Volevo solo volare
1[Racconto rimosso su richiesta dell'autore]
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bwv582 wrote: Il freddo e l'umidità del tardo autunno non minavano i nostri ideali: lottavamo per lo spazio vitale, lottavamo con i nostri fieri alleati contro chi voleva soffocare la nostra stessa esistenza. Almeno era questo che mi dicevano ogni giorno.
bwv582 wrote: I nemici non hanno impiegato molto a trovarmi e ad accogliermi.
Mi hanno estratto a forza dal Falco per trascinarmi a terra, imbrattato di sangue; sono stato colpito in volo e non ho avuto nemmeno il tempo di accorgermene. Non riuscivo a parlare, le tante uniformi mi hanno steso su una barella e trasportato in un vicino ospedale.
bwv582 wrote: Il letto era scarno, ma la pazienza di medici e infermieri mi ha rimesso a nuovo.
bwv582 wrote: Ero una pedina ostile nelle loro mani, avrebbero potuto farmi fuori, invece mi hanno salvato la vita.
bwv582 wrote: accompagnata da un generale, mi ha detto che dovevano parlarmi.
bwv582 wrote: Mi trovavo in un ospedale militare e, terminata la convalescenza, sono finito ad attendere la fine delle ostilità lavorando nei campi, a stretto controllo. Avrei scoperto in seguito che i prigionieri italiani in Inghilterra potevano ritenersi fortunati, soprattutto se paragonati ai connazionali finiti in Germania dopo l'armistizio.
bwv582 wrote: Poco mi interessava di un'Italia lontana e divisa tra chi aveva voglia di guerra e chi si trovava in guerra. Ho capito presto che non c'era più nulla per me: mia madre era morta di stenti mentre per mio padre e i miei fratelli non erano sufficienti nemmeno le preghiere. Da quei fili spinati potevano sperare di uscire solo come fumo.
Alberto Tosciri wrote:Tutto corretto e, ovviamente, non sono nemmeno io un esperto. Quello che intendo è che il Falco era un aereo molto manovrabile ma dalle prestazioni inferiori rispetto ai caccia tedeschi e inglesi dell'epoca (se la cavava solo contro gli Hurricane) e gli stessi inglesi erano sorpresi dal vedere questi strani caccia biplani. Nel restare nei limiti del racconto breve e nel voler dare un sottotesto a metà tra il dispregiativo e la voglia comunque di volare del protagonista, ho usato il termine "alianti". Ti dirò, nella prima stesura avevo scritto "aquiloni" per dire che non aveva senso chiamarli aerei e/o caccia in mezzo ad altri velivoli tecnologicamente molto più avanzati da una parte e dall'altra.Per quanto riguarda il fattore militare, aereonautico in questo contesto, pur non essendo certo io un esperto mi permetterei di fare alcune piccole osservazioni.Il protagonista, se era destinato a pilotare il caccia Fiat C.R.42 Falco non poteva effettuare il relativo addestramento su un aliante, per di più solo di qualche ora, come scrivi all’inizio.
Alberto Tosciri wrote: Intuisco cosa vuoi dire, forse un letto molto “spartano”?Yes. Il termine spartano rende meglio l'idea.
Alberto Tosciri wrote: Mi sembra un po’ esagerato, i generali non si scomodano per un semplice pilota nemico.Volevo cavarmela a buon mercato, i gradi dei tedeschi si leggono dovunque, quelli degli altri quasi mai... ho provato il termine "generale" come termine generale...
Alberto Tosciri wrote: È un racconto da sistemare un po’ in alcuni punti diciamo “tecnici” e anche introspettivi dalla parte del personaggioLo farò, grazie ancora del passaggio e buon fine settimana. Alla prossima lettura.
bwv582 wrote: Ciao @Alberto Tosciri, oltre ai tuoi commenti che apprezzo molto - specie in questo caso - non posso dimenticarmi che sei stato il primo a darmi il benvenuto sul WD.Questo mi fa davvero piacere, credimi.
bwv582 wrote: In questa fase della vita/di lettura sto leggendo quasi esclusivamente saggi/diari riguardanti il periodo bellico. Non lo faccio perché ho in mente un romanzo o un racconto storico, non è il mio genere e non credo che lo sarà mai, ma per interesse personale. Questo racconto vuole essere un po' un'eccezione e nient'altro.Se ancora non lo hai letto ti consiglierei "La grande giostra" di Pierre Clostermann. È il diario di un pilota francese della Seconda Guerra Mondiale che essendo di origini ebraiche si rifugiò in Inghilterra e si arruolò nella RAF, pilotando gli Spitfire e combattendo contro i tedeschi. Divenne un asso dell'aviazione. La sua descrizione delle missioni, dei momenti drammatici e della vita nelle basi, aspettando gli allarmi per decollare, è davvero avvincente, vita vissuta.
bwv582 wrote: «L'Inghilterra è nemica della democrazia. Per troppi anni ha ostacolato l'esistenza del popolo italiano e continua a farlo.»Mi sembra un dialogo surreale. Un aviatore, addestrato per diventare pilota di caccia, non sa che sta facendo tutto questo per andare in guerra?
Ho avuto questa risposta a cui non ho mai creduto, ma non potevo controbattere: volevo volare, dovevo obbedire.
bwv582 wrote: Mi hanno dato un "Falco", biplano veloce, interessante, facile da manovrare anche se non abbastanza contro i caccia inglesi.manca un aggettivo o un verbo.
bwv582 wrote: l giorno dopo ho portato le capacità del mio aereo al massimo;Le capacità sono i limiti. Puoi sfruttarle, non aumentarle.
bwv582 wrote: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Mi hanno estratto a forza dal Falco per trascinarmi a terra, imbrattato di sangue; sono stato colpito in volo e non ho avuto nemmeno il tempo di accorgermene.[/font]il tempo verbale deve essere al passato rispetto al 'mi hanno estratto'.
bwv582 wrote: Nei nostri incontri mi ha parlato dell'Inghilterra e mi ha insegnato la loro lingua che, presto, è diventata anche la mia.Il soggetto è un po' troppo distante per essere sottinteso.
bwv582 wrote: mia madre era morta di stenti mentre per mio padre e i miei fratelli non erano sufficienti nemmeno le preghiere. Da quei fili spinati potevano sperare di uscire solo come fumo.La prima domanda è: come aveva avuto queste notizie? I prigionieri italiani ricevevano la posta?
maxgiglio wrote: Spero di averti aiutato e di non essere stato troppo cattivo.Certo che no, anzi fai bene. Quello che posso dirti, come ho detto anche ad Alberto, è che sono in una fase in cui sto leggendo una quintalata di libri sulla seconda guerra mondiale e questo racconto è un po' una conseguenza. Ma lungi da me scrivere racconti storici, non è una cosa in cui riesco.
maxgiglio wrote: Mi è venuto in mente un aggettivo per la tua storia: sincopata. Non è sicuramente il termine corretto, ma disegna un racconto fatto di singhiozzi (e si può singhiozzare sia di gioia che di dolore).in realtà lo prendo come un "obiettivo riuscito". Che sia un risultato buono o cattivo, mi sto allenando per trasmettere il sentimento del racconto a partire dalla stessa narrazione. Volevo che questo racconto fosse una difficile scalata nella vita, in un certo senso... È una cosa che ho visto in alcuni racconti/romanzi e vorrei allenarmi a farlo.
maxgiglio wrote: Nel 1943 si parlava già di campi di sterminio?in realtà gli alleati non erano all'oscuro. Per dire, Chaplin nel 1940 ha fatto una parodia ("il grande dittatore") in cui si parla di campi di concentramento, dà l'idea che si tratta di cose più note di quello che sembra. Tra l'altro, ho visto questo film su Rai Play di recente, non so se c'è ancora.