Sotto un altro cielo
Il maresciallo Elias Santu guardava la ragazza seduta nel suo ufficio, Giorgia Perilla, venuta a denunciare la scomparsa della sorella Cristina.
─ È stata rapita. Me la ritroverete, vero?
─ La sua foto é su tutte la auto delle nostre pattuglie. Perché afferma che è stata rapita?
─ Secondo lei è normale sparire così in un posto come questo?
─ Cos’ha questo posto?
─ Ma è pieno di brutte facce! Ma le vede? Ma avete dei sospetti almeno?
─ Mi racconti come sono andate le cose.
Giorgia prese un pacchetto di sigarette dal marsupio, incrociò lo sguardo del maresciallo e lo rimise dentro sbuffando.
─ Ma niente. Siamo andate al falò con gli amici ieri notte, una serata normale.
Il maresciallo lesse qualcosa su un foglio scritto a mano.
─ I falò non sono ammessi in queste spiagge…
─ Adesso ci fate anche la multa? Sarebbe il colmo!
─ I miei uomini hanno trovato di tutto intorno al falò.
Giorgia scosse le spalle. ─ Ah be’, ok! Abbiamo bevuto un po’. Con questo caldo!
─ Liberi di bere superalcolici ghiacciati. Abbiamo trovato anche lattine di birra, slip, reggiseni, costumi da bagno maschili...
Giorgia sollevò ancora le spalle. ─ È proibito? No dico: viviamo nella civiltà eh…
Il maresciallo la guardò con attenzione negli occhi cerchiati di nero e con le pupille dilatate.
─ C’erano anche diverse canne buttate qua e là. Preservativi usati… Sua sorella è minorenne…
─ Mica siamo in Iran, mi scusi!
─ Già. Non siamo in Iran. ─ La guardò con i suoi occhi scuri, penetranti.
Giorgia abbassò lo sguardo spostandosi i capelli che le cadevano scomposti sul viso.
─ Signorina, ho bisogno di conoscere dei particolari. Quando si è accorta che sua sorella è sparita?
─ Non ci ho fatto caso, me lo hanno detto altri, vi abbiamo chiamati ieri notte.
─ Sì. Siamo stati chiamati.
─ Io ricordo… vagamente, ecco.
─ Lo so. L’ho vista ieri notte.
Giorgia arrossì di nuovo, sollevò una mano, come a minimizzare.
─ Comunque Cristy è sparita! Dovete trovarla.
─ Ha notato qualcosa di strano?
─ Tipo?
─ Qualcosa di inusuale. Sua sorella è stata avvicinata da qualcuno?
Giorgia si sforzava di ricordare.
─ Non mi pare. Anzi: no. Due giorni prima ha parlato con un ragazzo che non era della nostra compagnia.
─ Chi è?
─ Uno che non avevo mai visto. Forse è di queste parti.
─ Può essere importante. Me lo descriva.
─ Niente di che. Alto… sì… alto. Qui ho visto che sono tutti piccoli. ─ Guardò il maresciallo che era più alto di lei.
─ Scuro di capelli, ben piazzato di fisico ─ continuò.
─ Età?
─ Dimostrava una trentina, forse qualcosa di meno.
─ Può dirmi altro? Gli ha parlato?
─ Solo Cristy ha parlato con lui. Hanno camminato nella spiaggia due giorni prima del falò. Il ragazzo le parlava e lei lo ascoltava. Solo, ricordo… Cristy è tornata pensierosa.
─ Spaventata?
─ Non direi. Ma se prima non vedeva l’ora di andare al falò, aveva preparato anche un costume da bagno uguale al mio, dopo aver parlato con quel ragazzo mi ha detto che sarebbe rimasta in tenda.
─ Le sembrava intimorita?
─ No. Pensierosa, però.
Il maresciallo annuì. Scrisse qualcosa. ─ Qualche altro particolare?
Giorgia si morse le labbra. ─ Non so se è importante.
─ Me lo dica, vediamo.
─ Ecco, è tornata al campeggio con un vestito che aveva comprato in una bancarella vicina. Mi ha detto che quel ragazzo gli aveva detto che si facevano buoni prezzi.
Il maresciallo smise di scrivere e guardò Giorgia.
─ Bancarella vicino al campeggio. Cristina si è messa il vestito?
─ Sì. quando è venuta al falò.
─ Prima ha detto che non voleva andare al falò. Dov’era quindi?
─ Sì, cioè: voleva rimanere in tenda, assurdo! Ma poi è venuta vestita di tutto punto, con quella orribile gonna a fiori che appena si vedevano le caviglie, manco alle elementari… e una camicetta bianca a maniche lunghe, pure un reggiseno, che non ne mette quasi mai.
─ I capelli?
─ Cosa?
─ Erano sciolti? Legati con un nastro?
Giorgia si mise a pensare. ─ Sì! Vero! Con un nastro! Come fa a saperlo?
Il maresciallo taceva. Non staccava lo sguardo da lei.
─ Sapete qualcosa? La prego me lo dica! L’avete trovata? chiese Giorgia.
─ Per il momento no.
─ Ma io devo sapere! I nostri genitori sono preoccupati, non possono venire qui, mica posso tornare a casa senza Cristy! ─ Si mise a piangere.
─ Stia tranquilla. Rivedrà Cristy.
─ Veramente?
Il maresciallo annuì e disse: ─ Ora torni al campeggio si dia una ripulita e si riposi. Verrò io a informarla.
Una di quelle bancarelle piccole e piene di ogni cosa. Questa vendeva vestiti leggeri da donna, pantaloni da uomo, scarpe, sandali, a dire il vero alquanto anacronistici; molti si fermavano a guardare, qualcuno comprava, i prezzi erano buoni.
Il maresciallo Santu si avvicinò al banco, aspettando che la proprietaria, una vecchia gentile e sorridente con i capelli bianchi raccolti in una crocchia, finisse di servire dei turisti.
─ Salute, zia Antrioca.
─ Salute a te, maresciallo Elias Santu.
Santu sorrise, come a schernirsi.
─ Ti pesa se ti chiamo maresciallo?
─ È quello che devo essere, zia. Volevo chiederti se hai visto Nanziu.
La vecchia sorrise.
─ Si, l’ho visto. Sai bene che è venuto qui.
─ Digli che venga da me, in caserma.
─ Verrà. Sentiamo la tua mancanza.
─ Anche io sento la vostra ─ disse Santu prima di tornare in mezzo alla folla che gremiva il lungomare.
Quel pomeriggio, sotto un sole che spaccava le pietre e il frinire assordante delle cicale un uomo suonò il campanello della caserma. Il piantone fece entrare un ragazzo che voleva parlare con il maresciallo.
─ Sì, l’ho chiamato io ─ disse Santu facendolo accomodare nel suo ufficio e richiudendo la porta con discrezione.
I due uomini si sedettero uno fronte all’altro. Si guardarono a lungo in silenzio, come fossero d’accordo.
─ Non mi avete avvisato questa volta. Come mai? Non vi fidate più di me? ─ chiese Santu rompendo il silenzio.
─ Sei da molto qui ─ rispose Nanziu. ─ Ci fidiamo di te. Il fatto è che tutto è avvenuto all’improvviso. Non c’è stato il tempo di dirtelo.
Santu sorrise. ─ E siamo noi che parliamo di tempo!
Anche Nanziu sorrise. ─ Cristina era la ragazza giusta. Non potevamo lasciar perdere. Si sarebbe discostata. È una cosa che avresti sentito anche tu.
─ Se è il contrario di sua sorella è una ragazza giusta. Ma tutto è relativo, come dicono qui. Dimmi come sta.
─ Sta bene. Perché mi hai chiamato?
─ Vorrei che Giorgia la vedesse.
Nanziu storse la bocca. ─ Ah, ecco! Ma Giorgia non lo merita, lo sai. Perché questo interesse?
─ Può cambiare. Voglio che cambi. Cambierà.
Nanziu annuì. ─ Ti piace?
─ Sarebbe possibile?
─ Sarebbe pericoloso.
─ Lo so. Ma dobbiamo chiedere il permesso. È già successo con altri.
─ E poi farla tornare qui? Vivrebbe diversamente?
─ Penso di si. Anzi: ne sono certo.
Nanziu si alzò, la faccia cupa. ─ Elias Santu si è innamorato! Sarai tu a perdere, lo sai. Non potrai tornare da noi.
─ Un giorno potremo tornare.
─ Un giorno, alla fine!
Santu annuì. ─ Alla fine. Ma lei deve sapere.
─ Come vuoi. Sarà fatto presente. Domani capirai se potrà essere fatto.
Santu annuì con un sorriso triste, mentre Nanziu usciva dal suo ufficio.
Il giorno dopo Santu si recò con la macchina di servizio al campeggio. Il cielo si era rannuvolato e faceva fresco come in autunno nonostante fosse piena estate. Nel passare davanti alla bancarella di zia Antrioca fece cenno all’autista di fermarsi e scese. La vecchia alzò lo sguardo alle nuvole e poi guardando Santu con un sorriso benevolo gli disse: ─ Ora sai di avere molta considerazione. Noi lo abbiamo sempre saputo. Prendi.
Gli porse un borsone di stoffa con dei vestiti.
Giorgia fu convocata dall’altoparlante del campeggio e venne dopo un po’, ansimando per la corsa, assieme a due ragazzi e una ragazza. Aveva i capelli bagnati di mare, il reggiseno slacciato.
─ Novità? ─ chiese appena vide il maresciallo, aggiustandosi i capelli che le cadevano in fronte.
─ Forse. Si metta questi vestiti e venga con me. Devo farle vedere una cosa.
Giorgia mise le mani nel borsone che Santu le aveva porto e tirò fuori con fare allibito, quasi schifato, una gonna, una camicia e un paio di sandali, prendendoli con due dita, come a voler mantenere le distanze.
─ Santo cielo! Ma scherza! Vado a mettermi dei pantaloncini…
─ No. Deve mettere questi vestiti.
─ Cosa sono questi modi? Giorgia è sotto shock! ─ disse la ragazza con lei.
Santu la guardò senza rispondergli. La ragazza si fece da parte.
─ Perché mai dovrei mettere questa robaccia? Ma è un’usanza del cavolo che avete qui?
─ Dobbiamo andare in un posto sacro. Deve vestirsi così.
─ Ma non esiste, scusi!
─ Salga in macchina. ─ Santu aprì lo sportello posteriore dall’auto, la spinse dentro in modo rude, ma con attenzione perché non battesse la testa e le buttò sopra la borsa, incurante delle sue proteste.
I ragazzi intorno osservavano. Santu non li degnò di uno sguardo.
Uscirono dal paese e si inoltrarono in una strada sterrata in salita, circondata da un bosco di lecci e olivastri, sollevando un mare di polvere. Giunti su un piccolo altopiano circondato da alberi si fermarono. A un lato c’era una chiesa campestre, fatta di pietra bianca e nera.
─ Dobbiamo andare in chiesa? ─ disse Giorgia guardando storto.
─ No. Si vesta ora. Dobbiamo entrare nel bosco.
Giorgia mise gli abiti borbottando: ─ Ci deve essere un motivo per questa assurdità!
Il maresciallo si tolse il berretto posandolo sul sedile, si slacciò la fondina della pistola e la porse al carabiniere alla guida che la prese. Si scambiarono un rapido sguardo d’assenso.
─ Deve parlare con dei rapitori? Per questo lascia la pistola?
─ No. ─ rispose Santu. ─ Nel posto dove andiamo non si possono portare armi. Da sempre. Venga con me, stia al mio fianco.
─ Lei è uno strano maresciallo, sa?
Santu la guardò senza rispondere. Iniziò a camminare con sicurezza in mezzo a piccoli sentieri appena visibili, spostando rami, indicando pietre sporgenti, aiutando Giorgia a superare ripidi gradini di pietra. La foresta si infittiva, arrivarono a un punto in penombra con angoli di sottobosco immersi nel buio completo che pareva notte. Districandosi attraverso vari passaggi giunsero a un assembramento di pietre squadrate gigantesche, alcune precipitate al suolo, altre in bilico a sostenere i resti di antiche mura. Attraversarono un grande portale di pietra, camminando su una strada lastricata. Salirono a fatica dei gradini costruiti per uomini di altezza considerevole, fino ad arrivare a un piccolo altipiano circondato dalle cime di alberi millenari. Da una fessura rocciosa usciva una vena d’acqua che cadeva in un bacile scavato nella pietra lavica per abbeverare gli animali, debordando e trasformandosi in un rigagnolo. Santu si chinò a bere alla fonte. Anche Giorgie bevve.
─ Buonissima! ─ disse come per istinto.
In un angolo, nascosta da alcuni massi e frasche, una piccola apertura. Entrarono chinandosi. All’interno la caverna si apriva e allargava come una cattedrale, ma non era naturale, bensì scavata nel granito vivo. La luce del sole penetrava da fessure dislocate in alto, le pareti erano scolpite con decorazioni che rappresentavano uomini, animali, fiori e tre finte porte affiancate. Santu si avvicinò alla porta centrale.
─ Dobbiamo passare oltre questa porta.
─ Tu sei pazzo! ─ Disse Giorgia allontanandosi e guardandosi intorno. ─ Dove mi hai portata? Voglio uscire!
─ Non ho tempo per spiegarti. Capirai. Dammi la mano.
─ Nemmeno per sogno! Voglio andarmene! Ho paura!
─ Cristina si trova oltre questa porta. Devi fidarti di me. Ti prometto che ti riporterò indietro.
─ Ma indietro da dove? Sei pazzo! Qui c’è solo pietra!
─ Dammi la mano Giorgia. Ti prego.
Al tocco della sua mano Giorgia si sentì avvolgere dall’oscurità, dal silenzio, dalla pace. Non sapeva cosa fosse, non riusciva a parlare, a muoversi, ma non avvertiva minacce o pericoli. Chiuse gli occhi pensando di sognare.
Quando li riaprì si trovò in un altro posto. L’aria era pura, fresca. Un’altura circondata da boschi e valli che digradavano all’infinito verso un mare azzurro intenso, cosparso da una miriade di isolotti intorno ai quali veleggiavano navi e barche a vela antiquate.
A poca distanza da loro si vedeva un paese bianco con delle torri sormontate da cupole a cipolla di colore azzurro smaltato. Il paese era circondato da frutteti, orti e vigneti, sembrava una cartolina, e in lontananza c’erano altri paesi simili. Giorgia guardava ammutolita, non sapeva cosa pensare: che posto era mai quello? Si avvicinarono carri a buoi e una colonna di uomini a cavallo vestiti all’antica galopparono verso di loro avvolti da una nuvola di polvere. Salutarono Santu con un cenno del capo, lui rispose allo stesso modo, guardarono Giorgia e voltarono indietro spronando.
Sui carri c’erano donne e bambini. Da uno di questi carri una donna chiamò a voce alta: ─ Giorgia! ─ era Cristina, raggiante di felicità, che con un balzo saltò giù correndo verso di lei, facendo svolazzare la sua gonna e il fazzoletto che aveva in testa, abbracciando la sorella quasi sollevandola, con una forza insospettata. Giorgia stentava a riconoscerla per come appariva cambiata pur essendo sempre lei. Era così felice, in salute, radiosa; sembrava essere vissuta da sempre in felicità e armonia.
─ Non sei cambiata per niente Giorgia! Che bello!
─ Come cambiata? Ma tu… Oh cielo! Come sei vestita! Ma cosa… Ma tu…
Si avvicinò Santu. ─ Vai con lei Giorgia. Io ti aspetto qui e dopo torneremo indietro.
Giorgia era confusa, Cristy la trascinava verso il suo carro dicendole che aveva tante cose da raccontarle, tanti amici da farle conoscere, ─ e quando li aveva conosciuti? ─ tante cose da farle vedere per tutti quegli anni trascorsi lontano da lei.
Come: tutti quegli anni? Ma era diventata pazza? E chiedeva dei genitori, e di questo e di quello come se fosse passata un’eternità dall’ultima volta che li aveva visti, quando era solo ieri.
─ Anni trascorsi? Ma cosa stai dicendo? Ma dove siamo?
Si girò verso Santu il quale si era seduto su una pietra sotto un albero.
─ Ti aspetto qui ─ ripeté. Ora vai con Cristina.
Alla fine Giorgia si lasciò trascinare dalla sorella che la condusse al suo carro e l’aiutò a salirci sopra, riprendendo il cammino assieme agli altri verso il paese.
Quanto tempo era passato? Tanto. Giorgia risaliva la collina camminando spedita nonostante la gonna. Aveva un appuntamento con Elias Santu, Cristina glielo aveva ricordato, dicendole che era importante.
Gli abitanti del paese l’avevano salutata e le era dispiaciuto lasciarli. Gli anni più belli della sua vita.
Anni? Cristina le aveva detto che un giorno si sarebbero riviste in quel luogo e sarebbero rimaste insieme per sempre.
Trovò Santu ancora seduto, come l’aveva lasciato, come se fossero passate un paio d’ore. Non era cambiato e nemmeno lei. Ma Giorgia non si stupiva più di niente. Aveva imparato che in un posto fatto a misura di quello che poteva essere un paradiso non serviva fare domande. Era così e basta.
Santu si alzò nel vederla. Non disse niente. La guardò approvando con lo sguardo il suo vestito all’antica, il suo fazzoletto. Senza una parola tornarono indietro. Giorgia era dispiaciuta di andarsene, ma lo seguiva. Sentiva che doveva essere così.
Giunti in caserma Santu le disse che era passato un giorno dalla sua assenza e che doveva tornare al campeggio, dai suoi amici.
─ Un giorno! Ma io non voglio tornare con quelli! Non riuscirei più a vivere con loro!
─ Vivere con loro non significa essere come loro. Tu sei un’altra adesso.
─ Dimmi quando potrò tornare da Cristina.
─ Non ancora. Sarò io ad accompagnarti. Ma non ancora.
─ Mi accompagnerai tu?
─ Si.
─ So chi sei, Elias Santu.
─ Chi sono?
Giorgia esitò prima di rispondere. Sorrise. ─ Uno che accompagna le anime che lo meritano in un posto bellissimo. Io non credo di meritarlo ma... sono cambiata.
─ Confidiamo in Dio per meritarlo. ─ rispose Santu.
Giorgia guardò un grande quadro dietro la scrivania di Santu che rappresentava un carabiniere e al suo fianco un miliziano a cavallo vestito all’antica con sotto un antico cartiglio recante la scritta: Si Deus cheret et sos Carabineris.
─ So cosa significa ─ disse Giorgia.
Santu rispose con un sorriso: ─ Se Dio vuole e i Carabinieri lo vogliono.