dyskolos wrote: Se, per esempio, a capo della Russia ci fosse una donna, cambierebbe qualcosa? Io direi di sì, ma molte donne non sarebbero d'accordo con me, e nemmeno con te, specie nella parte in cui parli di "simpatia" per le sofferenze altrui. È simpatia o empatia? Molte donne, qualunque cosa sia, direbbero che è uno stereotipo negativo che ghettizza le donne.L'argomento mi interessa molto, ma è molto ampio e rischia di andare un po' OT. Se più donne fossero a capo di posti chiave o dei negoziati (molti si sono accorti di quel tavolo di trattative Ucraina-Russia formato solo da uomini) sono convinta che la situazione sarebbe diversa. Non perché le donne siano meno "cattive" ma perché secondo me sono "programmate" per pensare prima di tutto agli interessi di chi dipende da loro (in questo caso, la guerra comporterà grossi problemi agli stessi russi che l'hanno iniziata). Che sia la propria famiglia o la propria nazione, una donna ci penserà due volte prima di metterla a rischio inutilmente, specie se ci sono delle alternative. Si porrà meno il problema di sembrare forte a tutti i costi (tutta quella gara a chi ha il missile più potente io l'ho trovata francamente infantile e tipicamente maschile) e si concentrerà di più sui vantaggi pratici di una certa mossa. Non trovo che dire che le donne mostrano in generale più empatia (o perlomeno prendono più spesso decisioni in base a essa) sia antifemminista. A meno di non considerare l'empatia un difetto (e questo sì sarebbe maschilista), mentre per me è un grande pregio. Trovo più antifemminista voler trovare a tutti i costi un'uguaglianza col genere maschile. La parità andrebbe pretesa non imitando in tutto gli uomini, ma esaltando le nostre particolarità, che sono diverse biologicamente e psicologicamente, ma non per questo inferiori. Questo tra l'altro è un principio valido per qualunque diversità ( provenienza, religione, ecc.). Lo scopo non è rendere tutti uguali per forza, ma valorizzare le diversità, pur mantenendo l'unità di diritti.
dyskolos wrote: io ho detto che userei parole femminili come "infermierA" e "ministrA". Come puoi vedere, molte donne rifiutano queste etichette e userebbero il maschile anche per le donne. In una parola, a volte mi sento più femminista delle donneNon è così. Se la tendenza alla declinazione al femminile diverrà una regola grammaticale, mi adeguerò. Non la sostengo attivamente solo perché mi pare più un cambio di forma che non di sostanza. Do per scontato che medico o avvocato si possa riferire a entrambi i generi, e non mi sono mai posta il problema. Se trovo avvocata o ministra va bene lo stesso, basta che si capisca, e soprattutto che non sia una battaglia formale che finisca per nascondere carenze sostanziali. Credo che sia solo un modo diverso di intendere il femminismo, il mio è di tipo pratico: non mi interessa che mi chiami ingegnera, ma mi devi dare lo stesso stipendio di un collega maschio, e non chiedermi in fase di assunzione se ho intenzione di fare figli. Questa per me è l'uguaglianza che conta, non la "a" alla fine di parola.
dyskolos wrote: Per rimanere IT, si potrebbe parlare del femminile in guerra. Mi pare, infatti, che si sia creata un divisione del lavoro che definirei "classica": gli uomini abili fuori a combattere, le donne dentro ad accudire uomini, bambini e case (quello che resta di esse, con la possibilità di scappare).Io ho sentito di diverse donne che combattono. Alcune sono medici militari, ma altre sono combattenti vere e proprie. C'era una bellissima storia di una donna ucraina disabile (a causa di precedenti combattimenti) che adesso comanda una sua unità di pronto intervento. Sono sempre meno degli uomini per un motivo banale: le donne tra i 20 e i 35 anni sono spesso madri di figli piccoli, quindi dovendo scegliere è il marito che va a combattere. La si potrebbe vedere come una forma di società maschilista, ma dubito che siano molte le donne che hanno litigato coi mariti dicendo: occupati tu dei bambini, io vado a combattere.
I casi ci sono, ma sono una minoranza. I motivi però sono diversi: molti uomini hanno già un'esperienza militare, mentre le donne dovrebbero essere istruite da zero. In più la costituzione fisica non è un optional (io ho provato a tenere in mano un vecchio fucile, e avevo difficoltà a sollevarlo, figurarsi prendere la mira...) . Ciò però non significa che accudire tutto il resto della famiglia sia più facile. Molte donne hanno dovuto pensare a mantenere genitori o suoceri anziani, figli, parenti, il tutto sotto le bombe e le varie difficoltà. Solo un uomo potrebbe ritenere questo genere di compiti meno difficili o importanti. A che pro vincere una guerra, per tornare e non trovare più una casa o una famiglia?