[CP15] Stratocumuli sull'anima

1
Traccia n. 3
Eveline di J. Joyce
Eveline di J. Joyce
"Seduta alla finestra guardava la sera invadere il viale. Teneva la testa appoggiata contro le tendine e sentiva nelle narici l'odore del crétonne polveroso. Era stanca.
Poca gente per strada. Passò l'inquilino della casa di fondo che rientrava. Sentì i passi risuonare sul marciapiede di cemento, poi lo scricchiolio della ghiaia sul sentiero dinanzi alla fila di costruzioni nuove, color mattone.
Un tempo c'era un campo laggiù e loro solevano giocarci ogni sera, insieme agli altri ragazzi del quartiere. Poi l'aveva comprato un tale di Belfast e ci aveva costruito delle case; non misere casupole nere come le loro, ma case chiare in mattoni, dal tetto lucente. Tutti i ragazzi del viale avevano giocato in quel campo: i Devine, i Water, i Dunn, il piccolo Keogh lo zoppo e lei coi suoi fratelli e sorelle. Solo Ernest non ci giocava: era troppo grande. Spesso veniva il padre a scacciarli di là col suo bastone di pruno, ma di solito il piccolo Keogh stava di guardia e chiamava non appena lo vedeva arrivare. Eppure parevan bei tempi quelli! Il padre non era ancora così cattivo e la mamma era ancora viva.
Molti anni erano passati da allora: adesso lei e i suoi fratelli e sorelle s'erano fatti grandi e la mamma era morta. Anche Tizzie Dunn era morto e i Water erano tornati in Inghilterra. Come tutto cambia!
Toccava a lei ora d'andarsene come gli altri, lasciare la casa.
La sua casa! Si guardò attorno nella stanza fissando ad uno ad uno gli oggetti familiari che in tutti quegli anni aveva spolverato regolarmente una volta alla settimana, domandandosi sempre da dove poteva venire tanta polvere. Forse non li avrebbe più visti quegli oggetti, dai quali mai aveva immaginato di  doversi separare un giorno. Nonostante ne fosse passato del tempo, ancora non era riuscita a sapere il nome del prete la cui fotografia ingiallita pendeva dalla parete sopra l'harmonium scordato, accanto alla stampa a colori dei voti dedicati alla Beata Margherita Maria Alacoque. Era stato un compagno di scuola del padre e ogni volta che questi mostrava il ritratto a un visitatore non mancava d'accompagnare il
gesto con una parola casuale: «E’ a Melbourne adesso.»
Sì, aveva acconsentito ad andarsene, a lasciare la casa. Ma era ragionevole da parte sua? Si sforzava di prendere in considerazione ogni lato del problema. Lì almeno non le sarebbero mai mancati cibo e alloggio; né, quel che più conta, le persone che era avvezza a vedersi intorno sin dalla nascita. Certo doveva lavorare, e lavorare sodo, sia in casa che fuori. Chissà cosa avrebbero detto ai Magazzini quando si fosse risaputo che era scappata con un giovanotto? Le avrebbero dato della scema, forse, e messo un annuncio sul giornale per sostituirla. Sarebbe stata contenta la signorina Gavan. Non le aveva mai risparmiato le sue stoccate, specie se c'era gente che sentiva.
«Non vedete che le signore aspettano, signorina Hill?»
«Ma svegliatevi signorina Hill, fatemi il piacere...»
Non c'era da piangerci davvero a lasciare i Magazzini.
Nella casa nuova però, in un paese lontano e sconosciuto, non sarebbe andata così. Sarebbe stata una donna maritata lei, Eveline, e la gente le avrebbe usato rispetto. Non si sarebbe lasciata trattare come sua madre, no. Ancora adesso, per quanto avesse già diciannove anni compiuti, le avveniva a volte di temere la violenza paterna. Era stata questa paura, lo sapeva, a farle venire le palpitazioni. Prima, quando erano ancora piccoli, il padre non si sfogava mai su di lei come su Harry e Ernest, perché era una ragazza; ma in seguito aveva cominciato a minacciarla e a dirle che, se non fosse stato per la memoria di
quella buon'anima di sua madre, non avrebbe mancato di darle il fatto suo. E ora non c'era più nessuno a proteggerla. Ernest era morto e Harry, che faceva il decoratore di chiese, era sempre via, lontano da casa. C'erano poi le eterne discussioni per i soldi, il sabato sera; discussioni che la sfinivano. Dava lo stipendio intero in famiglia – sette scellini alla settimana – e Harry mandava quanto poteva; ma il guaio era cavarli al padre, i quattrini. Era una spendacciona, le diceva, una scervellata e non se la sentiva lui di darle i soldi guadagnati con tanta fatica per vederli buttare dalla finestra; questo e altro le diceva, perché
era sempre di cattivo umore il sabato sera. Alla fine però glieli dava e le chiedeva se non aveva per caso l'intenzione di comperare qualcosa per il pranzo della domenica. Così le toccava scappar via a fare la spesa, aprendosi la strada a gomitate tra la folla, il borsellino di pelle nera stretto nel pugno, per rincasare poi, tardi, carica di provviste.
C'era da faticare, è vero, a tenere in ordine le stanze e a stare attenta che i due fratellini minori, affidati alle sue cure, andassero a scuola ogni mattina e avessero di che
mangiare. Un lavoro duro, sì, una vitaccia; eppure, ora che stava per lasciarla, già non la trovava più così insopportabile.
Ne avrebbe cominciata un'altra, adesso, con Frank. Era buono e forte Frank, e di cuore generoso.
Sarebbe andata via con lui quella sera, col piroscafo della notte. Sarebbe andata via per diventare sua moglie e vivere con lui a Buenos Aires nella casa che l'aspettava. Come ricordava bene la prima volta che l'aveva visto! Aveva preso alloggio in una casa sulla strada principale, dove lei aveva degli amici. Le pareva fossero passate poche settimane da allora. Stava sul cancello, il berretto tirato all'indietro sulla nuca e i capelli che gli ricadevano a ciocche sulla fronte abbronzata. Poi si erano conosciuti. Ogni sera andava a prenderla all'uscita dei Magazzini e l'accompagnava fino a casa. Una volta l'aveva anche portata
a sentire La ragazza di Boemia e a lei era parso un sogno potersene stare lì fianco a fianco, a teatro, in posti che non le erano abituali. Gli piaceva la musica a Frank e sapeva anche cantare. Tutti erano al corrente del loro amore e così quand'egli cantava la canzone della ragazza innamorata del marinaio,
Eveline non poteva fare a meno di sentire un certo dolce imbarazzo. La chiamava Poppy, tanto per ridere. In principio l'idea di avere un corteggiatore le aveva dato alla testa, ma poi s'era messa a volergli bene sul serio. Le parlava di paesi lontani, di come avesse cominciato da mozzo,a una sterlina al mese, su una nave della linea Allan che andava al Canada. E le diceva i nomi delle altre navi su cui era stato e dei diversi servizi, le raccontava di quando aveva passato lo Stretto di Magellano e le sue mirabolanti avventure coi selvaggi. Aveva avuto fortuna a Buenos Aires, diceva, e in patria c'era tornato solo per godersi una vacanza. Naturalmente il padre era venuto a saperlo e le aveva proibito d'avere a che fare con lui.
«Li conosco, va' là, questi marinai!» aveva detto.
Un giorno avevano litigato, Frank e il padre, e da allora avevano dovuto vedersi di nascosto.
La sera s'andava infittendo sul viale e il bianco delle due lettere che aveva in grembo si faceva indistinto.
Una era per Harry, l'altra per il padre. Il suo prediletto, veramente, era stato Ernest, ma anche a Harry voleva bene. Aveva notato che in quegli ultimi tempi il padre era un po' invecchiato; avrebbe sentito la sua mancanza. Anche lui a volte sapeva essere gentile. Non molto tempo prima, un giorno che era stata a letto, malata, s'era messo a leggerle una storia di fantasmi e le aveva abbrustolito il pane sul fuoco.
Un'altra volta, quando ancora era viva la madre, erano andati tutti insieme a far merenda sulla collina di Howth e ricordava com'egli si fosse messo in testa il cappellino della moglie, per farli divertire.
Il tempo passava ma lei rimaneva lì seduta presso la finestra, la testa appoggiata contro le tendine e l'odore polveroso del crétonne nelle narici. Giù dal viale saliva il suono di un organetto. Lo conosceva quel motivo. Strano che venisse proprio quella sera a rammentarle la promessa fatta alla madre, la promessa di tenere insieme la famiglia fintanto che avesse potuto. Le tornò a mente l'ultima notte della sua malattia. Si rivide nella stanza buia, chiusa, in fondo al corridoio: da fuori giungeva il melanconico suono dell'organetto. Avevano dato sei pence al sonatore, perché se ne andasse. E ricordava il padre che tornava in punta di piedi nella camera dell'ammalata dicendo: «Dannati italiani! Proprio qui debbono venire!»
E mentre stava lì a meditare, la penosa visione della vita della madre operava nel più profondo del suo essere una specie di maleficio; una vita di sacrifici meschini conclusasi nella pazzia finale. Tremò riudendo la voce materna ripetere con vuota insistenza: «Derevaun Seraun! Derevaun Seraun!»
S'alzò di scatto, sotto l'impulso del terrore. Fuggire! Fuggire doveva! Frank l'avrebbe salvata. Le avrebbe dato vita e forse anche amore. E voleva vivere lei! Perché avrebbe dovuto essere infelice? Anche lei aveva diritto alla felicità. E Frank l'avrebbe presa fra le braccia, l'avrebbe stretta fra le braccia, l'avrebbe salvata.
Era alla stazione di North Wall, in mezzo alla folla ondeggiante. Egli la teneva per mano ed essa sapeva che le stava parlando, che le ripeteva qualche cosa sulla traversata. La stazione era piena di soldati coi loro bagagli scuri e attraverso le ampie porte della tettoia si scorgeva a tratti, oltre la murata della banchina, la massa immobile e nera della nave, con gli oblò illuminati. Taceva. Si sentiva le guance pallide e fredde e in quel groviglio di disperazione pregava Iddio d'illuminarla, di mostrarle qual era il suo dovere. Il lungo, lamentoso fischio della sirena tagliò la nebbia. Se partiva, domani si sarebbe trovata in alto mare, con Frank, diretta a Buenos Aires. Avevano già fissato i posti. Come poteva tirarsi indietro dopo tutto quel che aveva fatto per lei? Lo sgomento le dette quasi un senso di nausea: continuava a
muovere le labbra in tacita e fervida preghiera.
Una campana le rintoccò sul cuore. Sentì ch'egli l'afferrava per mano.
«Vieni!»
Tutti i mari del mondo le s'infrangevano sul cuore. E lui la trascinava dentro, la voleva annegare. Con ambo le mani s'aggrappò alla cancellata.
«Vieni!»
No! no! no! Era impossibile. Le mani strinsero frenetiche le sbarre. E dal fondo dei mari ella alzò un grido d'angoscia. «Eveline! Evy!»
Lo vide correre di là dai cancelli, chiamandola perché lo seguisse. Gli gridarono di andare avanti ma egli continuava a chiamarla. Volse allora verso di lui la faccia pallida, passiva, come un povero animale impotente, e i suoi occhi non gli diedero alcun segno d'amore o di addio o di riconoscimento."
[CP15] Stratocumuli sull'anima

Sono cresciuta a strati di maltempo
e mi sono assuefatta e rassegnata.

Come una nuvola zuppa di scrosci
- trattenuti -
pesante plumbea sghemba
struscio grattacieli
di giuramenti e doveri imprescindibili,
faccio slalom fra alte antenne che trasmettono
- pungenti -
di nature sgombre e luminose e libere
scevre da prove grevi e cupe,
come quelle nubi bianche 
- in altri cieli -
trafitte calde da un amato sole.

Hai voglia ad asciugarmi coi tuoi raggi:
io ci provo
come mai prima l'ho tentato
ma non riesco
a sollevarmi
né a riformarmi altra:
è più forte di me,
perché son pregna
di quel dovere avito
e mai tradito
- e da tradire mai -
per un diritto
- ignoto -
nel mio cielo.

Ogni calore 
- anche il tuo -
cede di forza
contro il plumbeo accumulato
strato a strato,

grondo di doveri promessi
e tutelati stretti e inespellibili
dall'anima...

Ne sono come sono: sopraffatta.

Oscuro il sole
che riflette te.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

3
Complimenti @Poeta Zaza , la tua poesia è molto bella. Hai scelto, mi sembra, di rappresentare le sensazioni/emozioni della protagonista attraverso figure e immagini estrapolate dall'ambiente e della natura, in particolare il cielo: nuvola, scrosci, nature sgombre, altri cieli, amato sole.
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmCome una nuvola zuppa di scrosci
- trattenuti -
pesante plumbea sghemba
struscio grattacieli
di giuramenti e doveri imprescindibili,
faccio slalom fra alte antenne che trasmettono
- pungenti -
di nature sgombre e luminose e libere
scevre da prove grevi e cupe,
come quelle nubi bianche 
- in altri cieli -
trafitte calde da un amato sole.
Interessanti anche le parole che usi, ed il loro suono: struscio, sgombre, scevre.... Sembrano proprio dare l'idea ed anche il suono del groviglio di pensieri ed emozioni contrastanti della protagonista.

La parte finale è tutta concentrata sulla drammatica consapevolezza di Eveline di non poter fuggire al suo destino, di non poter in nessun modo tradire le aspettative dei suoi genitori, in particolare della madre. Tutto questo espresso con parole non scontate, sempre utilizzando paragoni ed immagini dalla natura, che appare non amichevole o benevola.
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmHai voglia ad asciugarmi coi tuoi raggi:
io ci provo
come mai prima l'ho tentato
ma non riesco
a sollevarmi
né a riformarmi altra:
è più forte di me,
perché son pregna
di quel dovere avito
e mai tradito
- e da tradire mai -
per un diritto
- ignoto -
nel mio cielo.
La fine non lascia molto scampo o speranza, Eveline vien sopraffatta, e si abbandona al suo destino.
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmOgni calore 
- anche il tuo -
cede di forza
contro il plumbeo accumulato
strato a strato,

grondo di doveri promessi
e tutelati stretti e inespellibili
dall'anima...

Ne sono come sono: sopraffatta.
La chiusa è sicuramente d'effetto, ma non mi è molto chiara.
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmOscuro il sole
che riflette te.
Anche il sole è oscuro e quindi non più in grado di riscaldare/illuminare o dare sollievo. Ma cosa significa l'ultima frase?

In conclusione ho apprezzato il tuo componimento, in particolare la scelta delle parole e la musicalità del testo.
Ancora complimenti.

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

4
Ciao @Poeta Zaza e complimenti 
trovo tu abbia interpretato in modo davvero poetico l’incapacità di Eveline di ribellarsi al proprio destino e di godere del proprio angolo di felicità. È efficace anche la resa dell’impossibilità di vivere l’amore con Frank. Più forte è il senso del dovere e la promessa fatta sul letto di morte alla madre.
La tentazione di risollevarsi da un destino gramo resta solo un desiderio soffocato.
Impresa assai difficile mettere in versi un testo tanto ricco di sfumature e di poesia, ci sono passaggi meravigliosi in cui il carattere di Eveline viene espresso in modo magistrale da Joyce ma tu sei riuscita a estrarre il succo e a  mettere il mare nel bicchiere con grande capacità e musicalità.
Mario74 wrote: Wed May 29, 2024 5:43 pmCome una nuvola zuppa di scrosci
- trattenuti -
Per esempio è riuscitissimo questo passaggio in cui la parola “trattenuti” rende perfettamente l’idea del tumulto dell’anima di Evelyn e i suoi tormenti che “trattiene” dentro di sé.

Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmHai voglia ad asciugarmi coi tuoi raggi:
io ci provo
come mai prima l'ho tentato
ma non riesco
a sollevarmi
né a riformarmi altra:
è più forte di me,
Originale questa scelta. È la ragazza che parla quasi in modo confidenziale  a Frank (paragonato al sole)  “Hai voglia ad asciugarmi” ecc. 

strano ma originale approccio poetico che fa il suo effetto.
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmOgni calore 
- anche il tuo -
cede di forza
contro il plumbeo accumulato
strato a strato,
Anche qui sembra rivolgersi a Frank (sole). Anche se lui é forte e determinato non ce la può fare a superare lo strato di nubi dense e a portare la luce nella sua vita.
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmgrondo di doveri promessi
e tutelati stretti e inespellibili
dall'anima...

Ne sono come sono: sopraffatta.
questa parte mi è piaciuta di meno. Grondare di doveri, inespellibili, tutelati. Certo esiste la licenza poetica ma la poesia, per me, funzionava già bene senza questo ulteriore aggravio.

I versi finali sono quasi un haiku. 

Oscuro il sole che riflette te.

Oscuro, se penso a quanto ho letto finora, potrebbe essere un prendente indicativo “io oscuro il sole che riflette te” visto che fino a questo momento lei si rivolge al suo “lui”.
Potrebbe essere anche un aggettivo il sole che riflette te è oscuro ma non avrebbe molto senso.
Penso che possa voler dire che le nubi stratificate impediscono al sole (a lui) di far far passare il suo benefico riflesso. Quindi propendo per “io oscuro con le mie nubi dell’anima il sole (te). 

Grande cura nella scelta della formattazione e belle le immagini per questa rivisitazione in chiave lirica del brano proposto. Brava! 🤩  :flower:


 

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

5
Mario74 wrote: Wed May 29, 2024 5:43 pm Complimenti @Poeta Zaza , la tua poesia è molto bella. Hai scelto, mi sembra, di rappresentare le sensazioni/emozioni della protagonista attraverso figure e immagini estrapolate dall'ambiente e della natura, in particolare il cielo: nuvola, scrosci, nature sgombre, altri cieli, amato sole.

Interessanti anche le parole che usi, ed il loro suono: struscio, sgombre, scevre.... Sembrano proprio dare l'idea ed anche il suono del groviglio di pensieri ed emozioni contrastanti della protagonista.

La parte finale è tutta concentrata sulla drammatica consapevolezza di Eveline di non poter fuggire al suo destino, di non poter in nessun modo tradire le aspettative dei suoi genitori, in particolare della madre. Tutto questo espresso con parole non scontate, sempre utilizzando paragoni ed immagini dalla natura, che appare non amichevole o benevola.


La fine non lascia molto scampo o speranza, Eveline vien sopraffatta, e si abbandona al suo destino.


La chiusa è sicuramente d'effetto, ma non mi è molto chiara.


Anche il sole è oscuro e quindi non più in grado di riscaldare/illuminare o dare sollievo. Ma cosa significa l'ultima frase?

In conclusione ho apprezzato il tuo componimento, in particolare la scelta delle parole e la musicalità del testo.
Ancora complimenti.
Grazie delle belle considerazioni! @Mario74 e felice di ritrovarti!  :)

Per i tuoi dubbi sul finale, lo so che è "oscuro":
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmOscuro il sole
che riflette te.
L'interpretazione che ho voluto dare io a questi due versi è:

Io (nuvola) oscuro il sole, il quale "riflette" con i suoi raggi te (Frank).

Ma ha ancora detto meglio Monica:
@Monica wrote: Wed May 29, 2024 7:01 pmQuindi propendo per “io oscuro con le mie nubi dell’anima il sole (te). 
:flower:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

6
@@Monica  grazie cara del tuo lusinghiero commento! :flower:
@Monica wrote: Wed May 29, 2024 7:01 pmtrovo tu abbia interpretato in modo davvero poetico l’incapacità di Eveline di ribellarsi al proprio destino e di godere del proprio angolo di felicità. È efficace anche la resa dell’impossibilità di vivere l’amore con Frank. Più forte è il senso del dovere e la promessa fatta sul letto di morte alla madre.
La tentazione di risollevarsi da un destino gramo resta solo un desiderio soffocato.
Impresa assai difficile mettere in versi un testo tanto ricco di sfumature e di poesia, ci sono passaggi meravigliosi in cui il carattere di Eveline viene espresso in modo magistrale da Joyce ma tu sei riuscita a estrarre il succo e a  mettere il mare nel bicchiere con grande capacità e musicalità.
:arrossire:
@Monica wrote: Wed May 29, 2024 7:01 pmGrande cura nella scelta della formattazione e belle le immagini per questa rivisitazione in chiave lirica del brano proposto. Brava! 🤩  :flower:
Grazie!
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

7
@Poeta Zaza credo che la tua sia la poesia più poetica di tutto il contest, 
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmSono cresciuta a strati di maltempo
e mi sono assuefatta e rassegnata.
Gli strati del tempo non sono solo gli anni ma anche le esperienze. Alle contrarietà ci si abitua e ci si rassegna.

Non mi soffermo sui singoli versi dove è innegabile la ricerca della sonorità. Non tutto arriva a primo impatto, bisogna rileggere per assaporare e assorbire gli stati d'animo della protagonista.
Ho notato il degradare dei versi che si assottigliano sempre più fino ad arrivare all'ultima strofa composta da appena 9 sillabe (ultimo verso 4 sillabe).
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmOscuro il sole
che riflette te.
Ho immaginato la tua protagonista nel progressivo prosciugarsi fino alla resa totale.

Brava

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

8
Cito qui sotto la sezione che mi è parsa esageratamente farraginosa in un testo che è del tutto aderente alla traccia: 
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmCome una nuvola zuppa di scrosci
- trattenuti -
pesante plumbea sghemba
struscio grattacieli
di giuramenti e doveri imprescindibili,
faccio slalom fra alte antenne che trasmettono
- pungenti -
di nature sgombre e luminose e libere
scevre da prove grevi e cupe,
come quelle nubi bianche 
- in altri cieli -
trafitte calde da un amato sole.
La similitudine mi appare caotica, indigesta, appesantita da lineette e allitterazioni: nonostante questo, nonostante voglia veicolare un'idea di fatica e prigionia, a mio modestissimo avviso non "fa passare" alcuna vibrazione. 
Altra cosa qui sotto:
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmHai voglia ad asciugarmi coi tuoi raggi:
io ci provo
come mai prima l'ho tentato
ma non riesco
a sollevarmi
né a riformarmi altra:
è più forte di me,
Poeta Zaza wrote: Wed May 29, 2024 2:37 pmNe sono come sono: sopraffatta.
Qui noto una mano diversa, empatica con Eveline, una mano leggera che la carezza.

Grazie, @Poeta Zaza, un saluto!
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

9
Ippolita wrote: Thu May 30, 2024 6:47 pmLa similitudine mi appare caotica, indigesta, appesantita da lineette e allitterazioni: nonostante questo, nonostante voglia veicolare un'idea di fatica e prigionia, a mio modestissimo avviso non "fa passare" alcuna vibrazione. 
Quel pezzo di cui parli sopra è lo stesso di cui mi sono chiesta se toglierlo o no: e ho pensato a come lo avresti giudicato tu (davvero!).   :D
Ma poi l'ho lasciato...  :si:

Grazie sempre dei tuoi giudizi obiettivi che ho imparato a capire. :flower:  @Ippolita 

Grazie dell'apprezzamento di altri versi, dove mi rivolgo direttamente a Frank e dove sembro dare una carezza a Eveline.   :hug:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

10
Adel J. Pellitteri wrote: Thu May 30, 2024 12:31 pm@Poeta Zaza credo che la tua sia la poesia più poetica di tutto il contest, 

Gli strati del tempo non sono solo gli anni ma anche le esperienze. Alle contrarietà ci si abitua e ci si rassegna.

Non mi soffermo sui singoli versi dove è innegabile la ricerca della sonorità. Non tutto arriva a primo impatto, bisogna rileggere per assaporare e assorbire gli stati d'animo della protagonista.
Ho notato il degradare dei versi che si assottigliano sempre più fino ad arrivare all'ultima strofa composta da appena 9 sillabe (ultimo verso 4 sillabe).

Ho immaginato la tua protagonista nel progressivo prosciugarsi fino alla resa totale.

Brava
@Adel J. Pellitteri    :)


Grazie per le acute osservazioni che hai saputo cogliere e il giudizio positivo! :flower:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

12
Ciao, Mariangela, l'unica cosa che cambierei nel tuo lavoro è il titolo. 
Mi è venuto un paragone per spiegarti: pensa se De Andrè avesse titolato Stratocumuli la sua canzone Nuvole, ho i brividi!
Tutta la poesia di quel testo sarebbe rimasta incastrata in quel termine meteorologico.
Nuvole basse sull'anima, è quello che è, e mi avrebbe messo subito in prospettiva le tue strofe
Quando scrivo o quando commento propendo sempre alla chiarezza e alla semplicità, cerco di non usare parole che non uso quotidianamente, a meno che un personaggio non richieda termini appropiati.

Per il resto hai dimostrato pienamente il tuo talento. Mi è piaciuta moltissimo.

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

13
ciao @Poeta Zaza . Hai fatto un vero concentrato della storia di Eveline, trasformandolo in versi. La tua è una costruzione precisa, che non lascia spazio a nessuna interpretazione della traccia. Non ti sei inventata niente, d'altronde sei maestra di parole! I versi sono molto belli e ricercati, elaborati. Ma ripeto che non ti sei sforzata nell'uso della immaginazione. Devo dire che però tale cosa non era richiesta, quindi, non ho diritto di contestare la tua scelta. Sai bene che ti esorto sempre a tirare fuori l'azione e di conseguenza, anche osare ad esporti. Comunque un bel pezzo. Ciao <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

14
Albascura wrote: Fri May 31, 2024 12:55 pm Ciao, Mariangela, l'unica cosa che cambierei nel tuo lavoro è il titolo. 
Mi è venuto un paragone per spiegarti: pensa se De Andrè avesse titolato Stratocumuli la sua canzone Nuvole, ho i brividi!
Tutta la poesia di quel testo sarebbe rimasta incastrata in quel termine meteorologico.
Nuvole basse sull'anima, è quello che è, e mi avrebbe messo subito in prospettiva le tue strofe
Quando scrivo o quando commento propendo sempre alla chiarezza e alla semplicità, cerco di non usare parole che non uso quotidianamente, a meno che un personaggio non richieda termini appropiati.

Per il resto hai dimostrato pienamente il tuo talento. Mi è piaciuta moltissimo.
Grazie di questo commento, cara @Albascura :flower:

Di certo è meglio il titolo che suggerisci tu! Chissà perché sono stata così rasoterra nella scelta! 

:ciaociao:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP15] Stratocumuli sull'anima

16
bestseller2020 wrote: Fri May 31, 2024 6:16 pm ciao @Poeta Zaza . Hai fatto un vero concentrato della storia di Eveline, trasformandolo in versi. La tua è una costruzione precisa, che non lascia spazio a nessuna interpretazione della traccia. Non ti sei inventata niente, d'altronde sei maestra di parole! I versi sono molto belli e ricercati, elaborati. Ma ripeto che non ti sei sforzata nell'uso della immaginazione. Devo dire che però tale cosa non era richiesta, quindi, non ho diritto di contestare la tua scelta. Sai bene che ti esorto sempre a tirare fuori l'azione e di conseguenza, anche osare ad esporti. Comunque un bel pezzo. Ciao <3
Grazie del tuo passaggio, caro @bestseller2020   :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Return to “Poesia”