tempo trascorso
Sapeva ?
@Monica wrote: quando una cartellina mi è caduta sui piedi. Mi sono chinato per raccoglierla e mi sono accorto che cadendo si era aperta:  sparpagliando il contenuto era sparso sul pavimento.
Cercherei più linearità nella frase qui sopra


@Monica wrote: Mi sono avvicinato al lucernario per osservarla meglio ma, per quanto mi sia sforzato,
Sforzassi ?

@Monica wrote: ho preso la cartellina con tutto il contenuto e sono corso via:  Le soluzioni erano due: o stavo diventando pazzo o mio padre avrebbe dovuto darmi delle spiegazioni.
La frase sopra la cambierei così, evitando il cliché del “o stò diventando pazzo oppure…”


@Monica wrote: Da quando è morta mia madre il nostro rapporto si è limitato a qualche messaggio
Eraera ?


Chiudo rinnovando i complimenti e chiedendo scusa se fossi risultato pedante :-) 
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Re: [MI 183] Naftalina

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ma quale pedante! @L'illusoillusore! Non posso fare altro che ringraziarti. Sapevo di aver toppato sui verbi perché ho cambiato la parte centrale del racconto che in origine avevo scritto al tempo presente. Ben mi sta! Non si cambiano mai i tempi verbali. Si deve riscrivere (e qui parte l’autofustigazione) Ti ringrazio perché non ti sei limitato a dirmi che i verbi non funzionano sempre al meglio ma mi hai anche detto in quali punti devo intervenire, dunque il tuo aiuto è prezioso e generoso. Grazie anche per il gradimento che hai comunque espresso. 

Grazie anche ai preziosi consigli di @aladicorvo che terrò molto molto cari.

Grazie anche a @Ippolita per le sue utili annotazioni e a @Poeta Zaza sempre attenta e gemtile.
Per quanto riguarda il fatto che avete rilevato incoerenza nella storia di dividere i gemelli, la colpa è solo mia perché avevo scritto una versione che motivava bene il perché ma che non ho reputato adatta a un racconto breve. Per cui se avete notato questo particolare ci sta.

Re: [MI 183] Naftalina

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Ciao @@Monica,
complimenti, bel racconto.
Hai uno stile di scrittura che mi piace tantissimo, leggo sempre volentieri i tuoi racconti.
Su questo si nota qualche confusione nei tempi verbali che non è da te.
Qualche nota:
@Monica wrote: Ma chi lo conosce questo Da Silva? Come glielo devo dire che mi chiamo Roberto Menchetti. Sono italiano
Va bene all' inizio, prende molto, invita ad andare avanti, ma poi, conoscendo il retroscena, non ha senso che dica "chi lo conosce questo" potevi mantenere il mistero scrivendo
"È una storia lunga, ma non sono io e Da Silva non l'ho mai incontrato."
@Monica wrote: Ho trovato un acquirente per la casa della nonna”.
Stavo pensando ancora ad Amelia
Non è un errore, ma per me stona un pochino. Ci sono nipoti che chiamano i nonni solo per nome, ma lo fanno sempre e il protagonista l'ha già nominata 'nonna Amalia' avrei preferito nella frase segnalata che il padre la chiamasse per nome e lui con l'appellativo.
@Monica wrote: Eravamo felicissimi e volevamo adottarvi entrambi, ma  ci dissero che non era possibile. Non abbiamo potuto portarlo via con noi,
Troppo strano. Fondamentale per la storia, necessita di una spiegazione, seppur fantasiosa 
@Monica wrote: Il dottore riesce a evitare che la donna si accasci sul pavimento. Il ragazzo mi fissa incredulo
Il finale mi è piaciuto tanto, ma questa parte è una cattiveria non necessaria. Trovarsi il sosia vivo e vegeto del defunto che si deve riconoscere è decisamente scioccante.
I momenti a mio parere vanno separati.

Comunque, in linea generale il racconto mi è piaciuto, abbiamo scelto una traccia che conduce a un racconto citofonato, ma hai saputo gestirlo con bravura.

A presto
<3

Re: [MI 183] Naftalina

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Ciao @@Monica ,
mi inchino al commentone che ti ha fatto @aladicorvo : a mio parere ti ha proprio fornito la chiave per tirar fuori dallo scrigno le cose preziose che contiene!
A rileggerti!

Re: [MI 183] Naftalina

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@@Monica ciao.

Ma sì! Il racconto è abbastanza movimentato, grazie ai vari flash back usati per sezionare i periodi. A me pare che non hai usato la possibilità che avevi di parlare di quello che doveva essere il vero protagonista della storia, Thiago. L'incipit lo mostra, ma poi si perde, per ritrovarlo alla fine con tutta la sua storia familiare. Il rapporto col padre, la conoscenza della collega sulla panchina, per quanto aiutino alla costruzione della storia, appaiono, sul finale, quasi inutili, o meglio, troppo invadenti, rispetto alla vita nascosta di Thiago. Mi pare che le tue intenzioni fossero su un racconto più lungo, dove poi hai deciso di tagliare, in favore di un focus familiare dal nucleo ristretto, nella mancanza totale del vero protagonista. Poteva uscire qualcosa di bello. Ma va bene anche così! Ciao <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI 183] Naftalina

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Ciao @@Monica neanche il tempo di iniziarlo che è già finito. Merito della tua scrittura immersiva. Apprezzo sempre molto il tuo narrare. Forse, per assurdo, sarebbe stato interessante incespicarsi nella lettura, lasciando più spazio al dramma o qualcosa di piacevolmente stonato, ad una più profonda riflessione interiore. Sicuramente con qualche carattere in più...
Finale molto dolce.
E' sempre un piacere.
Ciao

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