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“La differenza fra rischio e incertezza è che il primo è misurabile, mentre la seconda è solo percepibile. Se possiamo, infatti, calcolare un rischio, non ci è dato lo stesso con l'incertezza, di cui possiamo soltanto attestare l'esistenza”.
“Io non so se domani pioverà”, è incertezza – pensò Gaia – ma se nonostante questo decidessi comunque di organizzare il nostro pic–nic starei correndo un rischio”.
Una ciocca le cadde sulla fronte. Gaia sfiorò il pensiero di ravviarla, ma lo lasciò dov’era. Avrebbe dovuto approntare altre soluzioni, tenersi pronta al maltempo con piani di riserva, come prenotare un ristorante o spostare la festa in casa cercando di tenere il progetto nascosto a Daniele. La verità era che ancora neanche aveva fatto la spesa.
Il cameriere le chiese se volesse altro. Gaia scrutò il fondo della tazza, macchiato ormai solo da un’ellisse di caffè.
«No grazie» disse, e il ragazzo si allontanò. Provò di nuovo a chiamare Daniele. Ancora telefono staccato. Guardò, attraverso la vetrina, l'altro lato della strada, dove, sulla facciata della loro casa, bruniva la luce del pomeriggio. Si era scordata le chiavi, e se Daniele non fosse tornato sarebbe rimasta chiusa fuori.
“Portarsi dietro i libri – rifletté – è una strategia di contenimento dell' incertezza. Non posso tornare a casa, ma posso comunque lavorare all’articolo”. Si alzò e andò al bancone.
«Scusami – disse al cameriere – c'ho ripensato». Il ragazzo sollevò la testa, la guardò, e poi afferrò il bricco del caffè.
«Prenderei un vino bianco, per favore» lo fermò Gaia.
Il cameriere annuì, stappò una bottiglia e le riempì un calice. Le disse anche cosa era, e quali caratteristiche aveva, ma Gaia non lo ascoltò.
«Ah, bene» disse tanto per rispondere qualcosa mentre prendeva il portafogli.
«Non importa – disse lui – paga pure dopo».
«Grazie».
Sul tavolo il telefono era ancora muto.
L’anno precedente si era adoperata per il loro anniversario prenotando un rifugio e pianificando un fine settimana a passeggio fra i boschi, ma adesso era stanca. Pensò che forse questa volta sarebbe stato Daniele a organizzare qualcosa. Scosse il capo e aprì un altro libro.
“L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa – stanca, i segni evaporavano dal foglio – come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci”. Tentò di leggere oltre, ma le parole non stavano ferme, erano nomadi transumanti di pagina in pagina.
“Per quanti programmi io faccia, per quanto immagini possibilità diverse, vie d'uscita alternative, ogni imprevisto è una slavina e cancella ogni opzione”.
Diede un lungo sorso di vino, ammezzando il bicchiere. Buono, ma non avrebbe saputo dire altro, se non che il barista era stato generoso. Si incastrò le mani nei capelli, arruffandoli. Scrutò ancora il telefono.
“Cosa può essere l'incertezza? Può trattarsi di assenza di informazioni oggettivamente impossibili da ottenere, quali macchine, quali pedoni, passeranno di fronte alla vetrina del bar, dove vada quest’aereo che sorvola i tetti delle case cancellando ogni rumore, oppure – pensò ancora – una mancanza di conoscenze che, per un motivo o per un altro, ignoranza, paura, pigrizia, non vogliamo esplorare”.
In quale categoria ricadesse il non sapere dove fosse Daniele non riusciva a dirlo. Fuori, in strada, un vento improvviso alzò la sciarpa rossa d'un anziana signora e strappò una folata di petali dagli alberi del viale.
Avrebbe potuto chiamare la madre o la sorella, visto che lui non rispondeva, e certo loro avrebbero saputo dirle qualcosa, ma erano ormai passate ore dall'ultima volta che si erano visti e non lo aveva ancora fatto. La scena del loro saluto quella mattina le affiorò alla memoria dopo un altro sorso di vino.
La colazione silenziosa ascoltando il radiogiornale, lo sgocciolio di un biscotto che rompeva la quiete del latte, la sua chiamata al padre. Quel giorno lo avrebbero dimesso dall'ospedale ma Daniele, si rese conto allora, non le aveva chiesto come stava. O forse era lei ad aver smarrito anche il ricordo di quella domanda? Sul pianerottolo lui le aveva dato un bacio lì dove i capelli diventavano una soffice peluria che le aveva sempre fatto credere che sarebbe diventata una di quelle vecchie con barba e baffi. Lei non aveva reciprocato, e Daniele era corso giù per le scale gridandole che sarebbe tornato per pranzo. Le chiavi, realizzò, le aveva lasciate in bagno, sulla lavatrice ancora piena di panni da stendere.
“Voglio davvero sapere dov'è? Gettare luce in un'incertezza, risolverla, non la fa scomparire, ma ne rivela un'altra, trasformando così l'insicurezza in un frattale infinito nel quale, quando credi di aver scandagliato ogni abisso, ne scopri innumerevoli altri. È una condizione che non si abbandona mai, naufragando in un oceano d'inquietudine”.
Buttò giù l'ultimo sorso di vino. Squillò il telefono.
«Sono a casa» disse la voce dall'altra parte. Gaia si voltò a guardare la porta di casa. Era ancora serrata, le luci alle finestre spente. La voce, d'altronde, era quella di suo padre.
«Stai bene?» gli chiese.
“Domande che suggeriscono già la risposta – pensò – un altro tentativo di circoscrivere l'incertezza, tracciandole attorno, col linguaggio, un recinto elettrificato”.
«Insomma, mica tanto». Suo padre, bestia refrattaria agli steccati.
«Più tardi vengo da te» gli disse.
«Non subito?»
«Non ho macchina – rispose Gaia – devo aspettare che torni Daniele». Suo padre mugugnò qualcosa e poi «Ho sonno», disse.
«Saranno le medicine» rispose Gaia. Fece scorrere le dita sullo stelo del calice, e si sorprese di quanto forte fosse ancora l'odore aspro dell'alcool. Alzò lo sguardo e scoprì che il bicchiere era di nuovo colmo. Il barista la guardava da dietro il bancone. I muscoli della faccia gli si mossero con uno scatto, e Gaia suppose che le stesse facendo l’occhiolino. Era più giovane di lei, le sembrava e, se avesse dovuto emettere un giudizio, non brutto.
«Cerco di essere da te il prima possibile» disse al padre.
«Ti voglio bene» rispose lui, e le mandò un bacio.
«Anche io»
Provò a leggere ancora un po’, ma l’attenzione le scivolò sul tavolo accanto, dove chiacchieravano due donne.
«E come s’intitola?»
«Mica me lo ricordo sai, ma insomma c’erano queste due donne, sedute al tavolo di un bar e una diceva una cosa tipo “quando ero giovane immaginavo che arrivata a trentacinque anni la vita si sarebbe solidificata, fermata, diventando”, oddio aspetta come diceva?»
«Dai, ma che film t’ha fatto vedere»
«Un altopiano, ecco, sì, diventando un altopiano»
«Ma dopo almeno t’ha baciata?»
Gaia prese un altro libro, che si aprì di netto a metà. Una vecchia foto fra le pagine le mostrò se stessa, adolescente, insieme a Daniele. Sedendo sull'orlo d’una roccia, le gambe nel vuoto, lei teneva la testa poggiata sulla sua spalla mentre il tramonto s’adagiava a valle.
Voltò la foto. Sul retro una scritta a penna blu: la data di un'estate di quattro anni prima e una citazione sbilenca che paragonava la felicità a una casa che non può essere costruita, ma solo abitata.
“Che frase stupida”, pensò. Quando abbassò la foto s’accorse che la mano le stava portando il vino alla bocca, e sentì addosso lo sguardo viscoso del barista. Poggiò il bicchiere, riprese il telefono e chiamò di nuovo Daniele. Ancora spento. Sulla facciata della loro casa era avanzata l'ombra, e preannunciava sera. Controllò il meteo. Per l’indomani le probabilità di pioggia erano del cinquanta per cento. Rimise i libri nella borsa, lasciò sul tavolo i soldi per il caffè e il primo bicchiere di vino e uscì. Salì sul primo autobus che passava, senza controllare dove fosse diretto.
Re: Incertezza
2Tracker wrote: Thu Mar 25, 2021 9:49 pm “La differenza fra rischio e incertezza è che il primo è misurabile, mentre la seconda è solo percepibile. Se possiamo, infatti, calcolare un rischio, non ci è dato lo stesso con l'incertezza, di cui possiamo soltanto attestare l'esistenza”.Sintassi e lessico sono corretti, lo stile è scorrevole e sicuro. Il personaggio principale è ben scavato psicologicamente.
Qui non si capisce se le frasi sopra siano scritte in un libro o pensate da Gaia.
Perché farlo capire solo in seguito? Potresti aggiungere: "leggeva Gaia".
“Io non so se domani pioverà”, è incertezza – pensò Gaia –
la virgola dopo pioverà non ci va, perché separa il soggetto (la frase virgolettata) dal verbo.
Una ciocca le cadde sulla fronte. Gaia sfiorò il pensiero di ravviarla, ma lo lasciò dov’era. Avrebbe dovuto approntare altre soluzioni, tenersi pronta al maltempo con piani di riserva, come prenotare un ristorante o spostare la festa in casa cercando di tenere il progetto nascosto a Daniele. La verità era che ancora neanche aveva fatto la spesa.
Hai ben inquadrato la psiche di chi, maniacalmente, vorrebbe avere il controllo di ogni aspetto della sua esistenza, a partire da quelli banali e quotidiani, che, nella stragrande maggioranza, non valgono per niente la pena di essere considerati, salvo il pericolo di avvitarsi in un loop psicotico inarrestabile. Fortunatamente per Gaia, è solo al primo stadio.
Si era scordata le chiavi, e
virgola
se Daniele non fosse tornato
virgola (per completare l'inciso)
sarebbe rimasta chiusa fuori.
«Non importa – disse lui – paga pure dopo».
"pure" è superfluo.
“L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa – stanca, i segni evaporavano dal foglio – come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci”. Tentò di leggere oltre, ma le parole non stavano ferme, erano nomadi transumanti di pagina in pagina.
“Allora, per quanti programmi io faccia, per quanto immagini possibilità diverse, vie d'uscita alternative, ogni imprevisto è una slavina e cancella ogni opzione”.
“Cosa può essere l'incertezza? Può trattarsi di assenza di informazioni oggettivamente impossibili da ottenere, quali macchine, quali pedoni, passeranno di fronte alla vetrina del bar, dove vada quest’aereo che sorvola i tetti delle case cancellando ogni rumore, oppure – pensò ancora – una mancanza di conoscenze che, per un motivo o per un altro, ignoranza, paura, pigrizia, non vogliamo esplorare”.
(aggiungi qualcosa come: "continua a leggere Gaia")
In quale categoria ricadesse il non sapere dove fosse Daniele non riusciva a dirlo. Fuori, in strada, un vento improvviso alzò la sciarpa rossa d'un anziana signora e strappò una folata di petali dagli alberi del viale.
Bel periodo!
«Non ho la macchina – rispose Gaia – devo aspettare che torni Daniele». Suo padre mugugnò qualcosa e poi «Ho sonno», disse.
«Mica me lo ricordo sai, ma insomma c’erano queste due donne, sedute al tavolo di un bar e una diceva una cosa tipo “quando ero giovane immaginavo che arrivata a trentacinque anni la vita si sarebbe solidificata, fermata, diventando”, oddio aspetta come diceva?»
(Ti suggerisco di mettere aspetta fra due trattini).
“Che frase stupida”, pensò. Quando abbassò la foto s’accorse che la mano le stava portando il vino alla bocca, e sentì addosso lo sguardo vischioso viscoso del barista. Poggiò il bicchiere, riprese il telefono e chiamò di nuovo Daniele. Ancora spento. Sulla facciata della loro casa era avanzata l'ombra, e preannunciava sera. Controllò il meteo. Per l’indomani le probabilità di pioggia erano del cinquanta per cento. Rimise i libri nella borsa, lasciò sul tavolo i soldi per il caffè e il primo bicchiere di vino e uscì.
(Qui vai a capo)
Salì sul primo autobus che passava, senza controllare dove fosse diretto.
Il mio giudizio sul tuo brano è positivo, e sono lieta di fare la tua conoscenza, @Tracker

Re: Incertezza
3Ho solo due appunti da fare, ma ammetto che si tratta di gusti:
Diede un lungo sorso di vino, ammezzando il bicchiere. "ammezzando" non mi convince, e il dettaglio mi pare superfluo.
Lei non aveva reciprocato, Riconosco che è più origunale di "replicato", ma mi pare troppo ostentatamente originale. Il reciproco, poi, non lo vedo adatto a rappresentare ciò che potrebbe fare lei.
Ma a parte questi due dettagli, il racconto si legge bene, ed è ben condotto, secondo me.
Situazione tutto sommato, semplice, ma contenuto non banale.
Il finale mi è particolarmente piaciuto: inutile rifuggire l'incertezza, meglio affrontarla correndole incontro.
A rileggerti
Diede un lungo sorso di vino, ammezzando il bicchiere. "ammezzando" non mi convince, e il dettaglio mi pare superfluo.
Lei non aveva reciprocato, Riconosco che è più origunale di "replicato", ma mi pare troppo ostentatamente originale. Il reciproco, poi, non lo vedo adatto a rappresentare ciò che potrebbe fare lei.
Ma a parte questi due dettagli, il racconto si legge bene, ed è ben condotto, secondo me.
Situazione tutto sommato, semplice, ma contenuto non banale.
Il finale mi è particolarmente piaciuto: inutile rifuggire l'incertezza, meglio affrontarla correndole incontro.
A rileggerti

Re: Incertezza
4Poeta Zaza wrote: Sat Mar 27, 2021 2:58 pm Sintassi e lessico sono corretti, lo stile è scorrevole e sicuro. Il personaggio principale è ben scavato psicologicamente.grazie, ho accolto molti dei tuoi suggerimenti, e appena ho capito come modificare li applico. Avevo messo gli estratti dai libri in corsivo, che si capisse che erano, appunto, estratti, ma giustamente quella formattazione si è persa.
Il mio giudizio sul tuo brano è positivo, e sono lieta di fare la tua conoscenza, @Tracker![]()
Viscoso/vischioso mi devo decidere, la treccani mi dà giusto anche il primo ma devo decidere quale mi piace di più.
«Non importa – disse lui – paga pure dopo».Qui è vero che "pure" è superfluo, ma se immagino un barista qualunque parlare mi immagino che ci metta quella parola. D'altronde anche nel paralto a volte utilizziamo parole superflue.
"pure" è superfluo.
Re: Incertezza
5queffe wrote: Sat Mar 27, 2021 11:17 pm Ho solo due appunti da fare, ma ammetto che si tratta di gusti:Grazie. Hai ragione, ho tolto "reciprocato" troppo lungo e arzigogolato. Il finale ovviamente racchiude un po' tutto il senso del racconto. Una scelta che non rappresenta né un sconfitta né una vittoria per la protagonista.
Diede un lungo sorso di vino, ammezzando il bicchiere. "ammezzando" non mi convince, e il dettaglio mi pare superfluo.
Lei non aveva reciprocato, Riconosco che è più origunale di "replicato", ma mi pare troppo ostentatamente originale. Il reciproco, poi, non lo vedo adatto a rappresentare ciò che potrebbe fare lei.
Ma a parte questi due dettagli, il racconto si legge bene, ed è ben condotto, secondo me.
Situazione tutto sommato, semplice, ma contenuto non banale.
Il finale mi è particolarmente piaciuto: inutile rifuggire l'incertezza, meglio affrontarla correndole incontro.
A rileggerti![]()
Re: Incertezza
6Nooooo, come hai tolto reciprocato?
Questo racconto lo avevo letto ieri sera e reciprocato è una parola che mi è rimasta in mente e oggi me la sono pure appuntata e tu la togli?
La bellezza secondo me sta proprio nel fatto che è lunga e arzigogolata e inusuale, ma proprio per questo così preziosa. Va beh.
Ah scusa, intanto partiamo con le buone maniere:
ciao @Tracker ,
scusami per il commento che ti farò, ma vorrei provare a partecipare al contest di oggi e ho scelto te come vittima sacrificale...
Tutti noi comuni mortali avremmo scritto la lasciò dov'era, intendendo la ciocca e invece tu hai scritto "lo", cioè il pensiero. Meraviglioso!
Anche io voglio fare così d'ora in poi, farmi venire dei pensieri e lasciarli lì dove sono
che non c'entra, ma secondo me rende.
La differenza è che il tuo linguaggio è ricercato e anche puntuale, il mio un po' greve e semplice. Sicuramente hai ragione tu, ma ammezzare il bicchiere mi sembra poco rispettoso nei confronti del vino e anche del bicchiere
Sei molto bravo.
Il personaggio di Gaia è ben delineato e non ho ancora deciso, da ieri sera, se mi sta antipatica o simpatica. Probabilmente mi piacerebbe di più parlare con il padre,
Complimenti Tracker, penso che ti leggerò ancora e con piacere.
Alla prossima.
Questo racconto lo avevo letto ieri sera e reciprocato è una parola che mi è rimasta in mente e oggi me la sono pure appuntata e tu la togli?
La bellezza secondo me sta proprio nel fatto che è lunga e arzigogolata e inusuale, ma proprio per questo così preziosa. Va beh.
Ah scusa, intanto partiamo con le buone maniere:
ciao @Tracker ,
scusami per il commento che ti farò, ma vorrei provare a partecipare al contest di oggi e ho scelto te come vittima sacrificale...

Tracker wrote: Gaia sfiorò il pensiero di ravviarla, ma lo lasciò dov’eraallora, qui io ci trovo la poesia del racconto.
Tutti noi comuni mortali avremmo scritto la lasciò dov'era, intendendo la ciocca e invece tu hai scritto "lo", cioè il pensiero. Meraviglioso!
Anche io voglio fare così d'ora in poi, farmi venire dei pensieri e lasciarli lì dove sono

Tracker wrote: “Portarsi dietro i libri – rifletté – è una strategia di contenimento dell' incertezza.Portarsi dietro i libri secondo me è la strategia e anche la soluzione!

Tracker wrote:Diede un lungo sorso di vino, ammezzando il bicchiere.Ecco, questo ammezzando il bicchiere invece non mi è piaciuto tanto. Avrei preferito un ammazzando...

La differenza è che il tuo linguaggio è ricercato e anche puntuale, il mio un po' greve e semplice. Sicuramente hai ragione tu, ma ammezzare il bicchiere mi sembra poco rispettoso nei confronti del vino e anche del bicchiere

Tracker wrote: “Voglio davvero sapere dov'è? Gettare luce in un'incertezza, risolverla, non la fa scomparire, ma ne rivela un'altraSecondo me in quel "davvero" lì, si nasconde la risposta. Eh, Gaia, lo vuoi davvero sapere?
Tracker wrote:«Non ho macchinaForse manca "la"
Tracker wrote: e si sorprese di quanto forte fosse ancora l'odore aspro dell'alcool. Alzò lo sguardo e scoprì che il bicchiere era di nuovo colmo.Anche io qui mi sono molto sorpresa. Cioè: il barista le ha di nuovo riempito il bicchiere e lei non se ne è accorta? Perché? Era così assorta da non notare il barista? Ecco, questa mi sembra l'unica cosa forzata di tutto il racconto.
Tracker wrote: lasciò sul tavolo i soldi per il caffè e il primo bicchiere di vino e uscìmi piace moltissimo il tuo uso dei particolari. Anche qui, pagò il primo bicchiere di vino... c'è tutto un non detto, al cameriere, spettacolare. Il linguaggio dei segni... dei gesti... tu lo hai scritto e io lo trovo delizioso.
Sei molto bravo.
Il personaggio di Gaia è ben delineato e non ho ancora deciso, da ieri sera, se mi sta antipatica o simpatica. Probabilmente mi piacerebbe di più parlare con il padre,
Tracker wrote:bestia refrattaria agli steccati.

Complimenti Tracker, penso che ti leggerò ancora e con piacere.
Alla prossima.
Nessun timore, nessun favore, nessun rancore.
Re: Incertezza
7L'incipit mi piace, deciso, lampante, chiaro. E' una citazione ma non è chiaro ancora da chi provenga. Introduce il racconto in maniera stimolante. Forse la farei staccata visto che mi sembra a sé stante.
“Io non so se domani pioverà”, è incertezza – pensò Gaia – ma se nonostante questo decidessi comunque di organizzare il nostro pic–nic starei correndo un rischio”.
Capisco il senso che hai voluto dare al pensiero di Gaia, strutturato, dedotto dalla lettura; ma sembra quasi che sia rivolta al lettore in modo un po' forzato, per far capire la differenza. Forse la frase si potrebbe semplificare lasciando chiaro il nesso “Io non so se domani pioverà... ma correrei comunque il rischio di organizzare il nostro picnic .
"Una ciocca le cadde sulla fronte. Gaia sfiorò il pensiero di ravviarla, ma lo lasciò dov’era. Avrebbe dovuto approntare altre soluzioni, tenersi pronta al maltempo con piani di riserva, come prenotare un ristorante o spostare la festa in casa cercando di tenere il progetto nascosto a Daniele. La verità era che ancora neanche aveva fatto la spesa ."
Particolare questa frase iniziale, sono rimasto per un po' sospeso cercando di immaginarla. All'inizio non mi convinceva ma proseguendo mi è sembrata azzeccata, con i pensieri che fluttuano in Gaia.
"Provò di nuovo a chiamare Daniele. Ancora telefono staccato. Guardò, attraverso la vetrina, l'altro lato della strada, dove, sulla facciata della loro casa, bruniva la luce del pomeriggio. Si era scordata le chiavi, e se Daniele non fosse tornato sarebbe rimasta chiusa fuori."
Da questa frase mi sembra che si deduca pienamente l'incertezza. Un'incertezza che pervade anche la vita di Gaia. Si desume che vivano insieme ma in quel momento non sa nulla di lui, neanche se rientrerà a casa. Interessante.
«Scusami – disse al cameriere – c'ho ripensato». Il ragazzo sollevò la testa, la guardò, e poi afferrò il bricco del caffè.
«Prenderei un vino bianco, per favore» lo fermò Gaia.
Un vino bianco dopo il caffè...mi fa strano, magari un passito. Ma forse volevi evidenziare che la sua testa era altrove. Infatti dopo si capisce che a Gaia non gliene fregava niente del vino.
“L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa – stanca, i segni evaporavano dal foglio – come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci”. Tentò di leggere oltre, ma le parole non stavano ferme, erano nomadi transumanti di pagina in pagina.
"Per quanti programmi io faccia, per quanto immagini possibilità diverse, vie d'uscita alternative, ogni imprevisto è una slavina e cancella ogni opzione”.
Molto bello questo passaggio e pregevole l'idea dell'alternare passaggi del libro con il vissuto della protagonista.
«Non ho macchina – rispose Gaia
Mi sarebbe venuto da dire “Non ho la macchina”.
"Era più giovane di lei, le sembrava e, se avesse dovuto emettere un giudizio, non brutto. "
Forse la virgola ci poteva stare prima della e; a me verrebbe da mettere due punti dopo giudizio.
Provò a leggere ancora un po’, ma l’attenzione le scivolò sul tavolo accanto, dove chiacchieravano due donne.
«E come s’intitola?»
«Mica me lo ricordo sai, ma insomma c’erano queste due donne, sedute al tavolo di un bar e una diceva una cosa tipo “quando ero giovane immaginavo che arrivata a trentacinque anni la vita si sarebbe solidificata, fermata, diventando”, oddio aspetta come diceva?»
«Dai, ma che film t’ha fatto vedere»
«Un altopiano, ecco, sì, diventando un altopiano»
«Ma dopo almeno t’ha baciata?»
Non male questo dialogo!
Gaia prese un altro libro, che si aprì di netto a metà. Una vecchia foto fra le pagine le mostrò se stessa, adolescente, insieme a Daniele. Sedendo sull'orlo d’una roccia, le gambe nel vuoto, lei teneva la testa poggiata sulla sua spalla mentre il tramonto s’adagiava a valle.
Voltò la foto. Sul retro una scritta a penna blu: la data di un'estate di quattro anni prima e una citazione sbilenca che paragonava la felicità a una casa che non può essere costruita, ma solo abitata.
Mi ha sorpreso. Devono essere veramente giovani se quattro anni prima erano adolescenti o mi è sfuggito qualcosa?
Bel finale.
Mi è piaciuto questo racconto @Tracker, scritto bene e ricco di tanti spunti Una riflessione sull'esistenza interessante, che dovrebbe far parte di ognuno di noi. Ho il timore che a volte, invece, sia tutto così certo che la vita possa essere una fotocopia che si ripete.
Sto con Gaia.
Grazie per questa lettura
A rileggerti
“Io non so se domani pioverà”, è incertezza – pensò Gaia – ma se nonostante questo decidessi comunque di organizzare il nostro pic–nic starei correndo un rischio”.
Capisco il senso che hai voluto dare al pensiero di Gaia, strutturato, dedotto dalla lettura; ma sembra quasi che sia rivolta al lettore in modo un po' forzato, per far capire la differenza. Forse la frase si potrebbe semplificare lasciando chiaro il nesso “Io non so se domani pioverà... ma correrei comunque il rischio di organizzare il nostro picnic .
"Una ciocca le cadde sulla fronte. Gaia sfiorò il pensiero di ravviarla, ma lo lasciò dov’era. Avrebbe dovuto approntare altre soluzioni, tenersi pronta al maltempo con piani di riserva, come prenotare un ristorante o spostare la festa in casa cercando di tenere il progetto nascosto a Daniele. La verità era che ancora neanche aveva fatto la spesa ."
Particolare questa frase iniziale, sono rimasto per un po' sospeso cercando di immaginarla. All'inizio non mi convinceva ma proseguendo mi è sembrata azzeccata, con i pensieri che fluttuano in Gaia.
"Provò di nuovo a chiamare Daniele. Ancora telefono staccato. Guardò, attraverso la vetrina, l'altro lato della strada, dove, sulla facciata della loro casa, bruniva la luce del pomeriggio. Si era scordata le chiavi, e se Daniele non fosse tornato sarebbe rimasta chiusa fuori."
Da questa frase mi sembra che si deduca pienamente l'incertezza. Un'incertezza che pervade anche la vita di Gaia. Si desume che vivano insieme ma in quel momento non sa nulla di lui, neanche se rientrerà a casa. Interessante.
«Scusami – disse al cameriere – c'ho ripensato». Il ragazzo sollevò la testa, la guardò, e poi afferrò il bricco del caffè.
«Prenderei un vino bianco, per favore» lo fermò Gaia.
Un vino bianco dopo il caffè...mi fa strano, magari un passito. Ma forse volevi evidenziare che la sua testa era altrove. Infatti dopo si capisce che a Gaia non gliene fregava niente del vino.
“L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa – stanca, i segni evaporavano dal foglio – come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci”. Tentò di leggere oltre, ma le parole non stavano ferme, erano nomadi transumanti di pagina in pagina.
"Per quanti programmi io faccia, per quanto immagini possibilità diverse, vie d'uscita alternative, ogni imprevisto è una slavina e cancella ogni opzione”.
Molto bello questo passaggio e pregevole l'idea dell'alternare passaggi del libro con il vissuto della protagonista.
«Non ho macchina – rispose Gaia
Mi sarebbe venuto da dire “Non ho la macchina”.
"Era più giovane di lei, le sembrava e, se avesse dovuto emettere un giudizio, non brutto. "
Forse la virgola ci poteva stare prima della e; a me verrebbe da mettere due punti dopo giudizio.
Provò a leggere ancora un po’, ma l’attenzione le scivolò sul tavolo accanto, dove chiacchieravano due donne.
«E come s’intitola?»
«Mica me lo ricordo sai, ma insomma c’erano queste due donne, sedute al tavolo di un bar e una diceva una cosa tipo “quando ero giovane immaginavo che arrivata a trentacinque anni la vita si sarebbe solidificata, fermata, diventando”, oddio aspetta come diceva?»
«Dai, ma che film t’ha fatto vedere»
«Un altopiano, ecco, sì, diventando un altopiano»
«Ma dopo almeno t’ha baciata?»
Non male questo dialogo!
Gaia prese un altro libro, che si aprì di netto a metà. Una vecchia foto fra le pagine le mostrò se stessa, adolescente, insieme a Daniele. Sedendo sull'orlo d’una roccia, le gambe nel vuoto, lei teneva la testa poggiata sulla sua spalla mentre il tramonto s’adagiava a valle.
Voltò la foto. Sul retro una scritta a penna blu: la data di un'estate di quattro anni prima e una citazione sbilenca che paragonava la felicità a una casa che non può essere costruita, ma solo abitata.
Mi ha sorpreso. Devono essere veramente giovani se quattro anni prima erano adolescenti o mi è sfuggito qualcosa?
Bel finale.
Mi è piaciuto questo racconto @Tracker, scritto bene e ricco di tanti spunti Una riflessione sull'esistenza interessante, che dovrebbe far parte di ognuno di noi. Ho il timore che a volte, invece, sia tutto così certo che la vita possa essere una fotocopia che si ripete.
Sto con Gaia.
Grazie per questa lettura
A rileggerti
Re: Incertezza
8paolasenzalai wrote: Sun Mar 28, 2021 7:20 pm Nooooo, come hai tolto reciprocato?Grazie mille dei complimenti. Mi hai fatto riflettere soprattutto su quanto sia un po' forzato che il cameriere le abbia di nuovo riempito il bicchiere senza che lei se ne accorgesse. Trovo che tu abbia ragione. Forse sarebbe meglio se le portasse un secondo bicchiere. Gaia è una persona distratta, per cui potrebbe non prestarci attenzione, ma colmare un bicchiere è comunque un gesto che richiede del tempo. Se lui se lo è preparato al banco e glielo ha portato invece, è un qualcosa che può aver fatto in un attimo, anche mentre andava a servire un altro tavolo (d'altronde i baristi, se sono un minimo svegli sono persone di una certa destrezza).
Questo racconto lo avevo letto ieri sera e reciprocato è una parola che mi è rimasta in mente e oggi me la sono pure appuntata e tu la togli?
La bellezza secondo me sta proprio nel fatto che è lunga e arzigogolata e inusuale, ma proprio per questo così preziosa. Va beh.
Ah scusa, intanto partiamo con le buone maniere:
ciao @Tracker ,
scusami per il commento che ti farò, ma vorrei provare a partecipare al contest di oggi e ho scelto te come vittima sacrificale...![]()
allora, qui io ci trovo la poesia del racconto.
Tutti noi comuni mortali avremmo scritto la lasciò dov'era, intendendo la ciocca e invece tu hai scritto "lo", cioè il pensiero. Meraviglioso!
Anche io voglio fare così d'ora in poi, farmi venire dei pensieri e lasciarli lì dove sono![]()
Portarsi dietro i libri secondo me è la strategia e anche la soluzione!![]()
Ecco, questo ammezzando il bicchiere invece non mi è piaciuto tanto. Avrei preferito un ammazzando...che non c'entra, ma secondo me rende.
La differenza è che il tuo linguaggio è ricercato e anche puntuale, il mio un po' greve e semplice. Sicuramente hai ragione tu, ma ammezzare il bicchiere mi sembra poco rispettoso nei confronti del vino e anche del bicchiere![]()
Secondo me in quel "davvero" lì, si nasconde la risposta. Eh, Gaia, lo vuoi davvero sapere?
Forse manca "la"
Anche io qui mi sono molto sorpresa. Cioè: il barista le ha di nuovo riempito il bicchiere e lei non se ne è accorta? Perché? Era così assorta da non notare il barista? Ecco, questa mi sembra l'unica cosa forzata di tutto il racconto.
mi piace moltissimo il tuo uso dei particolari. Anche qui, pagò il primo bicchiere di vino... c'è tutto un non detto, al cameriere, spettacolare. Il linguaggio dei segni... dei gesti... tu lo hai scritto e io lo trovo delizioso.
Sei molto bravo.
Il personaggio di Gaia è ben delineato e non ho ancora deciso, da ieri sera, se mi sta antipatica o simpatica. Probabilmente mi piacerebbe di più parlare con il padre,![]()
Complimenti Tracker, penso che ti leggerò ancora e con piacere.
Alla prossima.
Su "non ho macchina": boh, io lo dico (dicevo) abitualmente anche senza articolo. Il "la" in fondo serve a specificare che non ho la "mia" macchina, ma è ovvio, non posso non avere la macchina di un altro. Però sei la seconda che me lo dice, non credo mi costerà troppo rimettere quell'articolo.
"Ammezzando", "Smezzando", "ammazzando": l'idea è che lei in un sorso beva metà bicchiere, che è tanto, ma non che lo finisca, per cui non lo può ammazzare, che sarebbe poi una parola troppo forte, che stonerebbe un po' nel contesto del racconto. Forse alla fine propenderò per "smezzando"?
Comuqnue grazie millemila ancora.
Re: Incertezza
9Kasimiro wrote: Sun Mar 28, 2021 10:41 pm L'incipit mi piace, deciso, lampante, chiaro. E' una citazione ma non è chiaro ancora da chi provenga. Introduce il racconto in maniera stimolante. Forse la farei staccata visto che mi sembra a sé stante.Grazie mille., soprattutto per avermi ricordato che, in effetti, io odio il sapore del vino dopo quello del caffè, per cui potrei cambiare la sscelta di Gaia. magari lei ordina del vino ed è proprio il barista suggerirle altro (un passito appunto?). il mio accento comunque era sul fatto che lei, nell'incertezza, si sparasse un bicchiere di vino dopo pranzo, al pomeriggio di un giorno presumibilmente feriale, usando quindi il ricorso all'alchol per enfatizzare, forse in modo un po' banale, i suoi problemi personali.
“Io non so se domani pioverà”, è incertezza – pensò Gaia – ma se nonostante questo decidessi comunque di organizzare il nostro pic–nic starei correndo un rischio”.
Capisco il senso che hai voluto dare al pensiero di Gaia, strutturato, dedotto dalla lettura; ma sembra quasi che sia rivolta al lettore in modo un po' forzato, per far capire la differenza. Forse la frase si potrebbe semplificare lasciando chiaro il nesso “Io non so se domani pioverà... ma correrei comunque il rischio di organizzare il nostro picnic .
"Una ciocca le cadde sulla fronte. Gaia sfiorò il pensiero di ravviarla, ma lo lasciò dov’era. Avrebbe dovuto approntare altre soluzioni, tenersi pronta al maltempo con piani di riserva, come prenotare un ristorante o spostare la festa in casa cercando di tenere il progetto nascosto a Daniele. La verità era che ancora neanche aveva fatto la spesa ."
Particolare questa frase iniziale, sono rimasto per un po' sospeso cercando di immaginarla. All'inizio non mi convinceva ma proseguendo mi è sembrata azzeccata, con i pensieri che fluttuano in Gaia.
"Provò di nuovo a chiamare Daniele. Ancora telefono staccato. Guardò, attraverso la vetrina, l'altro lato della strada, dove, sulla facciata della loro casa, bruniva la luce del pomeriggio. Si era scordata le chiavi, e se Daniele non fosse tornato sarebbe rimasta chiusa fuori."
Da questa frase mi sembra che si deduca pienamente l'incertezza. Un'incertezza che pervade anche la vita di Gaia. Si desume che vivano insieme ma in quel momento non sa nulla di lui, neanche se rientrerà a casa. Interessante.
«Scusami – disse al cameriere – c'ho ripensato». Il ragazzo sollevò la testa, la guardò, e poi afferrò il bricco del caffè.
«Prenderei un vino bianco, per favore» lo fermò Gaia.
Un vino bianco dopo il caffè...mi fa strano, magari un passito. Ma forse volevi evidenziare che la sua testa era altrove. Infatti dopo si capisce che a Gaia non gliene fregava niente del vino.
“L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa – stanca, i segni evaporavano dal foglio – come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci”. Tentò di leggere oltre, ma le parole non stavano ferme, erano nomadi transumanti di pagina in pagina.
"Per quanti programmi io faccia, per quanto immagini possibilità diverse, vie d'uscita alternative, ogni imprevisto è una slavina e cancella ogni opzione”.
Molto bello questo passaggio e pregevole l'idea dell'alternare passaggi del libro con il vissuto della protagonista.
«Non ho macchina – rispose Gaia
Mi sarebbe venuto da dire “Non ho la macchina”.
"Era più giovane di lei, le sembrava e, se avesse dovuto emettere un giudizio, non brutto. "
Forse la virgola ci poteva stare prima della e; a me verrebbe da mettere due punti dopo giudizio.
Provò a leggere ancora un po’, ma l’attenzione le scivolò sul tavolo accanto, dove chiacchieravano due donne.
«E come s’intitola?»
«Mica me lo ricordo sai, ma insomma c’erano queste due donne, sedute al tavolo di un bar e una diceva una cosa tipo “quando ero giovane immaginavo che arrivata a trentacinque anni la vita si sarebbe solidificata, fermata, diventando”, oddio aspetta come diceva?»
«Dai, ma che film t’ha fatto vedere»
«Un altopiano, ecco, sì, diventando un altopiano»
«Ma dopo almeno t’ha baciata?»
Non male questo dialogo!
Gaia prese un altro libro, che si aprì di netto a metà. Una vecchia foto fra le pagine le mostrò se stessa, adolescente, insieme a Daniele. Sedendo sull'orlo d’una roccia, le gambe nel vuoto, lei teneva la testa poggiata sulla sua spalla mentre il tramonto s’adagiava a valle.
Voltò la foto. Sul retro una scritta a penna blu: la data di un'estate di quattro anni prima e una citazione sbilenca che paragonava la felicità a una casa che non può essere costruita, ma solo abitata.
Mi ha sorpreso. Devono essere veramente giovani se quattro anni prima erano adolescenti o mi è sfuggito qualcosa?
Bel finale.
Mi è piaciuto questo racconto @Tracker, scritto bene e ricco di tanti spunti Una riflessione sull'esistenza interessante, che dovrebbe far parte di ognuno di noi. Ho il timore che a volte, invece, sia tutto così certo che la vita possa essere una fotocopia che si ripete.
Sto con Gaia.
Grazie per questa lettura
A rileggerti
La frase iniziale è una citazione da...la pagina wikipedia della parola incertezza!
Sulla scena della foto: la foto è dell'adolescenza, si, ma lei gliel'ha regalata solo 4 anni prima. Immagina qualcuno che trova una foto di te bambino, te la regala quando tu hai trent'anni, tu la metti in un libro e la ritrovi quando ne hai 34. Questo è più o meno quello che è successo, solo che qui si evidenzia anche il fatto che la foto, probabilmente per scarsa considerazione da parte di Daniele, le è poi tornata indietro. Inoltre si costruisce un minimo un passato comune dei due già prima che si fidanzassero. Forse però potrei mettere una frase che spieghi meglio, anche se a volte mi piace che il lettore si perda un po' nel senso di una frase. Tradotto: non hai capito? Va bene uguale.
Il dialogo delle altre due donne al bar è molto bello si, ma non è mio manco quello: è tratto da una scena di quel capolavoro che è "Waking Life" di Richard Linklater. Io ne ho prese alcune frasi e le ho un po' riadattate.
Per i due punti: io tendo ad evitarli quando scrivo, non mi piacciono, mi danno l'idea di testo tecnico, manuale, trovo che abbiano scarsa traduzione nel parlato, rompendo troppo la sospensione d'incredulità.