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by Ippolita
@aladicorvo, @@Monica, carissime.
Mi dispiace molto che il giudizio, meditato e sofferto, possa essere sembrato severo.
La traccia richiedeva un racconto "rappresentativo della dimensione di penombra", e questa dimensione non mi pare di averla ravvisata in nessuno dei due racconti. Siccome, però, non abbiamo a che fare con cose misurabili, do per scontato che vi siano pareri discordi e che il mio sia solo uno dei possibili pareri.
Ciò che non mi trova d'accordo è definire "monocorde" lo stato di penombra: non soltanto in virtù della definizione dei vocabolari (i primi due esempi della Treccani suonano così: "la penombra del bosco"; "la tenda, abbassata, teneva la stanza in una discreta penombra"), ma anche per i sinonimi che gli stessi presentano, tra i quali "crepuscolo", "chiaroscuro", "sfumatura".
Riguardo alla giusta osservazione di Aladicorvo, relativa al fatto che il dipinto di Millet raffigura i soggetti in controluce, in quanto la sorgente luminosa è dietro le loro spalle, posso rispondere che di proposito nella traccia non ne ho fatto menzione, perché nel quadro non si verifica quel forte contrasto tra luce e buio tipico della retroilluminazione, tale da lasciare i soggetti nell'oscurità. Essi, al contrario, appaiono sfumati, per l'appunto in "penombra".
Nel racconto di Aladicorvo non sono riuscita a rilevare, per mio difetto, il passaggio di Bogart dalla luce all'ombra, cui l'autrice accenna sopra; nel brano di Monica, la preponderanza degli aspetti briosi ed energici della protagonista non mi hanno permesso di cogliere la dimensione di penombra/chiaroscuro richiesta dalla traccia.
Detto questo, se vorrete accettare i miei giudizi insieme alle piccole penalità previste, ne sarò onorata. Vi saluto e vi ringrazio.