[MI149] Del rosicare
Traccia di mezzanotte: Ne avrete il coraggio?
Suor Guglielmina aveva un motto: un’idea è buona se dà dei vantaggi buoni.
Era partita dall’osservazione esterna dalla finestra della sua cella, a strapiombo sul mare che si frangeva sugli scogli: questi erano abbarbicati alla pietra di cui era fatto il convento di semi-clausura che la ospitava.
Lei veniva da un altro paese di pescatori e sapeva manovrare la canna, che aveva portato con sé, per ogni evenienza.
La giovane non era autorizzata ad uscire, perché così erano le disposizioni per il primo anno della vita monastica dell’ordine.
Affacciata alla finestra, ne considerò la distanza dalle onde: lieta, prese il suo attrezzo, mise della mollica come esca, si industriò con uno sgabellino e un fermo per la canna e… lanciò la lenza.
Aspettò con pazienza. Sperava in un piccolo sgombro, in un cefalo. Fortunata, dopo solo dieci minuti sentì l’abbocco e azionò per tirare fuori dall’acqua il pesce. Con perizia, raccolse il filo della lenza sinché il pesce non arrivò all’altezza del davanzale. Era un discreto muggine che mise in una catinella.
Fiera della sua impresa, si fiondò dalla superiora, Suor Gerarda.
- Sei uscita a pescare! - la guatò questa con disapprovazione, la voce astiosa, dicendosi che non poteva essere altrimenti.
- No, sono rimasta nella mia stanza e ho pescato dalla finestra. L’ho preso in dice minuti. Cosa ne pensa? Potremmo rifornire la dispensa.
La madre stava riflettendo: il loro convento era povero, come il paese dove si trovava, e il pesce era un alimento importante per una sana dieta, e loro non ne mangiavano abbastanza. Cambiò atteggiamento verso la suorina e l’autorizzò a continuare, in orari e giorni prestabiliti.
Poi fu la volta dell’idea sulla tintura madre all’ortica, pianta endemica del territorio e che dava un ritorno di costi e di risultati benefici consistenti.
Suor Gerarda soffocava l’invidia che provava contando gli introiti della vendita del prodotto presso la Casa madre; questa le versava un tot di utili netti, che conservava nella sua scrivania, dicendosi che era la mercede per la sua opera di conduzione del convento.
Nel frattempo, Suor Guglielmina era popolare e apprezzata da tutte le compagne. Grazie a lei, anche quelle più timide e insicure osavano proporre delle migliorie alla loro vita quotidiana.
Suor Clelia, che aveva una voce magnifica e conosceva bene la musica, finalmente si propose come maestra del Coro, e col motto “il canto è due volte preghiera” le funzioni in Cappella furono da allora seguite con più entusiasmo di prima. Suor Gerarda non poteva che approvare, pur se ancora distante dal lodare pubblicamente le artefici delle belle novità, dicendosi che bisognava evitare che gli elogi facessero montare la testa alle interessate.
Un giorno, Suor Guglielmina ricevette in dono, da un parente in visita, un criceto con tanto di gabbietta e ruota. - Cos’è, un topo “modello”? - rise lei che non ne aveva mai visto uno.
- La famiglia è quella – le disse lui, ma di certo è un topo più carino. E si contenta di poco: mangia bucce di patate e carote, insalata, insetti. Se gli metti un po’ di sabbia a disposizione, si terrà pulito e non puzzerà tanto.
Il piccolo roditore teneva compagnia a Suor Guglielmina che si stava affezionando alla bestiola. Di tanto in tanto, lo portava sulla terrazza del convento e lo liberava, stando attenta a che non mangiasse le piantine dell’orto, mentre lei stendeva il bucato.
Suor Gerarda era della vecchia scuola: mai indulgere in occupazioni sterili e oziose, come custodire animali domestici che non fossero utili. Non passò un mese che la badessa si accorse dell’intruso e parlò chiaramente alla sottoposta:
- Non puoi tenerlo. - Con queste parole, le tolse il criceto di mano e di proprietà.
Però, invece di regalarlo al mondo esterno, lo tenne con sé, dicendosi che era solo per il tempo di decidere cosa farne al meglio, a chi consegnarlo.
Quel pomeriggio, prima dei Vespri, stava contando il suo malloppo quando suonò il campanello che l‘avvisava di una richiesta di udienza.
Fasciò di nuovo l’involto con la carta di giornale e lo lasciò dov’era, dimenticandosi di abbassare la ribalta della scrivania e uscì.
Quando tornò, solo l’orgoglio la trattenne dall’urlare la sua costernazione: quel maledetto topo senza coda era uscito dalla gabbietta mal chiusa e aveva rosicato irrimediabilmente un gran bel pezzo dell’involto di giornale e del suo contenuto.
Suor Gerarda fece i conti con se stessa, dicendosi che il rosicare fatto dalla bestiola e il rosicare che si stava facendo lei pari erano.
Un vecchio pescatore del luogo non venne creduto quando affermò di aver visto, dalla sua barca, affacciate a due finestre del convento, la badessa e un’altra suora pescare con la canna.
[MI149] Del rosicare
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Last edited by Poeta Zaza on Sun Apr 25, 2021 7:54 pm, edited 1 time in total.