Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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C'è una cosa che onestamente non capisco di queste "valutazioni": il fatto che spendano un sacco di spazio per riassumere (a te!) il testo che hai scritto (tu!). Si suppone che tu sia perfettamente al corrente dei contenuti del tuo romanzo, quindi l'unica utilità che potresti trarne è qualche frase/spunto da inserire nella sinossi. L'unico scopo che vedo è dimostrarti di aver letto il romanzo e allungare il più possibile la loro scheda, perché forse risulta loro più agevole o più veloce fare un riassuntino rispetto a dare effettivi giudizi o indicazioni. Sembrano le schede del libro che si facevano a scuola più che uno strumento atto alla crescita dell'autore e al miglioramento del testo  :s

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Raven wrote: C'è una cosa che onestamente non capisco di queste "valutazioni": il fatto che spendano un sacco di spazio per riassumere (a te!) il testo che hai scritto (tu!). Si suppone che tu sia perfettamente al corrente dei contenuti del tuo romanzo, quindi l'unica utilità che potresti trarne è qualche frase/spunto da inserire nella sinossi. L'unico scopo che vedo è dimostrarti di aver letto il romanzo e allungare il più possibile la loro scheda, perché forse risulta loro più agevole o più veloce fare un riassuntino rispetto a dare effettivi giudizi o indicazioni. Sembrano le schede del libro che si facevano a scuola più che uno strumento atto alla crescita dell'autore e al miglioramento del testo  :s
Concordo. In teoria, credo, serva per fare un discorso "logico" di coerenza analizzando lo sviluppo della trama. Spesso però sembra più fatto per le motivazioni che hai ben riassunto.

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Raven wrote: C'è una cosa che onestamente non capisco di queste "valutazioni": il fatto che spendano un sacco di spazio per riassumere (a te!) il testo che hai scritto (tu!). Si suppone che tu sia perfettamente al corrente dei contenuti del tuo romanzo, quindi l'unica utilità che potresti trarne è qualche frase/spunto da inserire nella sinossi. L'unico scopo che vedo è dimostrarti di aver letto il romanzo e allungare il più possibile la loro scheda, perché forse risulta loro più agevole o più veloce fare un riassuntino rispetto a dare effettivi giudizi o indicazioni. Sembrano le schede del libro che si facevano a scuola più che uno strumento atto alla crescita dell'autore e al miglioramento del testo  :s
Mah, dipende a che editor affidano il testo. Con loro ho avuto molteplici esperienze: alcune schede erano buone, altre similari al tuo caso.
Per quanto mi riguarda, la migliori schede di valutazione in assoluto, dettagliate da far paura te le fanno gli editor di TILA.

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Buongiorno,

anch'io ho visionato la pagina dei manoscritti di questa agenzia ed ero intenzionata a pagare la tassa di lettura, ad ogni modo prima di dare loro il mio denaro ho contattato tutte le persone che compaiono nella lista degli esordienti su Instagram e ho chiesto se anche loro avessero pagato questa tassa di lettura, molti mi hanno risposto e mi hanno detto che nessuno di loro ha pagato questi soldi per essere scelti ma che sono stati contattati dall'agenzia dopo essere stati visti su delle piattaforme di autopubblicazione, oppure avevano vinto dei concorsi oppure avevano già pubblicato su delle riviste, ma nessuno di loro ha pagato la tassa di lettura, quindi questa agenzia lancia degli esordienti ma li trovano loro come preferiscono.

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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@federicarica

Ma per concorsi intendi lo Strega o il Campiello? Perché sono gli unici che contano in Italia... anch'io ho vinto un premio giuria a un concorso internazionale, ma non mi si è mai filato nessuno  :D

Comunque, ovvio, se il nome già si è fatto notare, per "attirarlo" a loro gli hanno offerto la valutazione gratuita...

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Cheguevara wrote: @Wanderer Non tutte le agenzie pensano a non  precludersi la possibilità di rappresentare qualcuno, perché sono un'esigua minoranza quelle che prevedono, tra l'altro, la rappresentanza. Tra quest'esigua minoranza, quelle che puntano davvero alla rappresentanza si contano sulle dita di una mano. Questa è la triste realtà. 
Posso chiederti quali sarebbero queste agenzie che si contano sulle dita di una mano? I nomi proprio, intendo.

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Kdl wrote: Posso chiederti quali sarebbero queste agenzie che si contano sulle dita di una mano? I nomi proprio, intendo.
Non è possibile nominare altre agenzie nel topic specifico di un'agenzia.  :hm:

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Kdl wrote: Posso chiederti quali sarebbero queste agenzie che si contano sulle dita di una mano? I nomi proprio, intendo.
Giusta osservazione di @ElleryQ a parte, le ho incontrate nei miei percorsi su questo forum e sul precedente WD ma, sinceramente, siccome non mi interessano le agenzie in genere e quelle poche che puntano effettivamente alla rappresentanza sono inavvicinabili, non ne ho memorizzato i nomi. Comunque esistono e, se ti va di perdere un po' di tempo, puoi fare una ricerca rapida, escludendo tutte quelle che offrono servizi, schede di lettura incluse.
Mario Izzi
Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni (trilogia)
Dea
Non solo racconti
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Esperienza che risale al settembre del 2018. Inviato romanzo in estate, a fine settembre mi ha risposto Fiammetta Biancatelli scusandosi per l'attesa e dicendo che non erano interessati a rappresentarmi. Sono passati sei anni da allora, quindi non so quanto possa essere utile la mia testimonianza. 

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Mia Harper wrote: Esperienza che risale al settembre del 2018. Inviato romanzo in estate, a fine settembre mi ha risposto Fiammetta Biancatelli scusandosi per l'attesa e dicendo che non erano interessati a rappresentarmi. Sono passati sei anni da allora, quindi non so quanto possa essere utile la mia testimonianza. 
Cioè, dalla scheda di lettura il testo era ok (forma e stile parlando) però non l'hanno ritenuto abbastanza commerciabile? Io in passato "provai" con diversi testi ma mi hanno sempre dato picche perché, in sostanza, avevano il loro potenziale me erano scritti male...

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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@MadTeacher non ne ho idea, non so se il romanzo sia stato letto, non so niente. La risposta era generica "non siamo interessati a rappresentarla". Io non ho replicato quindi suppongo non mi ritenevano idonea alla rappresentanza. 

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Mia Harper wrote: @MadTeacher non ne ho idea, non so se il romanzo sia stato letto, non so niente. La risposta era generica "non siamo interessati a rappresentarla". Io non ho replicato quindi suppongo non mi ritenevano idonea alla rappresentanza. 
La WA legge solo tramite servizio di lettura, quindi devono per forza averti dato una scheda valutativa...

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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@MadTeacher non avevo chiesto né pagato per nessuna scheda. Ho inviato il romanzo nel 2018 e mi hanno risposto qualche mese dopo dicendo che non erano interessati. Non ricordo se a quei tempi ci fosse il dazio per la lettura, forse sì, ma è passato un sacco di tempo. Comunque non avendo pagato non ho ricevuto nessuna scheda, solo rifiuto standard.

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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@MadTeacher ma non è stato un feedback, hanno semplicemente rifiutato il romanzo dicendo di non essere interessati. Questo è un rifiuto standard, mica un feedback. Mi dispiace che non posso esserti d'aiuto, davvero :( 

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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@Mia Harper

Sì ho capito, ma per "farsi leggere" da loro per l'eventuale rappresentanza bisogna pagare in ogni caso...  sicura di non confondere con un'altra agenzia?

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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@MadTeacher no no, ho controllato le vecchie e-mail per sicurezza. Sono loro, ho insistito io per proporgli il mio romanzo insistendo che non volevo nessuna scheda, solo un semplice "sì o no". Forse anche per questo mi avranno rifiutata? Non lo sapremo mai xD Comunque da esperienza degli ultimi anni, anche se uno insiste per farsi leggere senza scheda, al 99,9% non leggeranno e diranno di no. Non mi riferisco solo alla WLA, ma in generale. Fine OT.

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Vorrei condividere anch’io la mia esperienza con la Walkabout Literary Agency, ma per farlo mi vedo costretto a fare più di un accenno al mio romanzo. Non si tratta di autopromozione, ma piuttosto di una necessità: le ragioni che mi hanno spinto a rivolgermi a un’agenzia letteraria sono strettamente legate al testo stesso.
Non credo, d’altra parte, di essere vincolato da un accordo di riservatezza sul contenuto della scheda di valutazione che ho ricevuto. Senza citare alla lettera quanto da loro riportato, mi sembra di poter liberamente riflettere sul significato delle loro osservazioni, soffermandomi su ciò che, a mio avviso, emerge in senso letterale.
Se quanto scritto dovesse però violare le regole di questo spazio, accetterò senza risentimento che venga rimosso, anche integralmente. Altrimenti, se ritenuto di qualche interesse per un confronto su un sito di scrittura – un confronto tra il modo di scrivere e quello di leggere – potreste semplicemente eliminare il riferimento al nome dell’agenzia e spostarlo in una sezione più appropriata.
Non mi sono rivolto all’agenzia con la speranza, o l’illusione, di essere preso in carico. Sapevo che non avrebbero mai rappresentato un esordiente sconosciuto, soprattutto qualcuno che ha sempre rifiutato di irradiare la propria presenza in qualsiasi maniera, lasciandola avvolta da un’oscurità dove diventano indistinguibili pure le ombre. Un direttore editoriale, non molto tempo fa, ha dichiarato che oggi non pubblicherebbero nemmeno Dante se conducesse una vita da eremita, per dire che senza un’ampia visibilità generale, senza l’abilità di conquistare spazi, senza l’ingegnosità di trovare il modo di mettersi continuamente in evidenza, e senza il talento che crea proseliti, non si può nemmeno pensare di essere presi in considerazione.
Il fatto è che una volta terminato il romanzo avevo bisogno di sapere cosa avevo scritto, perché anche rileggendolo mille volte avrei potuto continuare a vederci ciò che avrei voluto scrivere. La scrittura è un atto di rivelazione, ma anche un inganno: le parole che mettiamo sulla pagina non sempre sono quelle che altri leggono. Ogni lettore costruisce un mondo diverso, e io volevo sapere se il mio romanzo sarebbe stato in grado di aprire le porte che conducono a quei mondi.
Lo so, avrei potuto far leggere il romanzo a parenti e amici, ma temevo i sottili e inconsci ricatti degli affetti che avrebbero potuto renderli indulgenti per il bene che mi vogliono.
Così, alla fine, ho ceduto all’esigenza di una lettura professionale, sperando in quell’intelligenza letteraria che arriva ad assolvere le imperfezioni nella sostanziale necessità di una scrittura che ci invita a cercare l’invisibile, capace di scendere nelle pieghe di un romanzo per indagare se c’è qualcosa che si nasconde tra le righe, trovare il senso che io avrei voluto far emergere, senza mai avere la certezza di esserci riuscito.
L’unica cosa che mi premeva di sapere, insomma, era se fossi riuscito a scrivere un romanzo che avrebbe potuto suscitare interrogativi nei lettori, scoprire se, nel mare del dubbio e delle possibilità, avrebbe potuto sollevare onde capaci di raggiungere altri sguardi, altre vite, altre rive.
Sono stati soldi ben spesi? Non lo so. Ho trovato utile qualche loro critica? Sì. Mi ha soddisfatto l’analisi del mio testo? Sì e No. Giudico la loro lettura approssimativa? Sì.
Ma procediamo con ordine.
La scheda di valutazione che ho ricevuto è composta da nove cartelle, suddivise in sezioni che analizzano i vari aspetti del romanzo, secondo lo schema classico che a me, purtroppo, fa pensare allo svolgimento diligente di un compito scolastico.
La prima sezione, intitolata “Titolo”, cerca di analizzare e interpretare, più o meno correttamente, cosa l’autore avrebbe voluto comunicare con il titolo del libro. Solo che il titolo viene riportato in modo errato, e non una sola volta: i sentimenti orfani si trasformano in naufraghi. In un primo momento, non lo nego, la cosa mi ha infastidito. Ma poi, riflettendoci, ho iniziato a vedere quella distorsione sotto una luce diversa. Forse l’editor, suggestionato dal romanzo, non ha potuto fare a meno di lasciare che la sua percezione personale si infiltrasse nelle parole, come un riflesso inevitabile di ciò che aveva provato: sentimenti naufraghi che, anziché restare ancorati al loro orizzonte, ci trascinano in una deriva che non riusciamo a controllare. Forse quell’aggettivo inconsapevole era il segno di una lettura che, pur nella sua approssimazione, aveva colto qualcosa: non tanto il titolo che avevo scelto, ma una sensazione, una verità sommersa che il romanzo aveva lasciato emergere in lui. E con questa possibilità, ho dato un’accezione positiva al suo errore, come fosse un segnale che la mia scrittura, nel bene o nel male, aveva mosso qualcosa.
Nella sezione “Suddivisione”, l’editor osserva che il romanzo è articolato in dieci capitoli, contrassegnati esclusivamente dal numero e privi di titoli o indicazioni sul contenuto. La narrazione si chiude con una nota dell’autore, che richiama il tema delle suggestioni letterarie scaturite dalle letture e dal loro intrecciarsi con la narrazione, i personaggi e le situazioni rappresentate.
Tuttavia, l’editor non fa alcuna menzione agli omaggi letterari disseminati nel romanzo, che io stesso ho deciso di evidenziare nella nota proprio per offrire al lettore l’opportunità di divertirsi a individuarli, consapevole che alcuni siano facilmente riconoscibili, mentre altri richiedono uno sguardo più attento per essere colti.
Invece, mi viene imputata una presunta supponenza per aver evocato il nome di Giovanni Papini, quasi che far riferimento a una figura così rilevante fosse prerogativa esclusiva di chi è già consacrato tra i grandi. La mia intenzione, al contrario, non era certo quella di paragonarmi a lui, ma di sottolineare – con parole che non avrei mai potuto esprimere meglio – quel processo inevitabile di assimilazione letteraria che caratterizza ogni scrittore-lettore. Del resto, nella nota ho citato anche Harold Bloom e la sua Angoscia dell’influenza, un riferimento di cui l’editor non sembra essersi accorto.
Questo fraintendimento, unito al silenzio sugli omaggi letterari, mi ha fatto riflettere su quanto sia facile confondere un gesto di consapevolezza e gratitudine con una presunta arroganza. Forse, il semplice fatto di dichiarare le proprie influenze letterarie può apparire come un gesto audace, ma io lo considero un atto di umiltà: ammettere che, nel nostro scrivere, siamo sempre accompagnati da chi ha camminato prima di noi.
La trama è riportata in modo corretto, a eccezione di un errore curioso: una cicatrice, che nella storia si trova sul sopracciglio, viene invece attribuita al labbro. Ciò che colpisce, tuttavia, è il modo in cui è stata raccontata: ben 6045 caratteri, scritti con uno stile più affabulatorio che distaccato, come se l’editor avesse provato il piacere di narrare quella storia, lasciandosi trasportare dalla tentazione di animarla con aggettivi e aggiungendo dettagli come se stesse davvero vedendo le scene prendere vita davanti ai suoi occhi. Certo, trattandosi soprattutto di un romanzo fatto di pensieri e riflessioni, molte cose sono state inevitabilmente tralasciate, quindi, anche se non del tutto soddisfacente, posso comunque considerare accettabile la sezione titolata “Trama”.
La sezione “Personaggi” mi è stata utile per comprendere l’impressione che un lettore potrebbe avere di loro, o almeno di quelli analizzati. Non mi è piaciuto che siano stati menzionati e analizzati solo quattro dei cinque personaggi principali, come se il quinto fosse stato relegato a un ruolo marginale, quasi di comparsa. Forse l’editor non è riuscito a costruirne un profilo psicologico congruente, una difficoltà che, immagino, potrebbe derivare dalla sua complessità o dalla maniera in cui è stato tratteggiato nel romanzo.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, l’editor ha tentato di disegnarne un quadro coerente con quanto narrato, e in parte ci è riuscito. Tuttavia, emerge chiaramente lo sforzo necessario per renderli concreti, essendo costruiti su un’astrazione che poggia quasi esclusivamente su pensieri e sentimenti, più che su azioni o descrizioni tangibili. Questo ha dato origine a un’interpretazione che sembra oscillare tra il tentativo di coglierne l’essenza e la difficoltà di ancorarli a qualcosa di più definito. Ma in questo la responsabilità è mia, per averli voluto fare esistere più in una dimensione interiore che in quella esteriore. Forse l’assetto del mio romanzo è intrinsecamente sbagliato, o almeno disallineato rispetto alle aspettative comuni. Infatti, di un personaggio fisicamente allergico ai sentimenti che ci rendono appellabili come essere umani, viene detto, in modo derisorio, che soffre di una strana e fantasiosa patologia. Su questo, però, ci soffermeremo più avanti.
Siamo arrivati alla sezione “Genere”. Ritengo che classificare un romanzo inserendolo in una categoria specifica sia una scelta che può funzionare quando la trama è fortemente caratterizzata. Ciò avviene, ad esempio, con i romanzi di genere poliziesco, giallo, rosa, horror, avventura, fantascienza o fantasy, dove il riconoscimento della struttura narrativa e degli elementi tipici è immediato, quasi istintivo.
Ma io avrei voluto scrivere un romanzo che non si accontenta di raccontare una storia, ma cerca invece di addentrarsi nei labirinti dell’animo umano, sondandone le sfumature, i dilemmi e le contraddizioni. Il fatto che io possa non esserci riuscito non toglie nulla al tentativo paradossale di inquadrarlo. Credo che non si possa costringere un’opera del genere (per quanto imperfetta sia) in un’etichetta che rischia di ridurre la sua complessità. È come cercare di far rientrare un oceano in un barattolo, dimenticandosi delle sue correnti imprevedibili, dei suoi abissi e delle sue superfici mutevoli.
Eppure l’editor l’ha fatto, come se obbedisse a un istinto didattico difficile da trattenere. Ha categorizzato il mio romanzo come biografico, motivando questa scelta con il fatto che è scritto in prima persona. Ma se è la protagonista a raccontare, non sarebbe stato più corretto definirlo autobiografico? Sempre che si possa parlare di “biografia” quando si tratta delle vicende di una vita completamente inventata.
Ma non è finita qui. L’editor, nel tentativo di racchiudere ogni sfumatura narrativa, ha trovato altre tre categorie in cui schedare il romanzo, come se cercasse di contenere in compartimenti stagni una storia che nasce dall’ambiguità e dal movimento. Lo ha definito di formazione per il cammino di crescita della protagonista. Ma davvero ogni evoluzione personale rende un romanzo di formazione? A questo punto, si dovrebbe applicare questa etichetta a quasi ogni storia, perché i personaggi cambiano inevitabilmente con il progredire degli eventi.
Poi lo ha descritto come un giallo “sui generis” per via della presenza di un elemento di mistero. Eppure, quel mistero ha il peso di un cerino in una foresta in fiamme: un dettaglio che è solo il motivo scatenante di tutta una serie di pensieri e riflessioni. Infine, ha scelto la categoria del romanzo rosa per la presenza di una storia d’amore. Ma se i romanzi rosa richiedono che l’amore trionfi, possiamo davvero considerare questa storia di un amore impossibile, con tutte le sue ambiguità e i suoi tormenti, conforme a quel genere?
Alla fine, è evidente che ho trovato queste definizioni limitanti, quasi forzate, come se si cercasse di costringere il mio romanzo in una forma che non gli appartiene.
Presumo che anche questo possa essere una mia responsabilità da imputare alla mia volontaria o involontaria rinuncia di rendere chiaro il filone principale del romanzo, ma avrei accolto favorevolmente una categorizzazione più generica, come “drammatico e psicologico” perché, senza definire con precisione, ammettono la possibilità di indagare la complessità dell’essere umano.
Nella sezione dedicata al “Target”, l’editor ha osservato che il romanzo si presta a essere letto da un pubblico ampio e generico, senza particolari limitazioni di età o genere. Tuttavia, ha sottolineato come sembri rivolgersi in misura maggiore a un pubblico femminile, grazie alle perplessità, insicurezze, paure e pensieri che caratterizzano la protagonista, elementi che risultano particolarmente vicini alla sensibilità femminile. Tanto che l’editor si è persino sorpreso nello scoprire che l’autore sia invece di genere maschile. Non lo riporto per autocompiacimento, ma per evidenziare come la scrittura possa essere, a volte, un esercizio di empatia: un tentativo di trascendere i confini dell’esperienza personale per esplorare vite e prospettive diverse.
Da qui in poi, il tono dell’editor si fa più severo, freddo e, in alcune parti, spietatamente oggettivo. Devo ammettere che, su alcune osservazioni, non posso che concordare: si tratta di aspetti di cui ero già consapevole, anche se non sapevo quale effetto avrebbero potuto provocare nel lettore.
Nella sezione dedicata a “Tempo e spazio”, l’editor osserva che all’autore non sembra interessare collocare i personaggi in un ambiente definito o determinante. Piuttosto, il suo obiettivo – e qui devo dire che l’ha colto pienamente – appare quello di creare situazioni che permettano ai personaggi di dialogare, con gli altri o con sé stessi, esplorando le loro intimità e svelando quelle altrui. Nulla da eccepire, era proprio questo il mio intento.
Ma ecco che arrivano le salutari frustrate. L’editor prosegue sottolineando come questo approccio si rifletta inevitabilmente nella struttura del romanzo, trasformandola in un flusso di coscienza o, più precisamente, in una molteplicità di flussi intrecciati. Un elemento che, se da un lato potrebbe rivelarsi affascinante, dall’altro tende a complicare la narrazione. La complessità strutturale, unita a uno stile che spesso si abbandona a lunghe e intricate digressioni, finisce per disorientare il lettore, lasciandolo privo di punti di riferimento chiari per orientarsi nella storia.
Che fosse ingenuità o presunzione, non ho voluto snaturare il mio stile per renderlo più facilmente comprensibile. Le frasi brevi, che sembrano esplicitare pensierini della sera, mi annoiano e mi stancano, a meno che non siano fendenti capaci di trapassare il cervello. Mi viene naturale articolare il mio pensiero in periodi lunghi e intrecciati, pieni di proposizioni nidificate, spesso ulteriormente complicati da digressioni e incisi. Sono consapevole che una scrittura del genere non è semplice da padroneggiare, e che talvolta finisco per perderne il controllo.
Questo limite, citato più volte dall’editor, è stato posto in evidenza nelle “Considerazioni finali”, dove sottolinea come la narrazione sia dominata dal flusso di pensieri della protagonista, intrecciato senza preavviso alle riflessioni di altri personaggi. La mancanza di indicazioni su chi stia parlando contribuisce a rendere evidente l’identità del personaggio solo alla fine del discorso, costringendo il lettore a ricostruire e ricalibrare continuamente la propria comprensione.
Non mi sono sentito di contraddirlo, anzi ho condiviso pienamente questa critica. Tanto che ho trascorso mesi a riscrivere interi paragrafi, cercando di smussare le asperità e rendere la lettura più scorrevole e accessibile. Tuttavia, ho cercato di mantenere intatto il tono della mia scrittura, fatto di ridondanze quando le ritengo necessarie a una forma che non si limita a narrare, ma mira a creare suggestioni e risonanze nel lettore.
Non ho invece condiviso altri aspetti che, secondo l’editor, contribuiscono a rendere il mio testo caotico, indeterminato e artificioso. Ritengo che tutto ciò che appartiene al mondo arbitrario di un autore – le regole, la struttura, l’assetto narrativo, le parole, il tono, la voce – e che nella sua coerenza interna non è mai gratuito, non possa essere liquidato come insensato invocando il principio di realtà a cui un romanzo dovrebbe, a suo dire, necessariamente attenersi. Se così fosse, che ne facciamo di tutti quei romanzi colmi di invenzioni che non trovano riscontro nel nostro universo di riferimento?
Nel mio romanzo, ad esempio, c’è un personaggio che soffre di una malattia inesistente nella realtà. Ma se questo personaggio agisce in modo coerente con le costrizioni e le sofferenze che tale condizione gli impone, qual è il senso di respingerlo come assurdo o irrealistico? Non è forse l’universo narrativo a dargli la sua legittimità?
Se l’editor avesse rilevato una mancanza di credibilità nel personaggio a causa di contraddizioni tra il suo modo di pensare e il suo agire, o se avesse evidenziato l’inverosimiglianza di un’evoluzione che semplificasse eccessivamente la sua complessità interiore, allora avrei potuto comprenderlo. Ma ciò che mi è stato mosso sembra più un’opinione soggettiva che un’analisi critica approfondita, e proprio per questo mi è difficile accoglierla come una valida obiezione.
Penso che un lettore professionista, come dovrebbe esserlo un editor, debba saper distinguere le sue preferenze personali dall’analisi oggettiva di un testo. Di fronte a ciò che lo infastidisce, dovrebbe avere la capacità di valutarlo nell’economia complessiva della storia, cercando di comprendere il significato che l’autore intendeva trasmettere, anche quando le intenzioni superano il risultato.
Ora, può darsi che io non sia riuscito a raccontare quanto il destino possa apparire beffardo, intrecciandolo a tematiche come fedeltà e dolore. Ma leggere queste scelte narrative come una forma di superstizione – come se io volessi suggerire una mia personale credenza nei sortilegi – mi sembra un’interpretazione eccessiva, se non del tutto fuori strada.
Ho riflettuto sul fatto che alcuni aspetti del mio romanzo possano essere stati fraintesi a causa della sua bulimia riflessiva, che non solo rischia di affaticare il lettore, ma spesso lo porta a perdere il filo del racconto. È probabile che questo abbia contribuito alla percezione di sbalzi temporali slegati e di una narrazione poco coesa. Proprio per questo, oltre alla riscrittura che ho già menzionato, ho deciso di eliminare sessanta pagine dal testo. L’obiettivo era quello di rendere gli insistenti, ridondanti e ossessivi flussi di pensieri più funzionali alla narrazione.
Ci sono riuscito? Non lo so. E, a questo punto, non mi interessa più di tanto. Ormai il libro è in auto-pubblicazione, e io l’ho lasciato andare come si lascia andare una barca alla deriva: sperando che trovi da sola un porto dove approdare, ma consapevole che il viaggio è ormai fuori dal mio controllo.

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Leggo questo post vecchio  e mi viene in mente la pochezza di certe agenzie (moltissime). Ok, probabilmente di Tolkien ne è nato uno solo per cui l'opzione ce la siamo bruciata, ma sti signori per fare cassa di pochi euro non si rendono conto che magari lasciano a casa qualcuno che magari qualcosa potrà fare. Si tratta di una visione microscopica del proprio ambiente di lavoro. Poi magari sono gli stessi che si lamentano di amazon. Che con KDP fa un servizio che loro si sognano la notte. Purtroppo, e lo potrei sottolineare mille volte, noi abbiamo contro: 1 il pensiero Italiano che mediamente funziona del tipo "mo ti frego o mi freghi" 2 La lingua, scrivere in inglese fa una differenza ENORME. E qui mio malgrado torno, come spesso accade ad una intervista di un celebre Sindaco Italiano a cui hanno chiesto:" Ad un giovane che vuole fare impresa in Italia cosa consiglierebbe?"..."Di non farla"..." Se proprio vuole fare impresa vada all'estero, già in Francia o in Germania, cambia tutto"..Che peccato....

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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@Aleandreoz , la tua è senza dubbio una riflessione utile, ma come ti è stato fatto giustamente notare, riguarda in generale le politiche di numerose attuali agenzie. Andrebbe, pertanto, inserita nella sezione apposita, in cui si dibatte di agenzie in senso lato. 
Manteniamo i topic specifici più agevoli e facilmente consultabili, con le sole esperienze dirette. È solo una questione di maggiore praticità, grazie.  :bandiera:

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Tra l'altro da "vecchio" cliente a volte mi confronto con la stessa CFO, la sig.ra Biancatelli, per dei consigli. Incerto se far valutare un testo o meno, l'anno scorso le chiesi un parere e lei mi dette gratuitamente una prima impressione esaminando la sinossi: espresse i suoi dubbi sul testo,  evidenziando quali potessero essere le precise criticità che avrebbero potuto far rigettare la proposta. Alla fine decisi di soprassedere. Insomma, mi ha fatto risparmiare i soldi.
Hanno editor più o meno precisi nelle valutazioni, però non posso dire che non sia un'agenzia seria. 

Re: [Agenzia] Walkabout Literary Agency

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Caro Rodja,

Intervengo così, en passant, per un parere non richiesto. Di poco valore, in quanto non sono un editor (e nemmeno uno scrittore, se non aspirante tale), bensì un semplice lettore.

L’editor prosegue sottolineando come questo approccio si rifletta inevitabilmente nella struttura del romanzo, trasformandola in un flusso di coscienza o, più precisamente, in una molteplicità di flussi intrecciati. Un elemento che, se da un lato potrebbe rivelarsi affascinante, dall’altro tende a complicare la narrazione. La complessità strutturale, unita a uno stile che spesso si abbandona a lunghe e intricate digressioni, finisce per disorientare il lettore, lasciandolo privo di punti di riferimento chiari per orientarsi nella storia.

Quanto scrivi qui descrive bene come mi sono sentito nel leggere il tuo post. Per cui, pur non potendo dare alcun feedback diretto sull'agenzia, sento di poter dire che su questo punto hanno colto qualcosa, della tua scrittura, su cui vale la pena riflettere e lavorare. Anche il termine bulimia riflessiva mi sembra azzeccato.

Il fatto che abbiano sbagliato il tuo titolo può essere letto sia come grave segno di superficialità che come indicatore di quanto si sia perso il focus sulla storia. Forse ambo le cose.

Sottolineo che comunque il tuo post l'ho letto volentieri; mi ci sono però perso dentro. Non so se arriverei alla fine di 200 pagine scritte così.

Penso ci sia del talento, in mezzo a quel turbine di parole; ti consiglio di richiamare la barca al porto e fare qualche lavoro di manutenzione. Con qualche ritocco, penso andrà lontano.

:)

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