Scusi, dico a lei, sì proprio a lei che sta scorrendo queste righe, immagino sia al corrente dei rischi a cui si espone se prosegue. Ma certo che li conosce, è un lettore esperto…No? Davvero non gliene hanno mai parlato?
Ora si sta dicendo che leggere arricchisce, apre la mente, dove sarebbe il rischio?
L’ha pensato, magari non proprio con queste parole, ma il concetto era quello. Lo so perché da questa parte della pagina anche i pensieri hanno un suono. A volte persino colore e odore.
Tuttavia la sua perplessità è giustificata, Umberto Eco l’ha spiegato benissimo: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando …” Come dargli torto? Ma io parlavo del rischio, quello che si annida nella convinzione che tutta la faccenda abbia un inizio e una fine e che a deciderli sia lei.
Lei, che chiude il libro o il tablet e torna alla sua vita, al più portandosi dentro una specie di vibrazione che presto va ad accucciarsi da qualche parte, mentre se ne torna a fare le sue cose, quelle vere.
Ecco, è proprio il concetto di ‘Vero’ che — Arriva al dunque. — E dai, fallo finire, maleducato. — Stavo dicendo che è proprio il concetto di ‘Vero’ il nodo della la faccenda — Ma c’è un rinfresco dopo? — Piantala, non siamo venuti per mangiare. — No, non voglio tirare in ballo caverne o veli di Maya, qualcosa di molto più semplice, diciamo pure grossolano — Perché quando dice ‘grossolano’ guarda noi? — Perché si è accorto che siamo arrivati. — Beh, era per oggi, no? — Le parole che lei sta leggendo in questo momento e quelle voci, che si sovrappongono, che disturbano, stanno insinuando dubbi e domande — Ma dobbiamo proprio? Fargli scoppiare il cervello, intendo. In fondo è una brava persona. — No, non lo è. Nessuno lo è. È solo una questione di prezzo. — Sei squallido, Guildenstern, te lo hanno mai detto? – Eppure è così che funziona. Il fatto che siamo qui ne è la prova. E, in ogni caso, abbiamo dato la nostra parola. Non torniamoci sopra ogni volta, è esasperante. — Eh no! Tanto per cominciare essere qui non è un ‘fatto’ . Potremmo andarcene in qualsiasi momento e la cosa non cambierebbe. Prima o poi quel cervello, combinato com’è, smetterebbe di esistere. È una questione di Tempo, semmai, non di prezzo. — Mi correggo. Non sei squallido, sei contorto. — Stai esagerando, Guildenstein. Mi viene voglia di farlo a te, il servizio. — Farmi saltare il cervello? Sai che non è possibile. — E questo è decisamente un peccato. — Ora lei si sta chiedendo “Ma che roba è, Molly Bloom e i prodromi della demenza? E chi sono quei due che straparlano, che vogliono?” Ed ecco che sale l’irritazione per la serqua di banalità che finge di essere intelligente, scritta da cani oltretutto, con punteggiatura, virgolette e corsivi a vanvera, e allora pensa “Perché sto qui a perdere tempo?”
Ebbene, ha ragione, ha assolutamente ragione. Ma non è questo il punto.
Tra tante domande ne manca una: ‘dove’ sta accadendo tutto questo? Nella mia mente? Nella sua? Ma soprattutto, sta accadendo veramente? — No, la menata sulla realtà immaginata proprio non la reggo. Dai, facciamola finita e andiamo a sbronzarci. — Sei orribile. Riusciresti a rendere volgare un mazzolino di violette. — Sai una cosa, Rosencrantz? È un po’ che volevo dirtelo: questo lavoro non fa per te. — Non è un lavoro. — Ah certo, glielo abbiamo promesso. — Infatti, è una questione di correttezza. Le cose devono succedere e gli amici fanno così, anche a costo di impiccarsi per il rimorso. — Sta accadendo, lo sente? È un carosello di concetti, memorie, immagini che lei sta cercando di tenere a margine perché non c’entrano niente, perché non hanno senso. Se ne stavano da qualche parte nella sua testa e invece adesso si accalcano e fanno rumore, adesso, mentre cerca di decidere se continuare o smettere.
Sta accadendo, è un fatto.
E ora le dico Rosso. Rosso scarlatto.
Nemmeno questo ha senso, ma c’è.
Sta accadendo ancora. È un fatto.
Ed è proprio questo il nodo della faccenda. Realtà o rappresentazione?
Lei sta cercando uno straccio di piano narrativo, di logica che giustifichi il fastidio.
Realtà o rappresentazione? Non è una domanda è una scelta. Pillola rossa o pillola blu? Perché lo sa, si sente meglio ogni volta che riesce a tenerle separate, la Realtà che è vera, dalla Rappresentazione che invece è finta. E che sollievo vedere la Ragione trionfare — Allora, che stai aspettando? — Ora parla del Caos. Mi piace quella parte, fammela sentire. — Perché la Ragione ci rassicura e ci difende dai demoni del Caos, che invece sono così infidi e…primordiali — Ne ho abbastanza. Diamoci un taglio. — No, non voglio.— Cosa significa non voglio?E perché stai tremando? — Non sto tremando!— Oh sì, invece!Vigliacco, lo sapevo! Vuoi tirarti indietro! — Non posso, non posso! In ogni caso non posso!— E l’impegno, la correttezza?— L’onore, Guildenstern! L’abbiamo perduto il momento stesso che abbiamo accettato. Qualsiasi cosa noi si faccia o non si faccia, saremo per sempre immondi. È l’inferno, lo capisci? — La mente, archivio di esperienze, laboratorio della conoscenza, cantiere dove si montano e smontano scenari, rappresentazioni e modelli mentali. La nave con cui solchiamo l’oceano della nostre vite, l’Immaginario. — Ma che fa? Sta tirando fuori un fucile! — “I miei eccelsi e buoni amici, mi fiderei di loro come farei con un serpente velenoso” — Ce lo sta puntando addosso! — Non sono vicini alla mia coscienza — Sta prendendo la mira! — La loro rovina scaturisce dalla loro stessa perfida condotta.— Ha sparato! — Calma, Rosencrantz. Non può farci niente. — Eppure questo è sangue, sto sanguinando! — Lo vedo, ma stai calmo, lo sai che non è possibile.
— Il signor Guildenstein ha ragione. Quello non è sangue.
— Lei è pazzo. E questo è un buco! Mi ha sparato, se ne rende conto?
— Non l’ho fatto. Ho solo pensato di farlo, il che moralmente è lo stesso, ma tecnicamente no. E dunque, ne converrà, buco e sangue sono solo idee.
— Vedi, Rosencrantz? È come ti dicevo, non c’è da preoccuparsi.
— Fai presto a parlare, tanto ha colpito me. E lei, perché lo ha fatto?
— A scopo dimostrativo. L’ho presa in pieno, ma non è ferito.
— Eravamo noi a doverlo fare! Diglielo, Guildenstein!
— Ha ragione, era noi che si doveva … e creda, non a cuor leggero.
— Ma sì, sì. Prenda questo dannato fucile, pesa un accidenti e non ho più le braccia di una volta.
— Quindi restiamo come si era detto?
— Certo. Fatelo dunque, cosa aspettate?
— È che… non che ci si voglia tirare indietro, ma…
— Ma cosa?
— Lo scusi. Il mio amico ha le idee un po’… aggrovigliate.
— Buon per lui. Vuol dire che sono molte. Con un pensiero o due si fa presto a trovar loro un posto.
— Ci chiedevamo se, dopotutto, noi si debba onorare la promessa proprio fino in fondo oppure…
— Uccidermi, certo. Non è poi così crudele come sembra. O c’è dell’altro?
— No, una questione da niente, uno di quei pensieri che arrivano all’improvviso.
— Dica pure, ma in fretta. Abbiamo già abusato della pazienza del lettore.
— Pensavo…
— Il mio amico si preoccupa per il seguito. Insomma, una volta che lei, che noi…
— Si preoccupa che una volta io fossi tolto di mezzo, anche voi facciate la stessa fine. È questo?
— Beh, sì.
— Quesito interessante. Non nuovo, ma interessante. Coinvolge il Qui dove evidentemente, essendo voi frutto della mia immaginazione, non avreste più motivo di restare.
— Accidenti, lo sapevo!
— Ma non è detto che altrove questo motivo non possa ricrearsi. Nella mente del lettore, ad esempio. Certo voi non siete memorabili, diciamocelo, e dunque non ci sono garanzie.
— Ma ci sono ancora un mucchio di fili sospesi: l’origine, la forma e la sostanza della promessa, il senso di tutto, insomma. Non è cosa da poco!
— Se vi basta…
— Oh sì che ci basta, l’importante è continuare ad esistere, non è vero, Guildenstern?
— Ma sì, l’importante è esistere… in un modo o nell’altro. E poi, abbiamo forse alternative?
— In effetti no. Bene, vogliamo procedere?
— Fucile o pugnale?
Re: [Lab1] Quarta parete
2Questo racconto mi piace: riesce a essere divertente e arguto allo stesso tempo. Davvero ben fatto. Qualche annotazione:
- il titolo , a mio modo di vedere, è troppo generico, per dire...avrei preferito "la quarta parete di Guildenstern e Rosencratz"
- forse, il tema della call non è del tutto centratato, però magari mi è sfuggito qualcosa...
Lo rileggerò e se dovessi venirmi in mente altro, commenterò di nuovo... per il momento complimenti!
- il titolo , a mio modo di vedere, è troppo generico, per dire...avrei preferito "la quarta parete di Guildenstern e Rosencratz"
- forse, il tema della call non è del tutto centratato, però magari mi è sfuggito qualcosa...
Lo rileggerò e se dovessi venirmi in mente altro, commenterò di nuovo... per il momento complimenti!
Re: [Lab1] Quarta parete
3Che fuoco d'artificio!
Certo che Rosencrantz e Guildenstern (un po' Shakespeare, un po' Muppet Show) vivranno per sempre nella mia memoria: lo prometto. E ci rimmarrá anche l'anonimo scrittore, il terrorista del lettore.
Ho molto apprezzato come hai gestito i dialoghi, aspettavo sempre di oter rispondere di poter dire la mia anch'io. L'ho letto come un perenne invito frustrato a intervenire.
Complimenti, mi é piaciuto moltissimo!
Certo che Rosencrantz e Guildenstern (un po' Shakespeare, un po' Muppet Show) vivranno per sempre nella mia memoria: lo prometto. E ci rimmarrá anche l'anonimo scrittore, il terrorista del lettore.
Ho molto apprezzato come hai gestito i dialoghi, aspettavo sempre di oter rispondere di poter dire la mia anch'io. L'ho letto come un perenne invito frustrato a intervenire.
Complimenti, mi é piaciuto moltissimo!
Re: [Lab1] Quarta parete
4Ciao @aladicorvo
stavo giusto pensando che bello, mi piace essere la prima a commentere un racconto, si, non ho fatto in tempo e è arrivato il commento sopra.
Io mi vergono davvero, è la prima volta che leggo qualcosa di simile. Volevo capire il tuo obiettivo, l'ho riletto due volte ma,
Niente. Ho capito solo che "Rosencrantz e Guildenstern" sono omonimi di due personaggi di un film.
l'incipit destabilizza. Le prime parole di un racconto sono molto importanti, dovrebbero introdurre un ambiente, il protagonista, immergerci in un punto di vista, se possibile chiarire un conflitto e farci provare empatia. Lo so, tu dirai ma è solo un racconto, hai ragione, però, almeno una di queste cose sarebbe utile per far immergere il lettore.
Io non ho capito se ci si rivolge a a chi sta leggendo o se qualcuno sta leggendo questo testo.
Devi scusarmi, prima ho pensato di non commentare più il tuo racconto, poi, mi sono detta che non sarebbe stato giusto, anche la mia impressione potrebbe essere ultile all'autrice. Sicuramente è solo colpa mia se non ho colto il senso.
Sono certa che gli altri che verranno sapranno commentare meglio di me. E si sveleranno gli arcani.
Intanto che comincio a sentirmi una stupida ti auguro un buon contest e alla prossima lettura.
stavo giusto pensando che bello, mi piace essere la prima a commentere un racconto, si, non ho fatto in tempo e è arrivato il commento sopra.

Io mi vergono davvero, è la prima volta che leggo qualcosa di simile. Volevo capire il tuo obiettivo, l'ho riletto due volte ma,
Niente. Ho capito solo che "Rosencrantz e Guildenstern" sono omonimi di due personaggi di un film.
l'incipit destabilizza. Le prime parole di un racconto sono molto importanti, dovrebbero introdurre un ambiente, il protagonista, immergerci in un punto di vista, se possibile chiarire un conflitto e farci provare empatia. Lo so, tu dirai ma è solo un racconto, hai ragione, però, almeno una di queste cose sarebbe utile per far immergere il lettore.
Io non ho capito se ci si rivolge a a chi sta leggendo o se qualcuno sta leggendo questo testo.
aladicorvo wrote: Scusi, dico a lei, sì proprio a lei che sta scorrendo queste righe, immagino sia al corrente dei rischi a cui si espone se prosegue. Ma certo che li conosce, è un lettore esperto…No? Davvero non gliene hanno mai parlato?e qui gia mi sono persa irrimediabilmente, credo.
Ora si sta dicendo che leggere arricchisce, apre la mente, dove sarebbe il rischio?
L’ha pensato, magari non proprio con queste parole, ma il concetto era quello. Lo so perché da questa parte della pagina anche i pensieri hanno un suono. A volte persino colore e odore.
Tuttavia la sua perplessità è giustificata, Umberto Eco l’ha spiegato benissimo: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando …” Come dargli torto? Ma io parlavo del rischio, quello che si annida nella convinzione che tutta la faccenda abbia un inizio e una fine e che a deciderli sia lei.
Lei, che chiude il libro o il tablet e torna alla sua vita, al più portandosi dentro una specie di vibrazione che presto va ad accucciarsi da qualche parte, mentre se ne torna a fare le sue cose, quelle vere.
aladicorvo wrote: Ecco, è proprio il concetto di ‘Vero’ che — Arriva al dunque. — E dai, fallo finire, maleducato. — Stavo dicendo che è proprio il concetto di ‘Vero’ il nodo della la faccenda — Ma c’è un rinfresco dopo? — Piantala, non siamo venuti per mangiare. — No, non voglio tirare in ballo caverne o veli di Maya, qualcosa di molto più semplice, diciamo pure grossolano — Perché quando dice ‘grossolano’ guarda noi? — Perché si è accorto che siamo arrivati. — Beh, era per oggi, no? — Le parole che lei sta leggendo in questo momento e quelle voci, che si sovrappongono, che disturbano, stanno insinuando dubbi e domande — Ma dobbiamo proprio? Fargli scoppiare il cervello, intendo. In fondo è una brava persona. — No, non lo è. Nessuno lo è. È solo una questione di prezzo. — Sei squallido, Guildenstern, te lo hanno mai detto? – Eppure è così che funziona. Il fatto che siamo qui ne è la prova. E, in ogni caso, abbiamo dato la nostra parola. Non torniamoci sopra ogni volta, è esasperante. — Eh no! Tanto per cominciare essere qui non è un ‘fatto’ . Potremmo andarcene in qualsiasi momento e la cosa non cambierebbe. Prima o poi quel cervello, combinato com’è, smetterebbe di esistere. È una questione di Tempo, semmai, non di prezzo. — Mi correggo. Non sei squallido, sei contorto. — Stai esagerando, Guildenstein. Mi viene voglia di farlo a te, il servizio. — Farmi saltare il cervello? Sai che non è possibile. — E questo è decisamente un peccato. —Ci ho provato sai, ma, ora mi vergogno davvero tanto. Il corsivo, perchè? e le battute tutte appiccicate? Che cosa stanno dicendo? e chi? dove si trovano? di chi stanno parlando?
Devi scusarmi, prima ho pensato di non commentare più il tuo racconto, poi, mi sono detta che non sarebbe stato giusto, anche la mia impressione potrebbe essere ultile all'autrice. Sicuramente è solo colpa mia se non ho colto il senso.
Sono certa che gli altri che verranno sapranno commentare meglio di me. E si sveleranno gli arcani.
Intanto che comincio a sentirmi una stupida ti auguro un buon contest e alla prossima lettura.
Re: [Lab1] Quarta parete
5Alba359 wrote: "Rosencrantz e Guildenstern" sono omonimi di due personaggi di un film.O meglio, ho pensato a quel film e non ai due personaggi in Amleto
Re: [Lab1] Quarta parete
6Un grazie a @Almissima che si è lasciata travolgere dal delirio in modo giocondo.
Non era facile, come dimostrano le perplessità di @BigWhoop, ma soprattutto di @Alba359.
Avete ragione, anche il mio protagonista se l'aspettava.
Forse avrei dovuto mettere uno spoiler, dire che la quarta parete del titolo è quella che separa la platea dal palcoscenico e che l'obiettivo è proprio quello di mettere in scena il disorientamento quando i piani si fondono.
Forse allora sarebbe stata più chiara anche l'impaginazione, con i dialoghi che prima si mescolano e poi sembrano ritrovare un ordine più familiare, quando la rappresentazione prende tutta la scena e mette da parte il dialogo con il lettore.
Avrei potuto.
Ma sarebbe stato come spiegare in anticipo il trucco del prestigiatore
D'altra parte il fatto che non sia riuscita a farmi capire è importante. Devo tenerne conto.
Dunque grazie ancora @BigWhoop e @Alba359
Non era facile, come dimostrano le perplessità di @BigWhoop, ma soprattutto di @Alba359.
Avete ragione, anche il mio protagonista se l'aspettava.
Forse avrei dovuto mettere uno spoiler, dire che la quarta parete del titolo è quella che separa la platea dal palcoscenico e che l'obiettivo è proprio quello di mettere in scena il disorientamento quando i piani si fondono.
Forse allora sarebbe stata più chiara anche l'impaginazione, con i dialoghi che prima si mescolano e poi sembrano ritrovare un ordine più familiare, quando la rappresentazione prende tutta la scena e mette da parte il dialogo con il lettore.
Avrei potuto.
Ma sarebbe stato come spiegare in anticipo il trucco del prestigiatore

D'altra parte il fatto che non sia riuscita a farmi capire è importante. Devo tenerne conto.
Dunque grazie ancora @BigWhoop e @Alba359

Re: [Lab1] Quarta parete
7Ciao grande @aladicorvo
In questo testo hai sperimentato e, per quanto mi riguarda, vinto. Mi è piaciuto tutto. Come lettore è stata una vera esperienza. Come se lo scrittore sapesse esattamente quali leve azionare di volta in volta per entrare nella smentendo di chi legge. A un certo punto ho smesso di farmi domande e mi sono lasciata trasportare dal flow.
Molto interessante anche la formattazione che riesce a valorizzare il contenuto e ad ampliare il senso di spaesamento.
Si sente che c’è una penna esperta, solida, che si può permettere di smontare le regole (ma quali, poi?) . Esperimento riuscito. Bravissima, come sempre.
In questo testo hai sperimentato e, per quanto mi riguarda, vinto. Mi è piaciuto tutto. Come lettore è stata una vera esperienza. Come se lo scrittore sapesse esattamente quali leve azionare di volta in volta per entrare nella smentendo di chi legge. A un certo punto ho smesso di farmi domande e mi sono lasciata trasportare dal flow.
Molto interessante anche la formattazione che riesce a valorizzare il contenuto e ad ampliare il senso di spaesamento.
Si sente che c’è una penna esperta, solida, che si può permettere di smontare le regole (ma quali, poi?) . Esperimento riuscito. Bravissima, come sempre.
Re: [Lab1] Quarta parete
8Il pezzo mi è piaciuto tantissimo, una sperimentazione davvero ben riuscita, almeno a mio parere.
Nel contesto del Labocontest introduce, mi pare, una variante: questo è un dialogo teatrale, molto ben realizzato, che usa un registro davvero azzeccato per il teatro (o, meglio, per una situazione metanarrativa che rimanda inevitabilmente al teatro; ha anche un retrogusto di Cechov, direi) ma che – preso pari pari come è scritto qui – risulterebbe davvero artificioso se inserto in una situazione narrativa che rappresentasse una reale interazione fra persone.
Insomma, le regole per un buon dialogo son diverse a seconda del “mezzo” in cui il dialogo vive.
Nel contesto del Labocontest introduce, mi pare, una variante: questo è un dialogo teatrale, molto ben realizzato, che usa un registro davvero azzeccato per il teatro (o, meglio, per una situazione metanarrativa che rimanda inevitabilmente al teatro; ha anche un retrogusto di Cechov, direi) ma che – preso pari pari come è scritto qui – risulterebbe davvero artificioso se inserto in una situazione narrativa che rappresentasse una reale interazione fra persone.
Insomma, le regole per un buon dialogo son diverse a seconda del “mezzo” in cui il dialogo vive.
Re: [Lab1] Quarta parete
9 Ciao @aladicorvo che dire? Teatro teatro e disorientamento emotivo... adoro ambedue! Mio malgrado o ciononostante (vedi tu...) l'ho letto due volte, lo ammetto mio malgrado, ma volevo essere certa di quel che avevo compreso e incompreso.
Mi è piaciuto davvero e mi piacerebbe leggerne ancora, è stato come sguinzagliare il cordone ombelicale o, meglio ancora, guinzaglio cerebrale per insediarsi in un intricato reame di elucubrazioni senza fine e, probabilmente, senza inizio.
Mi hai ricordato la potenza della parola e quanto si possa disegnare attraverso esse un discorso in tre dimensione, o meglio, quattro...
Grazie della condivisione e spero di rileggerti presto
Mi è piaciuto davvero e mi piacerebbe leggerne ancora, è stato come sguinzagliare il cordone ombelicale o, meglio ancora, guinzaglio cerebrale per insediarsi in un intricato reame di elucubrazioni senza fine e, probabilmente, senza inizio.
Mi hai ricordato la potenza della parola e quanto si possa disegnare attraverso esse un discorso in tre dimensione, o meglio, quattro...
Grazie della condivisione e spero di rileggerti presto

Re: [Lab1] Quarta parete
10@MonicaX1974, @Gualduccig , @Ilaria Piras, grazie per l'apprezzamento 
Avete colto in pieno le mie intenzioni. Grazie

Avete colto in pieno le mie intenzioni. Grazie

Re: [Lab1] Quarta parete
11Mia carissima @aladicorvo
Questo racconto è surreale e spiazzante per il lettore, esattamente come lo desideravi nel concepirlo.
Possiede tutte le qualità di un testo teatrale, cosa che sovente s’incontra nelle cose che pubblichi.
Qui ti cimenti in una piece che vede protagonisti due personaggi della commedia Shakespeariana e anche Stoppardiana (uno dei due è il citato Guildenstern, l’altro di conseguenza se ne deuce si tratti del compare Rosencrantz).
Nell’Amleto, Rosencrantz e Guildenstern fanno la loro prima apparizione nel II Atto, Scena 2, in cui tentano di ottenere le confidenze del principe Amleto, loro amico d'infanzia. Il loro modo di parlare affabile e cortese li fa dapprima sembrare degli adulatori. In realtà, tuttavia, essi stanno operando come spie del corrotto Re Claudio, zio di Amleto.
Ce ne dai conferma nel citare la frase: “I miei eccelsi e buoni amici, mi fiderei di loro come farei con un serpente velenoso”.
Che compare nel III Atto, dove Amleto ripudia la finzione di amicizia, commentando poi con la madre (Scena IV): "Mi fiderò di loro come farei con un serpente velenoso".
Tutto il racconto (in sintonia al tema del contest) è imperniato nel dialogo tra i due personaggi e la mente del lettore che ne legge le vicissitudini del momento.
Questo ti consente una speculazione filosofica su i vari piani della realtà fisica e di quella che si genera nella mente del lettore, il quale nell’atto della ne è coinvolto psico-fisicamente, avvertendo virtualmente ogni sensazione di ciò che viene raccontato.
Non è casuale la citazione di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando … ecc.”
Insomma ci hai offerto una storia fatta di richiami letterari che si muovono con discorsi in apparenza surreali, così come si possono trovare in taluni lavori teatrali di tipo sperimentale.
Mi è solo difficile la comprensione della citazione di “Molly Bloom”, sono troppo lento di comprendonio per decifrarne l’attinenza nel contesto del racconto, poiché si tratta (mi dicono) di una ex campionessa di sci statunitense, finita in galera per essere stata artefice di un giro clandestino di poker, creato a livelli elevatissimi, che coinvolgeva le più significative personalità del mondo politico e dello spettacolo del suo paese.
Complimenti per la creazione con mano elegante e scorrevole di un testo, che si distingue per la sua originalità e la capacità di muovere nel lettore una interattività mentale, per coglierne gli aspetti simbolici e i riferimenti culturali.
Complimenti e a presto rileggerti.
Un abbraccio.
Questo racconto è surreale e spiazzante per il lettore, esattamente come lo desideravi nel concepirlo.
Possiede tutte le qualità di un testo teatrale, cosa che sovente s’incontra nelle cose che pubblichi.
Qui ti cimenti in una piece che vede protagonisti due personaggi della commedia Shakespeariana e anche Stoppardiana (uno dei due è il citato Guildenstern, l’altro di conseguenza se ne deuce si tratti del compare Rosencrantz).
Nell’Amleto, Rosencrantz e Guildenstern fanno la loro prima apparizione nel II Atto, Scena 2, in cui tentano di ottenere le confidenze del principe Amleto, loro amico d'infanzia. Il loro modo di parlare affabile e cortese li fa dapprima sembrare degli adulatori. In realtà, tuttavia, essi stanno operando come spie del corrotto Re Claudio, zio di Amleto.
Ce ne dai conferma nel citare la frase: “I miei eccelsi e buoni amici, mi fiderei di loro come farei con un serpente velenoso”.
Che compare nel III Atto, dove Amleto ripudia la finzione di amicizia, commentando poi con la madre (Scena IV): "Mi fiderò di loro come farei con un serpente velenoso".
Tutto il racconto (in sintonia al tema del contest) è imperniato nel dialogo tra i due personaggi e la mente del lettore che ne legge le vicissitudini del momento.
Questo ti consente una speculazione filosofica su i vari piani della realtà fisica e di quella che si genera nella mente del lettore, il quale nell’atto della ne è coinvolto psico-fisicamente, avvertendo virtualmente ogni sensazione di ciò che viene raccontato.
Non è casuale la citazione di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando … ecc.”
Insomma ci hai offerto una storia fatta di richiami letterari che si muovono con discorsi in apparenza surreali, così come si possono trovare in taluni lavori teatrali di tipo sperimentale.
Mi è solo difficile la comprensione della citazione di “Molly Bloom”, sono troppo lento di comprendonio per decifrarne l’attinenza nel contesto del racconto, poiché si tratta (mi dicono) di una ex campionessa di sci statunitense, finita in galera per essere stata artefice di un giro clandestino di poker, creato a livelli elevatissimi, che coinvolgeva le più significative personalità del mondo politico e dello spettacolo del suo paese.
Complimenti per la creazione con mano elegante e scorrevole di un testo, che si distingue per la sua originalità e la capacità di muovere nel lettore una interattività mentale, per coglierne gli aspetti simbolici e i riferimenti culturali.
Complimenti e a presto rileggerti.
Un abbraccio.

Re: [Lab1] Quarta parete
12@Nightafter , adorabile ragazzaccio, gratificante come sempre, hai colto tutto fino in fondo.
Grazie, anche a nome di Molly Bloom, che dei flussi di coscienza di Joyce non ne poteva davvero più e, mi dicono,
col poker se la sta godendo alla grande

Grazie, anche a nome di Molly Bloom, che dei flussi di coscienza di Joyce non ne poteva davvero più e, mi dicono,
col poker se la sta godendo alla grande


Re: [Lab1] Quarta parete
13Grazie, anche a nome di Molly Bloom, che dei flussi di coscienza di Joyce non ne poteva davvero più e, mi dicono,
col poker se la sta godendo alla grande

Infatti amica mia, pare che le abbiano dato poca galera e molta multa.
Oggi è a piede libero e sicuramente non si annoia.
Però confesso che a l'Ulisse non ho pensato. Chiedi troppo a un vecchio rincoglionito. Kiss
col poker se la sta godendo alla grande

Infatti amica mia, pare che le abbiano dato poca galera e molta multa.
Oggi è a piede libero e sicuramente non si annoia.

Però confesso che a l'Ulisse non ho pensato. Chiedi troppo a un vecchio rincoglionito. Kiss

Re: [Lab1] Quarta parete
14Ciao @aladicorvo, ebbene lo ammetto: non solo non ho capito il racconto ma neppure gran parte dei commenti al racconto, che riescono a commentare senza commentare.
Stanno parlando personaggi che vivono solo nel momento e nella misura in cui vengono letti e pensati da chi sta al di qua della quarta parete?
Help! Urge una grossa dose di spoiler per illuminare la mente di noi, poveri, che non abbiamo strumenti per capire e quindi, di conseguenza, per commentare...
Stanno parlando personaggi che vivono solo nel momento e nella misura in cui vengono letti e pensati da chi sta al di qua della quarta parete?
Help! Urge una grossa dose di spoiler per illuminare la mente di noi, poveri, che non abbiamo strumenti per capire e quindi, di conseguenza, per commentare...
Re: [Lab1] Quarta parete
15Otta wrote: Stanno parlando personaggi che vivono solo nel momento e nella misura in cui vengono letti e pensati da chi sta al di qua della quarta parete?Esatto, @Otta ! Non ti sottovalutare

E' un peccato che consideri quello che dicono altri "commenti senza commentare" Sarebbe come dire che hanno parlato a vanvera.
Sono certa che non volevi dire questo, così come sono certa che tu abbia tutti gli strumenti intellettuali e culturali per comprendere e, solo se vuoi, commentare

Re: [Lab1] Quarta parete
16Ciao @aladicorvo dopo essermi vergognata abbastanza, alla luce e alle ombre dei commenti degli altri, ho deciso di rileggere e di ricommentare il tuo racconto.
Insomma, mi sono detta, non ci avevo capito niente ma adesso alcune cose sono state chiarite, andiamo a vedere perchè io non ho colto il senso e dove mi sono persa?
L'autore di questo testo si rivolge direttamente a un eventuale lettore, non c'è intrlocutore stabilto, non c'è protagonista.
Ricapitolando, un testo viene letto, e si insinuano delle voci o nella mente di chi legge, o nella mente di chi ha scritto, o nella mente dell'autore stesso mentre legge. Mi manca davvero tanto il protagonista/punto di vista.
E cacchio, non potevi immaginarti niente di più contorto per farmi capire che leggere e immaginare è realtà.
Io non so se sto dicendo un sacco di cavolate, ma questo mi fa pensare a uno spettacolo che ho visto molto tempo fa, forse era un film o uno sceneggiato, non mi ricordo. Comunque parlava di un autore che uccide un attore prorio nella realtà e non si renderà mai conto della differenza fino alla fine del film.
Non continuo a sproloquiare perchè altrimente sfociamo nel metafisico.
Alla fine, io credo fermamente che quando scriviamo dobbiamo tenere conto di tre cose.
Scrivere per comunicare qualcosa e farsi capire, la chiarezza è fondamentale.
I testi devono essere verosimili per mantenere sempre il patto con il lettore, della serie io ti leggo ma non pigliarmi per scemo.
E poi, rispettare le convenzioni delle leggi della narrativa, insomma, per stupire, uno scrittore ha in mano tutti i mezzi che vuole, un inizio, uno svolgimento e una fine li possiamo anche stravolgere, ma il succo deve essere gradevole, fruibile, una leccornia da gustare senza andare a scoprire gli ingredienti e i loro nutrienti in percentuale.
Con questo non voglio dire che il tuo racconto sia sbagliato, come ti ho detto nel primo commento la colpa è solo mia, però, e io non sono nessuno per affermare quanto sto per scrivere, pur non avendo nessun difetto, anche se il tuo testo fosse stato editato dal più grande degli editor e tu l'avessi postato perfetto, forse, non sarebbe adatto per questo contest. Nello sceneggiato che mi ha fatto ricordare il tuo racconto, il protagonista era l'autore: uno scrittore dedito all'alcool e nessuno prendeva in considerazione i suoi scritti. Se tu, nel suo monologo, ci avessi fatto percepire qualcosa di lui, della persona che scrive, avremmo avuto un protagonista. Non avrei fatto fatica a metterlo a fuoco, empatizzare o percepire che tutte le sue elucubrazioni gli vengono da un stato mentale particolare; avremmo così evitato la situazione a specchio di cui parlavo sopra. La situazione a specchio potrebbe far intuire che potresti essere tu, Aladicorvo, a pensare quelle cose. E non avresti nemeno avuto bisogno di uno spoiler per spiegare cos'è la quarta parete.
Quello che mi è mancato è un protagonista, due dettagli concreti su di lui, e il racconto avrebbe girato in maniera diversa.
Scusami per le stupidate, che sicuramente avrò detto, e mi ha fatto molto piacere rileggerlo.
Insomma, mi sono detta, non ci avevo capito niente ma adesso alcune cose sono state chiarite, andiamo a vedere perchè io non ho colto il senso e dove mi sono persa?
aladicorvo wrote: Scusi, dico a lei, sì proprio a lei che sta scorrendo queste righe, immagino sia al corrente dei rischi a cui si espone se prosegue. Ma certo che li conosce, è un lettore esperto…No? Davvero non gliene hanno mai parlato?Ecco, rileggendo l'incipit, ora capisco che sono parole, nessuno le sta pronunciando in un preciso momento ma sono scritte in un testo.
Ora si sta dicendo che leggere arricchisce, apre la mente, dove sarebbe il rischio?
L’ha pensato, magari non proprio con queste parole, ma il concetto era quello. Lo so perché da questa parte della pagina anche i pensieri hanno un suono. A volte persino colore e odore.
Tuttavia la sua perplessità è giustificata, Umberto Eco l’ha spiegato benissimo: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando …” Come dargli torto? Ma io parlavo del rischio, quello che si annida nella convinzione che tutta la faccenda abbia un inizio e una fine e che a deciderli sia lei.
Lei, che chiude il libro o il tablet e torna alla sua vita, al più portandosi dentro una specie di vibrazione che presto va ad accucciarsi da qualche parte, mentre se ne torna a fare le sue cose, quelle vere.
L'autore di questo testo si rivolge direttamente a un eventuale lettore, non c'è intrlocutore stabilto, non c'è protagonista.
aladicorvo wrote: Ecco, è proprio il concetto di ‘Vero’E in questo punto accade qualcosa. Le parole del testo vengono interrotte.
aladicorvo wrote: — Arriva al dunque. — E dai, fallo finire, maleducato. —Allora io penso: se io sono il lettore che legge le parole scritte, il personaggio che interrompe sta nella mia testa?
aladicorvo wrote: Stavo dicendo che è proprio il concetto di ‘Vero’ il nodo della la faccenda — Ma c’è un rinfresco dopo? — Piantala, non siamo venuti per mangiare. — No, non voglio tirare in ballo caverne o veli di Maya, qualcosa di molto più semplice, diciamo pure grossolano —No è sempre l'autore, scrive e si interrompe da solo, con quelle voci inserite nel monologo e che parlano di rinfreschi. Credo che lui senta le voci, o mentre scrive, mentre stava scrivendo, o mentre rilegge il suo testo, non si sa ancora.
Ricapitolando, un testo viene letto, e si insinuano delle voci o nella mente di chi legge, o nella mente di chi ha scritto, o nella mente dell'autore stesso mentre legge. Mi manca davvero tanto il protagonista/punto di vista.
aladicorvo wrote: Ora lei si sta chiedendo “Ma che roba è, Molly Bloom e i prodromi della demenza? E chi sono quei due che straparlano, che vogliono?” Ed ecco che sale l’irritazione per la serqua di banalità che finge di essere intelligente, scritta da cani oltretutto, con punteggiatura, virgolette e corsivi a vanvera, e allora pensa “Perché sto qui a perdere tempo?”E mi da pure ragione, l'autore intendo, sa quello che sto pensando perchè è lui che mi ha costrettto a pensarlo, mentre quei due che chiacchierano a vanvera si sono appena traditi, lo sanno che sono invenzione e non possono fare nulla che non sia l'autore a deciderlo. Visto che è lo scrivente a sentirli e a mettere per iscritto le loro parole, sento una vena di, ma appena accennata, di eccessiva autostima, qualcosa che mi fa pensare... mi fa pensare: si sente come Dio? Uno scrittore è come Dio quando scrive del suo mondo e dei suoi personaggi. Qui ho colto un lato del carattere. del protagonista. Troppo vago però.
Ebbene, ha ragione, ha assolutamente ragione. Ma non è questo il punto.
Tra tante domande ne manca una: ‘dove’ sta accadendo tutto questo? Nella mia mente? Nella sua? Ma soprattutto, sta accadendo veramente?
aladicorvo wrote: Sta accadendo, lo sente? È un carosello di concetti, memorie, immagini che lei sta cercando di tenere a margine perché non c’entrano niente, perché non hanno senso. Se ne stavano da qualche parte nella sua testa e invece adesso si accalcano e fanno rumore, adesso, mentre cerca di decidere se continuare o smettere.Questa cosa però non mi torna, tutta quella roba non stava nella testa del lettore, é sempre l'autore che l'ha insinuata, io parto dal concetto che è tutto scritto, anche le parti in corsivo. Da ciò, l'autore ci porta dove lui vuole, e porta gli attori sul palco a dire quello che lui vuole, quindi realtà o finzione stanno nella stessa idea, È come lo specchio riflesso nello specchio. la stessa immagine si riflette all'infinito. Io sono qui sul mio letto, col pc sulle gambe, a leggere il tuo racconto, immagino te che immagini l'autore del testo, che immagina te che immagini me che ti so leggendo e commentando.
E cacchio, non potevi immaginarti niente di più contorto per farmi capire che leggere e immaginare è realtà.
aladicorvo wrote: Perché lo sa, si sente meglio ogni volta che riesce a tenerle separate, la Realtà che è vera, dalla Rappresentazione che invece è finta. E che sollievo vedere la Ragione trionfareAnche questa non riesco a capirla: io decicdo si andare a teatro, di cominciare a leggere un libro, questa è realtà giusto? io provo emozioni, piango, rido, empatizzo le situazioni davanti alle scene, è tutta realtà. L'autore, ( da qui lo metterò in corsivo per distinguere che parlo di lui e non di te) invece, pensa che ci sia una linea di demarcazione netta tra realtà e rappresentazione, una linea che dovrebbe metterci al sicuro, io non ho ben capito da quale pericolo fin dall'inizio. Non si muore soltanto pensando di morire, ma se il patto con il lettore regge e non viene disatteso, l'esperienza può essere molto vivida e ha ragione Umberto Eco.
aladicorvo wrote: Sat May 14, 2022 12:34 am Il signor Guildenstein ha ragione. Quello non è sangue.E qui, l'autore non si tiene, cade dentro la trappola, il pericolo da lui paventato si realizza. È lui a caderci dentro, si è talmente immedesimato che parla con i personaggi, o con gli attori che recitano, si ma, anche loro sono caduti nella trappola e pensano di essere reali.
Io non so se sto dicendo un sacco di cavolate, ma questo mi fa pensare a uno spettacolo che ho visto molto tempo fa, forse era un film o uno sceneggiato, non mi ricordo. Comunque parlava di un autore che uccide un attore prorio nella realtà e non si renderà mai conto della differenza fino alla fine del film.
Non continuo a sproloquiare perchè altrimente sfociamo nel metafisico.
Alla fine, io credo fermamente che quando scriviamo dobbiamo tenere conto di tre cose.
Scrivere per comunicare qualcosa e farsi capire, la chiarezza è fondamentale.
I testi devono essere verosimili per mantenere sempre il patto con il lettore, della serie io ti leggo ma non pigliarmi per scemo.
E poi, rispettare le convenzioni delle leggi della narrativa, insomma, per stupire, uno scrittore ha in mano tutti i mezzi che vuole, un inizio, uno svolgimento e una fine li possiamo anche stravolgere, ma il succo deve essere gradevole, fruibile, una leccornia da gustare senza andare a scoprire gli ingredienti e i loro nutrienti in percentuale.
Con questo non voglio dire che il tuo racconto sia sbagliato, come ti ho detto nel primo commento la colpa è solo mia, però, e io non sono nessuno per affermare quanto sto per scrivere, pur non avendo nessun difetto, anche se il tuo testo fosse stato editato dal più grande degli editor e tu l'avessi postato perfetto, forse, non sarebbe adatto per questo contest. Nello sceneggiato che mi ha fatto ricordare il tuo racconto, il protagonista era l'autore: uno scrittore dedito all'alcool e nessuno prendeva in considerazione i suoi scritti. Se tu, nel suo monologo, ci avessi fatto percepire qualcosa di lui, della persona che scrive, avremmo avuto un protagonista. Non avrei fatto fatica a metterlo a fuoco, empatizzare o percepire che tutte le sue elucubrazioni gli vengono da un stato mentale particolare; avremmo così evitato la situazione a specchio di cui parlavo sopra. La situazione a specchio potrebbe far intuire che potresti essere tu, Aladicorvo, a pensare quelle cose. E non avresti nemeno avuto bisogno di uno spoiler per spiegare cos'è la quarta parete.
Quello che mi è mancato è un protagonista, due dettagli concreti su di lui, e il racconto avrebbe girato in maniera diversa.
Scusami per le stupidate, che sicuramente avrò detto, e mi ha fatto molto piacere rileggerlo.
Re: [Lab1] Quarta parete
17Carissima @Alba359 mi piacerebbe abbracciarti e dirti tante cose.
La prima è Grazie per aver regalato ancora mente e cuore al mio testo.
La seconda è un invito, concedimelo: cancella dal tuo vocabolario interiore la parola vergogna.
La usi spesso ma, a meno che non sia una captatio benevolentiae, riguarda solo quanti commettono soprusi di vario genere,
certo non chi, come te, esprime un'idea.
Siamo tutti costruttori di mondi, seduti al nostro banco di lavoro, a darci dentro di penna e fantasia.
Qualche pezzo viene bene, qualche altro meno. In ogni caso felici, perché ce l'abbiamo messa tutta.
E' quello che sappiamo fare meglio: mettercela tutta.
E' il nostro patto. Per questo siamo qui. Per questo, con un po' di batticuore, facciamo vedere quello che abbiamo fatto.
Detto questo, veniamo a noi.
Il mio obiettivo era tutt'altro. E l'hai colto in pieno, proprio nel gioco di specchi innescato dal tuo disagio di onesto lettore.
Una provocazione, scaturita da quello che ritengo uno dei tanti mali del nostro mondo: l'incapacità di accettare ciò che non comprendiamo, che disattende le nostre aspettative che, in un modo o nell'altro, sentiamo diverso e che dunque viviamo come minaccia.
Eppure René Magritte, una delle menti più preziose del novecento, diceva: "Tutto nelle mie opere nasce dal sentimento e dalla consapevolezza che noi apparteniamo a un universo enigmatico"

La prima è Grazie per aver regalato ancora mente e cuore al mio testo.
La seconda è un invito, concedimelo: cancella dal tuo vocabolario interiore la parola vergogna.
La usi spesso ma, a meno che non sia una captatio benevolentiae, riguarda solo quanti commettono soprusi di vario genere,
certo non chi, come te, esprime un'idea.
Siamo tutti costruttori di mondi, seduti al nostro banco di lavoro, a darci dentro di penna e fantasia.
Qualche pezzo viene bene, qualche altro meno. In ogni caso felici, perché ce l'abbiamo messa tutta.
E' quello che sappiamo fare meglio: mettercela tutta.
E' il nostro patto. Per questo siamo qui. Per questo, con un po' di batticuore, facciamo vedere quello che abbiamo fatto.
Detto questo, veniamo a noi.
Alba359 wrote: Scrivere per comunicare qualcosa e farsi capire, la chiarezza è fondamentale.Quello che dici, secondo me, funzionerebbe in un testo di intrattenimento. Chiaro, gradevole, rispettoso delle convenzioni narrative.
I testi devono essere verosimili per mantenere sempre il patto con il lettore, della serie io ti leggo ma non pigliarmi per scemo.
E poi, rispettare le convenzioni delle leggi della narrativa, insomma, per stupire, uno scrittore ha in mano tutti i mezzi che vuole, un inizio, uno svolgimento e una fine li possiamo anche stravolgere, ma il succo deve essere gradevole, fruibile, una leccornia da gustare senza andare a scoprire gli ingredienti e i loro nutrienti in percentuale.
Il mio obiettivo era tutt'altro. E l'hai colto in pieno, proprio nel gioco di specchi innescato dal tuo disagio di onesto lettore.
Una provocazione, scaturita da quello che ritengo uno dei tanti mali del nostro mondo: l'incapacità di accettare ciò che non comprendiamo, che disattende le nostre aspettative che, in un modo o nell'altro, sentiamo diverso e che dunque viviamo come minaccia.
Eppure René Magritte, una delle menti più preziose del novecento, diceva: "Tutto nelle mie opere nasce dal sentimento e dalla consapevolezza che noi apparteniamo a un universo enigmatico"

Re: [Lab1] Quarta parete
18wrote:In questo testo a parete surreale, da scalare paragrafo per paragrafo, ci vedo i due amici letterari di Amleto che ci dicono e si dicono:
- Leggere o non leggere...

La promessa non la trovo ma ti ringrazio della lettura dove paragono anche la quarta parete con la quarta di copertina...

Brava @aladicorvo

P.S.: un solo consiglio: informati su come cambiare i caratteri tipografici, diversi da quelli di noi tutti, che male si prestano a essere
citati.
Re: [Lab1] Quarta parete
19@aladicorvo ciao.
Un vero gioiellino teatrale, il tuo.
Funziona nell'immedesimazione nel flusso del dialogo e, nonostante io abbia qui e là perso il filo di chi stesse parlando, la gradevolezza non mi ha mai abbandonato.
Devo dire che gran merito va all'incipit: un bel ingaggio col lettore:
Scusi, dico a lei, sì proprio a lei che sta scorrendo queste righe, immagino sia al corrente dei rischi a cui si espone se prosegue. Ma certo che li conosce, è un lettore esperto…No? Davvero non gliene hanno mai parlato?
Devo però dire che la citazione di Eco lasciata in sospeso non mi ha entusiasmato, è un po' come lanciare il sasso e nascondere la mano
Ma è veramente il classico pelo nell'uovo!
Complimenti!
Un vero gioiellino teatrale, il tuo.
Funziona nell'immedesimazione nel flusso del dialogo e, nonostante io abbia qui e là perso il filo di chi stesse parlando, la gradevolezza non mi ha mai abbandonato.
Devo dire che gran merito va all'incipit: un bel ingaggio col lettore:
Scusi, dico a lei, sì proprio a lei che sta scorrendo queste righe, immagino sia al corrente dei rischi a cui si espone se prosegue. Ma certo che li conosce, è un lettore esperto…No? Davvero non gliene hanno mai parlato?
Devo però dire che la citazione di Eco lasciata in sospeso non mi ha entusiasmato, è un po' come lanciare il sasso e nascondere la mano

Ma è veramente il classico pelo nell'uovo!
Complimenti!
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Re: [Lab1] Quarta parete
20Ciao @aladicorvo, mannaggia speravo spendessi due parole di più.
La prima volta che ho letto il tuo racconto, mi son detta: devo essere stanca.
La seconda volta l'ho letto sul cellulare. Che mi manchi la visione d'insieme? Meglio leggerlo al computer?
Poi ho visto che qualcun altro si è lanciato a commentare. Evvai, capirò pur qualcosa dai commenti... Ma neppure lì. Ho letto complimenti e lodi e mi veniva da alzare la mano e chiedere: mi fate partecipe di ciò che avete capito?
Mi sentivo un po' come quando, a una festa, un tipo della compagnia racconta una barzelletta, tutti ridono e tu sei l'unica a non averla capita, e ti senti una scema. Eviti di chiedere di spiegartela per non passare da guastafeste. Allora i casi sono due: o ti metti a ridere pure tu facendo finta d'averla capita, oppure esclami: oddio, devo andare, ho lasciato l'auto in seconda fila! (ora che mi ci fai pensare potrei scriverci un racconto...
)
Ecco, io non volevo fare né una cosa e né l'altra, né partecipare alla risata pur non avendo capito la barzelletta e né darmela a gambe.
Volevo semplicemente commentare il tuo racconto così come commento gli altri.
Più di tante spiegazioni sulla quarta parete, mi sono illuminata riguardo al tuo racconto quando hai scritto:
La prima volta che ho letto il tuo racconto, mi son detta: devo essere stanca.
La seconda volta l'ho letto sul cellulare. Che mi manchi la visione d'insieme? Meglio leggerlo al computer?
Poi ho visto che qualcun altro si è lanciato a commentare. Evvai, capirò pur qualcosa dai commenti... Ma neppure lì. Ho letto complimenti e lodi e mi veniva da alzare la mano e chiedere: mi fate partecipe di ciò che avete capito?
Mi sentivo un po' come quando, a una festa, un tipo della compagnia racconta una barzelletta, tutti ridono e tu sei l'unica a non averla capita, e ti senti una scema. Eviti di chiedere di spiegartela per non passare da guastafeste. Allora i casi sono due: o ti metti a ridere pure tu facendo finta d'averla capita, oppure esclami: oddio, devo andare, ho lasciato l'auto in seconda fila! (ora che mi ci fai pensare potrei scriverci un racconto...

Ecco, io non volevo fare né una cosa e né l'altra, né partecipare alla risata pur non avendo capito la barzelletta e né darmela a gambe.
Volevo semplicemente commentare il tuo racconto così come commento gli altri.
aladicorvo wrote: E' un peccato che consideri quello che dicono altri "commenti senza commentare" Sarebbe come dire che hanno parlato a vanvera.C'erano profusioni di complimenti o dichiarazioni di non aver capito. Non brulicavano analisi del testo.
Più di tante spiegazioni sulla quarta parete, mi sono illuminata riguardo al tuo racconto quando hai scritto:
aladicorvo wrote: funzionerebbe in un testo di intrattenimento. Chiaro, gradevole, rispettoso delle convenzioni narrative.
aladicorvo wrote: Una provocazione, scaturita da quello che ritengo uno dei tanti mali del nostro mondo: l'incapacità di accettare ciò che non comprendiamoEbbene, io invece cerco di capire ciò che non capisco, credo che la chiarezza non coincida con la superficialità, che l'intrattenimento non corrisponda necessariamente a futilità. Questo si ripercuote nella scrittura e nei gusti di lettura.
Re: [Lab1] Quarta parete
21Io, ad essere onesto, c'ho capito davvero poco. Più che un racconto sono davanti a un metatesto, forse? Un testo sui testi, insomma? O meglio, sulla natura stessa del "testo", con i diversi piani che si sovrappongono in un continuo rimando tra autore e lettore, tra emittente e destinatario, tra ciò che è vero e ciò che vive solo come immagine mentale della parola scritta. Il rimando al grande Eco che di semiotica ne sapeva lunga mi conferma questa impressione.
Purtroppo non ho colto i riferimenti ai personaggi citati (se ho capito bene parliamo di Amleto, opera che ho letto, ma sono passati circa vent'anni...), ignoranza mia. Questa mancanza probabilmente mi ha impedito di cogliere buona parte della sostanza? E poi c'è questo sapore di flusso di coscienza joyciano, questi dialoghi interconnessi che diventano a tutti gli effetti un monologo...
insomma, mi ripeto, non ho capito un granché, però mi è rimasta una sensazione di piacevolezza intellettiva, la consapevolezza di essere davanti a un testo molto ben pensato e molto ben realizzato. Scritto da dio, in poche parole. E allora mi complimento lo stesso, perché davvero ho trovato tanta qualità stilistica, tanto coraggio e creatività! Mica poco.
Purtroppo non ho colto i riferimenti ai personaggi citati (se ho capito bene parliamo di Amleto, opera che ho letto, ma sono passati circa vent'anni...), ignoranza mia. Questa mancanza probabilmente mi ha impedito di cogliere buona parte della sostanza? E poi c'è questo sapore di flusso di coscienza joyciano, questi dialoghi interconnessi che diventano a tutti gli effetti un monologo...
insomma, mi ripeto, non ho capito un granché, però mi è rimasta una sensazione di piacevolezza intellettiva, la consapevolezza di essere davanti a un testo molto ben pensato e molto ben realizzato. Scritto da dio, in poche parole. E allora mi complimento lo stesso, perché davvero ho trovato tanta qualità stilistica, tanto coraggio e creatività! Mica poco.
Re: [Lab1] Quarta parete
22@Joyopi carissimo, ti confesso che mi sono divertita anche se non avrò voti perché, lo so,
il mio testo è "come carta igienica vetrata. A lungo andare irrita".
Mi scuserai la citazione da Invito a cena con delitto ma, al netto del gradimento, la tua reazione è stata quella di molti.
Lo hai colto in pieno ed è proprio quello che volevo.
Ci spiazza non capire o, più propriamente, farlo usando facoltà che non ci sono abituali.
Il mio protagonista lo sapeva e lo dice esplicitamente.
Per questo meritava di essere fatto fuori, lui e tutti quelli che pretendono di fare letteratura
(anche un raccontino potrebbe ambire ad esserlo)
sguazzando felici nello stagno dell'ambiguo.

il mio testo è "come carta igienica vetrata. A lungo andare irrita".
Mi scuserai la citazione da Invito a cena con delitto ma, al netto del gradimento, la tua reazione è stata quella di molti.
Lo hai colto in pieno ed è proprio quello che volevo.
Ci spiazza non capire o, più propriamente, farlo usando facoltà che non ci sono abituali.
Il mio protagonista lo sapeva e lo dice esplicitamente.
Per questo meritava di essere fatto fuori, lui e tutti quelli che pretendono di fare letteratura
(anche un raccontino potrebbe ambire ad esserlo)
sguazzando felici nello stagno dell'ambiguo.

Re: [Lab1] Quarta parete
23aladicorvo wrote: [font="Times New Roman", sans-serif]Oh sì, invece![/font][font="Times New Roman", sans-serif]Vigliacco, [/font][font="Times New Roman", sans-serif]lo sapevo![/font]Ti è partito uno spazio
Io... non so cosa dire. Mi brucio un commento così, ma non so cosa commentare. Che figata. I temi che tratti sono seghe mentali con cui ho a che fare un giorno sì e l'altro pure. E l'ironia che fa da fondo a tutto quanto lo rende ancora più interessante.

Re: [Lab1] Quarta parete
24@aladicorvo, solo per dirti che mi dà sollievo il fatto di non aver capito il testo. (non capisco neanche i testi per bambini, spesso)
Ma scrivi divinamente!
E non demordo. Ci riproverò.
Ma scrivi divinamente!
E non demordo. Ci riproverò.