"La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci."
Salvor Hardin (Personaggio del ciclo della Fondazione di Isaac Asimov)
[MI176] Taglia l'aria
Un alito oscuro del male
ci serpeggia vicino da sempre,
e l’accoglie chi scaglia e chi sputa
le sue rabbie e il livore che ha in sé:
è quel male che devi sfidare
o da schiavo starai ai suoi piè.
"Zoccola"
Nel capitolo del sesso, era quello l'incipit di lui. I preliminari erano sinonimi che incitavano lei a interpretarli.
Anna ricordava un'altra storia, all'inizio della loro relazione. Aldo le aveva ispirato una sollecitudine materna per raccogliere le sue fragilità e trattarle con fermezza amabile. A proposito di guarirsi a vicenda le debolezze, gli diceva:
"Raccoglierò le forze per riuscirci. Raccoglierai le forze per le mie."
Ma si era sopravvalutata. Era un compito improbo: mission impossible. Peggio, c'era un pericolo: le stava crescendo accanto un mostro.
Le debolezze di entrambi non erano scomparse: lui era diventato violento e lei succube.
Doveva accingersi a scrivere l'ultimo capitolo e poi chiudere quel libro.
"Basta! Stanotte alle due esco di casa armi e bagagli e tu mi porti all'Hotel Bellevue."
Il marito, infatti, si addormentava come un sasso poco dopo la mezzanotte e riapriva gli occhi alle sei, minimo.
I particolari della fuga li aveva concordati in orario di lavoro col collega Carlo. C'era un'affettuosa amicizia tra loro, anche se stava diventando qualcosa di più.
Era bello sistemare i prodotti sugli scaffali, ciascuno da un lato diverso, ma uno di fronte all'altra, sino a sfiorarsi le dita con un barattolo a metà fila.
Lui si accorgeva sempre dal mattino e dagli occhiali da sole se aveva dormito o se era stata menata.
"Perché non lo lasci?"
"Non voglio ancora dichiarare fallimento. Ci ho investito tanto, sai..."
"Ma ti sta intaccando il capitale, giorno dopo giorno. Non stai perdendo solo interessi..."
Infatti, da un anno la situazione era precipitata, anche perché lei aveva rinunciato a lottare da vittima che reagisce con affetto al suo carnefice. No, e sapeva anche, perché non viveva sulla Luna, che un uomo accanto che si comportava così era molto pericoloso, e le sue scuse per farsi perdonare non erano più credibili da un pezzo.
"Sono geloso perché ti amo troppo".
"Ho visto sul lavoro che non hai chiuso lo scollo della camicetta abbottonando meglio la divisa. Ho frainteso"
Il lavoro di lui, monotono e senza scosse, almeno sino a quel momento, gli lasciava troppo tempo per rimuginare e per fare appostamenti strategici.
Il pugno ricevuto al mattino, quello che le aveva tolto il fiato, e le parole contro, il tono tagliente e crudele, ingiusto e per ingiusta causa, le avevano tolto la voglia di combattere per salvare il suo matrimonio: era chiaramente finito e lei sfinita dagli insulti e dalle botte "mirate": mai sul volto e sulle parti scoperte.
Indietro non si torna: basta trascinarsi in quel tremendo tran tran quotidiano. Non era amore, non era libera di vivere: doveva rompere la gabbia.
Anna lavora solo al mattino. Il pomeriggio ha fatto i lavori di casa e adesso prepara la cena perché è l'ora del rientro del coniuge dal lavoro di guardia giurata.
Purtroppo, lui aveva perso il precedente lavoro di buttafuori in una discoteca, che almeno gli consentiva di scaricare in parte la rabbia e la tensione che gli si accumulavano dentro. Si sfogava in misura minore con lei, all'epoca, anche se la lingua saettava a ferirla e umiliarla con falsi sospetti e immeritate rampogne.
Aldo infatti entra poco dopo, con la faccia scura e andando dritto in bagno a cambiarsi, senza un saluto, senza una scusa per il pugno mattutino.
La reciproca indifferenza è un dato di fatto.
Lui fuma in bagno, conscio che lei non lo tollera, e intanto trema per l'agitazione.
Come un mantra quotidiano, si ripete le domande di una vita, pensando al padre e alla sua cinghia che ora stringe tra le mani: Perché non era capace di smettere di picchiarlo? O era lui, il figlio, incapace di farlo smettere? O la madre, incapace di amarlo abbastanza per fermare il marito e padre sadico che infieriva su di loro?
Per non sbagliare come il padre, Aldo non aveva voluto figli. Però si era sposato e l'unione aveva prodotto due infelici.
Non mi ama e perciò non mi merita. Devo liberarmi di lei. A qualsiasi costo.
La pistola è pronta, carica e ha tolto la sicura: sotto il cuscino la stringe nel pugno sudato.
A mezzanotte, si girerà sul fianco sinistro col dito sul grilletto e sparerà.
La luce di cortesia toglie le ombre più fitte: quando si volta senza l'impaccio del lenzuolo lui vede gli occhi di lei. Lo sguardo è quello della Nemesi.
Si blocca come paralizzato mentre lei, muta e mite, gli prende con dolcezza il polso e gira l'angolazione dell'avambraccio.
Aveva previsto di lasciarlo, ma ancora in vita. Le cose sono andate diversamente.
Ha fatto bene a conservare quel biglietto firmato da lui, risalente a un giorno antico, dell'epoca in cui lui le chiedeva perdono per averla picchiata.
Era chiaro: Perdonami per tutto, Anna. Non ti merito.
Ora le tornava utile.

Dramma della gelosia in tre atti.
Taglia l’aria
con parole sferzate,
con parole sferzate,
taglia l’aria
con le nocche serrate,
con le nocche serrate,
taglia (ahia)…
il respiro in un pugno.
il respiro in un pugno.
Piega il corpo
alla malcapitata.
alla malcapitata.
Spiega il corso
della loro giornata.
della loro giornata.
Spiega il colpo
nella notte inoltrata.
nella notte inoltrata.
Corre voce
che lei l’abbia tradito.
che lei l’abbia tradito.
Scorre il sangue
su un amore finito.
su un amore finito.
Scorre il tempo
su un delitto impunito.
su un delitto impunito.
Immagine - Gabbia di Francesca Lafasciano.