Genere fantastico
Tema: partenze
Empatia transgenerazionale
Partire. Non voglio partire, ma devo. Che scelta ho? È peggio perdere controllo su quello che faccio o su quello che voglio fare? E che importanza ha, alla fine? Qualsiasi risposta troverò in fondo al mio cuore, il futuro non può cambiare, e che io prenda o meno questo aereo è già successo, solo che ancora non lo so. Almeno c'è qualcuno che lo sa? Un essere onnisciente a noi invisibile? Vorrei fargli un paio di domande, ma le uniche persone con cui potrò interagire, tra poche ore, saranno giovani ricercatori con moltissime domande e pochissime risposte.
Forse avrei dovuto imparare a dire di no più spesso, chissà. A me non è mai importato granché di antropologia, faccio la web designer, come una piccola Aracne, ed ero là semplicemente in vacanza. Faceva un caldo infernale ed era il pomeriggio dell'ultimo giorno e io e i miei amici, senza sapere cosa fare, ci siamo infilati nei musei universitari. Fabio doveva aver letto qualcosa a riguardo su una guida turistica; ne valse la pena, non erano niente male. Fu lì che successe l'incidente che, come un domino invisibile, mi ha portato qui a prendere questo aereo.
Carta d'imbarco, carta d'identità, eccole qui, e prima che me ne accorgo sono nel corridoio che porta al velivolo. Posso ancora cambiare idea? Certo, posso sempre. La domanda è: sono ancora in tempo per far sì che questo cambio di sentimenti abbia un impatto significativo sulla realtà? Nessuno lo sa, tranne l’intelligenza invisibile e onnisciente. Che poi, che vuol dire significativo? E che vuol dire realtà? Nel momento in cui io mi sento in un certo modo, quella è già la mia realtà che muta forma, anche se da fuori non si nota. Troppo tardi per cambiare idea, l'istante in cui la decisione porta a conseguenza e chiude vie alle proprie spalle; vittima degli eventi, forse.
Non sapevo che un museo potesse esporre pubblicamente una tale collezione di mummie fino all'istante che me la sono trovata davanti. Mi concentrai su uno di loro. Erano passati più di duemila anni da quando era stato un essere umano, ma lo vedevo benissimo e soprattutto lo sentivo: era come me. Mi vedevo in quella mummia, ma non so dire se anche ella si vedesse in me. Era come... Ah, non so come spiegarlo. Strano, solo questo. Cos'è peggio, venire divorati dagli avvoltoi o avere il proprio corpo conservato ed esposto col passare di strani eoni? Venire dimenticati, o diventare un simbolo? Venire capiti, o venire usati?
Qualunque sia la spiegazione, io mi persi in quelle orbite vuote, come negli occhi pieni di vita di un amato. Non poteva sussurrare nulla da duemila anni, ma sapevo che aveva avuto segreti e pettegolezzi che aveva bisbigliato agli amici, che aveva confessato ai figli una sera che aveva esagerato un po’ troppo col vino. Quella mummia immortalata alla soglia dell'eternità aveva avuto una vita mondana. Anche perché quale vita non lo è? Quale santo non ha mai avuto un fulminante episodio di diarrea, o non ha mai fatto finta di capire cosa stesse dicendo l'interlocutore perché si vergognava di non avere ancora capito dopo la terza volta che ha chiesto “cosa?”, o qualunque fosse l'equivalente di “cosa?” e “eh?” nella lingua parlata nel luogo e nel tempo esperiti da suddetto santo? Non c'è modo di capire se qualcuno sia stato un santo o un demonio, solo dalla mummia.
La connessione tra ogni persona, da qui a duemila anni nel passato o nel futuro, dà le vertigini. Rimasi indietro, mentre i miei amici andavano avanti a vedere le altre teche del museo, e presi ad ansimare con affanno, immobile davanti alla mummia, circondato da altre mummie. Una folla di universi umani fossilizzati. Da star male. Cosa che feci, in effetti. Non intenzionalmente, chiaro; anche se, a dire il vero, cos'è l'intenzione?
Fu cosa di pochi istanti, ma, per l'attacco di panico che seguì quando i miei amici mi vennero a soccorrere assieme a quella coppia di sposini giapponesi, dovemmo uscire dal museo e mi portarono a bere una bibita fresca. Ero scossa, perciò non mi resi conto dell'occhio silenzioso della videocamera di sorveglianza puntata verso le mummie. Non credo che fosse lì per riprendere il momento in cui si sarebbero alzate a camminare di nuovo, ma non ne sono più così sicura. In fondo, non ci sarebbe nulla di fantastico in un morto che cammina, sarebbe solo una persona, e perderebbe quella caratteristica che lo distingue dal resto di entità simili, cioè quella di essere morto. Una pera che ha l'aspetto, la consistenza, l'odore e il sapore di una mela non è un frutto magico, è solo una mela.
Il pilota biascica parole incomprensibili dagli altoparlanti mentre mi stringo nel posto troppo stretto, mi allaccio la cintura e mi è capitato un posto tra un bambino che strilla e un vecchio con la flatulenza. Non è questo a essere grottesco, sono gli occhi della hostess. Cosa sta accadendo in quella testa mentre mostra come gonfiare il giubbotto salvagente? Cosa farà, una volta staccato il turno di lavoro? Non è poi così importante, non la sta guardando nessuno. Però succede che lo fa, il suo lavoro. Succede perché non può succedere altrimenti e tutto ciò è fantastico. Cosa farà una volta morta? Lei niente, ma lei in senso lato, cosa farà? Qualcuno che lo sa ci deve essere, un essere onnisciente e invisibile. Cerco di figurarmi come la sua coscienza lascerà questo mondo ma non riesco proprio a immaginarmelo. Quali saranno i suoi ultimi pensieri? Cosa ne faranno poi del suo corpo? Chi? E quando è nata qual è la prima cosa che ha visto? Cosa ha pensato del primo odore annusato? Cosa ha pensato sua madre quando ha visto per la prima volta quegli occhi, ora annoiati dal proprio lavoro, allora incastonati nella testa di un neonato che scopriva una nuova realtà? Sono quasi tentata di alzarmi a chiederlo, ma sono abbastanza sicura che neanche lei lo sappia. E allora, chissà da quanti anni non si chiede quale sia il proprio dinosauro preferito.
Li trovo ad aspettarmi già fuori dall'aeroporto, sono venuti a prendermi in auto. Ricordo la mia confusione quando ho ricevuto la loro telefonata. Non ne capii granché, ma a quanto pare era stata una serie di coincidenze in apparenza senza significato ma che portano verso l'unico inevitabile canale del fato. Il custode stava staccando il proprio turno e, nel farlo, si è messo a chiacchierare col collega, e ha accennato l'episodio del mio svenimento. Uno dei ricercatori che passava di lì per caso ha sentito il tutto e ha chiesto di poter vedere la ripresa della videocamera di sorveglianza.
Ed è così che sono finita in questa... non lo so, questa cosa. È un progetto di ricerca interdipartimentale sulla tanatologia. Non ho mai avuto esperienze pre-morte, però; è vero, a volte sogno di morire, ma questo che c'entra? Proprio non capisco, ma volevano me, tra i soggetti dello studio. L'alloggio è gratuito, i pasti calmierati, e posso comunque portare avanti il mio lavoro di web designer, quindi perché no?
Mi si presentano, stringo mani, guardo occhi che guardano i miei e sorridono, sento nomi e ripeto il mio nome per presentarmi e ripeto i loro nomi per provare a non dimenticarli. Dove sono stata, mi chiedono. In che senso? Mi metto sulla difensiva; come sanno del legame? Pensano che io sia una pazza che stringe legami con gente morta da duemila anni? Ma per piacere; non sono partita per questo, ma loro mi chiedono dove sono andata in quel momento. Ed è solo naturale, no? Insomma, è soffocante sia stare in una folla sui mezzi pubblici, sia essere circondati da morti. Presente o passato poco importa, sono comunque tutti esseri con sogni e passioni. Quella signora seduta in metropolitana, che legge il giornale, il viso rugoso corrucciato: qual è l'amore più struggente che ha mai provato? Quella mummia avvolta in un panno: qual era stato il suo passatempo, nei pomeriggi noiosi e solitari?
Ma non è così immediato ricreare quel sentimento, dovrebbero saperlo, così come ogni sentimento unico, positivo o negativo o neutro, è irripetibile una volta provato dai mondi isolati dei vivi e dei morti e delle persone che nasceranno; provo a spiegarlo, ma non trovo parole adatte, nonostante tutta la sensibilità di antropologi e psicologi, giovani ricercatori con una passione sconfinata per la tanatologia.
Prova la psicografia, dicono allora, che è poi quello che sto facendo in questo momento, queste parole non destinate a essere lette. Viene usata anche in parapsicologia: che sia un gruppo di ciarlatani, allora? Ma no, perché l'università dovrebbe finanziare una ricerca del genere? Va be’, non importa. Finito questo esercizio di psicografia mi riporteranno al museo, e allora sì che potrò risperimentare il legame di duemila anni. Queste parole non portano nulla con sé e con ogni probabilità finiranno con semplicità all'intelligenza invisibile e onnisciente, ma non le leggerà perché le avrà già lette quando ancora il tempo non esisteva. Io ora sono qui e sto per andare. Dove mi porterà, quella mummia? Dov'è ella adesso, al di fuori del museo? Ho fatto bene a venire qui? Faccio bene ad andare dove quel legame mi porta? Senza paura, posso seguire il fato.
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
2Mina ha scritto: che me ne accorgoche me ne accorga (congiuntivo p.)
Mina ha scritto: Mi concentrai su uno di loro.Non credo sia sbagliato ma mi suonerebbe meglio: Mi sono contrata su uno di loro. A meno che tu non inizi la frase, per esempio, con :
Mina ha scritto: che me la sono trovata davanti. Mi concentrai sChe me la trovai davanti. Ricordo che mi concentrai su uno di loro ecc.
Nell’ intero periodo c’è qualche consecutio da revisionare secondo me.
Mina ha scritto: ad ansimare con affannose ansimi già vuol dire che sei affamato. Magari meglio a respirare con affanno oppure ansimare e basta.
Mina ha scritto: Ricordo la mia confusione quando ho ricevuto la loro telefonata. Non ne capii granché, ma a quanto pare era stata una serie di coincidenzeAncora una consecutio ballerina. Ricordo la mia confusione quando ricevetti la loro telefonata. Non ne capii ecc.
Ciao @Mina interessante la scelta del racconto in prima persona. La storia è complessa e introspettiva e tocca argomenti e sentimenti particolari.
La pre-destinazione esiste? Immaginare che tutto già sia scritto e che non sussista una L era libertà di scelta mi angoscia terribilmente. Ma forse non è questo il caso. Forse si parla di reincarnazione, forse la mummia attendeva la visita del proprio alter ego rinato migliaia di anni dopo. Forse si tratta solo di un esperimento oppure di una fase di pre-morte che colpisce la protagonista a seguito di un incidente aereo. Onestamente non so se ho colto qualcosa di giusto, me lo dirai tu. Certo è che questo racconto non lascia indifferenti e va a colpire sentimenti e dubbi che penso siano condivisi da molti per cui l’inquietudine che sale leggendolo trovo che sia un “plus” rispetto ad altre storie che ho letto. Per contro credo che il racconto guadagnerebbe da una revisione soprattuto per quanto riguarda i tempi verbali e la formattazione ad esempio inserendo degli stacchi tra il narrato al presente e i ricordi.
Mi hai fatto pensare…
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
3Ciao @Mina, di certo posso affermare che il tuo racconto non lascia indifferenti, fa riflettere, intensamente, ma per me, la trama non è chiara.
Non credo di avere compreso il senso del testo, nonostante abbia trovato estremamente interessanti le tante domande introspettive poste.
In sintesi, metto in conto che sia anche un mio limite. Le introspezioni le ho apprezzate, il genere fantastico non l'ho trovato, ma di sicuro perché non ho capito nulla io del testo.
Se vorrà spiegarmi, mi farebbe piacere.
Grazie per la lettura.
Non credo di avere compreso il senso del testo, nonostante abbia trovato estremamente interessanti le tante domande introspettive poste.
Mina ha scritto: il futuro non può cambiare, e che io prenda o meno questo aereo è già successoÈ già tutto scritto? Replichiamo quanto già avvenuto in altre dimensioni?
Mina ha scritto: come una piccola AracnePerché inserisci il mito di Arance? Mi sfugge.
Mina ha scritto: sono ancora in tempo per far sì che questo cambio di sentimenti abbia un impatto significativo sulla realtà?Quindi non è già scritto proprio tutto...
Mina ha scritto: Troppo tardi per cambiare idea, l'istante in cui la decisione porta a conseguenza e chiude vie alle proprie spalle; vittima degli eventi, forse.Perché? A quale conseguenza ti riferisci che chiude la via alle proprie spalle? Hanno ormai chiuso l'aereo?
Mina ha scritto: eoniTermine che non conoscevo, adoro imparare nuove parole quando leggo, ma non ho capito cosa intendi inserendolo qui.
Mina ha scritto: tanatologiaNon conoscevo neanche questo termine, grazie.
Mina ha scritto: Dove sono stata, mi chiedono. In che senso? Mi metto sulla difensiva; come sanno del legame? Pensano che io sia una pazza che stringe legami con gente morta da duemila anni? Ma per piacere; non sono partita per questo, ma loro mi chiedono dove sono andata in quel momento. Ed è solo naturale, no?Io da qui in poi mi sono persa del tutto. Non riesco a capire cosa domandano, cosa intendono, cosa dovrei capire.
In sintesi, metto in conto che sia anche un mio limite. Le introspezioni le ho apprezzate, il genere fantastico non l'ho trovato, ma di sicuro perché non ho capito nulla io del testo.
Se vorrà spiegarmi, mi farebbe piacere.
Grazie per la lettura.
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
4Ciao @Mina metti sempre a dura prova il lettore, almeno me, e questo è un bene. Ho provato a leggere il tuo racconto ieri sera ma non è stato facile. Mi impuntavo su alcuni passaggi e non ne venivo fuori.
Finalmente al mattino, con la mente fresca, l'ho riletta e ho apprezzato.
Il titolo del racconto è perfetto. Racchiude tutta l'essenza di quello che descrivi.
Trovo che non ci sia niente da capire ma solo immergersi nella sfera profonda, interiore, filosofica che ci trasmetti.
Per i tempi duri in cui viviamo senza porci domande, è una boccata di ossigeno.
Un abbraccio anche da parte mia.
A rileggerti
Finalmente al mattino, con la mente fresca, l'ho riletta e ho apprezzato.
Il titolo del racconto è perfetto. Racchiude tutta l'essenza di quello che descrivi.
Trovo che non ci sia niente da capire ma solo immergersi nella sfera profonda, interiore, filosofica che ci trasmetti.
Per i tempi duri in cui viviamo senza porci domande, è una boccata di ossigeno.
Mina ha scritto: Quella mummia immortalata alla soglia dell'eternità aveva avuto una vita mondana. Anche perché quale vita non lo è? Quale santo non ha mai avuto un fulminante episodio di diarrea, o non ha mai fatto finta di capire cosa stesse dicendo l'interlocutore perché si vergognava di non avere ancora capito dopo la terza volta che ha chiesto “cosa?”, o qualunque fosse l'equivalente di “cosa?” e “eh?”
Mina ha scritto: Non credo che fosse lì per riprendere il momento in cui si sarebbero alzate a camminare di nuovo, ma non ne sono più così sicura. In fondo, non ci sarebbe nulla di fantastico in un morto che cammina, sarebbe solo una persona, e perderebbe quella caratteristica che lo distingue dal resto di entità simili, cioè quella di essere morto. Una pera che ha l'aspetto, la consistenza, l'odore e il sapore di una mela non è un frutto magico, è solo una mela.
Mina ha scritto: Cosa farà, una volta staccato il turno di lavoro? Non è poi così importante, non la sta guardando nessuno. Però succede che lo fa, il suo lavoro. Succede perché non può succedere altrimenti e tutto ciò è fantastico. Cosa farà una volta morta? Lei niente, ma lei in senso lato, cosa farà? Qualcuno che lo sa ci deve essere, un essere onnisciente e invisibile. Cerco di figurarmi come la sua coscienza lascerà questo mondo ma non riesco proprio a immaginarmelo. Quali saranno i suoi ultimi pensieri? Cosa ne faranno poi del suo corpo? Chi? E quando è nata qual è la prima cosa che ha visto? Cosa ha pensato del primo odore annusato? Cosa ha pensato sua madre quando ha visto per la prima volta quegli occhi, ora annoiati dal proprio lavoro, allora incastonati nella testa di un neonato che scopriva una nuova realtà? Sono quasi tentata di alzarmi a chiederlo, ma sono abbastanza sicura che neanche lei lo sappia. E allora, chissà da quanti anni non si chiede quale sia il proprio dinosauro preferito.Questi sono alcuni passaggi che mi hanno particolarmente colpito.
Un abbraccio anche da parte mia.
A rileggerti
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
5Mina ha scritto: Vorrei fargli un paio di domande, ma le uniche persone con cui potrò interagire, tra poche ore, saranno giovani ricercatori con moltissime domande e pochissime risposte.Ecco il mio primo interrogativo: anche dal prosieguo del testo non capisco il perché dei giovani ricercatori.
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmprima che me ne accorgoprima che me ne accorga
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmFabio doveva aver letto qualcosa a riguardo su una guida turistica; ne valse la pena era valsa la pena, non erano niente male. Fu lì che successe l'incidente che, come un domino invisibile, mi ha portato qui a prendere questo aereo.
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmMi concentrai su uno una di loro. Erano passati più di duemila anni da quando era stato un essere umano, ma lo vedevo benissimo e soprattutto lo sentivo: era come me. Mi vedevo in quella mummia, ma non so dire se anche ella si vedesse in me.una perché ti riferisci a mummia
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmnella lingua parlata nel luogo e nel tempo esperiti da dal suddetto santo?
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmNon c'è modo di capire se qualcuno sia stato un santo o un demonio, semplicemente dalla sua mummia. solo dalla mummia.
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmLa connessione tra ogni persona, da qui a duemila anni nel passato o nel futuro, dà le vertigini: e questo successe tra la mia persona e quella mummia.Ti suggerisco forte di aggiungere, aprendo i due punti esplicativi, una frase come quella mia in grassetto, per spiegare con chiarezza al lettore questa sorta di immedesimazione tra le due entità di persona a distanza di millenni.
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmRimasi indietro Ero rimasta indietro, mentre i miei amici andavano avanti a vedere le altre teche del museo, e presi ad ansimare con affanno, immobile davanti alla mummia, circondato da altre mummie. Una folla di universi umani fossilizzati. Da star male. Cosa che feci, in effetti. Non intenzionalmente, chiaro; anche se, a dire il vero, cos'è l'intenzione?
Fu cosa di pochi istanti, ma, per l'attacco di panico che seguì quando i miei amici mi vennero a soccorrere assieme a
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmIn fondo, non ci sarebbe nulla di fantastico in un morto che cammina, sarebbe solo una persona, e perderebbe quella caratteristica che lo distingue dal resto di entità simili, cioè quella di essere morto. Una pera che ha l'aspetto, la consistenza, l'odore e il sapore di una mela non è un frutto magico, è solo una mela.Che belle capriole che si fanno coi sillogismi!
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmNon è questo a essere grottesco, sono gli occhi della hostess. Cosa sta accadendo in quella testa mentre mostra come gonfiare il giubbotto salvagente? Cosa farà, una volta staccato il turno di lavoro? Non è poi così importante, non la sta guardando nessuno. Però succede che lo fa, il suo lavoro. Succede perché non può succedere altrimenti e tutto ciò è fantastico. Cosa farà una volta morta? Lei niente, ma lei in senso lato, cosa farà? Qualcuno che lo sa ci deve essere, un essere onnisciente e invisibile. Cerco di figurarmi come la sua coscienza lascerà questo mondo ma non riesco proprio a immaginarmelo. Quali saranno i suoi ultimi pensieri? Cosa ne faranno poi del suo corpo? Chi? E quando è nata qual è la prima cosa che ha visto? Cosa ha pensato del primo odore annusato? Cosa ha pensato sua madre quando ha visto per la prima volta quegli occhi, ora annoiati dal proprio lavoro, allora incastonati nella testa di un neonato che scopriva una nuova realtà? Sono quasi tentata di alzarmi a chiederlo, ma sono abbastanza sicura che neanche lei lo sappia. E allora, chissà da quanti anni non si chiede quale sia il proprio dinosauro preferito.Qui sono esterrefatta! Avevo capito che la protagonista si fosse "calata" nella persona della mummia. Mi aspettavo che i ragionamenti che le passano nella mente in aereo, mentre sta per andare dove la spinge il fato (e dove curiosamente sa che la aspttano quei "giovani ricercatori" che devono interrogarla) ebbene, i suoi pensieri siano stupefacenti e incredibili: la mummia sta pensando nella sua testa! Cosa c'entra far partecipe il lettore dei pensieri e della fine di una comune contemporanea persona come quella hostess?
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmUno dei ricercatori che passava di lì per caso ha sentito il tutto e ha chiesto di poter vedere la ripresa della videocamera di sorveglianza.Ecco il ricercatore che non avevo associato all'inizio: scusa.
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmMa non è così immediato ricreare quel sentimento, dovrebbero saperlo, così come ogni sentimento unico, positivo o negativo o neutro, è irripetibile una volta provato dai mondi isolati dei vivi e dei morti e delle persone che nasceranno; provo a spiegarlo, ma non trovo parole adatte, nonostante tutta la sensibilità di antropologi e psicologi, giovani ricercatori con una passione sconfinata per la tanatologia.Questo è il tuo finale, che, mi rendo conto, non ricalca quanto avevo capito io, ossia l'immedesimazione della donna di oggi nei pensieri della mummia sconosciuta. Trattasi solo di un esercizio di tanatologia.
Prova la psicografia, dicono allora, che è poi quello che sto facendo in questo momento, queste parole non destinate a essere lette. Viene usata anche in parapsicologia: che sia un gruppo di ciarlatani, allora? Ma no, perché l'università dovrebbe finanziare una ricerca del genere? Va be’, non importa. Finito questo esercizio di psicografia mi riporteranno al museo, e allora sì che potrò risperimentare il legame di duemila anni. Queste parole non portano nulla con sé e con ogni probabilità finiranno con semplicità all'intelligenza invisibile e onnisciente, ma non le leggerà perché le avrà già lette quando ancora il tempo non esisteva. Io ora sono qui e sto per andare. Dove mi porterà, quella mummia? Dov'è ella adesso, al di fuori del museo? Ho fatto bene a venire qui? Faccio bene ad andare dove quel legame mi porta? Senza paura, posso seguire il fato.
Resta comunque la mia sorpresa nell'averti visto sprecare tanti caratteri sui pensieri e sulla fine immaginata dell'hostess, anziché sui possibili pensieri di un soggetto più vecchio di millenni! E di sicuro maggiore interesse!
Mina ha scritto: dom apr 28, 2024 9:27 pmDove sono stata, mi chiedono. In che senso? Mi metto sulla difensiva; come sanno del legame? Pensano che io sia una pazza che stringe legami con gente morta da duemila anni?Se anche fosse, quei legami mi pare non siano stati stretti a sufficienza, caro @Mina
Comunque, grazie della lettura che mi ha tenuta avvinta un sacco di tempo!
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
6@Mina ciao. Posso dire di trovarmi d'accordo con le osservazioni già fatte dagli amici. Ma aggiungerei qualcosa a riguardo la scelta di concentrare la storia in un crogiuolo di ricordi e flussi al presente. Credo che avresti dato al racconto un ordine tale da far assaporare quella atmosfera che descrivi, unito allo stato d'animo della protagonista. Lei si racconta troppo e così la storia, invece di essere vissuta direttamente, viene rappresentata coinvolgendola a troppe domande che non trovano risposta, e che vengono girate al lettore. Per essere un racconto ci può anche stare. Ma credo che un racconto non debba creare una storia da risolvere, ma risolvere una storia. Non so se mi spiego. Però, il percorso narrativo che hai scelto, i temi trattati, obbligavano a tale scelta, di questo ne prendo atto. Noi oggi non ci poniamo il problema su cosa ne sarà di noi, del nostro corpo, dato che mai saremo oggetto di mummificazione. Magari quelli che si sono fatti ibernare, inutilmente, potrebbero essere esposti in qualche museo, a testimonianza delle nostre credenze a livello scientifico. Fra mille anni, qualcuno potrebbe ritrovarsi esposto nella crio-teca, ai pensieri divertiti della gente. Magari qualcuno, in una epoca futuribile, dove sarà possibile estrapolare dal cervello umano tutta la sua vita, rilegata nei sui ricordi custoditi nelle cellule cerebrali, potrà avere quel rapporto stretto con un umano del passato, con tutte le possibili ricadute esistenziali, e perché no, anche a livello di parapsicologia. Ciao.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
7Ciao @mina
Nel tuo racconto ho trovato molte cose che mi sono congeniali.
Dovrei scrivere almeno una decina di cartelle per cominciare soltanto a fare dei confronti e non sarebbero sufficienti.
Questa direzione, questa attrazione incentrata in questo caso sulle mummie, ma poteva anche essere lo scheletro di un ragazzo trovato a Pompei o lo scheletro di un legionario romano trovato in una caserma del Vallo Adriano, mi affascina.
Non ho mai visto una mummia dal vero ma ho visto tantissimi documentari che ne parlano e che ne illustrano. Una cosa che non mi piace è l’atteggiamento goliardico dei gruppi di archeologi e archeologhe, con tutto il corollario di specialisti intorno, spesso di matrice anglosassone. Mi infastidiscono i loro wow, i loro sorrisi, il loro entusiasmo quando trovano una mummia, che per loro è soltanto un reperto archeologico da esaminare e catalogare assieme a manufatti e statue, come confutazione dei loro studi e delle loro teorie.
E invece no. Hanno trovato un morto e non concepiscono l’idea che debba essere rispettato come essere umano che ha vissuto.
Mi è capitato di vedere, durante questi ritrovamenti, certo casualmente perché non era intenzione di chi filmava, le facce degli scavatori, uomini del posto che trattavano le mummie ritrovate con grande rispetto, senza ridere, perché erano consapevoli di trovarsi davanti ai resti di un uomo o una donna che un tempo erano stati vivi come loro sotto il sole e come loro avevano goduto e sofferto della vita, che fossero potenti o persone del popolo.
Quei poveri scavatori avevano una profonda empatia verso i loro simili morti, empatia che credo non faccia parte della maggior parte degli studiosi. Inutile stare ad analizzare i motivi, sono già in piena digressione, come mi capita spesso.
Quando leggo un testo cerco di riportare quello che ne ho ricavato, che ho provato.
Anche io, da sempre, vedendo antiche rovine oppure ossa umane mi sono messo a pensare su quello che era stato, come, perché, cosa si era provato costruendo quel palazzo, viverci, di chi erano quei lavori, quelle tombe, come avevano vissuto quegli uomini, cosa avevano provato. Domande per me non sempre con risposte, che lasciano molti interrogativi.
Ammiriamo i monumenti, ma dovremmo pensare al sudore e al sangue costati, alla vita di chi li ha costruiti, di chi ci è vissuto, come ci è vissuto, non come turisti di passaggio ma come esseri umani cercando di entrare nel corpo, nei sentimenti, nell’anima degli uomini di cui abbiamo trovato i resti.
A mio parere questo comporta una nuova consapevolezza che aiuta a vivere e tu questo hai cominciato a fare in questo racconto. (Ma anche in altri).
Dico “cominciato” perché ad approfondire dovresti prepararti a riscrivere La Recherche du temps perdu. Dal ricordo di un biscotto offerto con il te, Proust ricostruisce una vita e un’epoca. Può sembrare un discorso lugubre questa ossessione sui morti, questo voler “entrare” nei morti ma qualcosa del genere diceva anche Montaigne nei suoi Saggi: “Chi insegnerà agli uomini a morire, insegnerà loro a vivere”.
Ci sono tantissimi romanzi storici che ti fanno entrare nelle atmosfere del passato, nella vita degli uomini di allora, ne ho in mente a decine e per averli letti da ragazzo mi hanno fatto approcciare a quei tempi antichi con una curiosità diversa, un desiderio di conoscere, di immedesimazione totale, "pericolosa".
È un buon metodo, serve anche per tentare se non di scacciare almeno allontanare i propri demoni, che si materializzano in incubi.
Certe cose non si possono dimenticare, anche se non si sono vissute direttamente. È la prerogativa e la condanna di alcuni uomini. Non me ne intendo e non so se ci sia una memoria ancestrale o genetica, un inconscio collettivo junghiano, ma io provo come un senso di liberazione quando scrivo robaccia di guerra o ambientata in condizioni estreme; alla fine mi sento esausto, ma poi riesco a trovare un po' di serenità, anche a dormire tranquillo. Ma ho anche visto dal vivo e sentito raccontare dai vecchi troppe, troppe cose tremende.
Se poi la sensibilità di alcuni porta a questo "entrare" nella vita dei suoi simili, sia del remotissimo passato che nel presente, figuriamoci se si avesse accesso all'interno della nostra stessa anima.
Ma qui andremmo davvero in un universo senza limiti.
Non scomoderò la Patristica, San Paolo, Teresa D'Avila e San Giovanni della Croce.
Insomma, come faccio quasi sempre con tutti mi scuso per questo mio commento (correggo raramente tempi verbali, refusi e virgole, essendo io il primo che avrebbe bisogno di correzioni).
Amo dilungarmi negli infiniti meandri dei particolari e tu, come fai spesso, hai fornito materiale per interi cicli di romanzi, spunti e riflessioni.
Hai ottime idee e ottimi modi di rappresentarle, a mio modestissimo parere.
Nel tuo racconto ho trovato molte cose che mi sono congeniali.
Dovrei scrivere almeno una decina di cartelle per cominciare soltanto a fare dei confronti e non sarebbero sufficienti.
Questa direzione, questa attrazione incentrata in questo caso sulle mummie, ma poteva anche essere lo scheletro di un ragazzo trovato a Pompei o lo scheletro di un legionario romano trovato in una caserma del Vallo Adriano, mi affascina.
Non ho mai visto una mummia dal vero ma ho visto tantissimi documentari che ne parlano e che ne illustrano. Una cosa che non mi piace è l’atteggiamento goliardico dei gruppi di archeologi e archeologhe, con tutto il corollario di specialisti intorno, spesso di matrice anglosassone. Mi infastidiscono i loro wow, i loro sorrisi, il loro entusiasmo quando trovano una mummia, che per loro è soltanto un reperto archeologico da esaminare e catalogare assieme a manufatti e statue, come confutazione dei loro studi e delle loro teorie.
E invece no. Hanno trovato un morto e non concepiscono l’idea che debba essere rispettato come essere umano che ha vissuto.
Mi è capitato di vedere, durante questi ritrovamenti, certo casualmente perché non era intenzione di chi filmava, le facce degli scavatori, uomini del posto che trattavano le mummie ritrovate con grande rispetto, senza ridere, perché erano consapevoli di trovarsi davanti ai resti di un uomo o una donna che un tempo erano stati vivi come loro sotto il sole e come loro avevano goduto e sofferto della vita, che fossero potenti o persone del popolo.
Quei poveri scavatori avevano una profonda empatia verso i loro simili morti, empatia che credo non faccia parte della maggior parte degli studiosi. Inutile stare ad analizzare i motivi, sono già in piena digressione, come mi capita spesso.
Quando leggo un testo cerco di riportare quello che ne ho ricavato, che ho provato.
Anche io, da sempre, vedendo antiche rovine oppure ossa umane mi sono messo a pensare su quello che era stato, come, perché, cosa si era provato costruendo quel palazzo, viverci, di chi erano quei lavori, quelle tombe, come avevano vissuto quegli uomini, cosa avevano provato. Domande per me non sempre con risposte, che lasciano molti interrogativi.
Ammiriamo i monumenti, ma dovremmo pensare al sudore e al sangue costati, alla vita di chi li ha costruiti, di chi ci è vissuto, come ci è vissuto, non come turisti di passaggio ma come esseri umani cercando di entrare nel corpo, nei sentimenti, nell’anima degli uomini di cui abbiamo trovato i resti.
A mio parere questo comporta una nuova consapevolezza che aiuta a vivere e tu questo hai cominciato a fare in questo racconto. (Ma anche in altri).
Dico “cominciato” perché ad approfondire dovresti prepararti a riscrivere La Recherche du temps perdu. Dal ricordo di un biscotto offerto con il te, Proust ricostruisce una vita e un’epoca. Può sembrare un discorso lugubre questa ossessione sui morti, questo voler “entrare” nei morti ma qualcosa del genere diceva anche Montaigne nei suoi Saggi: “Chi insegnerà agli uomini a morire, insegnerà loro a vivere”.
Ci sono tantissimi romanzi storici che ti fanno entrare nelle atmosfere del passato, nella vita degli uomini di allora, ne ho in mente a decine e per averli letti da ragazzo mi hanno fatto approcciare a quei tempi antichi con una curiosità diversa, un desiderio di conoscere, di immedesimazione totale, "pericolosa".
Mina ha scritto: Qualsiasi risposta troverò in fondo al mio cuore, il futuro non può cambiare, e che io prenda o meno questo aereo è già successo, solo che ancora non lo so.Credo anche io così e ne ho timore perché il solo crederlo, pensarlo, puo’ far sì che questo accada. È solo una mia supposizione, non credo in universi distanti anni luce, pianeti ruotanti nel vuoto e omini verdi.
Mina ha scritto: Quella mummia immortalata alla soglia dell'eternità aveva avuto una vita mondana. Anche perché quale vita non lo è? Quale santo non ha mai avuto un fulminante episodio di diarrea, o non ha mai fatto finta di capire cosa stesse dicendo l'interlocutore perché si vergognava di non avere ancora capito dopo la terza volta che ha chiesto “cosa?”, o qualunque fosse l'equivalente di “cosa?” e “eh?” nella lingua parlata nel luogo e nel tempo esperiti da suddetto santo? Non c'è modo di capire se qualcuno sia stato un santo o un demonio, solo dalla mummia.Lo trovo perfetto. Se approfondisco non se ne esce più. Sono già abbastanza strano e noioso.
Mina ha scritto: La connessione tra ogni persona, da qui a duemila anni nel passato o nel futuro, dà le vertigini.Anche questo. Tutto vero. Purtroppo alla maggior parte delle persone non interessa avere questo tipo di vertigini.
Mina ha scritto: Non è questo a essere grottesco, sono gli occhi della hostess. Cosa sta accadendo in quella testa mentre mostra come gonfiare il giubbotto salvagente? Cosa farà, una volta staccato il turno di lavoro? Non è poi così importante, non la sta guardando nessuno. Però succede che lo fa, il suo lavoro. Succede perché non può succedere altrimenti e tutto ciò è fantastico.Dietro ogni essere umano c’è un mondo immenso, una vita meravigliosa che può dare le vertigini a immaginarla.
Mina ha scritto: Pensano che io sia una pazza che stringe legami con gente morta da duemila anni? Ma per piacere; non sono partita per questo, ma loro mi chiedono dove sono andata in quelPer me lo pensano...
Mina ha scritto: Prova la psicografia, dicono allora, che è poi quello che sto facendo in questo momento, queste parole non destinate a essere lette.Conosco un po'...
È un buon metodo, serve anche per tentare se non di scacciare almeno allontanare i propri demoni, che si materializzano in incubi.
Certe cose non si possono dimenticare, anche se non si sono vissute direttamente. È la prerogativa e la condanna di alcuni uomini. Non me ne intendo e non so se ci sia una memoria ancestrale o genetica, un inconscio collettivo junghiano, ma io provo come un senso di liberazione quando scrivo robaccia di guerra o ambientata in condizioni estreme; alla fine mi sento esausto, ma poi riesco a trovare un po' di serenità, anche a dormire tranquillo. Ma ho anche visto dal vivo e sentito raccontare dai vecchi troppe, troppe cose tremende.
Se poi la sensibilità di alcuni porta a questo "entrare" nella vita dei suoi simili, sia del remotissimo passato che nel presente, figuriamoci se si avesse accesso all'interno della nostra stessa anima.
Ma qui andremmo davvero in un universo senza limiti.
Non scomoderò la Patristica, San Paolo, Teresa D'Avila e San Giovanni della Croce.
Insomma, come faccio quasi sempre con tutti mi scuso per questo mio commento (correggo raramente tempi verbali, refusi e virgole, essendo io il primo che avrebbe bisogno di correzioni).
Amo dilungarmi negli infiniti meandri dei particolari e tu, come fai spesso, hai fornito materiale per interi cicli di romanzi, spunti e riflessioni.
Hai ottime idee e ottimi modi di rappresentarle, a mio modestissimo parere.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
(Apocalisse di S. Giovanni)
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
8Ciao @Mina
Il racconto nel complesso mi è piaciuto, e l'empatia transgenerazionale che hai scelto come titolo mi ha sinceramente commossa. La protagonista sperimenta una connessione tanto forte da assumere i tratti del paranormale, anche se, come ci dice nel suo flusso di pensieri,
Questa empatia, che libera dalle catene dei vincoli temporali e unisce persone vissute a millenni di distanza, conduce la protagonista lontana dalla solita quotidianità, da un gruppo di ricercatori che proprio della morte si occupano. Così, l'empatia si lega al tema della partenza: il legame con gli altri esseri umani influenza le nostre vite e le nostre scelte, ci spinge a muoverci verso luoghi (e, in questo caso, tempi?) dove altrimenti non potremmo o vorremmo andare.
A questo si legano tutte le altre tematiche che ricorrono nella tua scrittura, che ti stanno a cuore e che @Alberto Tosciri ha evidenziato nel suo commento. Questa volta, però, io credo che la loro presenza sia quasi un'intrusione. Il flusso di pensieri della protagonista è molto ingombrante e in alcuni punti toglie spazio, a mio parere, a quello che dovrebbe essere il tema centrale, l'empatia e le partenze. Non è che le tematiche centrali si perdano del tutto. Ma, in questo caso, mi sembra che la scelta della prima persona e di una focalizzazione interna molto accentuata, anziché esaltarle, faccia un po' da interferenza. Lo spazio che questo monologo interiore si prende è tanto forte che, a tratti, mi è risultato difficile capire in che senso procedesse la trama. Per esempio, qui:
La cosa accade anche qui:
Insomma, il messaggio è meraviglioso e nel complesso veicolato bene, ma avrei preferito un primo piano sul tema centrale, anziché un "campo lungo". Forse una terza persona avrebbe permesso di alleggerire un po' l'apparato complesso delle riflessioni della protagonista. Così, invece, il lettore deve scavare con una certa fatica e leggere tra le righe per capire come le partenze si leghino all'empatia, anziché assimilare un messaggio che emerge con naturalezza.
Ci vediamo al prossimo racconto inquietante e onirico
Il racconto nel complesso mi è piaciuto, e l'empatia transgenerazionale che hai scelto come titolo mi ha sinceramente commossa. La protagonista sperimenta una connessione tanto forte da assumere i tratti del paranormale, anche se, come ci dice nel suo flusso di pensieri,
Mina ha scritto: non ci sarebbe nulla di fantastico in un morto che cammina, sarebbe solo una persona, e perderebbe quella caratteristica che lo distingue dal resto di entità simili, cioè quella di essere mortoInsomma, dunque, se la morte non è altro che un velo sottilissimo di separazione, una caratteristica variabile come tante altre, il fatto che una mummia si rialzi non è così strano.
Questa empatia, che libera dalle catene dei vincoli temporali e unisce persone vissute a millenni di distanza, conduce la protagonista lontana dalla solita quotidianità, da un gruppo di ricercatori che proprio della morte si occupano. Così, l'empatia si lega al tema della partenza: il legame con gli altri esseri umani influenza le nostre vite e le nostre scelte, ci spinge a muoverci verso luoghi (e, in questo caso, tempi?) dove altrimenti non potremmo o vorremmo andare.
A questo si legano tutte le altre tematiche che ricorrono nella tua scrittura, che ti stanno a cuore e che @Alberto Tosciri ha evidenziato nel suo commento. Questa volta, però, io credo che la loro presenza sia quasi un'intrusione. Il flusso di pensieri della protagonista è molto ingombrante e in alcuni punti toglie spazio, a mio parere, a quello che dovrebbe essere il tema centrale, l'empatia e le partenze. Non è che le tematiche centrali si perdano del tutto. Ma, in questo caso, mi sembra che la scelta della prima persona e di una focalizzazione interna molto accentuata, anziché esaltarle, faccia un po' da interferenza. Lo spazio che questo monologo interiore si prende è tanto forte che, a tratti, mi è risultato difficile capire in che senso procedesse la trama. Per esempio, qui:
Mina ha scritto: Che poi, che vuol dire significativo? E che vuol dire realtà? Nel momento in cui io mi sento in un certo modo, quella è già la mia realtà che muta forma, anche se da fuori non si nota. Troppo tardi per cambiare idea, l'istante in cui la decisione porta a conseguenza e chiude vie alle proprie spalle; vittima degli eventi, forse.Il passaggio dal flusso di pensieri all'ambientazione del museo non mi è stato chiarissimo; inizialmente, pensavo che la protagonista fosse già arrivata dai ricercatori e fosse al museo con loro, visto che in precedenza fai, sì, riferimento ai musei universitari, ma non nello specifico alle mummie. Gli interrogativi che la protagonista si pone si frappongono tra l'introduzione del museo come luogo di svolgimento della trama e il momento in cui la protagonista vi giunge, in modo molto sincopato, creando a mio parere un po' di confusione.
Non sapevo che un museo potesse esporre pubblicamente una tale collezione di mummie fino all'istante che me la sono trovata davanti.
La cosa accade anche qui:
Mina ha scritto: Mi si presentano, stringo mani, guardo occhi che guardano i miei e sorridono, sento nomi e ripeto il mio nome per presentarmi e ripeto i loro nomi per provare a non dimenticarli. Dove sono stata, mi chiedono. In che senso? Mi metto sulla difensiva; come sanno del legame? Pensano che io sia una pazza che stringe legami con gente morta da duemila anni? Ma per piacere; non sono partita per questo, ma loro mi chiedono dove sono andata in quel momento. Ed è solo naturale, no?I pensieri contingenti della protagonista si prendono tutto lo spazio, lasciando in disparte quello che dovrebbe essere un elemento centrale, il legame. Esso costituisce il fulcro sia dell'esperienza "paranormale" accaduta nel museo, sia delle ricerche future per prendere parte alle quali la protagonista è partita. Ma finisce per rimanere sullo sfondo, mentre il campo viene occupato da insicurezze varie della protagonista, che, però, deviano dal titolo e dai temi centrali un po' troppo per avere tutto questo spazio. Ribadisco che comunque, nonostante questo, le tematiche centrali sono chiare.
Insomma, il messaggio è meraviglioso e nel complesso veicolato bene, ma avrei preferito un primo piano sul tema centrale, anziché un "campo lungo". Forse una terza persona avrebbe permesso di alleggerire un po' l'apparato complesso delle riflessioni della protagonista. Così, invece, il lettore deve scavare con una certa fatica e leggere tra le righe per capire come le partenze si leghino all'empatia, anziché assimilare un messaggio che emerge con naturalezza.
Ci vediamo al prossimo racconto inquietante e onirico
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
9Racconto interessante, un gran bel flusso di coscienza con poca narrazione ma molto sottotesto espresso poco.
Si capisce a grandi linee qual e il potere della ragazza, o almeno lo si può intuire verso il finale, anche se non viene mai mostrato e approfondito. Mi è piaciuto molto come lo hai introdotto e sopratutto come a lei paia del tutto normale e naturale questa sua capacità.
Magari potresti provare a descriverla un pochino più nel dettaglio, perché dal racconto non mi è molto chiaro, ma potrei essere io, se dialoga con la mummia, ne vede sprazzi del passato o altro che non mi viene in mente.
Si capisce a grandi linee qual e il potere della ragazza, o almeno lo si può intuire verso il finale, anche se non viene mai mostrato e approfondito. Mi è piaciuto molto come lo hai introdotto e sopratutto come a lei paia del tutto normale e naturale questa sua capacità.
Magari potresti provare a descriverla un pochino più nel dettaglio, perché dal racconto non mi è molto chiaro, ma potrei essere io, se dialoga con la mummia, ne vede sprazzi del passato o altro che non mi viene in mente.
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
10Grazie mille a tutti del tempo che avete dedicato a questa cosa complessa e cervellotica e lo dico con tantissimo affetto, sia per chi ha approcciato la lettura in maniera più razionale, sia per chi ha cercato di connettere a livello emotivo.
@Monica ha scritto: Onestamente non so se ho colto qualcosa di giusto, me lo dirai tu.Nelle mie intenzioni, forse non del tutto; ma in generale, sì, è giusto perché ogni interpretazione è valida, e mi piace
Modea72 ha scritto: Perché inserisci il mito di Arance? Mi sfugge.Gioco di parole con il mestiere della web designer; in fondo, tutti i ragni sono disegnatori di tele
Modea72 ha scritto: Termine che non conoscevo, adoro imparare nuove parole quando leggo, ma non ho capito cosa intendi inserendolo qui.Riferendomi a solo un paio di millenni col termine di "eoni" faccio un'iperbole; inoltre, "strani eoni" è un rimando ai versi "That is not dead which can eternal lie, and with strange aeons even death may die"
Modea72 ha scritto: In sintesi, metto in conto che sia anche un mio limite. Le introspezioni le ho apprezzate, il genere fantastico non l'ho trovato, ma di sicuro perché non ho capito nulla io del testo.Non c'è molto da capire. Non lo dico con superbia, è veramente complesso spiegare, qui. Sono tante sensazioni ed emozioni diverse... I punti cardine sono l'empatia e la psicografia. Mi dispiace se questo flusso di parole è riuscito a trasmetterti poco
Se vorrà spiegarmi, mi farebbe piacere.
Kasimiro ha scritto: Ciao @Mina metti sempre a dura prova il lettore, almeno me, e questo è un bene. Ho provato a leggere il tuo racconto ieri sera ma non è stato facile. Mi impuntavo su alcuni passaggi e non ne venivo fuori.Gradisco moltissimo le tue parole e ti ringrazio. Forse un punto chiave su cui posso lavorare è questo, rendere meno complesso il modo in cui voglio far arrivare queste cose a chi legge
Finalmente al mattino, con la mente fresca, l'ho riletta e ho apprezzato.
Kasimiro ha scritto: Un abbraccio anche da parte mia.A presto
A rileggerti
Poeta Zaza ha scritto: Resta comunque la mia sorpresa nell'averti visto sprecare tanti caratteri sui pensieri e sulla fine immaginata dell'hostess, anziché sui possibili pensieri di un soggetto più vecchio di millenni! E di sicuro maggiore interesse!L'interesse è relativo, hanno moltissimo da raccontare tutte le persone, passate presenti future; ci vuole una certa maturità per comprenderlo e amare incondizionatamente il prossimo
bestseller2020 ha scritto: Ma credo che un racconto non debba creare una storia da risolvere, ma risolvere una storia. Non so se mi spiego.Assolutamente sì, molto chiaro e puntuale, e ti ringrazio di cuore per gli spunti di riflessione utilissimi
Alberto Tosciri ha scritto: Una cosa che non mi piace è l’atteggiamento goliardico dei gruppi di archeologi e archeologhe, con tutto il corollario di specialisti intorno, spesso di matrice anglosassone. Mi infastidiscono i loro wow, i loro sorrisi, il loro entusiasmo quando trovano una mummia, che per loro è soltanto un reperto archeologico da esaminare e catalogare assieme a manufatti e statue, come confutazione dei loro studi e delle loro teorie.Per me è meraviglia per un altro lato della stessa realtà, il piacere della scoperta non prescinde obbligatoriamente dal rispetto, e il loro è comunque un approccio alla realtà interessante. Bene avere presente a sé stessi quel che non piace, è responsabilità, ma il rischio è arrivare a identificare nemici laddove ci sono radici profondamente diverse, ma altrettanto valide
Alberto Tosciri ha scritto: Ammiriamo i monumenti, ma dovremmo pensare al sudore e al sangue costati, alla vita di chi li ha costruiti, di chi ci è vissuto, come ci è vissuto, non come turisti di passaggio ma come esseri umani cercando di entrare nel corpo, nei sentimenti, nell’anima degli uomini di cui abbiamo trovato i resti.Questo approccio con i monumenti mi colpisce moltissimo e lo condivido. Potremmo dire che laddove l'uomo ha lasciato traccia e intenzione, ci sono storie e vite struggenti che vale la pena conoscere
Alberto Tosciri ha scritto: Dico “cominciato” perché ad approfondire dovresti prepararti a riscrivere La Recherche du temps perdu. Dal ricordo di un biscotto offerto con il te, Proust ricostruisce una vita e un’epoca. Può sembrare un discorso lugubre questa ossessione sui morti, questo voler “entrare” nei morti ma qualcosa del genere diceva anche Montaigne nei suoi Saggi: “Chi insegnerà agli uomini a morire, insegnerà loro a vivere”.Entrambi riferimenti che apprezzo tantissimo. Oltre a passaggi isolati, prima o poi so che dovrò prendere il coraggio e la pazienza di leggere per intero La ricerca del tempo perduto. Tuttavia, conoscendomi, credo di dover ancora maturare un pochino...
Alberto Tosciri ha scritto: mer mag 01, 2024 3:08 pmCredo anche io così e ne ho timore perché il solo crederlo, pensarlo, puo’ far sì che questo accada. È solo una mia supposizione, non credo in universi distanti anni luce, pianeti ruotanti nel vuoto e omini verdi.Come mai timore? Non è meraviglioso seguire il vento?
Alberto Tosciri ha scritto: mer mag 01, 2024 3:08 pmSe approfondisco non se ne esce più. Sono già abbastanza strano e noioso.Non sei noioso
Alberto Tosciri ha scritto: mer mag 01, 2024 3:08 pmConosco un po'...Comprendo bene... Per me è la magia della scrittura, ed è così anche quando scrivo per me stesso le pagine del mio diario personale. Mettere a parole emozioni mie o non mie è stancante, ma mi fa stare bene
È un buon metodo, serve anche per tentare se non di scacciare almeno allontanare i propri demoni, che si materializzano in incubi.
Certe cose non si possono dimenticare, anche se non si sono vissute direttamente. È la prerogativa e la condanna di alcuni uomini. Non me ne intendo e non so se ci sia una memoria ancestrale o genetica, un inconscio collettivo junghiano, ma io provo come un senso di liberazione quando scrivo robaccia di guerra o ambientata in condizioni estreme; alla fine mi sento esausto, ma poi riesco a trovare un po' di serenità, anche a dormire tranquillo.
Alberto Tosciri ha scritto: mer mag 01, 2024 3:08 pmInsomma, come faccio quasi sempre con tutti mi scuso per questo mio commento (correggo raramente tempi verbali, refusi e virgole, essendo io il primo che avrebbe bisogno di correzioni).Ti ringrazio tantissimo, e sono contento di essere riuscito a raggiungerti
Amo dilungarmi negli infiniti meandri dei particolari e tu, come fai spesso, hai fornito materiale per interi cicli di romanzi, spunti e riflessioni.
Hai ottime idee e ottimi modi di rappresentarle, a mio modestissimo parere.
Areeanna ha scritto: mer mag 01, 2024 8:01 pmInsomma, il messaggio è meraviglioso e nel complesso veicolato bene, ma avrei preferito un primo piano sul tema centrale, anziché un "campo lungo".Ti ringrazio di cuore per l'analisi assolutamente puntuale e ti do ragione. In questo caso, il gioco della psicografia ha reso nebulosa la narrazione, e non ho voluto pulire intenzionalmente per mantenerlo più autentico; anche questo stile particolare fa parte del tema, al di là dell'empatia forse. Di certo diverte per un racconto, di più non so dire
Bardo96 ha scritto: gio mag 02, 2024 10:57 amMi è piaciuto molto come lo hai introdotto e sopratutto come a lei paia del tutto normale e naturale questa sua capacità.Così come un bambino che vede i fantasmi da quando è nato non si pone domande sul fatto se sia normale o meno
Bardo96 ha scritto: gio mag 02, 2024 10:57 amMagari potresti provare a descriverla un pochino più nel dettaglio, perché dal racconto non mi è molto chiaro, ma potrei essere io, se dialoga con la mummia, ne vede sprazzi del passato o altro che non mi viene in mente.L'elemento fantastico è rimasto inspiegato, potrebbe anche trattarsi di una cosa perfettamente plausibile; è quello spazio del fantastico che tanto mi piace, quello che può essere trascinato nel nostro mondo, perché alla fine la meraviglia per la realtà la possiamo avere anche per le cose fantastiche e assurde che tuttavia sono per noi reali
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
11Mina ha scritto:Caro @Mina - di certo non mi sono spiegata bene, ma sappi che condivido perfettamente - e ci mancherebbe che così non fosse!!! - il tuo pensiero
L'interesse è relativo, hanno moltissimo da raccontare tutte le persone, passate presenti future; ci vuole una certa maturità per comprenderlo e amare incondizionatamente il prossimo
sulla miniera di profondità da esplorare che qualsiasi persona porta con sè.
Ma un altro paio di maniche è avere la possibilità di "ascoltare" il racconto di una persona vissuta millenni prima di noi e decidere di accantonarlo
per pensare al racconto di una persona contemporanea come altri miliardi, non trovi? Non convieni con me su questo?
Ecco cosa intendevo qui:
Poeta Zaza ha scritto: mar apr 30, 2024 4:41 pmQui sono esterrefatta! Avevo capito che la protagonista si fosse "calata" nella persona della mummia. Mi aspettavo che i ragionamenti che le passano nella mente in aereo, mentre sta per andare dove la spinge il fato (e dove curiosamente sa che la aspttano quei "giovani ricercatori" che devono interrogarla) ebbene, i suoi pensieri siano stupefacenti e incredibili: la mummia sta pensando nella sua testa! Cosa c'entra far partecipe il lettore dei pensieri e della fine di una comune contemporanea persona come quella hostess?Metteci un Premio Nobel, uno scolaro, un criminale, il tuo vicino di casa, al posto della hostess, insomma, basta che sia un contemporaneo, ma peerché hai tralasciato, in questo contesto, i pensieri di una persona di un'altra epoca? Non dovrebbero riempire la mente della protagonista? Altro che pensare alla hostess in quei momenti!
Ti prego di darmi una risposta. Grazie
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
12Poeta Zaza ha scritto: ma peerché hai tralasciato, in questo contesto, i pensieri di una persona di un'altra epoca? Non dovrebbero riempire la mente della protagonista?Oh, ma certamente! Perdonami, mi ero perso il punto del tuo commento allora. È come dici tu, e comprendo l'origine della perplessità. Se definiamo "interessante" qualcosa di lontano dall'esperienza quotidiana, allora per la protagonista è sicuramente più interessante la mummia della hostess, poiché più lontana nel tempo; inoltre, è più lontana anche a livello di stile di morte: probabilmente il corpo della hostess non verrà conservato in tal modo, né quello della protagonista, mentre quello della mummia sì, quindi perché?
Tuttavia, quel passaggio è per esporre - forse in maniera un po' prolissa - il potere della protagonista, la connessione, che funziona indifferentemente con vivi e morti, e dipende dalla contingenza: per cui, al museo è con la mummia, in aereo con la hostess. È per questo che ha bisogno di tornare di fronte alla mummia. I personaggi si chiedono comunque se tale contingenza sia superabile, e per questo i ricercatori le chiedono di provare la psicografia: probabilmente la scrittura aiuta ad astrarre in sufficienza. La struttura narrativa su cui si basa tutto questo è a dir poco scheletrica, quindi capisco perché affidarsi a essa e non altro possa confondere spero di aver chiarito il dubbio, e grazie ancora!
Re: [Lab13] Empatia transgenerazionale
13Mina ha scritto: Oh, ma certamente! Perdonami, mi ero perso il punto del tuo commento allora. È come dici tu, e comprendo l'origine della perplessità. Se definiamo "interessante" qualcosa di lontano dall'esperienza quotidiana, allora per la protagonista è sicuramente più interessante la mummia della hostess, poiché più lontana nel tempo; inoltre, è più lontana anche a livello di stile di morte: probabilmente il corpo della hostess non verrà conservato in tal modo, né quello della protagonista, mentre quello della mummia sì, quindi perché?Questa risposta mi chiarisce il dubbio e mi soddisfa. Grazie, @Mina!
Tuttavia, quel passaggio è per esporre - forse in maniera un po' prolissa - il potere della protagonista, la connessione, che funziona indifferentemente con vivi e morti, e dipende dalla contingenza: per cui, al museo è con la mummia, in aereo con la hostess. È per questo che ha bisogno di tornare di fronte alla mummia. I personaggi si chiedono comunque se tale contingenza sia superabile, e per questo i ricercatori le chiedono di provare la psicografia: probabilmente la scrittura aiuta ad astrarre in sufficienza. La struttura narrativa su cui si basa tutto questo è a dir poco scheletrica, quindi capisco perché affidarsi a essa e non altro possa confondere spero di aver chiarito il dubbio, e grazie ancora!