Cheguevara wrote: Alla situazione attuale si è arrivati gradualmente, direi dall'inizio del berlusconismo, e i lavoratori hanno fatto la fine della rana che, immessa in una pentola d'acqua fredda, non si rende conto del riscaldarsi graduale del liquido fino a quando non diventa bollente, ma allora è troppo tardi, perché è stata bollita. Di ciò sono responsabili tutti: politica, sindacati, imprenditori sempre più avidi e gli stessi lavoratori, disposti a calarsi le braghe pur di essere assunti, magari per un mese o una settimana.
Io ho iniziato a lavorare nel '99, quindi non so come fosse la situazione prima. Ho cambiato molti lavori, anche se erano a tempo indeterminato, perché magari ne trovavo uno più comodo o che mi piaceva di più. Anche adesso ho un contratto a tempo indeterminato, ma dal 2020 in poi tutti quanti vogliono risparmiare e mi hanno tolto diverse ore. Quando una ditta con cui avevo lavorato anni fa mi ha contattata per fare sostituzioni, ho accettato. Perché non avrei dovuto? Stava bene anche a me, qualche ora in più al mese era assicurata e magari nel frattempo avrei trovato qualcosa di meglio. Poi ho incontrato una vecchia collega, e mi ha detto che anche la sua ditta cercava, quindi ora ne ho tre, una fissa e due a termine. Non vedo il problema. Conosco personalmente i titolari, gli do del tu e sono persone perbene. Ma non possono permettersi di assumere qualcuno a tempo indeterminato solo per sostituire ferie e malattie, quindi se la legge non gli permette di fare un contratto di poche ore sono costretti a distribuirle sui lavoratori che hanno già, o ad assumerne altri tramite agenzie interinali.
Ti dò ragione sugli altri, ma i lavoratori non sono responsabili del precariato. Chi ha bisogno di lavorare prende quel che viene e non vedo perché debba sentirsi in colpa per questo, quando molti altri lavorano in nero o stanno a casa e si fanno mantenere dallo Stato.
Cheguevara wrote: Mi chiedo cosa accadrà quando tutti quelli che hanno lavorato anni con contratti precari avranno raggiunto un'età in cui lavorare non è più fisicamente possibile, senza aver maturato una pensione.
Su questo sono d'accordo. È evidente che un lavoro precario dev'essere qualcosa di temporaneo o di extra, non può essere il lavoro principale. Io comunque alla pensione neanche ci penso. Per allora l'età sarà stata alzata a settant'anni o più, e dubito che ci sarò ancora.
M.T. wrote:
mica tanto.
Se per tre mesi puoi tirare il fiato ed evitare di farti venire un'ulcera mentre rimugini su come pagare tutto, non direi "mica tanto". Ma dipende sempre dalla situazione personale. Se muori di fame e qualcuno ti tende un pezzo di pane, non stai a guardare se è biologico, sostenibile o senza glutine.
M.T. wrote: piantare uno sciopero di un mese che blocchi tutto quanto. Poi si vedrà se tutto dipende solo dagli imprenditori o se per il lavoro sono importanti anche i lavoratori. Il problema è che si pensa che il motore dell'economia sia solo la parte che comanda (gli imprenditori), mentre invece sono solo una parte di un meccanismo; il fatto di considerare gli imprenditori padroni, eroi, dei, è, usando un'espressione fantozziana, una c****a pazzesca.
Ma lo sciopero chi lo decide? Sono i sindacati, non certo i singoli lavoratori. Finora gli unici scioperi che hanno avuto un qualche impatto sono quelli dei trasporti. Nel mio settore non se n'è fatto nessuno.
E nessuno, credo, considera i datori di lavoro come esseri superiori. Anche loro (quelli onesti) hanno le loro grane, pagano le tasse e sulla loro impresa devono viverci, quindi risparmiano dove possono. Non siamo in un film di Fantozzi, il megadirettore galattico è divertente ma è una caricatura. Il più delle volte si hanno piccoli imprenditori che, come tutti, sono in crisi per stare dietro alla burocrazia, agli inghippi legali e alle gare d'appalto al ribasso.
I dipendenti sono la base (non dico lavoratori, perché anche i proprietari di una ditta lavorano), ma non sono indispensabili, perché sono rimpiazzabili. Chi lavora ha bisogno di quel lavoro (o di un altro, ma non piovono dal cielo), chi assume può assumere chiunque altro, da qui deriva che chi il lavoro lo dà sia in una posizione più forte. Ed è un po' la stessa cosa che accade tra autori ed editori: l'editore può scegliere tra decine di manoscritti, l'autore può (se va bene) scegliere fra tre o quattro proposte. È una disparità intrinseca, che non può essere risolta dalla politica.