Commento
Traccia 1: 1347; Genova durante l'esplosione della peste nera. I personaggi si ritroveranno all'interno della città.
Personaggio: Dario, Popolare blogger, nick Sandokan. Ambientalista, progressista, interessato ai diritti civili. Anche se è ancora uno studente che sta preparando la sua tesi in scienze politiche, la sua abilità con i social lo ha reso molto popolare sul web. Instancabile nei dibattiti, polemico ma cordiale, capace di lunghi viaggi pur di essere presente a un evento per lui importante. Temperamento coraggioso e leale. Appassionato del mondo fantasy in tutte le sue forme: fumetti, libri e giochi di ruolo.
Genova17 dicembre 2020
Ovunque era lutto. Fuggivano i figli lasciando insepolti i cadaveri dei genitori, e i genitori, dimentichi dell’amore per i figli, li abbandonavano in preda alla febbre.
A quei tempi erano davvero cazzi! Altro che covid. Il notebook è scarico, ho preso appunti per una settimana. Accidenti! Sono le diciotto, meglio che torni a casa.
- Caterina, prendo questi due volumi in prestito.
- Dario, ti sei perso nella lettura eh? Sempre a caccia di nuove idee?
- E si!
- Hai sentito che tempo? I garrucci diventano fiumi, stai attento a dove metti piedi… hai l’ombrello?
- Ho l’inceratona nello zaino; immaginavo piovesse, stasera.
- Ecco la tua tessera. Buona serata Dario, tra dieci minuti vado a casa anch'io.
- Ci si vede in giro Cat.
Metto il notebook e i libri nello zaino, tiro fuori la cerata da marinaio di mio padre, la indosso, sto attento che mi copra per bene e mi tuffo nella tempesta.
Diamine! Questo si che è un temporale… ma, già hanno chiuso tutti? Non si vede quasi niente.
Aveva ragione Cat, stasera mi sa che affogo.
Rischio di scivolare a ogni passo, alzo la visiera della cappa nera e guardo il cielo: un ritaglio tra i tetti che quasi si toccano. La pioggia scroscia sui muri, sulle imposte, nelle canale storte, sopra le ringhiere e le soglie d’ardesia.
I tuoni rimbombano, i fulmini illuminano appena i carrugi: dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, così cantava Faber.
Deve esserci stato un black out: all’improvviso sono spariti pure i lampioni. Non si vede a un passo, buio pesto!.
Mi appoggio a un portone, mi riparo sotto il suo arco di pietra.
Un lamento terribile mi fa rabbrividire: Il portone si apre, un gatto nero schizza fuori e salta sul muretto di fronte. Credo che avrò un infarto! Mentre il portone si richiude con un colpo secco, il micione sfodera gli artigli, si arrampica disperato sulle pietre smosse della spalletta muraria; i sassi crollano nel rivolo che scorre furioso a cunetta.
Non mi ricordo di questo posto, eppure, ho fatto pochi metri dalla biblioteca… assurdo, questa è via del ferro, dov’è finita la sua edicola votiva? le insegne dei negozi e i tombini? Mi sono perso. Incredibile, credevo di conoscere ogni vicolo invece…
- Ehi, tu sai scrivere? Sai far di conto?
- Cosa? Un infarto o un coccolone come minimo: dietro l’angolo una sagoma, piccola e scura, si sbraccia e grida sopra il rumore sordo di un tuono.
- Ti ho detto, sai scrivere? Il mio segretario è morto, pure lui, se non sei malato ti va di guadagnare qualche moneta?
- Ma lei chi è, cos'è successo al suo segretario?
- Non sei malato vero? Altrimenti non avvicinarti
- Ho su la mascherina, non la vedi? basta che manteniamo la distanza. Se mi riporti verso piazza delle erbe ti do una mano, mi sono perso. Deve essere andata via la luce in tutta Genova.
- Io sto andando verso il porto, vieni prima con me, poi ti rimetto sulla tua via.
Lo seguo, il temporale si è calmato e ci siamo lasciati alle spalle i vicoli medioevali. Nonostante questo non riconosco il posto dove ci troviamo.
- Che si fa al porto con questo tempo? se si tratta di affari loschi non conti su di me. Che ne è stato del suo segretario?
- Testamenti, solo testamenti. Tutti vogliono far testamento. Mi chiamo Guidotto Agneselo: Notaro. Che mala ora, che piaga divina.
Facciamo così, tu entri nella casa del moribondo, mi dici le ultime volontà dalla finestra, io trascrivo e notifico. La morte nera si sta portando via tutti, ricchi e poveri!
- La morte nera? Ma non esageriamo le notizie non sono cosi pessime
- A no? Guarda laggiù.
A smesso di piovere, a pochi passi da noi la luna illumina una carro e una piccola montagna di cadaveri buttati sopra il pianale, Il notaio senza stupirsene, continua a parlare, indica verso il mare.
- La creuza che porta al mare è diventata un cimitero; la sotto ci seppelliscono i morti. Le vedi le navi? Le navi, invece, sono piene di cadaveri.
Riconosco il profilo della costa ma, Genova? Dov’è finita la mia città? Mi gira la testa, non posso credere che questo sia vero, mi sento male, vomito sul fango che scorre nei rivoli di pioggia.
- Maledetto! Sei malato, dovevi dirmelo, i malati devono stare in casa.
Mentre corre via gli vedo le gambette corte sotto il mantello “che strano individuo" sto per svenire.
Genova, 18 dicembre 1347
Il freddo e l’umidità mi svegliano di colpo, è l’alba, il sapore di vomito mi disgusta. Mi ricordo ogni cosa, Intorno a me, solo silenzio e solitudine. Ho paura.
Mi alzo, sto gelando, mi avvicino a una casa in cerca di riparo; dalle imposte spalancate vedo dei di cani che dormono all'interno. Il carretto di cadaveri non c’è più. Forse era solo un sogno. Mi affaccio di nuovo sulla mulattiera scoscesa, il carretto è laggiù con tutto il suo macabro carico. Sento delle voci: in strada alcuni giovani arrivano dalla stessa via da dove è fuggito il notaio.
Mi vengono incontro. Bevono da brocche di terracotta, maschi e femmine si passano quello che credo sia vino. Parlano a voce alta, addentano pane e caciotte, camminano cantando, mangiando e ridendo. Mi hanno visto, io li sto guardando ma, di nuovo, non posso credere ai miei occhi. Loro mi invitano a seguirli.
- Devi morire comunque Cappanera, che tu sia ubriaco o meno Lei ti piglierà! Noi andiamo a palazzo, il signore è morto stanotte, si piglia tutto quello che aveva in cantina e si fa festa per una settimana o finché resteremo vivi,
- vieni Cappanera, non te ne pentirai.
Devo capire cosa è capitato, come mai mi ritrovo qui. Se questo è un sogno...si è un sogno. Li seguo: ho fame e sete.
Protetti dai portici di un palazzo in costruzione bivacchiamo e cuciniamo, alcuni suonano e cantano.
Tra canti, balli sfrenati, sesso e gaudio senza fine, mi ubriaco. Io ho la sbornia triste, le donne mi consolano materne. Farnetico di futuristiche invenzioni, mi prendono per matto, però gli sono simpatico e tutti mi proteggono, anche se, nessuno di loro può aiutarmi. Non c’è sosta, si mangia ci si ubriaca, si fa sesso e si dorme. Seguono Giorni e notti di fuochi e di bagordi. Ogni tanto si ringraziano i morti e il loro cibo, poi se ne trova dell’altro e si ricomincia; dall’alba al tramonto. A volte mi fermo a pensare ai miei articoli, al mio romanzo ma, è solo per un attimo.
La potente carnalità di questa realtà mi trascina, la vivo protagonista e non m’importa di null’altro. I giorni passano in un attimo, fino a quando i morti non superano il consumo di viveri. Il cibo avanza, ne avanza ogni giorno di più.
Oggi è il 24 dicembre 1347
Stamattina mi sono svegliato solo e più triste che mai.
Piango, lamento la mia sventura con me stesso, maledico quella sera fuori dalla biblioteca... eppure la fantasia e le idee non mi sono mai mancate. Devo restare sobrio e pensare in modo razionale, ho bisogno di un piano.
Quella notte... la tempesta, il notaio, se non l'avessi seguito forse... devo essere finito in un varco temporale, la realtà deve essere qui al mio fianco, ma io non riesco a vederla. Anche se sono solo, mi nascondo in un angolo, apro lo zaino e prendo il cellulare, ha ancora batteria.
Non ci credo! Internet prende anche nel mille e trecento, assurdo! google maps mi da la posizione, in pochi minuti sono in piazza delle erbe. Riconosco la casa dove abito, è diversa ma è lei, sembra più piccola e le mura non sono attaccate a nessun’altro palazzo.
La finestra della mia stanza è aperta, il notaro con le gambette corte si affaccia, mi riconosce.
Gli faccio un cenno ma la mia attenzione è attirata da altro…
- Allora non eri malato, mi dispiace averti lasciato nei guai, ma di questi tempi…sei ancora disposto a farmi da segretario?
Non rispondo, una lama di sole invade la piazza e mi abbaglia la vista, socchiudo gli occhi per un secondo, l'aria tremola tra le ciglia e la vedo: sul muro sotto la mia finestra campeggia l’insegna della mia gelateria preferita ”La cremeria delle erbe”.
Mi avvicino, spingo la vetrina, mi guardo intorno, tutto è come lo ricordavo e non ci credo ancora quando il commesso urla
- Dario, la mascherina! Ecchediavolo…
[RNT1] Dall'altra parte
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Last edited by Albascura on Sat Jul 10, 2021 8:41 pm, edited 4 times in total.