[Lab18] Storia delle parti

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Storia delle parti

Le braccia erano appartenute a Wilhelm Beck. Era morto a vent’anni. Vaiolo — per questo, quindi, la pelle era piena di cicatrici e pustole. Ma era stato un contadino, e i suoi muscoli erano rimasti forti e sani. Doveva essere stato facile impossessarsi del suo cadavere: era stato l’ultimo della sua famiglia ad ammalarsi, e nessuno aveva presenziato nella camera mortuaria. A ricordarlo rimaneva solo la sua fidanzata del tempo, adesso sposata con un altro. Raccontò che Wilhelm, nonostante la stazza, era stato un ragazzo molto sensibile. Amava i suoi campi e tutti i suoi animali, tanto che faceva fatica a uccidere questi ultimi, nonostante facesse parte del lavoro. 

Il cuoio capelluto era stato di un tale Martin Huber. Avendo sempre portato i capelli rasati, sarebbe stato difficile attribuirgli la lunga chioma attuale. Eppure, raccontava la madre, li aveva sempre avuti folti e belli, da quando era venuto al mondo. Gli ricrescevano troppo in fretta per i suoi gusti, e se ne era lamentato spesso nelle lettere che le aveva scritto dal fronte. Aveva avuto tanti vizi, dai sigari al cibo, ma la vanità non era stata uno di questi.

Una singola ciocca bionda che spuntava dalla massa di capelli neri di Martin era stata impossibile da identificare. A lui, in un punto vicino alla tempia, non erano più cresciuti dopo una caduta da bambino.

I denti non sembravano completamente umani, e non fosse stato per le foto dell’originale proprietario, Karl Muller, si sarebbero potuti attribuire a un grande primate: i canini appuntiti, la mascella prominente. Da bambino, per Karl erano stati oggetto di derisione. Era stato chiamato scimmia — appunto — e vampiro. Da adolescente aveva deciso di usare i suoi denti, se non come punto di forza, almeno per far ridere. Tutta la strada dove aveva vissuto ricordava quando faceva scappare i bambini e fingeva di mordere le fidanzate dei suoi amici. Scartato per la leva per via di una gamba difettosa, era morto a quarantasei anni di polmonite.

Queste gambe, invece, erano perfette. Solide e lunghe, erano appartenute a un soldato di nome Georg Brandt. Prima di combattere, era stato il garzone di un panettiere, incaricato delle consegne. Era noto per la sua velocità; se si trattasse di virtù o necessità, dato che aveva una fobia dei cavalli e insisteva per andare sempre a piedi, a nessuno era chiaro. Fatto sta che, una volta al fronte, era diventato un messaggero. Non era morto per un ordigno né per un proiettile — il suo corpo, intonso, era crollato giù tra un lungo passo e un altro. 

Il cuore e i polmoni erano della stessa persona. Johann König aveva diciassette anni quando era stato giustiziato, ponendo fine alla sua lunga carriera da ladro. L’impiccagione non aveva rovinato quei suoi organi, più che funzionali fino all’attimo prima — ovvio, visto tutto il fiato che doveva essergli servito nella sua breve vita sempre in fuga. Il fratello ci tenne a specificare che non c’era mai stato bisogno di rubare, che la sua famiglia era povera ma dignitosa. Quella di Johann era una compulsione, il furto l’unica cosa che gli aveva fatto battere il cuore oltre alle donne.

Per gli occhi la questione si fece spinosa: uno era dello stesso colore del terreno bagnato e della cioccolata, l’altro del Danubio e del cielo che ci si specchiava dentro. Erano appartenuti a due sorelle morte di influenza, Margaret e Katharina, le cui tombe dovevano essere state violate assieme. Nessuna delle due aveva portato gli occhiali, da qui la scelta — non certo per i colori o per bellezza. Avevano cresciuto i rispettivi figli tutti insieme, come fratelli, nella grande casa di famiglia. Alcuni di loro ci vivevano ancora, e tenevano i loro ritratti, vicini, nel salotto. 

La Creatura era sempre stata accolta da paura e urla quando aveva fortuna, e da rabbia e colpi di fucile quando non ne aveva. Non nutriva grandi speranze mentre raccontava cosa cercava: la storia delle parti che lo rendevano uno. 

Ma trovò questo e molto altro. L’amata di Wilhelm gli prese le mani, grosse e ruvide: pianse quando le trovò fredde, ma le accarezzò con una delicatezza che nessuno gli aveva mai riservato. La madre di Martin insistette per raccogliergli i capelli in una treccia, e ne tagliò due dita da tenere in un barattolo. Gli amici di Karl gli insegnarono le smorfie e i versi che faceva lui, e gli fecero promettere di spaventare i bambini in suo onore. I compagni di Georg vollero sfidarlo a guardie e ladri e persero con gioia. I figli del fratello di Johann, troppo piccoli per aver conosciuto lo zio, si fecero portare sulla sua schiena a due a due per tutto il quartiere, riferendogli che il padre si stancava sempre subito. La famiglia di Margaret e Katharina parlava con lui divisa a metà, un gruppo guardando un occhio e uno l’altro, sorridendo tra le lacrime. 

La Creatura era nata dalla morte, e si credeva destinato a essere temuto e odiato come essa. Ma, scoprì, seppure non c’era stato amore nella sua creazione, ce n’era stato prima — e in qualche modo, anche grazie a lui, continuava ad esserci.

Re: [Lab18] Storia delle parti

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sbatti wrote:

La Creatura era nata dalla morte, e si credeva destinato destinata a essere temuto temuta  e odiato odiata come essa. Ma, scoprì che, seppure non c’era stato amore nella sua creazione, ce n’era stato prima — e in qualche modo, anche grazie a lui lei, continuava ad esserci.
Piccoli appunti: il soggetto è al femminile e ti è sfuggito quel "che". 

A parte questi dettagli, devo dirti che il tuo brano è davvero originale, scritto con una "scaletta" che "sposa" il testo.
Il racconto fa meditare, senza essere didascalico.
I miei complimenti. @sbatti   (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab18] Storia delle parti

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@sbatti Non ho nessuna difficoltà a dire che il tuo lavoro è il più originale che ho letto fino ad ora. Ciò che affascina è che da un contesto potenzialmente macabro hai tirato fuori qualcosa di straordinario. Organi e pezzi di vissuto vengono assemblati in un nuovo essere umano, diventando così un intreccio di molte vite. Piuttosto che vedere un mostro, ognuno riconosce in quell'essere una parte della persona amata, che non c'è più. 
Un concetto molto alto di ciò che siamo in realtà: in ognuno di noi, a guardare bene, per vissuto e per sentimenti, c'è sempre un po' dell'altro. 

Se ce ne rendessimo davvero conto, sarebbe più  facile volerci bene.

Ottimo lavoro!!!

Re: [Lab18] Storia delle parti

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Grazie @Poeta Zaza, come sempre sei puntuale e preziosa  :love3: 
L'ultima frase l'ho scritta cento volte perché non sapevo come chiudere e ho fatto un pasticcio. 


Grazie anche a @Adel J. Pellitteri, non ho avuto ancora modo di leggere gli altri racconti ma sono lusingata. Quello che dici è esattamente ciò che volevo trasmettere e sono contenta che entrambe abbiate sottolineato l'originalità, sia perché vuol dire che ho centrato il tema sia perché quando si approccia a un "mostro" della letteratura come Frankenstein è difficile tirare fuori qualcosa di inaspettato. 

Adel J. Pellitteri wrote: ognuno riconosce in quell'essere una parte della persona amata, che non c'è più. 
Un concetto molto alto di ciò che siamo in realtà: in ognuno di noi, a guardare bene, per vissuto e per sentimenti, c'è sempre un po' dell'altro. 

Mi hai fatto venire in mente mia nonna che, ogni volta che mio fratello metteva il parmigiano da qualche parte, si emozionava perché lo faceva allo stesso modo di suo padre --- che mio fratello non aveva mai conosciuto. In quel momento non capivo perché lo sottolineasse ogni volta, col tempo ogni tanto ci penso e sorrido.   <3

Re: [Lab18] Storia delle parti

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Ciao @sbatti mi unisco al coro di complimenti per l’ottima scrittura. Il tuo racconto si legge benissimo dalla prima all’ultima riga e non ho segnalazioni da farti. Per quanto riguarda l’originalità ho invece qualche perplessità. Mentre leggevo avevo in mente tutto il tempo Frankenstein, creatura compresa. Non me ne volere.   :arrossire:

 

Re: [Lab18] Storia delle parti

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@Monica wrote: Ciao @sbatti mi unisco al coro di complimenti per l’ottima scrittura. Il tuo racconto si legge benissimo dalla prima all’ultima riga e non ho segnalazioni da farti. Per quanto riguarda l’originalità ho invece qualche perplessità. Mentre leggevo avevo in mente tutto il tempo Frankenstein, creatura compresa. Non me ne volere.   :arrossire:
Sono contenta ti sia piaciuto, grazie  :)
Tranquilla, è volutamente derivativo e l'ho menzionato io stessa in un commento più su. L'originalità (spero!) non sta nella storia ma nel narrare una parte che non viene mai menzionata né nell'opera originale né nei vari retelling. Cito il topic ufficiale: " Ma allora, cosa ci serve? Una storia diversa? Un modo diverso di raccontarla? Un punto di vista diverso? Un linguaggio diverso? Una logica diversa per quanto possa essere assurda o bizzarra?" 
Questo è quello che ho cercato di fare io.

Re: [Lab18] Storia delle parti

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@sbatti, che bel pezzo! Mi ha colpito l’idea, Molto originale, di dare una storia a ogni parte della Creatura: invece di essere solo un mostro, diventa un mosaico di vite e ricordi. Alcuni dettagli sono davvero forti: i denti di Karl, gli occhi delle sorelle, la treccia di Martin, restano impressi. Il finale è tenero e sorprendente: la paura si trasforma in affetto, e la Creatura diventa custode di memorie. Davvero originale, complimenti!

Re: [Lab18] Storia delle parti

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@sbatti  L'ho interpretato come un racconto metaforico dove si invita il lettore a non considerare l'individuo come un monolite ma come un insieme. L'insieme delle parti riflette la complessità dell'essere umano o forse, più ampiamente, la diversità in sé.  Il messaggio è semplice, direi condivisibile (nell'uno o nell'altro modo) se posto in questi termini seppure nascondersi dietro la complessità è un modo per non affrontare i problemi. Quest'ultima è una mia considerazione che col racconto ovviamente nulla ha a che fare. 
Detto questo il racconto è molto breve, quasi scarno, e l'ho apprezzato anche per tale ragione. E possiede quel pizzico di ironia che impedisce a un argomento crudo e complicato di essere melenso o pesante.  
Il tema del contest, anzi del laboratorio, era però centrato sull'originalità su ciò che possa o meno esser considerato originale. Un racconto metaforico può esser originale? E una metafora incentrata sulla diversità o complessità può esserlo? A mio avviso il rischio di dejà vu era molto elevato. 
Però te la sei cavata bene, complimenti. 

Re: [Lab18] Storia delle parti

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@Albascura Grazie mille del commento, sono contenta il racconto ti sia piaciuto!  :love3:

@Arturo Ligotti Mi piacciono i rischi, sapevo benissimo che con questo tema andare con un racconto derivativo era anche un po' buttarmi la zappa sui piedi, o almeno poteva sembrare così. Personalmente mentre lo scrivevo non lo intendevo come del tutto metaforico, o almeno l'originalità (o almeno è quello che speravo arrivasse) non risiedeva nella metafora ma nel come ho approcciato il materiale originale (e ho anche inteso originale in senso letterale, raccontando la storia delle parti originali, in qualche modo). Però sono contenta che tu l'abbia inteso così e ci abbia comunque cavato qualcosa di buono. Grazie del commento, io mi giustifico sempre qui nei contest con "non c'era abbastanza spazio per fare questo..." / "non avevo abbastanza caratteri..." quindi sapere che il mio primo racconto così corto ti sia arrivato proprio perché corto è una vittoria personale!   :love:

Re: [Lab18] Storia delle parti

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@sbatti se non ho capito male c'è della redenzione in questo racconto. E quindi l'originalità scaturisce dal fatto che, l'insieme, ripercorrendo la storia delle sue parti  non è una semplice addizione, ma una rivelazione dei sentimenti e delle sensazioni dei quali diviene partecipe.
Ho capito bene?
Bell'idea e grazie della lettura.

Re: [Lab18] Storia delle parti

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Molto originale! 
Hai sfidato la traccia: partire da qualcosa di arcinoto, far scuotere la testa al lettore fino all'ultimo paragrafo e poi la rivisitazione in chiave romantica, aulica, umana. 
Finora è il primo lavoro che ho letto e già mi è piaciuto molto.
Daje Sbatti 
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

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