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Ho un mal di testa atroce. Mi sento strana, ho i sensi ovattati. Cos’è questa umidità? Sono bagnata.
I miei occhi. Non riesco ad aprirli. In realtà non capisco se siano aperti o chiusi. Non è del tutto buio. Ma questa è una luce che si può percepire con gli occhi chiusi.
Si può vedere il nulla sdoppiato?
È un incubo, sicuramente un incubo.
Mi placo, ma il dolore alla testa non segue la direttiva.
Allungo la mano alla ricerca del fianco di Marco.
Non dormiamo più avvinghiati come prima. Quando gliel’ho fatto notare, mi ha detto di non rompere, perché lui mi ama da morire e queste cose non contano.
Marco non c’è. Mi sta prendendo il panico, neanche il tatto funziona, non sento le lenzuola, il letto.
Sono avviluppata in una sostanza vischiosa. Non riesco a svegliarmi. Sento l’impulso di gridare, la fame d’aria. Non capisco. Sento che mi sto agitando anche fisicamente, ma mi rendo conto di rimanere immobile.
“Marco?”
L’ho chiamato davvero? Penso di averlo urlato, ma non ho sentito la mia voce. Sento solo tuonare il mio cuore, anche questo pare sdoppiato, come la vista.
Mi rimbomba l’eco del battito. Non è possibile.
Devo svegliarmi.
Ho letto da qualche parte che non si può morire di paura nel sonno, il cervello reagisce e ci fa svegliare.
Sarà vero?
Seguo l’impulso primordiale a ranicchiarmi, stringo i pugni per aggrapparmi alla realtà, mi impegno per uscire da questo incubo.
Scartabello i ricordi in questo faldone della mia mente che sembra essere caduto a terra, spaginandosi rovinosamente.
Frammenti di vita.
Le amiche inseparabili, che non approvavano Marco e le ho allontanate.
Marco, sempre Marco in quasi tutte le immagini. Il dubbio che si era insinuato, mia madre che dice che un altro come lui non lo trovo, mio padre che lancia occhiatacce a mia madre. Neanche a papà piace Marco.
Marco che mi ama da morire.
Marco che mi dice che noi due ci bastiamo, che il mondo può starsene fuori.
Marco che mi protegge e non vuole che esca da sola, perché la città è pericolosa.
Marco che si arrabbia quando gli dico di volere finire l’università.
L’ho conosciuto in facoltà. Era l’assistente del professore di chimica. Siamo andati a vivere insieme in un mese.
Mi scoppia la testa cercando di ricordare il perché io abbia allentato gli studi, lui mi ha consigliato di sospendere l’università per non sprecare i soldi della retta.
Poi Marco ha cambiato lavoro e mi ha detto che era meglio che avessi smesso.
Si affaccia questo ricordo, che facevo fatica a mettere a fuoco anche nel mentre lui pronunciava la frase “l’università non fa per te, sono tutte zoccole.”
Abbiamo litigato, lui è uscito, sono andata a dormire sul divano e gli ho lasciato sul cuscino la ricevuta della retta di iscrizione.
Fiera di averlo fatto.
Sono più tranquilla, ora che ho ricomposto tutti quei frammenti di realtà che mi danzavano intorno. Non avevo consapevolezza che mi riguardassero.
Forse mi sto avvicinando al risveglio, mi sento fluttuare, leggera.
Ho la consistenza del vapore. È la paura ad avvolgermi e a tenermi forzatamente unità al mio corpo.
La mia essenza evanescente mi ingloba, fronte con fronte, petto su petto, pancia su pancia.
Ho un attimo di lucidità mentre provo, senza riuscirci, ad immaginare come possa questo secondo corpo aderire perfettamente a me, speculare, nella mia posizione ranicchiata.
Quell’attimo di curiosità ha lacerato il manto di paura. Mi sento svuotare, capisco che il mio me, è solo l’involucro dell’essenza che si sta separando.
Ci guardiamo.
So di guardare me stessa, non può essere diversamente da così, ma ora io sono diventata l’essenza che si stacca e non riconosco il mio involucro.
Provo a ringlobarmi, solo le dita sono rimaste aggrappate a quelle strette a pugno.
Io essenza sto fluttuando.
Il mio involucro, ranicchiato, immobile, sembra finalmente sereno.
Spingo verso il basso, verso quella ritrovata serenità che bramo, ma se quello è l’incubo, io voglio svegliarmi.
Sono combattuta.
Vengo risucchiata in un’altra dimensione.
Anche le dita hanno ceduto ed io attraverso vorticosamente immagini, luoghi, voci.
Sono una corrente d’aria fredda che sferza le persone facendole rabbrividire per un attimo, ma non percorro gli spazi come il vento, faccio zapping da un luogo all’altro e mi fermo pochi attimi, non sempre aquisisco consapevolezza.
Ora sono a casa mia, ho riconosciuto il palazzo, la porta di casa, ma l’arredamento è totalmente cambiato, non capisco.
C’è una famiglia con due bambini. Non li conosco.
“SVEGLIATI MALEDIZIONE! SVEGLIATI!” Sto urlando a me stessa, mi chiedo se sono qui, se sono altrove ranicchiata, se sto dormendo, se sono morta.
Nero. Tutto nero.
Angoscia.
Non sono più aria, vapore, polvere.
Dolore atroce. Un attimo.
Meno di un attimo per forarmi il cranio. Al centro della fronte.
Ho sofferto? Solo un attimo.
Dormivo.
Non ho visto il mio assassino, vorrei non avere dubbi, ma so che è stato Marco.
Non lo ipotizzo. Lo so.
Ho la consapevolezza del mondo.
Ho una conoscenza tale da annientarmi. Mi limito a quel che mi concerne.
Vengo risucchiata nuovamente.
Altro canale.
Spazio stretto, angusto.
Sto inglobando il mio scheletro.
La mia memoria di studentessa mi dice che sono passati almeno dieci anni dalla mia morte. In tutta questa consapevolezza universale, non riesco a carpire il particolare.
Cosa mi sono persa?
E i miei genitori? Avranno reagito al dolore, almeno per Laura?
Mia sorella aveva solo sedici anni.
E Marco? Marco è morto.
Devo uscire da questa bara, ho sentito il suo alito gelido dietro l’orecchio “NON SEGUIRMI! Ti odio… come hai potuto… tu non mi amavi. Non è amore questo.”
Buio. Lampi di luce. Sono di nuovo aria, ma mi sento come l’acqua di un mulinello risucchiata dal buco del mondo.
Sono a casa di mia madre. Come è invecchiata. Sento la voce di papà, sta parlando con Laura.
Mi sposto in cucina. Papà le accarezza la pancia. Mi sento sciogliere.
Sarà almeno al sesto mese. È bellissima.
Sei bellissima mamma.
Eccomi, al mio posto.
Qui, ranicchiata, al sicuro.
Non sono solo involucro, sono pienamente io, in divenire.
Niente più mal di testa. Perché avevo dolore alla testa?
Galleggio in questo liquido caldo che scioglie il passato nell’amore che mi circonda.
Sensazioni, solo sensazioni.
Sono.
Sarò.
Pace.
Finalmente.