Ciao,
@Domenico S.
Piacere, Luca C.

Che bella questa poesia.
Sarà che tutto ciò che è avvolto da un certo surrealismo non riesco a non accostarlo a Borges, e anche in questo caso trovo la tua poesia, per l'appunto, molto borgesiana. C'è un che di magico e di trascendentale che spiega le cose dell'uomo, mi pare, nei tuoi versi.
Premetto che quanto dirò sotto, è solo un punto di vista soggettivo (e te ne accorgerai ogni qualvolta sparerò una castroneria: presto e spesso

) perché trovo questi versi ben al di sopra delle mie capacità.
Tuttavia mi hanno così colpito che non ho saputo resistere.
Intanto l'unico appunto che mi permetto di farti, e che non vuole assolutamente avere la presunzione di insegnare, riguarda i primi versi (il terzo, nello specifico)
Si allontanava dalla realtà
come una nave che lascia la banchina,
di sera, in acque avvolte di foschia.
Gran bella apertura. Io ci vedo subito lo sdoppiamento dell'uomo (che a quanto ho capito, in una certa misura, è il nocciolo del componimento): uno che salpa per lidi sconosciuti abbandonando ogni certezza, e l'altro che guarda e lo racconta.
L'appunto che riguarda il terzo verso è il seguente: lo trovo un filo macchinoso. Personalmente avrei tagliato più corto, scrivendo semplicemente:
"... come una nave che lascia la banchina
in una sera di foschia."
Secondo me è inutile specificare "acqua" visto che parliamo di una nave, così eviteresti anche quell'avvolte che è un po' abusato, e in un componimento bello come il tuo è un peccato.
La barba bianca e ispida, gli occhiali di
tartaruga, anche quelli passati dalla ASL.
Bello, spezza l'atmosfera cupa dell'apertura a favore di un attimo di freschezza.. Occhiali da tartaruga non lo avevo mai sentito, ma rende l'idea. Sull'ASL mi arrendo.
Mi mostrava la sua raccolta di fotografie.
In ogni veduta, in ogni volto che mi guardava,
aveva trovato un significato.
A me viene da pensare sempre all'io fuori dal proprio corpo, che si guarda dall'alto. Sento il distacco tra le due dimensioni. Forse le fotografie che guardano l'io "trascendente" e a cui l'io terreno dà una collocazione razionale, rappresentano il senso della vita visto col senno del poi?
Un frammento del mistero della vita
era andato al suo posto, per lui, per quel signore dimesso.
Un piccolo hobby di un piccolo uomo.
Forse sì, rappresenta un tassello del mosaico complessivo.
Inizialmente ho storto un po' il naso sul verso "Un piccolo hobby di un piccolo uomo", perché mi pareva fosse un intervento inopportuno del narratore. Poi rileggendo, ho forse (forse)* inteso: qui vuoi dare alla dimensione della comprensione umana (terrena) la giusta misura (molto modesta, in effetti). Comunque è un passaggio che non mi fa impazzire.
Io avevo camminato sui libri di Platone,
ma capire Platone significa anche comprendere
che non era poi così importante leggerlo,
e che io e lui eravamo
lo stesso uomo.
Bello il riferimento a Platone. Mi fa pensare, collegandolo all'apertura, alla famosa "seconda navigazione", in cui il ragionamento viene concepito come tramite a una realtà trascendentale.
Certo, quando si è studiato tanto Platone (cosa che io non ho fatto) credo che si raggiunga una tale immedesimazione (come capita con altri filosofi, d'altronde) da far perdere la propria identità.
Beh, caro Domenico, rinnovare i miei complimenti è tanto superfluo quanto scontato.
Te la cavi davvero bene con la poesia, e contenuti e riferimenti per nulla banali gli conferiscono la giusta dignità.
A rileggerti, davvero volentieri!
* "doppio forse" preso in prestito da quel donnaiUolo di
@queffe :D