[MI148] Il coltello e il pestacarne

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Traccia di macleobond : il carcere
 
“Non sei nemmeno capace di non far scuocere la pasta.”
Si era girata dal lavello, dove stava sciacquando il coltello della carne e aveva allungato il braccio. La cucina era talmente piccola che la lama era affondata fino al manico nello sterno. Sotto lo sguardo incredulo di suo marito aveva dovuto ruotare alcune volte il manico per estrarre il coltello. Appena in quel momento lui aveva iniziato a urlare e a venirle incontro. Le era caduto addosso infilzandosi di nuovo e seppellendola sotto al suo peso. Spuntava il manico del pestacarne dal bancone. Nella bolla di terrore era riuscita a prenderlo e continuava a colpirlo alla testa, le sue gambe ancora sotto al busto di lui.
La testa non era più tonda e lui taceva.
Il tempo aveva ripreso la sua velocità normale, non scorreva più al rallentatore. L’odore della bistecca che bruciava e la voce delle bambine la fecero alzare dalla pozza di sangue.
Era tutto rosso denso, strisce sui mobiletti, chiazze a terra, schizzi ovunque.
Camilla aveva raccontato questa storia mille volte.
 
Era rimasta vedova con tre figlie di 10, 6 e 3 anni. Era giovane e bella e aveva un buon lavoro come insegnante. Nonostante sua mamma le dicesse, che mai più avrebbe trovato marito, lei si era risposata. Lui era un impiegato comunale con un buono stipendio e diceva di amarla, che si sarebbe fatto carico delle bambine. Dopo nemmeno due anni l’amava già di meno, ma passava molto tempo con le bambine. Alice a 14 anni era la sua preferita. Uscivano spesso e tornavano con regalini. Crescendo Alice era diventata taciturna, aveva occhiaie, ma a scuola andava ancora bene. Quando a 16 anni iniziò a uscire con i propri amici, Mauro divenne violento. Non amava più Camilla come una volta, quando facevano l’amore sembrava che la violentasse, la criticava di continuo ed erano volati i primi schiaffi. Camilla non capiva, pensava al lavoro, allo stress, ai soldi che scarseggiavano e faceva del suo meglio per renderlo felice e sereno.
Fatta la maturità Alice se ne andò di casa, aveva trovato lavoro su una nave da crociera. Guadagnava bene e non tornava mai.
A casa erano rimaste lei, Giulia, Sabrina e Mauro.
Per guadagnare qualche soldo in più aveva iniziato a dare ripetizioni di italiano. Andava a casa dei suoi alunni, che Mauro non sopportava le visite e poi non c’era spazio in casa. Usciva la mattina, tornava la sera spossata, cucinava, puliva e stirava.
Mauro sembrava più sereno.
Non chiedeva aiuto alle figlie. Nemmeno a Giulia che a 14 anni qualcosa avrebbe potuto fare. Aveva tali occhiaie che non se la sentiva. Camilla stessa era così stanca che nemmeno si accorgeva che Mauro non la cercava più.
Fino alla sera del coltello e del pestacarne, la sera della liberazione.
 
Entrata in carcere si era accorta del piacere che le dava il ritmo delle giornate scandite dalle secondine. All’inizio aveva avuto difficoltà, aveva quasi subito violenza. Poi si era offerta di insegnare l’italiano alle extracomunitarie, di aiutare le altre a studiare per ottenere un diploma e si era guadagnata un suo spazio tranquillo.
Le avevano dato trent’anni. Il suo omicidio era stato crudele e per futili motivi: una pasta scotta.
Aveva davanti a sé trent’anni di pace a fare il proprio lavoro senza doversi preoccupare di niente e nessuno. Ci pensava la sua compagna di cella Susi a chiarire la posizione di Camilla con le nuove. Susi si spiegava molto bene e negli anni era diventata il suo angelo custode.
A chi glielo chiedeva, raccontava la sua storia sempre con le stesse parole.
Alcune sottolineavano, che il giudice era stato ingiusto, che lo doveva capire quanto pesante potesse essere un marito, quanto esausta poteva essere una moglie. Altre proprio le chiedevano cosa le fosse venuto in mente. Avrebbe potuto divorziare oppure accontentarsi di accoltellarlo senza infierire col pestacarne. Almeno così sarebbe stato tentato omicidio e con tutte le attenuanti avrebbe passato un periodo più breve in carcere. Altre ancora le chiedevano perché non fosse scappata, perché avesse confessato.
Camilla non rispondeva mai, ripeteva la sua storia con le stesse parole, sempre.
Alice, Giulia e Sabrina le scrivevano con regolarità, le mandavano foto e libri. Erano anche andate a trovarla.
Dopo l’omicidio Alice aveva continuato a viaggiare per mare, Giulia e Sabrina erano state affidate ai servizi sociali e poi a due famiglie diverse. Le assistenti avevano sconsigliato il contatto con la madre assassina e Camilla si era adeguata a patto che loro stessero bene. Sia Giulia che Sabrina avevano dovuto seguire una terapia, soffrivano di incubi di notte, ma ne erano venute fuori.
Grazie ad Alice erano riuscite ad aprire un salone di bellezza, una faceva la parrucchiera e l’altra l’estetista. Non si erano più separate dopo aver lasciato le famiglie affidatarie.
Una o due volte l’anno venivano a trovarla. Si mostravano, le raccontavano poche cose giusto per far sentire la propria voce. Il punto era potersi toccare le mani sopra al tavolo. Camilla le stringeva ed era lei a parlare più di tutte. Raccontava delle sue allieve spacciatrici, prostitute e ladre. Di quelle poche che con lo studio erano riuscite a tirarsene fuori, della maggioranza che nonostante lo studio erano tornate dentro e ne approfittavano per farsi un altro diploma se non addirittura una laurea. Camilla raccontava di Susi, del fatto che aveva finito di scontare la sua pena e che già l'aveva affidata a un'altra veterana che le avrebbe fatto da angelo custode.
Ormai mancavano solo due settimane e Susi sarebbe stata libera.
 
La sera prima del rilascio di Susi erano sdraiate al buio nella loro cella. Non riuscivano a dormire. Susi era preoccupata per la vita fuori, Camilla avrebbe sentito la sua mancanza.
“Cami, domani esco. Mi racconti ancora una volta la storia del coltello e del pestacarne.”
“Quella sera, quando sono tornata a casa alle otto.”
“Cami, guarda che non inizia così la tua storia. Inizia che lui ti dice della pasta scotta.”
“Quella sera quando sono tornata a casa alle otto, ho visto Sabrina di spalle che colpiva qualcosa con il pestacarne. Colpiva, colpiva e colpiva. Non si fermava più. Sentivo anche la voce di Giulia che le diceva di smettere, che non si muoveva più, che doveva aiutarla a uscire da lì sotto, che dovevano mettere a posto prima che arrivassi io. Ma io ero già lì in mezzo a tutto quel rosso, a fermare una bambina di undici anni che era impegnata a fracassare la testa del suo patrigno. Ero stata cieca, sorda e muta. Non avevo capito niente. Ero stata una pessima madre ed era tutta colpa mia. Non mi ero accorta di Mauro e Alice che subiva sempre in silenzio. Non mi ero accorta di Mauro e Giulia che invece si ribellava alle sue mani che le frugavano il corpo. Non aveva ceduto alle minacce e nemmeno ai regali, non aveva ceduto e basta. Proprio quel giorno Mauro era tornato prima, deciso a prendersi quello che voleva, un po’ con le buone, un po’ con le cattive, poi un po’ troppo con le cattive. Giulia voleva preparare la cena per farmi una sorpresa e lo aveva accoltellato due volte urlando. Sabrina aveva visto la sorella sotto  quel corpo agitato e non aveva potuto fare altro che colpirlo con il pestacarne. Era colpa mia, tutto era colpa mia: non sono riuscita a proteggerle. Ho preso in mano il coltello, il pestacarne, mi sono sdraiata sotto il cadavere, ci siamo abbracciate tutte e tre e poi ho chiamato il 113. Mentre aspettavamo, ho detto che loro non avevano fatto niente, che andava bene così, che avrei pagato io, come al supermercato. Loro dovevano solo piangere e dire che mi avevano fermato chiamandomi. Mi hanno portato via, ho confessato subito e la pasta era scotta davvero.”
Nel silenzio Camilla ascoltava il respiro di Susi. Le sarebbe mancata davvero tanto.

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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La frase dove dice che paga lei come al supermercato vale tutto il racconto. Da 10 secondo me. Me l'aspettavo, eh, ma me l'hai raccontata divinamente. 10.

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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Wow @Almissima
Altro stupendo racconto. Costruito alla perfezione il climax finale che conferisce una luce calda su questo racconto agghiacciante. Non si può dire bella, di una storia così. Ma un bravissima Almissima ci sta benissimo.
🌼🌸💖

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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@Almissima 
per quanto uno se lo aspetti e addirittura tu lo prepari apertamente durante lo svolgimento, il finale ti spezza il cuore. Vuol dire che hai tenuto alto il ritmo e reso alla perfezione una storia a dir poco devastante senza cedere un solo momento. Va giù come un superalcolico e brucia ancora. Ottima prova!

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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@Almissima 
Una storia che ti prende alla gola, ti attanaglia, ti fa stare male per le ingiustizie del mondo e della società... Viene da chiedersi il perché di tanto orrore, viene da chiedersi che cosa sono diventati gli uomini e il perché. Viene da chiedersi perché gli uomini sono stati abbandonati, non tanto da Dio ma  da chi doveva spiegare Dio, insegnare le sue parole, la sua giustizia... questo è uno dei tanti infiniti risultati che popolano le nostre cronache odierne...
Un finale commovente, una madre che si è sacrificata per amore delle sue figlie. 
Mi piace il tuo modo di  scrivere, pacato nella drammaticità degli avvenimenti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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Almissima wrote: Appena in quel momento lui aveva iniziato a urlare
ciao @Almissima, passo per commentare velocemente il racconto. 
Inizio rompendoti le scatole sulla forma. La forma che ho evidenziato per me potrebbe essere sostituita da "proprio" oppure "esattamente".
Almissima wrote: Andava a casa dei suoi alunni, che Mauro non sopportava le visite e poi non c’era spazio in casa.
Altra segnalazione riguardante la forma, quel "che" si potrebbe sostituire con un "visto che"? Perchè quel che da solo mi suona un po' come un colpo d'arresto all'intera frase.
Almissima wrote: Altre proprio le chiedevano cosa le fosse venuto in mente
inserire un "invece" secondo me suonerebbe meglio.
Almissima wrote: della maggioranza che nonostante lo studio erano tornate dentro
meglio il verbo al singolare.

A livello tematico, affronta un argomento, carico di non detti, di violenze di vario genere, verbali e fisiche. Leggendo ho avvertito un senso di oppressione, di trascinamento verso il bassi, non perché tu scriva male, ma perché il tema è in sé delicato, ed il risvolto di Susi che si fa raccontare gli eventi quasi fossero una storia della buonanotte, mi ha un po' disturbata, ma credo che in generale tu abbia reso bene non solo il senso di protezione materno che ha portato Cami ad addossarsi la colpa, le ragazze a compiere quel gesto estremo a causa dell'esasperazione e in generale il sovvertimento delle regole sociali in un ambiente come la prigione.

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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@Almissima ma quanto sangue!! io ho capito quasi subito che dentro quella casa andava di scena un dramma inscenato dall'orco di turno. Le occhiaie e gli scompensi psicologici ne erano chiari indizi. Il racconto non mi prende in particolare, in quanto la violenza domestica nuda e cruda è tanto nel quotidiano e in tanta letteratura. Non mi convince tanto la figura delle due bimbe assassine, perché credo che per arrivare a quel gesto bisogna vivere in qualcosa di estremamente violento. Spesso chi subisce gli abusi tiene tutto dentro di se. Ciao e a presto. (y)
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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Almissima wrote: Nonostante sua mamma le dicesse, che mai più avrebbe trovato marito, lei si era risposata.
Se levi l'inciso, qui si legge: Nonostante sua mamma le dicesse lei si era risposata. Via la virgola fra "dicesse" e "che".
Almissima wrote: Sun Apr 11, 2021 10:12 pmAlcune sottolineavano, che il giudice era stato ingiusto
Idem con patate, via la virgola. Per me è un mistero il fatto che tu scriva benissimo, per poi farti fregare da poche stupide virgole. Qui mi fermo, ma prova a rileggere ad alta voce fermandoti quando c'è una di loro.

Però queste sono sciocchezze, evidentemente. La traccia è perfettamente centrata ed il racconto è bello e plausibile, anche se la storia non è nuova, almeno per me che vedo un mucchio di serie noir su Sky. Molto brava!
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Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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@bestseller2020  Il tuo giudizio é molto severo e proprio per questo mi piacerebbe sapere cosa avresti cambiato per migliorare questo racconto.

@Macleobond  Il mistero delle virgole sta nel fatto che uso la punteggiatura tedesca, dove é un sacrilegio imperdonabile non mettere la virgola prima di una frase oggettiva o relativa; e non riesco proprio a capire quella italiana.

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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@Almissima , per carità! non devi cambiare niente, è la tua storia e va presa per come l'hai raccontata. Io avrei seguito la traccia dell'ambiguità, dato che fai passare come  un incidente domestico, un omicidio che poteva risultare, alla fine della storia, a tutti gli effetti un incidente. ciao
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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Almissima wrote: @Macleobond  Il mistero delle virgole sta nel fatto che uso la punteggiatura tedesca, dove é un sacrilegio imperdonabile non mettere la virgola prima di una frase oggettiva o relativa; e non riesco proprio a capire quella italiana
@bestseller2020 , mi sono informato e ho letto che, in tedesco, è obbligatorio l'uso della virgola in presenza di frasi secondarie o subordinate (dichiarative, causali, temporanee, finali, ecc.). Non sono sicuro che sia il caso delle frasi che ho evidenziato sopra, vediamo se c'è qualcuno più esperto di me in linguistica che legge: del resto questo forum è fatto proprio per questo. Io so solo una cosa: leggere "alcune sottolineavano, che il giudice..." mi fa venire i brividi.
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Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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Almissima wrote: Alice a 14 anni era la sua preferita. Uscivano spesso e tornavano con regalini. Crescendo Alice era diventata taciturna, aveva occhiaie, ma a scuola andava ancora bene.
Da qui ho capito dove va a parare la trama. Senz'altro è un racconto scritto molto bene e non mi turbano le virgole da correggere, per fortuna.
La tua trama mi ha ricordato troppo il film L'ultima eclissi, ormai Camilla per me è Kathy Beates.
Complimenti!

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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@Macleobond  

...alcune sottolineavano che il giudice...
... einige unterstrichen, dass der Richter...

Il "dass" (trad. che) in tedesco introduce una subordinata oggettiva e deve essere sempre preceduta da una virgola. L'ommisione della virgola equivale a un errrore grammaticale grave.
Lo stesso vale per le frasi subordinate relative.
L'uomo che camminava per strada.
Der Mann, der auf der Straße ging.
Io qui metterei la virgola anche in italiano.

In generale nella lingua tedesca tutte le subordinate vengono introdotte da una virgola. Le secondarie coordinate invece non sempre.

Fatto sta che in italiano mi si confonde la punteggiatura anche quando mi dicono di mettere la virgola quando prendo respiro. Sará che respiro sbagliato. :lol:
Last edited by Almissima on Tue Apr 13, 2021 8:50 pm, edited 1 time in total.

Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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Almissima wrote: L'uomo che camminava per strada.
Der Mann, der auf der Straße ging.
Io qui metterei la virgola anche in italiano
Anch'io! Ora siamo d'accordo!
E infatti, mi suona bene: l'uomo, che camminava per strada, improvvisamente cadde.
Se leviamo l'incidentale - perché di questo si tratta - la frase sta in piedi. L'uomo improvvisamente cadde.

Per quanto riguarda l'altra frase, ho provato ad utilizzare un traduttore tedesco- italiano - prova anche tu - e la frase che è venuta fuori è: "alcuni hanno sottolineato che il giudice", senza virgola.

Come hai detto, una bella differenza anche "mentale", oltre che di regole, fra queste due lingue, che non avrei mai immaginato. Non si finisce mai di imparare, per questo siamo su Weltbauer!
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Re: [MI148] Il coltello e il pestacarne

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Ciao @Almissima, ben ritrovata! 
Il racconto mi è piaciuto, ben gestito. Unica cosa che non mi convince è l’inizio: 
Almissima wrote: “Non sei nemmeno capace di non far scuocere la pasta.”
Si era girata dal lavello, dove stava sciacquando il coltello della carne e aveva allungato il braccio. La cucina era talmente piccola che la lama era affondata fino al manico nello sterno. Sotto lo sguardo incredulo di suo marito aveva dovuto ruotare alcune volte il manico per estrarre il coltello. Appena in quel momento lui aveva iniziato a urlare e a venirle incontro. Le era caduto addosso infilzandosi di nuovo e seppellendola sotto al suo peso. Spuntava il manico del pestacarne dal bancone. Nella bolla di terrore era riuscita a prenderlo e continuava a colpirlo alla testa, le sue gambe ancora sotto al busto di lui.
Sono tornata a rileggerlo a fine racconto e ora mi è chiaro, ma all’inizio mi aveva confusa: aggiungerei qualche indicazione in più su chi parli (basta un “le aveva detto” dopo il dialogo). 
Non mi convince quel “appena in quel momento”, perché sono azioni che accadono dopo che lei ha estratto il coltello (e sono ridondanti, messe così vicine). 

Poi non sono sicura sul termine “ruotare”, perché se ruoti un coltello dentro a un corpo ne spappoli per benino l’interno (non parlo assolutamente per esperienza personale  :P ) e per compiere l’azione completa della rotazione ci vuole comunque del tempo. Forse si può sostituire con “svellere”? 

“Spuntava il manico del pestacarne dal bancone” lo invertirei, non so perché ma mi suonerebbe più naturale 
“Dal bancone spuntava il manico del pestacarne. Nella bolla di terrore etc”. 

Scusa l’accanimento sull’inizio, il racconto mi è piaciuto davvero molto e ci tenevo a comunicarti quello che invece mi stonava. 

Buona prova, brava come sempre  :D

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