[MI178]Lighea

1
Traccia 1: l' attesa
Commento
Commento

Questa storia la dedico al vecchio Pasquale Grent, nato nel 1924 e morto nel 2004 a ottant’ anni sulle coste della marina di Brindisi, dove ogni giorno si recava a guardare il mare e annotava tutto sul suo diario. Ho tradotto dal dialetto all’ italiano gli episodi più importanti.
Povero Grent: è sepolto al cimitero, nessuno lo va a trovare e in città mi dicono di non provare pietà per uno come lui.
Estate 1936
Era un’ altra estate da balilla al porto di Brindisi, il Duce lo aveva di recente ristrutturato, o almeno così diceva e così ribadiva mio padre e guai a contraddirlo. 
Avevo caldo sotto la divisa, il sudore rigava la faccia sudicia e a momenti stingeva il nero dei capelli. Guardai il mare accanto a me, brillava come fosse una pietra bianca al sole. Strinsi le pupille, da lontano scorsi una figura scura, quasi un’ ombra che si stagliava tra le onde. Aveva i capelli chiari, i seni in vista, e accanto a lei si ergeva la grande coda biforcuta di un pesce. Svanì nello scintillio del mare.
Chiamai l’ amico mio Antonio.
“Antò, guardà là, ci sta una sirena”
Antonio si voltò, guardò il mare, un ghigno gli apparve sul volto.
“Ma si scem?” disse e rise, chiamando gli altri. “Pasquale ha visto una sirena!” chiamò, e tutti si voltarono verso il mare, scatenando l’ ira dell’ istruttore. E quando non la videro, risero di me. Da quel giorno divenni Pasquale La Sirena.
Non sapevo del soprannome "La Sirena", l’ ho scoperto leggendo il suo diario.
La prima volta che ho visto il vecchio Grent mio padre mi coprí gli occhi e mi disse di alzare il passo. Pasquale Grent, sulle soglie dei sessant'anni, si era ubriacato in un bar vicino alla marina pieno di fumo e di giochi d'azzardo  Voleva fare a botte con il cameriere, alzava i pugni per aria, imprecante e sudato, l'occhio sinistro strabico.
«Ti ammazzo!» urlava, rosso in viso. Poi iniziò a tossire, e gli altri ubriachi risero di lui. Diede un calcio alla sedia e se ne andò via, dal lato della strada opposto al nostro, in direzione della spiaggia.
«Cos’ha quel signore, papà?»
«Lascialo perdere, Ninì. È il matto del paese.»
«Che vuol dire matto del paese?»
«Che l'aria di mare l'ha fatto impazzire.»
Primavera del 1941
La campagna di Grecia sembrava non portare a un bel niente. Io e Antonio e altri del reggimento passavamo le giornate a raderci, fumare le sigarette a disposizione, ogni tanto ammazzavamo un asino e ce lo mangiavamo. Io ero l'adetto al telegrafo, quindi per me da fare, in Grecia, ce n’ era ancora meno.
Lo ricordo bene quel giorno, eravamo vicino a una spiaggia rocciosa. Stavo seduto su uno scoglio a rimirare il mare. Antonio mi mise una mano sulla spalla, mi offrì una sigaretta e si allontanò. Avevamo fatto l’ addestramento insieme, eravamo stati balilla, eravamo entrambi di Brindisi. Nonostante lui fosse spigliato e io taciturno, potevamo definirci amici.
Mentre fumavo, il mare scintillava come tanti vetri andati in frantumi, ondeggiava, calmo, all'improvviso vidi un guizzo, qualcosa che sembrava un pesce che saltava sulla superficie dell'acqua. 
Ispirai ancora, poi espirai. Un guizzo di capelli biondo-rossi, sorprendentemente crespi, apparve dall'acqua e poi ne venne risucchiato, insieme agli spruzzi di una coda argentata di un pesce.
È lei! pensai. Mi guardai intorno: i miei compagni in lontananza conversavano coi fucili in spalla.
«È lei!» digrignai tra i denti.
Un altro guizzo, mi tolsi gli scarponi «Adesso ti prendo» dichiarai ad alta voce, la vidi voltarsi verso di me, di sfuggita, mi sorrise, prima di immergesi in acqua lasciando intravedere solo la coda di pesce. «Ma tu guarda, vuoi essere inseguita?»  risi. Mi tuffai, divertito, ma appena in tempo per sentire un altro sibilo, poi un altro. Riemersi e i miei compagni urlavano, sanguinanti. Mi arrampicai sugli scogli, senza scarpe, un proiettile colpì di striscio la guancia sinistra, sanguinai e il sangue si mischiò all’ acqua di mare. Mi guardai intorno: la mia sirena doveva essere fuggita via.
Ricordo solo che Antonio morì così, e io rimasi mezzo cieco a un occhio, lì, durante la campagna di Grecia.
Una volta in terza elementare facemmo un incontro con i veterani della seconda guerra mondiale. Un paio di vecchietti callosi arrivarono in classe, tra questi vi era anche Pasquale. 
Si sedettero alla meglio sulle sedie sgangherate, in attesa delle nostre domande.
Alcuni iniziarono a parlare con degli alunni, a caso, li trattenevano spiegando come avessero sparato a un nazista, altri di come avessero disertato si fossero uniti ai partigiani.
Io guardavo Pasquale, i capelli bianchi, gonfio e rosso in viso e il jeans macchiato sulla coscia, stringevo al petto il mio quaderno rosa. Rubai la penna colorata della mia compagna di banco in un suo momento di distrazione, nel chiacchiericcio generale. Mi avvicinai, emanava un odore forte di umido e sporcizia, forse per questo nessuno parlava con lui.
«Signor Grent?» 
Lui mi sorrise e si chinò verso di me.
«L’ hai rubata quella penna, piccolina?»  disse.
Feci di no con la testa. Poi mi guardai intorno. -Non lo dica a papà-
Papà si arrabbiava sempre quando si accorgeva che rubavo.
«Non lo dico a nessuno»  sorrise.
«Come si è fatto quell’ occhio storto, signore?» 
Sorrise divertito.
«Questo?» disse, indicando il bulbo oculare opaco «Me lo sono fatto in Grecia, mi hanno sparato.» 
«Non gli credere, ragazzina»  intervenne un altro vecchietto, seduto accanto a lui «stavo pure io, là con ‘sto cordardo, in Grecia, non facemmo niente tutto il tempo, e per una volta che ci spararano, lui si buttò in acqua!!!»
Vidi il vecchio Grent diventare sempre più rosso e ribollire come una teiera. Afferò il vecchietto per il collo.
«Ti ammazzo, maiale, tu invece stavi appartato tra le montagne a scoparti gli asini!»
Arrivarono due poliziotti a separarli.

Luglio 1952
Il cielo su Brindisi sembrava inneggiare alla ritrovata libertá. Non ero stato partigiano, ma Mussolini e il Re non mi erano mai piaciuti, e adesso, a ventotto anni, mi godevo di riflesso la democrazia. Era l’ alba, stavo tornando da una sessione di pesca non troppo fortunata. Il fumo della sigaretta si mescolava all’ odore del mare e del pesce. 
Guardavo le onde placide e il rosa tenue del cielo, e mentre la barca ondeggiava sentii un leggero movimento alle mie spalle, qualcosa che tirava verso il basso. Mi voltai, il busto giovane e liscio di una ragazza emergeva dal mare, le sue mani esili e delicate da sedicenne erano aggrappate al bordo. Mi sorrise, lieve, lasciando intravedere una serie di piccoli canini bianchi. La pelle le brillava di tante minuscole gocce d’ acqua, che le ricadevano sul petto, sui fianchi, sul viso infantile e gli occhi verdi luminosi. I suoi capelli, di un biondo come la sabbia, rimanevano sorprendetemente asciutti e crespi, arruffati. Feci per aiutarla a salire, ma lei, con una forza inaspettata, si issò e con un tonfo saltò sulla barca. 
Rimase lì a guardarmi, da sotto l’ inguine il suo corpo era quello di un pesce, e la sua coda biforcuta si dibatteva lieve tra spruzzi d’ acqua. Mi accarezzò il viso ispido, e mi chinai su di lei per baciarla. Le sue labbre erano morbide, piccole, e la lingua fremeva a contatto con i suoi denti leggermente affilati. Avevo baciato altre ragazze, ma mai mi ero sentito così.
«Sei solo una persona di merda!»
Facevo castelli di sabbia con mamma e papà sulla spiaggia di Brindisi. Quella domenica al mare c’erano tutti, a quanto pare anche il vecchio Grent. A quell’ urlo nascosi sotto la sabbia un braccialetto che avevo trovato incustodito su un telo da mare. Alzai lo sguardo, una ragazza bionda, giovane, con un vestito a fiori urlava a squarciagola contro il vecchio Grent, gli lanciò la borsa addosso, mentre lui sedeva impassibile in costume da bagno, braccia incrociate dietro la testa, la guardava e sghignazzava.
«Hai finito di renderti ridicola?» le rispose, e la ragazza riprese la sua borsa e se ne andò.
«Brava!-urlò- sparisci, cretina!»
«Chi è quella donna, papà? La moglie?»
«No tesoro, molto peggio… è la figlia.»
«Torna da quella stronza di tua madre!» udimmo che urlava, livido, mentre i bagnanti, in silenzio, spostavano i loro teli da mare lontano da lui.
Autunno 1982
Ho sposato una ragazza di un altra città, siamo stati insieme vent’ anni, abbiamo avuto una figlia. Adesso lei mi odia, mia figlia Anna anche. 
Se ne sono andate per via. Hanno detto che mi comporto come un pazzo, che so solo odiare, che perdo il controllo e non ho sentimenti per nessuno. Hanno fatto bene. Se potessi, me ne andrei anche io da me stesso. 
L’ unico ricordo che mi dà serenità, è quando mi sedetti in riva al mare al tramonto, c’ era l’ alta marea e le onde sbuffavano verso la spiaggia, poi si ritraevano. Vidi un guizzo lontano, luminoso. 
Un´onda si riversó mite sulla spiaggia, portando la mia sirena con sè.  Mi stesi sulla riva, l’ acqua si dissolse e sprofondó nella sabbia, lei mi lambí le braccia, la schiena, avvolgendomi in un abbraccio di spuma.

Lo trovammo cosí, riverso sulla spiaggia cittadina con le braccia aperte e i vestiti inzuppati di acqua di mare. Il vecchio Grent era morto d’ infarto una sera, e si era accasciato sulla sabbia. In mano aveva il suo diario, inzuppato e ingiallito. Io mi trovavo lì per caso, tornavamo da una cena coi parenti. Rubai il diario, infilandolo nella tasca della giacca.
Al suo funerale vennero in pochi, io saltai scuola e rimasi in disparte, mi parve di scorgere la figlia, ma nulla di più.
Lessi a mio padre un passaggio, quello dell’ estate del 1952, per spiegarli che anche il vecchio Grent forse aveva un’ anima.
Mio padre sorrise, scettico, da una mensola prese un libro.
«Queste parole non sono sue, Ninì, ma copiate da un racconto.» Aprì di fronte ai miei occhi "Lighea" di Tomasi di Lampedusa.
«Forse si è ispirato al racconto per trovare le parole giuste?» dissi, ma papà mi accarezzò, senza rispondere. 
Sono passati molti anni dalla sua morte e ogni tanto torno sulla spiaggia, leggo il suo diario. Anche oggi, dopo il lavoro, sono andata sul lungomare a farmi una passeggiata, mi sono fermata a guardare l’ orizzonte, fino a quando un guizzo è apparso di fronte a me, lontano. Ho messo a fuoco, ho scorto una chioma arruffata e la brillante coda di un pesce. Posso giurare, che quella figura mi abbia sorriso.

Re: [MI178]Lighea

2
Kiarka ha scritto: a ottant’ anni
un' altra estate
l' ira
...
Per favore, cancella subito quegli orrendi spazi bianchi dopo l'apostrofo: non si possono vedere.
Sei una delle poche che formatta i dialoghi in maniera corretta, senza doppia punteggiatura e con le minuscole nelle battute di appoggio: non rovinare tutto con quegli spazi bianchi che sono quasi un insulto alla scrittura.
Kiarka ha scritto: gio set 21, 2023 10:38 pm
Estate 1936
Era un’ altra estate da balilla al porto di Brindisi, il Duce lo aveva di recente ristrutturato, o almeno così diceva e così ribadiva mio padre e guai a contraddirlo. 
Avevo caldo sotto la divisa
Domanda: perché il passato?
Se queste sono le annotazioni che Pasquale prendeva quando andava a osservare il mare, dovrebbe scrivere: "È un'altra estate da balilla al porto di Brindisi, il Duce lo ha ristrutturato di recente, o almeno così dice e ribadisce mio padre e guai a contraddirlo.
Ho caldo sotto la divisa..." e via di seguito.
Non ha senso che scriva "era un'altra estate" se sta vivendo quell'estate...
Kiarka ha scritto: gio set 21, 2023 10:38 pmmi disse di alzare il passo
 Alzare? Forse allungare...
Kiarka ha scritto: gio set 21, 2023 10:38 pm-Non lo dica a papà-
Eccezione a quanto detto all'inizio: perché il trattino qui, anziché le caporali?
E comunque se scrivi con il trattino deve essere il medio (Alt+0150  ), quello che hai usato serve per le parole composte, come grigio-verde. Spazio dopo il trattino e niente trattino di chiusura se non ci sono battute di appoggio:
– Non lo dica a papà.
Kiarka ha scritto: gio set 21, 2023 10:38 pmArrivarono due poliziotti a separarli.
A scuola? Strano...
Mi sarei aspettato di più due bidelli.
Kiarka ha scritto: gio set 21, 2023 10:38 pm«Brava!-urlò- sparisci, cretina!»
Come non detto... O le caporali o il trattino, non puoi mischiare i due sistemi.
«Brava!» urlò. «Sparisci, cretina!»
Kiarka ha scritto: gio set 21, 2023 10:38 pm
Se ne sono andate per via. 
Andate per via cosa significa? Non l'ho mai sentito in vita mia... 
Andate via, forse?
Kiarka ha scritto: gio set 21, 2023 10:38 pmper spiegarli
spiegargli
Kiarka ha scritto: gio set 21, 2023 10:38 pmPosso giurare, che quella figura mi abbia sorriso.
mi ha sorriso
non è un'ipotesi, lo può giurare quindi è un fatto certo (almeno per lei).

Interpretazione originale della traccia e collocazione storica altrettanto originale.
Al netto di qualche sbavatura, il racconto si legge molto volentieri. Non ho capito però il motivo della cleptomania della protagonista: non è certo necessaria per giustificare il fatto che raccoglie il diario del povero Grent, quindi la cosa rimane un po' così...
Brava, comunque,
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: [MI178]Lighea

3
Kiarka ha scritto: sulle soglie dei sessant'anni
alla soglia dei sessant'anni
Kiarka ha scritto:
Ricordo solo che Antonio morì così, e io rimasi mezzo cieco a un occhio, lì, durante la campagna di Grecia.
 "Antonio morì così"? casomai: morì in quell'incursione, in quell'occasione, quel giorno... 
Kiarka ha scritto:
Si sedettero alla meglio sulle sedie sgangherate, in attesa delle nostre domande.
Alcuni iniziarono a parlare con degli alunni, a caso, li trattenevano spiegando come avessero sparato a un nazista, altri di come avessero disertato si fossero uniti ai partigiani.
pare che abbiano dato ai veterani le sedie peggiori, è solo una mia impressione, ma non mi suona molto bene.
Kiarka ha scritto: sempre più rosso e ribollire come una teiera
 bella immagine, brava, mi piace.
Kiarka ha scritto: Arrivarono due poliziotti a separarli.
La rissa doveva essere degenerata brutalmente, per chiedere l'intervento dei polizziotti, mentre non ne riporti traccia. Quindi?
Kiarka ha scritto:
Avevo baciato altre ragazze, ma mai mi ero sentito così.
«Sei solo una persona di merda!»
qui serve una stacco di rigo bianco
Kiarka ha scritto:
«Torna da quella stronza di tua madre!» udimmo che urlava, livido, mentre i bagnanti, in silenzio, spostavano i loro teli da mare lontano da lui.
Autunno 1982
Anche qui manca lo spazio bianco
Kiarka ha scritto: Posso giurare, che quella figura mi abbia sorriso.
Potrei anche sbagliarmi, ma mi sembra che il tempo verbale sia errato: Potrei
Oppure: Posso giurare che quella figura mi ha sorriso

Bel racconto, brava. La fretta è l'unica clpevole di ogni svista.

Re: [MI178]Lighea

4
@Marcello  @Adel J. Pellitteri ciao e grazie per i vostri preziosi commenti.
Sì, la fretta purtroppo non ha facilitato la rilettura, ero a ridosso della scadenza e ci sono parecchie sviste. Vi rispondo anche adesso un po' di fretta, giuro che torno con più calma successivamente  ;)

Invece mi avete fatto notate giustamente alcune espressioni che per voi non hanno senso
Adel J. Pellitteri ha scritto: Antonio morì così"
Marcello ha scritto: Andate per via cosa significa? Non l'ho mai sentito in vita mia... 
Sono espressioni un po' sgrammaticate/ dialettali, avevo aggiunto nell' incipit iniziale che molte espressioni erano rimaste, poi l' incipit l'ho modificato e quella frase l'ho cancellata.

Re: [MI178]Lighea

5
Kiarka ha scritto: Hanno fatto bene. Se potessi, me ne andrei anche io da me stesso
Eh, quante volte lo abbiamo pensato un po' tutti!

Molto bello il tuo racconto, @Kiarka, ti dico subito che ha il mio pollice in su  (y)
Funziona innanzitutto la struttura alternata tra diario e racconto della voce narrante. Funzionano le descrizioni delle diverse epoche della storia e la scrittura è molto elegante ed espressiva.
La sirena come emblema del richiamo dell'altrove \dell'altrimenti (così l'ho interpretata) impreziosisce il tutto.
Ci sono diversi refusi, cose tipo spazi usciti per sbaglio, e a volte anche scelte dei tempi verbali che non mi convincono. Ma questo si corregge.
Quello che nella sostanza invece mi convince meno è la questione della traduzione dal dialetto. Ma perché non me la vedo una persona che tiene un diario tenerlo in dialetto. Se è alfabetizzata, lo terrà in italiano, magari stentato, perché quella era la lingua scritta che si insegnava. Il dialetto scritto pure esiste, è vero (anche se non so se il brindisino...) ma è talmente difficile che quasi mai chi lo sa parlare lo sa scrivere. Insomma, farei tenere il diario in un italiano molto più basso della traduzione, anche se questo comporta la difficoltà di mantenere i passaggi poetici con un registro meno alto. Ma può anche essere un bel cimento.
Mi chiederei anche se la cleptomania della narratrice sia necessaria nell' economia del racconto.
Comunque il racconto è bello!
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI178]Lighea

6
Ciao @Kiarka
mi è piaciuto il tuo racconto, si sviluppa bene.
I refusi li hanno già segnalati.
Da parte mia solo due appunti.

Per aderire meglio alla traccia avrei fatto qualche riferimento in più al vecchio Grent che andava sempre in spiaggia, non limitando l'informazione alla dedica.

Mi hai tanto incuriosita per la lite in spiaggia con la figlia, ma non mi hai spiegato nulla, nessun dettaglio.

Comunque brava.
A rileggerti.
<3

Re: [MI178]Lighea

7
Ciao @Edu
Edu ha scritto: Quello che nella sostanza invece mi convince meno è la questione della traduzione dal dialetto. Ma perché non me la vedo una persona che tiene un diario tenerlo in dialetto. Se è alfabetizzata, lo terrà in italiano, magari stentato, perché quella era la lingua scritta che si insegnava. Il dialetto scritto pure esiste, è vero (anche se non so se il brindisino...) ma è talmente difficile che quasi mai chi lo sa parlare lo sa scrivere.
...ma lo sai che hai proprio ragione, e non ci avevo pensato? Non esiste il dialetto scritto. Provvedo a sostituirlo con mezzo-italiano.

Grazie :P

Re: [MI178]Lighea

8
Kiarka ha scritto: Mentre fumavo, il mare scintillava come tanti vetri andati in frantumi, ondeggiava, calmo, all'improvviso vidi un guizzo, qualcosa che sembrava un pesce che saltava sulla superficie dell'acqua. 
Dopo "calmo", metterei un punto fermo o al limite un punto e virgola
Kiarka ha scritto: una coda argentata di un pesce
Perché non "una pinna argentata"? Anche per non ripetersi
Kiarka ha scritto: altri di come avessero disertato si fossero uniti ai partigiani.
Direi "e" si fossero uniti ai partigiani
Kiarka ha scritto: Poi mi guardai intorno. -Non lo dica a papà-
Non capisco perché qui il dialogo ha i trattini invece dei caporali
Kiarka ha scritto: stavo pure io, là con ‘sto cordardo
Direi "stavo pure io là, con 'sto codardo" o "ci stavo pure io, là con 'sto codardo" (intanto occhio a refuso: cordardo)
Kiarka ha scritto:
Vidi il vecchio Grent diventare sempre più rosso e ribollire come una teiera. Afferò il vecchietto per il collo.
«Ti ammazzo, maiale, tu invece stavi appartato tra le montagne a scoparti gli asini!»
Qui il "sempre più" mi suona strano, perché indica qualcosa di continuato nel tempo, ma poi risponde subito alla battuta precedente; e lo stesso il ribollire. Direi:
Kiarka ha scritto:
Il vecchio Grent divenne rosso e afferrò il vecchietto per il collo.
«Ti ammazzo, maiale, tu invece stavi appartato tra le montagne a scoparti gli asini!»
Così è più immediato. Intanto occhio a refuso: afferò
Kiarka ha scritto: Guardavo le onde placide e il rosa tenue del cielo
Una descrizione del genere mi sembra poco in linea col registro del personaggio, e l'effetto è anti-immersivo
Kiarka ha scritto: di un altra città
Apostrofo


Qua e là ci sono refusi e problemi di punteggiatura a cui si può facilmente porre rimedio con una rilettura più attenta, magari ad alta voce per avere idea di come debba essere il ritmo. A parte questo, mi è piaciuta parecchio la storia che delinei, si muove al confine tra fantastico e realismo e lascia il dubbio fino alla fine. Inizialmente ho addirittura creduto che la figlia di Pasquale fosse segretamente nata dalla sirena. Ho apprezzato come riesci a caratterizzare bene anche la voce narrante, oltre al protagonista. Per me un ottimo racconto, se sistemato con maggior cura anche meglio, perché è molto molto interessante  :D a rileggerci!

Re: [MI178]Lighea

9
Ciao @Kiarka.
Le pulci ti sono state ampiamente fatte, e meno male, dato che io proprio non ne sono capace.
Il racconto mi è piaciuto, così sospeso tra memoria, sogno e realtà. 
Quello che mi ha convinto meno è la struttura.
La storia si apre con una dedica, cosa che promette una vicinanza, ma non la mantiene.
Grent racconta, vive, anche intensamente, se pure ai margini della comunità. E la nostra protagonista?
Vive anche lei, perfettamente incorniciata nel suo mondo e amorevolmente accompagnata da un padre che, come da regolamento, le decodifica l'apparente per offrirle una versione digeribile della realtà.
Kiarka ha scritto:
«Cos’ha quel signore, papà?»
«Lascialo perdere, Ninì. È il matto del paese.»
«Che vuol dire matto del paese?»
«Che l'aria di mare l'ha fatto impazzire.»
Qualche reazione? Nessuna, mai. Se si eccettua una timida illazione circa il plagio letterario, per altro caduta nel  nulla.
Kiarka ha scritto:
Lessi a mio padre un passaggio, quello dell’ estate del 1952, per spiegarli che anche il vecchio Grent forse aveva un’ anima.
Mio padre sorrise, scettico, da una mensola prese un libro.
«Queste parole non sono sue, Ninì, ma copiate da un racconto.» Aprì di fronte ai miei occhi "Lighea" di Tomasi di Lampedusa.
«Forse si è ispirato al racconto per trovare le parole giuste?» dissi, ma papà mi accarezzò, senza rispondere. 
La nostra eroina continua a restare in finestra, apparentemente senza nulla fare e nulla sentire, salvo poi essere portata di peso nell'universo visionario di Grent.
Kiarka ha scritto: Anche oggi, dopo il lavoro, sono andata sul lungomare a farmi una passeggiata, mi sono fermata a guardare l’ orizzonte, fino a quando un guizzo è apparso di fronte a me, lontano. Ho messo a fuoco, ho scorto una chioma arruffata e la brillante coda di un pesce. Posso giurare, che quella figura mi abbia sorriso.
E' una bella chiusa ma, lasciata così, senza legami col resto, resta solo una trovata ad effetto.
Insomma, c'è qualcosa che non torna o meglio, che vorrebbe tornare, ma non glielo hai permesso.
Cerco di spiegarmi. 
Ti è stata fatta notare la gratuità della cleptomania. D'altra parte, senza quella, la protagonista non avrebbe conosciuto Grent, non fino in fondo. E dunque non la si può certo considerare un inutile accessorio, messo per dare un colore birichino.
Ecco, forse è questo il nodo, lo scrigno che non hai aperto, restando anche tu  in finestra e noi con te.
Dici che il vecchio Grent ha un'anima, e chi non ce l'ha? Persino gli oggetti, specie quelli da cui non ci vogliamo separare. Ci diciamo che gliel'abbiamo data noi, che ci rappresentano perché in essi vediamo il riflesso di ciò che siamo stati, che siamo o che avremmo potuto essere. 
E dunque perché non Grent e la protagonista? Uno nell'altra, solo con forme diverse e solo apparentemente opposte: un dropout e una signorina bene, entrambi ladri e allo stesso tempo derubati, dalla vita, dagli affetti, dal senso dello stare al mondo. 
Affascinante gioco di specchi, purtroppo rimasto allo stato embrionale. Perché nel tuo racconto c'è, c'è tutto, solo che l'hai lasciato in ombra.
Infatti il vetro sottile che li separa è il diario, che Grent ha tenuto stretto fino alla fine e che la protagonista prende per farne la stessa cosa: custodire l'immagine del mondo che, prima ancora degli occhi, ha visto il cuore.
Riprendilo in mano, dai. E' un racconto che merita.
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu
Rispondi

Torna a “Racconti lunghi”