[CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Gioca Jouer - Mario


Il tavolo sparpagliato di fogli, disegni di mare, enormi code che uscivano dall'acqua e sbuffi altissimi, come quelli delle fontane al centro delle piazze dei paesi. Le pareti non erano da meno: tappezzate di blu oltremare nel quale balene sinuose danzavano con i loro armonici movimenti.
La stanza sembrava immersa nel mare profondo, e lo era per Mario. Avrebbe voluto fare lo stesso con il soffitto ma ci voleva una scala e questo non era possibile.
“Perché non posso salire su una scala?” diceva Mario.
“Perché è pericoloso e potresti farti male” rispondeva Giulia.
“Allora cosa le hanno costruite a fare?”
Giulia rimase per un attimo in silenzio, poi riprese.
“Bisogna stare molto attenti. Per dipingere un soffitto ci vuole un imbianchino, abituato a questo genere di lavori.”
“Ma io non voglio dipingere un soffitto, voglio solo attaccarci i miei disegni.”
“È la stessa cosa.”
“Possiamo far venire un imbianchino?”
“Vedremo quando ce ne sarà uno disponibile.”
Il tempo passava e l'imbianchino non arrivava. Mario decise di attaccare tutti i suoi disegni al pavimento: “Basta immaginare di vedere il mondo a testa ingiù, le balene lo fanno e per me non è un problema” diceva fra sé.
Bisognava solo superare lo scoglio della donna delle pulizie.

Tutto era cominciato con Pinocchio. Quando gli avevano letto la storia rimase colpito dalla passionalità di suor Carlotta nel raccontare come il grande mostro aveva inghiottito Geppetto e il burattino, come se avessero avuto colpa per qualcosa. Non bastava l'orfanotrofio come luogo già abbastanza tetro e angusto. Ci si mettevano anche le sorelle, che allegre non dovevano essere state.
Man mano che cresceva, in Mario prendeva sempre più piede un pensiero: dare un po' di luce all'oscurità che si celava tra quelle spesse antiche pareti. Aveva l'impressione di essere egli stesso imprigionato nella bocca di una gigantesca balena. Era l'unico che non vedeva l'ora di uscirne, insieme al suo amico Giorgio.
Una notte sgattaiolarono nella lavanderia nel seminterrato e armati di alcuni fiammiferi diedero fuoco a quelle odiate divise che erano obbligati a indossare, alcune con ancora i segni di chi li aveva preceduti: iniziali, rammendi, toppe. Ognuna trasudava un vissuto, come i giochi che avevano ereditato di legno e metallo: sarebbero stati molto ambiti da un collezionista del settore. Sembrava che il tempo in quel posto si fosse fermato da molti anni.
Il fumo si diramò in un attimo e tutti vennero sputati fuori dalla bocca del gigantesco convento. Quel luogo che doveva cibarsi soprattutto di spirito, aveva preso da troppo tempo dei corpicini difficili da digerire.
I due ragazzi, per niente stupidi, avevano calcolato che nel seminterrato con soffitto di mattoni a volte non ci sarebbe stato materiale infiammabile, se non quei pochi stracci. I loro calcoli furono precisi, meno la loro sorte. Finirono in una casa con altri ragazzi, ma decisamente più confortevole del tetro orfanotrofio.
Poi la scoperta che non fu la balena a inghiottire Pinocchio ma un grande squalo, e il gigantesco cetaceo divenne il suo mito.
Trovava tanto buffo che si cibasse di esseri minuscoli come il plancton e piccoli gamberetti. Poi l'altra scoperta: non era un pesce.
Non dormì per due notti.

Nella casa nuova si trovava bene, aveva perso il suo amico Giorgio che fu adottato da alcuni parenti. Mario non sapeva il significato di quest'ultima parola.
Ogni tanto gli capitava di fare degli scherzetti che non sempre venivano presi con filosofia.
Una volta durante il pranzo lanciò una brocca di vetro con il suo contenuto di acqua contro il muro, per il solo desiderio di vedere di nascosto l'effetto che fa, come diceva una canzone, E l'effetto lo fece, alla luce del sole: schegge di vetro e acqua dappertutto. Una delle conseguenze più taglienti si manifestò su un suo compagno: aveva notato un fastidio, come un formicolio nella zona puberale. Quando provò a infilare una mano nelle mutande per capire, sentì una scheggia di vetro incastrata nella giovane peluria per poi vedere le dita macchiate di rosso.
Non era stato un bello spettacolo. La conseguenza per Mario fu una visita psichiatrica e delle brocche di plastica per tutti.
Per un po' la situazione rimase tranquilla e non ci furono altri episodi significativi da segnalare.

A Mario piaceva molto camminare, aveva un bel il fisico atletico. Un giorno, passeggiando per un parco cittadino insieme con la sua guardia del corpo Giulia, venne attirato da un particolare motivetto. Su un prato con una grossa cassa c'erano giovani e meno giovani che facevano strane movenze seguendo una voce che diceva altrettante strane parole con sotto una musica dance di altri tempi.
“Possiamo andare anche noi?”
“Ma, non so... forse è qualche corso privato.”
“Ti prego?”
“Va bene, andiamo.”
Non se lo fece ripetere che Mario si precipitò con gli altri imitando chi aveva attorno. Parole senza senso aleggiavano nell'etere: macho, sciare, autostop, spray, superman. Mario rideva come un matto , si divertiva e appena finita la canzone rimase molto deluso.
“La potete rimettere un'altra volta?”
“Mario, no, per favore. Scusate” intervenne Giulia.
“Non c'è nessun problema.” rispose il deejay.
Ripartì nuovamente Gioca jouer.

Rientrarono, poche volte gli era capitato di divertirsi. Ancora eccitato dall'esperienza mentre passavano di fianco a un fruttivendolo, prese delle arance e le scagliò sulle macchine di passaggio al grido di: lanciare! canticchiando il motivetto di Cecchetto.
Giulia, e non solo lei, rimase di stucco. Non aveva la forza, se non quella verbale, per tenere le redini di quel giovane fusto di sedici anni tutto nervi. Rientrarono come se nulla fosse successo, da parte di Mario. Decisero di affiancargli una figura maschile.
Si presentò Michele. Rimase letteralmente affascinato da quella miriade di disegni raffiguranti balene.
“Sono bellissimi!”
“Sai che può stare sott'acqua senza respirare per più di 30 minuti?”
“Caspita.”
“Alcune specie di capodoglio possono immergersi in profondità anche per più di due ore.”
“Oh, come sai tutte queste cose?”
“È il mio animale preferito.”
“Come mai hai messo tutti i disegni per terra?”
“Sto aspettando un imbianchino che me li attacchi sul soffitto con una scala.”
“Capisco. Mm... sai che forse potrebbe non volerci la scala?”
“Ah sì?”
“Certo. Fammi pensare...”
Michele si procurò un lungo bastone.
“Se noi fissiamo a una estremità una piccola tavola di legno, poi appoggiamo sulla tavola il disegno con un po' di colla sul retro, alziamo il bastone fino a far appiccicare il disegno al soffitto. Il gioco è fatto.”
“Wow! Ecco uno che se ne intende finalmente. Sei un imbianchino?”
“Mai fatto l'imbianchino” rispose ridendo Michele.
Dopo un breve consulto in equipe coi colleghi, procedettero con grande gioia di Mario.

“Un giorno potremmo fare una gita al mare” disse Michele.
Mario fece una pausa e poi riprese.
“Mare?”
“Certo. Il mare, cosa c'è di meglio per provare l'ebbrezza di nuotare come il tuo animale preferito?”
“Non sono mai stato al mare.”
Michele si bloccò come impietrito.
“Eh? Non hai mai visto i mare?”
“No.”
Storia tragica, anni bui, solo da poco si stava riaffacciando a scoprire il mondo o, per essere più precisi, quella microscopica parte di mondo che gli ruotava intorno. Il mare era ancora troppo lontano dall'alta Brianza in cui si trovava. Non avevano ancora avuto modo di pensarci.
Stabilirono una data e un piccolo gruppetto con cui  andare in pulmino.

Michele era rimasto molto colpito e rattristato nel leggere la storia di Mario dalla sua cartella.
Trovato in un camion in una sorta di giaciglio insieme ad altri disperati al confine con la Slovenia. Nessuno era mai riuscito a risalire ai genitori. Lo avevano affidato alla sorte sperando in un futuro migliore.
Poi quel convento lontano dal mondo dove è facile dimenticarsi perfino della sua esistenza. Gli avevano dato il nome Mario perché era stato trovato il giorno di Ferragosto, in omaggio all'assunzione della vergine Maria. Ma più che elevazione sembrava sprofondato nell'abisso. Non riuscì a trovare ristoro tra quelle anguste mura, insieme ai suoi compagni di sventura. La scansione ritmata del tempo in cui la preghiera era il rituale ricorrente, la severità e il sacrificio non erano proprio le primarie aspirazioni per dei bambini privati dei loro affetti più cari. Episodi di rabbia non erano rari e gli capitava di spaccare a calci qualche arredo o di sbatterlo contro le spesse mura. Involontariamente un'anziana sorella era finita sulla traiettoria di una sedia volante e si era rotta un braccio. Arrivarono delle visite esterne di specialisti che valutarono che quello non era il luogo idoneo. Qualche goccia e pastiglia e la situazione proseguì così per molto tempo. Le liste di attesa erano lunghe, figurarsi l'attesa di chi non faceva parte di quelle liste.
Le priorità venivano assolte solo per i casi di gravità assoluta o di vita o di morte.
Ci pensò direttamente Mario con il rogo. Poi la fuga, gli scompensi, i traumi, vennero fuori preponderanti appena si affacciò alla possibilità di una vita normale, ancora da provare.

“Dai, vieni! L'acqua è calda, si sta benissimo” disse Michele incitando Mario fermo sulla riva, quasi intimorito da quello spazio infinito che vedeva per la prima volta dal vero.
Pucciò timidamente un piede ritraendolo subito. Intorno, qualche schizzo di altri ragazzi che giocavano a riva gli provocava dei brividi a contatto con la pelle sopra il bacino. Poi prese coraggio ed entrò con tutti e due i piedi. Non passò molto tempo per immergersi completamente. Oltre ad essere la prima volta in mare, era anche la prima volta che stava immerso in un liquido, se non si considerava quello amniotico. Poi, quasi fosse stato un pesce o un cetaceo nella vita precedente, nuotava con disinvoltura sott'acqua in apnea, facendo diversi metri prima di riemergere con lo stupore di tutti. Si tuffava con la bocca aperta e tornava a galla sputando acqua e tossendo: “Ma come fanno a mangiare il plancton?”
Il problema ora era farlo uscire.
Ma successe qualcosa. Fu destato da una musica. Attratto come Odisseo dal canto delle sirene. Uscì quasi di corsa per giungere in quell'angolo di spiaggia privata assiepato di gente che si muoveva.
Michele a rincorrerlo: “Fermo! Ma dove vai?”

Dormire, salutare, autostop, starnuto
camminare, nuotare, sciare, spray,
macho, clacson, campana, ok...

Mario non stava nella pelle, di nuovo quella canzone, ballava felice come un bambino, come se avesse dovuto recuperare tutti gli anni di spensieratezza perduta.
Michele invece rimase immobile, impietrito. Sudava, pallido, come se avesse avuto di fronte un mostro. Era terrorizzato. Si mise in disparte, non riusciva nemmeno a seguire Mario nelle sue evoluzioni. Sembrava che un macigno gli fosse caduto in testa.

Tutti hanno un passato che riemerge, piacevole o tragico, quando le coincidenze, per uno strano gioco del destino, si manifestano.
Michele aveva odiato con tutte le sue forze ed era disgustato nel più profondo da quella canzone che trovava di una stupidità assoluta.
Anni ottanta, prima liceo artistico, la hit spopolava in cima alle classifiche. Purtroppo la stupidità attecchisce maggiormente tra chi la mastica giornalmente, ma non era questo il problema.
Ragazzi codardi, sempre uniti fra loro, si divertivano a tormentarne uno più debole, solo. Torturarlo, seviziarlo in tutti i modi per gioco, per divertimento, come un essere inferiore, per lunghi mesi con quella stupida canzone come colonna sonora, e con altrettanta sadica stupidità ne avevano modificato il testo solo per infierire maggiormente.
Ricordava come fosse ieri le loro bocche bavose che scandivano:

Sputare, spintonare, schiaffo, scemo...

Fino al giorno in cui Michele, esasperato, non ne poté più: prese un pezzo di creta quasi secca dal laboratorio e lo scagliò con forza in faccia a quello che faceva finta di essere il capo, provocandogli quasi la perdita di un occhio.
L'episodio venne alla ribalta. Tutti quelli che erano a conoscenza della situazione da tempo, compresi i professori, era come se avessero avuto delle fette di prosciutto sugli occhi e dell'ovatta nelle orecchie.
Michele cambiò classe e sede e non seppe più nulla di quei farabutti, riemergeva saltuariamente solo il dolore del ricordo. Non era mai riuscito a dimenticarli.

Mario, vedendo Michele in quello stato, smise di ballare e si avvicinò. Gli appoggiò una mano sulla spalla: “Tutto bene amico?”
“Eh... sì, grazie Mario. Che ne dici se andiamo a prenderci un bel gelato?”
“Dico che la tua proposta mi piace.”

“E se un giorno andassimo a vedere un acquario?” chiese Michele
“Un acquario? Ci sono le balene?”
“No, non credo, ma puoi trovare dei delfini, forse anche le orche.”
“E come fanno a stare in delle vasche?”
Ci fu una pausa da parte di Michele. Poi quasi sottovoce come a sussurrare a sé stesso.
“Già, come fanno?”
Si sentì uno stupido. Come aveva potuto non pensare che Mario avrebbe manifestato un ripudio verso chiunque fosse stato rinchiuso in spazi angusti?
Allora gli balenò un'altra idea.
“E delle balene in mare aperto?”
“Stai scherzando?”
“No, ti piacerebbe?”
“Mi piacerebbe? Sarebbe la cosa più bella del mondo! Quando?”
“Ora mi informo. Avevo sentito parlare di un posto... vedo la disponibilità.”
Mario si lasciò sfuggire un abbraccio della durata di almeno un giro completo della lancetta dei secondi.

Arrivò il giorno. Salparono da Genova verso il cosiddetto Santuario dei cetacei, pronti per l'avventura insieme a un nutrito gruppo di visitatori. Solo l'emozione di stare in mezzo al mare lasciava Mario senza fiato. I primi a farsi vivi furono i delfini che con balzi uscivano dall'acqua alternandosi nella loro danza.
Poi una vibrazione del pelo dell'acqua lasciava presagire l'atteso evento. Una sagoma scura traspariva dal mare cristallino. Eccola: una enorme coda, come quella che aveva disegnato centinaia di volte, fuoriusciva dall'acqua per poi scomparire; finalmente emerse un gigantesco muso con tutto il corpo con attaccate le due piccole pinne. Michele riuscì a scattare una foto immortalando il cetaceo con la sagoma di profilo di Mario a prua. Per l'effetto prospettico, sembrava come se si stessero baciando.
Poi il ragazzo si avvicinò a Michele: “Posso farti una confidenza?”
“Certo, dimmi pure.”
“Avevi ragione.”
“Di cosa stai parlando?”
“A proposito di quella canzone, Gioca jouer: ricordo la tua faccia. Pensandoci bene fa schifo anche a me.”
Michele si lasciò andare a una risata liberatoria.
“Guarda la balenottera!” esclamò, attirando l'attenzione di Mario.
“C'è anche il suo piccolo che le sta nuotando a fianco” proseguì il ragazzo.
Poi uno sbuffo investì di acqua i due confondendo le lacrime che stavano versando.

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amIl tempo passava e l'imbianchino non arrivava. Mario decise di attaccare tutti i suoi disegni al pavimento: “Basta immaginare di vedere il mondo a testa ingiù, le balene lo fanno e per me non è un problema” diceva fra sé.
Ecco i primi sorrisi che la storia mi ispira... La fantasia al potere.
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amQuando gli avevano letto la storia rimase era rimasto colpito dalla passionalità di suor Carlotta nel raccontare come il grande mostro aveva inghiottito Geppetto e il burattino, come se avessero avuto colpa per qualcosa. Non bastava l'orfanotrofio come luogo già abbastanza tetro e angusto. Ci si mettevano anche le sorelle, che allegre non dovevano essere mai state.
avevano letto... era rimasto  è concorde col tempo verbale - rimase - stride!
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amnel seminterrato e virgola armati di alcuni fiammiferi virgola diedero fuoco a quelle odiate divise che erano obbligati a indossare, alcune con ancora i segni di chi li aveva preceduti: iniziali, rammendi, toppe. 
per fare l'inciso
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amIl fumo si diramò divampò in un attimo e tutti vennero sputati fuori dalla bocca del gigantesco convento.
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amQuel luogo virgola  che doveva cibarsi soprattutto di spirito, aveva preso da troppo tempo dei corpicini difficili da digerire.
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amcon il soffitto di mattoni a volte non ci sarebbe stato materiale infiammabile, se non quei pochi stracci. I loro calcoli furono precisi, meno la loro sorte. Finirono in una casa con altri ragazzi, ma decisamente più confortevole del tetro orfanotrofio.
Poi virgola la scoperta che non fu la balena a inghiottire Pinocchio ma un grande squalo, 
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amNella casa nuova si trovava bene, però aveva perso il suo amico Giorgio che fu era stato adottato da alcuni parenti. 
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amA Mario piaceva molto camminare, aveva un bel il fisico atletico.
Da rivedere
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amUn giorno, passeggiando per un parco cittadino insieme con la sua guardia del corpo Giulia,
Se è detto con ironia, andrebbe scritta tra virgolette: con la sua "guardia del corpo" Giulia


Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amNon se lo fece ripetere che Mario si precipitò con gli altri 
Ti suggerisco: Mario non se lo fece ripetere e si precipitò con gli altri
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amNon hai mai visto i il mare?”
  wrote:“E se un giorno andassimo a vedere un acquario?” chiese Michele
“Un acquario? Ci sono le balene?”
“No, non credo, ma puoi trovare dei delfini, forse anche le orche.”
“E come fanno a stare in delle vasche?”
Ci fu una pausa da parte di Michele. Poi quasi sottovoce come a sussurrare a sé stesso.
“Già, come fanno?”
Si sentì uno stupido. Come aveva potuto non pensare che Mario avrebbe manifestato un ripudio verso chiunque fosse stato rinchiuso in spazi angusti?
Allora gli balenò un'altra idea.
“E delle balene in mare aperto?”
“Stai scherzando?”
“No, ti piacerebbe?”
“Mi piacerebbe? Sarebbe la cosa più bella del mondo! Quando?”
“Ora mi informo. Avevo sentito parlare di un posto... vedo la disponibilità.”
Mario si lasciò sfuggire un abbraccio della durata di almeno un giro completo della lancetta dei secondi.
Bella l'immagine della sensibilità dell'educatore Michele.

Grazie della bella lettura, @Kasimiro  :libro:

Cresciuto in orfanotrofio ma con una personalità estrosa e forte, questo Mario si fa voler bene e supera le difficoltà col sorriso.
L'unica pecca la trovo nell'aver fatto entrare un po' tardi nella storia il tuo co-protagonista Michele.

:ciaociao:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amIl tavolo sparpagliato era disseminato di fogli, disegni: di mare, enormi code che uscivano dall'acqua e sbuffi altissimi, come quelli delle fontane al centro delle piazze dei paesi. Le pareti non erano da meno: tappezzate (di fogli) di blu oltremare nel quale balene sinuose danzavano con i loro armonici movimenti.
La stanza sembrava immersa nel mare profondo, e lo era per Mario. Avrebbe voluto fare lo stesso con tappezzare anche il soffitto, ma ci voleva una scala e questo non era possibile.
“Perché non posso salire su una scala?” diceva (chiedeva) Mario.
“Perché è pericoloso e potresti farti male” rispondeva Giulia.
“Allora cosa le hanno costruite a fare?”
Giulia rimase restava (suona male il p. remoto. manterrei l’imperfetto) per un attimo in silenzio, poi riprese.(rispondeva).
“Bisogna stare molto attenti. Per dipingere un soffitto ci vuole un imbianchino, abituato a (questo) quel genere di lavori.”
“Ma io non voglio dipingere un soffitto, voglio solo attaccarci i miei disegni.”
“È la stessa cosa.”
“Possiamo far venire un imbianchino?”
“Vedremo(…) quando ce ne sarà uno disponibile.”
Il tempo passava e l'imbianchino non arrivava. Mario decise di attaccare tutti i suoi disegni al pavimento: “Basta immaginare di vedere il mondo a testa ingiù, le balene lo fanno e per me non è un problema” diceva fra sé.
Bisognava solo superare lo scoglio della donna delle pulizie.

Tutto era cominciato con Pinocchio. Quando gli avevano letto la storia rimase (si dovrebbe proseguire col trapassato: era rimasto) colpito dalla passionalità di suor Carlotta nel raccontare come il grande mostro aveva inghiottito Geppetto e il burattino, come se (entrambi) avessero avuto colpa per qualcosa. Non bastava l'orfanotrofio come luogo già abbastanza tetro e angusto. Ci si mettevano anche le sorelle, che allegre non dovevano essere state.
Man mano che cresceva, in Mario prendeva sempre più piede un pensiero: dare un po' di luce all'oscurità che si celava tra quelle spesse e antiche pareti. Aveva l'impressione di essere egli stesso imprigionato nella bocca di una gigantesca balena. Era l'unico che (incoerente se dici che anche il suo amico non vedeva l’ora) non vedeva l'ora di uscirne, insieme al suo amico Giorgio.
Una notte sgattaiolarono nella lavanderia nel seminterrato (nella lavanderia situata nel seminterrato) earmati di alcuni fiammiferi(inciso ci vorrebbero le virgole) diedero fuoco a quelle (alle) odiate divise che erano obbligati a indossare, alcune con ancora i segni di chi li aveva preceduti: iniziali, rammendi, toppe. Ognuna trasudava un vissuto, come i giochi che avevano ereditato (costruzione strana: come i giochi di legno e metallo che avevano ereditato) di legno e metallo: sarebbero stati molto ambiti da un collezionista del settore. Sembrava che il tempo in quel posto si fosse fermato da molti anni.
Il fumo si diramò in un attimo e tutti vennero sputati fuori dalla bocca del gigantesco convento. Quel luogo che doveva cibarsi soprattutto di spirito, aveva preso (consumato) da troppo tempo dei corpicini difficili da digerire.
I due ragazzi, per niente stupidi, avevano calcolato che nel seminterrato ,con soffitto di mattoni a volte, non ci sarebbe stato materiale infiammabile, se non quei pochi stracci. I loro calcoli furono precisi, meno la loro sorte. (Forse occorre un vocabolo diverso da “precisi” non mi pare che si addica alla “sorte”). Finirono in una casa con altri ragazzi, ma decisamente più confortevole del tetro orfanotrofio.(quindi non gli andò così male…)
Poi la scoperta che non fu la balena a inghiottire Pinocchio ma un grande squalo, e il gigantesco cetaceo divenne il suo mito. (Qui ho faticato moltissimo a capire… Pinocchio e Geppetto finirono nella bocca di un pescecane è per questo che la balena divenne il mito di Mario?)
Trovava tanto buffo che si cibasse di esseri minuscoli come il plancton e piccoli gamberetti. Poi l'altra scoperta: non era un pesce.
Non dormì per due notti.

Nella casa nuova si trovava bene, aveva perso il suo amico Giorgio che fu (consecutio. che era stato adottato) adottato da alcuni parenti. Mario non sapeva il significato di quest'ultima parola.
Ogni tanto gli capitava di fare degli scherzetti che non sempre venivano presi con filosofia.

Una volta durante il pranzo lanciò una brocca di vetro con il suo contenuto di acqua (una brocca di vetro piena d’acqua) contro il muro, per il solo desiderio di vedere di nascosto l'effetto che fa, come diceva una canzone, E l'effetto lo fece, alla luce del sole: schegge di vetro e acqua dappertutto. Una delle conseguenze più taglienti si manifestò su un suo compagno: aveva notato un fastidio, come un formicolio nella zona puberale. Quando provò a infilare una mano nelle mutande per capire, sentì una scheggia di vetro incastrata nella giovane peluria per poi vedere le dita macchiate di rosso.
Non era stato un bello spettacolo. La conseguenza per Mario fu una visita psichiatrica e delle brocche di plastica per tutti. 

Per un po' la situazione rimase tranquilla e non ci furono altri episodi significativi da segnalare.
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amSu un prato con una grossa cassa c'erano giovani e meno giovani che facevano strane movenze seguendo una voce che diceva altrettante strane parole con sotto una musica dance di altri tempi.
Anche questa costruzione mi suona strana. 
In un prato c’erano giovani e meno giovani che facevano strane movenze seguendo una voce che usciva da una grande cassa e che diceva altrettante strane parole col sottofondo di una musica dance.  (taglierei e semplificherei ancora ma così mi tornerebbe già meglio) 

Ciao @Kasimiro

il racconto affronta con delicatezza e dolcezza una tematica complessa e complessi sono i personaggi messi in azione sia i primari Mario e Michele che anche Giulia. La storia è molto densa e leggerla non è facilissimo. Mi ẽ venuto il dubbio che le problematiche nella costruzione delle frasi (a volte involute) sia una precisa scelta narrativa proprio per far immedesimare il lettore nella testa di Mario. Per questo ti chiedo scusa per le “pulci” che ho fatto. Forse, se l’intenzione è quella che ho immaginato, forse poteva essere più adatta una scrittura in prima persona. 
Ritornerò a commentare perché il racconto è davvero notevole e mi piace molto anche l ‘effetto “dissonante” della leggerezza del “gioca jouer” rispetto alla pesantezza della condizione di Mario. Ci torno sicuramente. Intanto vorrei capire se l’effetto straniante è voluto. In ogni caso, tanto complimenti

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Grazie @@Monica per l'attenta lettura e per avermi segnalato tutte le imprecisioni. Scrivo in modo a volte impulsivo, spesso vado per deduzione. Non ho una scuola e studi specifici alle spalle. Mi immagino il personaggio e lascio che il narratore, in questo caso, prenda il via. La consecutio un po' mi attanaglia, dovrò prestare più attenzione.
In un primo momento ho pensato al narratore in prima persona, ma mi sembrava ancora più forte, coinvolgeva troppo anche me, ero intimorito. Con il narratore in terza persona volevo mantenere più distacco. Questa è stata la mia riflessione.
@Monica wrote: Thu Aug 29, 2024 8:31 pmPoi la scoperta che non fu la balena a inghiottire Pinocchio ma un grande squalo, e il gigantesco cetaceo divenne il suo mito. (Qui ho faticato moltissimo a capire… Pinocchio e Geppetto finirono nella bocca di un pescecane è per questo che la balena divenne il mito di Mario?)
Hai ragione, non è chiaro. Dal mio punto di vista non c'è poi molto da capire. La balena viene dipinta come un mostro mangia bambini, poi in realtà è innocua e si nutre di plancton. La simpatia viene spontanea, almeno nella mia testa.

Grazie.
A risentirci.

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Ciao @Kasimiro .

Ho letto la storia e vedo di lasciarti le mie considerazioni alla luce di quello che ha scritto l'amico @Alberto Tosciri.
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 11:36 pmIn un primo momento ho pensato al narratore in prima persona, ma mi sembrava ancora più forte, coinvolgeva troppo anche me, ero intimorito. Con il narratore in terza persona volevo mantenere più distacco. Questa è stata la mia riflessione.
Ecco, questo è il primo punto. La tua scelta era obbligata, quasi! Far scrivere "in prima" un adolescente non ti sarebbe venuto facile, anche se poteva dare un risultato sorprendente. Avresti dovuto metterti nei panni di Mario, assumere la sua identità e tutti i lati del suo carattere. Ne sarebbe uscito un racconto per ragazzi, ma potevi anche escogitare qualche momento di dialogo con Giulia e Michele giusto per spezzare il POV di questo sfortunato ragazzo. Invece hai adottato la terza persona in modo deciso, prendendo, a questo punto, le redini del percorso narrativo. Il tuo racconto è pertinente con quello di Michele, trovando anche molto su Michele. Credo che tu abbia esondato dal POV di Mario, arrivando a immettere nella storia un passo che neanche @Alberto Tosciri (POV di Michele) ha citato: il viaggio al santuario dei cetacei. Questa parte finale è molto bella, peccato che chi ne dovesse parlare, anche perché titolato, lo abbia trascurato. Forse nella stesura finale non vi siete riparlati: penso io, o magari vi siete concessi delle legittime deroghe! :D
Kasimiro wrote: Thu Aug 29, 2024 10:05 amMichele era rimasto molto colpito e rattristato nel leggere la storia di Mario dalla sua cartella.
Trovato in un camion in una sorta di giaciglio insieme ad altri disperati al confine con la Slovenia. Nessuno era mai riuscito a risalire ai genitori. Lo avevano affidato alla sorte sperando in un futuro...
Qui ci vedo il tema tanto a te caro, che riprendi spesso nei tuoi scritti: l'assistenza in favore dei disagiati. Hai dipinto un quadro che ben conosco in quanto anch'io sono stato in orfanotrofio per ben 10 anni. Ma i miei sono stati dei lager, ho patito peggio della solitudine, che mi ha fatto acquisire quella fervida immaginazione che posseggo. Non è stato tutto male questa esperienza, credo che mi abbia dato quella corazza di ferro con cui sono sopravvissuto sino a oggi. Forse, dato che parlando "in terza" potevi anche esondare, un richiamo alla questione istruttiva del percorso di Mario, all'interno del discorso educativo, ci poteva stare. La crescita a livello intellettuale di Mario della sua esperienza di vita sarebbe stata la ciliegina sulla torta.

Sul racconto in sé dico che è un buon rimembrare di ricordi passati di vita dal lieto fine. Lo hai sviluppato anche bene, secondo il tuo modo di mettere a regime le storie che ti capiteranno tutti i giorni all'interno del tuo lavoro. Ciao a presto
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Grazie @bestseller2020 per le tue considerazioni, molto apprezzate.
bestseller2020 wrote: Sun Sep 01, 2024 9:30 amForse nella stesura finale non vi siete riparlati: penso io, o magari vi siete concessi delle legittime deroghe!
Nel finale io e @Alberto Tosciri quasi empaticamente abbiamo ritenuto giusto che ognuno poteva chiudere la storia secondo la propria sensibilità e quella legata al personaggio rappresentato.
bestseller2020 wrote: Sun Sep 01, 2024 9:30 amQui ci vedo il tema tanto a te caro, che riprendi spesso nei tuoi scritti: l'assistenza in favore dei disagiati. Hai dipinto un quadro che ben conosco in quanto anch'io sono stato in orfanotrofio per ben 10 anni. Ma i miei sono stati dei lager, ho patito peggio della solitudine, che mi ha fatto acquisire quella fervida immaginazione che posseggo. Non è stato tutto male questa esperienza, credo che mi abbia dato quella corazza di ferro con cui sono sopravvissuto sino a oggi. Forse, dato che parlando "in terza" potevi anche esondare, un richiamo alla questione istruttiva del percorso di Mario, all'interno del discorso educativo, ci poteva stare. La crescita a livello intellettuale di Mario della sua esperienza di vita sarebbe stata la ciliegina sulla torta.
Grazie per questa condivisione. Non posso fare atro che comprendere in silenzio.
Non ho voluto spingermi sulla questione istruttiva o del percorso educativo che avrebbe potuto avere Mario all'interno dell'orfanotrofio per evitare di scrivere baggianate, visto che non ne conosco le dinamiche.
Grazie ancora
A presto

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Racconto di gradevole lettura.
Mi ha lasciato un pó perplessa l'incongruenza fra i vostri due racconti per quanto riguarda la scena della canzone e la fine che ho percepito come affrettata.

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Ciao @Almissima grazie per la lettura. 
Ci siamo presi la libertà nell'interpretare i nostri personaggi, secondo la nostra sensibilità, nelle loro evoluzioni mantenendo alcuni punti fissi. Uno di questi a me sembrava la canzone che pensavo fosse coerente nell'interpretazione nei due testi.
Mi sfugge un po' la tua riflessione in merito "L'incongruenza fra i vostri due racconti per quanto riguarda la scena della canzone".
Forse perché abbiamo usato parole diverse nel ricordo di Michele? Oppure ti riferivi a un'altra scena? Sempre utile comunque che ci siano visioni diverse. Grazie.

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Ho trovato il vostro racconto particolarmente coerente con le richieste del contest. La stessa canzone (un bel tormentone) suscita in entrambi i vostri personaggi emozioni e ricordi diversi. C’è l ‘estate, non obbligatoria ma gradita considerato il tipo di contest,  c’è una bella connessione tra i due. È lo stesso momento vissuto da due punti di vista diversi. Ogni racconto viaggia con le proprie gambe e conserva intatto lo stile personale dell’autore. Ci sono difetti? Sì, ma tutti emendabili con una buona revisione.
Per me avete rispettato appieno lo spirito dell’esercizio. @Kasimiro@Alberto Tosciri

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Forse mi sfugge qualcosa, ma in una versione la scena della canzone termina con la presenza di una ragazza, e nell'altra é invece il giovane assistito che in qualche modo aiuta il protagonista.
Questo per certi versi mi é sembrato strano, perché ci sta che ognuno viva e percepisca la canzone in modo diverso, ma trovo che se entrambe assistono allo stesso evento, questo evento debba terminare allo stesso modo.
Per tutti gli alti aspetti i due racconti mi sembrano assolutamente coerenti e ben assortiti.

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Ciao @Kasimiro  
ho apprezzato il tuo racconto, la stanza popolata di balene, l'incontro tra le due solitudini di Mario e Michele, il loro sostenersi a vicenda.
Ma siccome siamo qui per giocare, confesso che, dal punto di vista del contest, trovo che i vostri racconti si allontanino dalla consegna: la canzone colpisce mario e risveglia brutti ricordi in michele, ma non li fa pensare uno all'altro; i fatti non si svolgono esattamente nello stesso modo nei due racconti, e non è questione di come li vivano i due personaggi. Tra l'altro, non  capisco perché tu abbia voluto inserire due passaggi che riassumano la storia e il punto di vista di Michele, oltre a "svicolare" dalla traccia del contest che chiedeva un punto di vista per racconto, e a discordare da quanto narrato nel racconto di Alberto, mi sono sembrati un po' infilati di forza dentro a un racconto che s'incentrava su Mario.
Può essere un problema mio, che non ho capito i tuoi intenti, sia chiaro, non dico che ho ragione io.
In ogni caso, una piacevole lettura, come sempre.
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [CE24-2] Gioca jouer - Mario

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Grazie @Poeta Zaza per le tue puntuali precisazioni
Poeta Zaza wrote: Thu Aug 29, 2024 8:03 pmL'unica pecca la trovo nell'aver fatto entrare un po' tardi nella storia il tuo co-protagonista Michele.
Sentivo di dover dare uno spazio iniziale importante al mio personaggio. Però è vero, forse potevo trovare un altro modo per farlo entrare prima..
Grazie per l'apprezzamento.
Alla prossima.



Orca @Bef , e dire che pensavo di aver azzeccato la traccia molto meglio di altre volte. Ho riflettuto sulla tua lucida analisi.
Il punto da cui siamo partiti è stato quello di trovare una canzone che potesse avere un forte significato nei due personaggi, e su quello abbiamo costruito una storia. E' stata una bella opportunità anche per dialogare sulle nostre esperienze di vita, confidarci. Insomma, una piccola terapia di coppia. Non so cosa ne pensa il mia compagno d'avventura @Alberto Tosciri.
Due storie forti nelle quali la canzone suscita una futile, apparente spensieratezza ma con un disagio pronto a prendere il sopravento, in uno; mentre nell'altro risveglia dei traumi, sofferenze ancora aperte. Questo è il legame che ci è sembrato forte con la canzone. Credo che tu ti riferisca a questo passaggio del regolamento: “ascoltandola non potranno a meno di pensare l'uno all'altro”. In effetti, stando alla lettera, questo ci era sfuggito. Forse li accomuna più simbolicamente.
Per il resto abbiamo pensato che le storie, dato il forte significato della canzone che suscita emozioni nei due personaggi, potessero svilupparsi in contesti diversi, avere dei risvolti diversi, ambientazioni diverse. Questo aspetto ci era sembrato interessante: la possibilità che ognuna possa prendere la propria evoluzione.
L'unione nei due racconti viene è basata soprattutto sulla descrizione dell'aspetto emotivo di Mario e Michele.
Bef wrote: Thu Sep 05, 2024 6:57 pmTra l'altro, non  capisco perché tu abbia voluto inserire due passaggi che riassumano la storia e il punto di vista di Michele, oltre a "svicolare" dalla traccia del contest che chiedeva un punto di vista per racconto, e a discordare da quanto narrato nel racconto di Alberto, mi sono sembrati un po' infilati di forza dentro a un racconto che s'incentrava su Mario.
A questo ci avevo anche pensato. Poi mi è venuto naturale inserire un piccolo punto di vista di Michele. Probabilmente per dare un senso più compiuto alla storia e dare l'opportunità di poter scavare nel passato di Mario. Inconsciamente credo ci sia stata la volontà di considerare i due racconti anche indipendenti l'uno dall'altro.
Grazie per le tue puntuali considerazioni e del fatto che sia stata una piacevole lettura.
Alla prossima

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