Silverwillow wrote: In fondo è quel che succede ovunque, anche in Italia, quando si riunisce un paese sotto un'unica lingua. In AltoAdige hanno i cartelli bilingui, ma non possono usare i toponimi in tedesco negli atti pubblici. Hanno l'obbligo di conoscere l'italiano, quindi sono tutti bilingui.Non ho capito bene cosa vuoi dire. Ti riferisci all'epoca dell'annessione? Perché è dal 1948, mi pare, che l' Alto Adige insieme ad altre quattro regioni è una regione a statuto speciale che gode di una certa autonomia. La questione linguistica è stata normata in seguito, ma sono garantiti i diritti delle minoranze linguistiche, nell'istruzione e in altri ambiti della sfera pubblica.
Da notare che la percentuale di etnia e lingua tedesca al momento dell'annessione era circa l'85%, 13% erano ladini (una lingua che in pratica è stata cancellata) e solo il 2% italiofoni. Non c'era alcun motivo valido per annetterlo, se non forse la posizione strategica del passo del Brennero in caso di invasioni da nord (mai arrivate: l'unico esercito straniero passato di là l'abbiamo invitato noi...
La lingua può essere effettivamente un arma. Ti faccio l'esempio della Spagna, che conosco abbastanza bene. La costituzione spagnola garantisce la tutela delle minoranze linguistiche, anche in una prospettiva culturale. Sancisce però anche il dovere di conoscere la lingua ufficiale, il castigliano, e il diritto di usarla. Le singole regioni possono dichiarare le lingue parlate localmente come lingue co-ufficiali. Quindi queste seconde lingue entrano nella sfera pubblica, diventa obbligatorio studiarle e usarle in alcuni contesti, in un'ottica però di bilinguismo. Alcune regioni però vanno oltre questo giusto principio che dà dignità alle lingue minoritarie e serve a preservarle e valorizzarle. Obbligare i dipendenti pubblici ad avere una certificazione linguistica di livello C1 significa escludere da molti lavori chi proviene da altre regioni, o anche chi è di quella regione ma non parla la lingua. Accade in molte zone di frontiera. Ad esempio nella comunità valenciana non tutti parlano il valenciano. Quindi obbligare all'uso di quest'ultimo in ambito scolastico e universitario significa escludere alcune persone.
Così come è una forzatura creare un'identità nazionale ad hoc, sicuramente forzata, quando si impone lo studio di una presunta storia o letteratura di queste lingue che per questioni storiche, politiche e di tempo non hanno avuto davvero modo di formarsi.
Insomma la pluralità linguistica dovrebbe essere una ricchezza da preservare, le lingue servono a unire le persone, non dovrebbero essere un'arma per dividerle e mettere gli uni contro gli altri. Imporre l'uso di una sola lingua, che sia minoritaria come in Spagna oggi o maggioritaria come all'epoca di Franco, è farne un uso politico che tende a discriminare alcuni gruppi di persone.