Mi è capitato di leggere questa riflessione, di cui vi posto qualche stralcio che ho piacere di condividere con voi:
La salvezza non viene dalla Storia
di Davide Orecchio
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Ma un’idea ... preferisco non tenerla per me, perché riguarda le parole che usiamo, i concetti che adoperiamo, la Storia che invochiamo di continuo per illustrare moventi, modelli, comportamenti, la storia peggiore, quella barbarica del secolo che abbiamo alle spalle, la storia delle guerre totali che adesso interroghiamo per trovare risposte, o che evochiamo con la leggerezza di apprendisti stregoni.
Putin, calpestando ogni principio di civiltà, diritto e buon senso, ha aggredito l’Ucraina. I soldati muoiono, i civili muoiono, muoiono i bambini sotto i mortai.
E intanto, le parole che scandiscono azioni e interpretazioni emergono da un lessico troppo inquietante. Pare che molti vogliano rivivere il peggiore dei mondi di ieri, o che siano talmente spaventati dal suo ritorno da, senza accorgersi, già aprirgli le porte: con le parole.
Putin ha detto di voler “denazificare” l’Ucraina, ha dichiarato guerra con questo slogan, precipitandoci nel 1945. Poi il “discorso” è proseguito. Titoli di giornali hanno evocato lo spettro di “un’altra Stalingrado” per l’assedio di Kiev, o il fallimento del “Blitzkrieg dei russi”. Analisti e storici hanno messo in guardia dal sottovalutare Putin, agitando analogie con l’Hitler degli anni Trenta, prima dell’epifania sterminatrice del Führer.
Ma chi mai lo sottovaluta, Putin?, vorrei sapere, chi mai lo sottovaluta?
Politici e persone comuni hanno motivato l’armamento dell’Ucraina, approvato dai principali Parlamenti europei, evocando la Resistenza e i partigiani della Seconda guerra mondiale.
E poi, un po’ di Churchill qui, un po’ di Chamberlain lì…
È una guerra che si muove, e viene raccontata, come sotto dettato della storia, inevitabile? Mi risponderete che sì, è inevitabile, perché c’è l’Europa di mezzo, continente conformato sul sedimento di guerre e di morte.
Mi risponderete (e vi darò ragione) che, per capire il conflitto tra Russia e Ucraina, devi interrogare la storia che le accomuna e divide, dalla Rus’ di Kiev all’impero degli zar, dalle carestie ucraine degli anni Venti alla collettivizzazione forzata di Stalin, dal crollo dell’impero sovietico a oggi.
Mi risponderete che è una guerra tra eredi, una maledizione e non esistono altre parole per dirla. Ma, se queste parole sono inevitabili, vi rispondo io, allora siamo fregati, perché la fine è nota.
Ecco, la mia idea è che, se continuiamo così, finirà molto male. Perché opereremo resurrezioni che solo i pazzi e i violenti desiderano. Riporteremo in vita il peggiore Frankenstein novecentesco. Accetteremo, agiremo e poi subiremo una storia di guerre che si vogliono ripetere. Allora si avvererà quanto scritto in quel libro bello e profetico, Cronorifugio di Georgi Gospodinov, e – mi ripeto – saremo tutti fregati.
È esattamente il programma di Putin. Ma può essere il nostro?
L’uso delle parole, l’uso della storia… Lo so che può apparire un tema irrilevante dinanzi ai massacri quotidiani, alla carneficina da Mariupol a Kiev, e se così vi sembra vi chiedo scusa, e chiedo perdono a chi sta soffrendo. Eppure non riesco a togliermi dalla testa che, se dici “Hitler”, un giorno avrai Hitler, e se dici “guerra mondiale”, un giorno l’avrai.
Non è che dobbiamo dimenticare la storia, fare finta che non ci sia stata, ignorarla o lenirne il ricordo come un brutto incubo. Sarebbe un errore anche più grave, per carità. Ma non possiamo nemmeno riesumarla, individuandone presunti pattern che assomigliano a destini ineluttabili.
Non possiamo parlare solo con le parole di ieri. Quelle sono parole di tenebra e di morte. Dobbiamo ostinatamente cercare qualcosa di nuovo, per la salvezza dell’Ucraina, per la pace in Ucraina e per tutti noi.
La soluzione appunto, la pace, la difesa di nuovi princìpi, il diritto alla vita, il diritto a non essere aggrediti, l’abrogazione della guerra, la diplomazia dei negoziati, qualcosa che si incarni in nuove parole, perché forse può ancora nascere un mondo nuovo, forse possono finire le repliche in tragedia, non in farsa, del vecchio mondo.
Guardate: la storia non insegna nulla a nessuno. Ma certo,
se orienti le tue azioni nel presente, e le tue interpretazioni del presente, cercando ossessivamente modelli di comportamento nel passato,
non sei tanto condannato per destino a ripetere la storia, quanto è tua intenzione precisa riviverla. È questo è troppo. Questo è il fallimento di un’umanità. Questo è colpevole.
In tempi di guerra la storia può essere cattiva maestra. Può essere deposito radioattivo di crimini e di paura, zona oscura, sentimento del passato che induce a scelte sbagliate. È avvenuto spesso, nel corso di grandi crisi e fratture storiche, che i protagonisti guardassero indietro a eventi simili, angosciati dal timore di ripetere errori di altri, e, quasi senza accorgersene, proprio in ragione di questa angoscia e di questa ossessione, che cedessero a una pulsione di replica, e che quegli errori li ripetessero.
Ma io non voglio che rinasca il mondo di ieri.
Voglio un mondo nuovo che conosca la storia e, proprio per questo, se ne liberi.
Come fai ad aggiustare un mondo in guerra che “cammina facendo dei giri”? Se potessi saperlo, se solo potessi, ma non lo so, non lo so.
Ma comincerò per quanto posso dalle parole; forse sono armi meno spuntate di quanto si creda.
Non riduciamoci di nuovo a schiavi del passato, una volta di troppo. Non pronunciamone le parole malate.
Pretendiamo una storia nuova e diversa. La pace. La vita. E parole nuove per dirle.
Questo il link al testo completo:
https://www.nazioneindiana.com/2022/03/ ... la-storia/