Il calore nel gelo cap.2

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2. Madre e figlia
Madre e figlia avanzano, sfidando il freddo.
La donna, che un tempo probabilmente era una bellezza, ha il volto emaciato, i begli occhi circondati da profonde occhiaie e il corpo magro, segnato dal lungo viaggio che sta compiendo.
La bambina è minuta per la sua età, così piccola, che si può pensare che un soffio di vento troppo forte possa portarla via, in un secondo.
Entrambe indossano abiti consunti, poco adatti al clima invernale.
La bambina ha freddo, è stanca e affamata; non ricorda quando è stata l’ultima volta che sua madre le ha permesso di fermarsi per riposare, vorrebbe chiederle una pausa e qualcosa da mangiare, ma ha un po’ di timore.
Sa che per la donna questo viaggio è importante e fermarsi significherebbe perder tempo; lei non vuole che sua madre si senta costretta a rallentare per colpa sua, quindi stringe i denti.
La madre, dal canto suo, sente che la mano di sua figlia non è più calda e morbida come dovrebbe essere; ben consapevole del fatto che sia passato molto tempo dall’ultima volta che hanno mangiato, o si sono riposate. Inoltre, il freddo sta aumentando troppo velocemente; odia l’idea di fermarsi ma si rende conto che non hanno scelta.
Inizia a guardarsi intorno alla ricerca di un riparo.
Continuano a camminare, fino a ritrovarsi in quello che una volta era il parcheggio di un supermercato; qui c’è lo scheletro di una vecchia macchina, ci si infilano dentro per ripararsi un po’ dal vento; il freddo passa ancora, ma almeno i sedili sono morbidi.
-Mamma?-
Veronica sussulta, lo fa sempre quando la figlia la chiama; malgrado sia madre da anni, ogni volta che sente quella parola, non riesce a fare a meno di provare un senso di estraneità, come se non fosse degna di quel ruolo.
Il punto è, che un tempo non avrebbe mai pensato di avere figli, figuriamoci poi di dover crescere una bambina nel bel mezzo dell’apocalisse.
-Mamma, ho fame-
Mia insiste, mentre tiene le mani sopra al suo pancino brontolante, che inizia anche a farle un po’ male; ora che non stanno camminando trova un po’ di coraggio.
Veronica si riprende in fretta dai suoi pensieri, velocemente fruga nello zaino e trova una mela, si assicura che sia in buono stato e la dà a sua figlia.
-Facciamo a metà?-
Chiede la piccola, rigirandosi il frutto tra le mani
-No, mangiala tutta tu, io non ho fame-
Bugia.
La sola vista del frutto le ha fatto torcere le budella dal bisogno, ma al momento è l’unico cibo che hanno; si gira dall’altro lato per non guardare, mentre la piccola si avventa felice sul frutto, con la dolce polpa che cola sul mento.
-Posso giocare qui in giro?-
Con lo stomaco più calmo, Mia ha un piccolo sprazzo di energia.
-Sì, ma resta dove posso vederti-
Veronica osserva Mia, sua figlia, mentre vaga nell’ex parcheggio; ha raccolto un bastone e lo usa per disegnare cerchi in aria, poi si ferma a osservare un insetto, rimanendo completamente rapita dai suoi movimenti.
In lontananza un cane molto vecchio la osserva, malgrado sia chiaramente affamato, non sembra interessato ad avvicinarsi; se ne resta a distanza a osservare, al collo ha ancora un collare sfilacciato.
Veronica lo guarda, chiedendosi perché non stia mendicando cibo, non sa se deve preoccuparsi di una possibile aggressione; sta per chiamare Mia, quando l’animale si gira e la guarda negli occhi.
Lo sguardo che la donna riceve, è carico di emozioni, sembra quasi umano e comunica in modo inconfondibile.
Il cane non attaccherà, perché è rassegnato, sta solo aspettando la morte.
Mia lo nota, è cauta e sa che non deve avvicinarsi, però è incuriosita; lo osserva attentamente, prova a lanciargli il torsolo della mela, per vedere se mangia, ma lui non reagisce; fa un sospiro e poggia la testa sulle zampe.
Veronica riporta lo sguardo sulla piccola, chiedendosi se anche lei abbia compreso il destino dell’animale.
Mentre la osserva, è pervasa da un moto di affetto e senso di colpa.
Sua figlia non ha avuto accesso a un’infanzia, mai avuto amici, giocattoli, niente; tutta la sua vita l’ha passata viaggiando. Non è mai andata a scuola, né fatto uno sport, avuto un hobby, nulla; eppure, ha ancora tutta l’innocenza tipica di quell’età. 
Mia prova senso di meraviglia verso il mondo, ha voglia di conoscere cose nuove e prova empatia per gli altri. 
Mentre in piazza gli adulti stanno facendo la guerra per un pezzo di pane, lei ha provato a sfamare un animale; malgrado tutto quello che ha passato non sembra conoscere cattiveria.
Veronica odia sé stessa e il mondo, per la vita capitata a quella creatura, vorrebbe essere una madre affettuosa e amorevole, che ogni giorno prende sua figlia in braccio, sfinendola di coccole e baci.
Eppure, non ci riesce.
Raramente la abbraccia e di baci pensa di non avergliene mai dati dal giorno del disastro; la loro vita è una continua fuga, sono in viaggio esattamente da 2 anni, 6 mesi e 26 giorni; verso il nord, alla ricerca della sua famiglia, sempre che qualcuno sia ancora vivo.
Oltre 2 anni per un viaggio che una volta sarebbe stato fatto in 5 ore di treno.
Anni di lotta, sopravvivenza, ricerca continua di riparo, cibo, acqua, vestiti nuovi; di tempo per le coccole ce ne è stato poco.
Dal punto di vista fisico, Veronica è impeccabile. Si prende cura di Mia in modo perfetto: la sostiene quando si stanca troppo, si preoccupa che mangi e beva, fa il possibile per tenerla pulita e la stringe forte per coprirla quando fa troppo freddo.
Se solo fosse così semplice anche con l'affetto disinteressato.
La bambina non si lamenta, anche se di quella fisicità ha bisogno e la desidera con tutto il cuore. 
Per ora si limita a stare al suo posto cercando di non disturbare troppo; non chiede niente a meno che il bisogno non sia impellente; si fida ciecamente della madre e finché può stare al suo fianco, si sente protetta e sicura.
Si ripete che baci e abbracci arriveranno, appena Veronica sarà tranquilla; quando il viaggio sarà finito e avranno raggiunto i parenti al nord, recupereranno il tempo perduto.
Per passare il tempo fantastica molto su come sarà la loro vita, una volta giunte a destinazione.
Si immagina il nord come un luogo magico, dove le città esistono ancora; se chiude gli occhi le vede, piene di case colorate e circondate da verdi colline.
Non ha mai conosciuto la famiglia di sua madre, quindi ha dovuto far ricorso a tutta la sua fantasia, per attribuire loro un volto. Alla fine, è riuscita a crearsi un albero genealogico pieno di nonni, zii e cugini.
Vede una schiera di parenti, pronti ad accoglierle; quando arriveranno, le riconosceranno e faranno un grande annuncio; dopodiché inizieranno i festeggiamenti, che andranno avanti per giorni, coinvolgendo tutta la città.
Ci saranno musica e balli, fuochi d’artificio, infiniti banchetti pieni di cibo; potrà assaggiare di nuovo tutte le cose buonissime che mangiava prima del disastro: dolci, patatine, pizza; al nord tutto è possibile.
I cuginetti, felici di averla tra loro, le regaleranno centinaia di giocattoli, abbastanza da riempire una stanza intera; quando saranno poi stanchi di festeggiare, accompagneranno lei e la madre in una stanza, dove troveranno il letto più morbido del mondo.
Una volta sotto le coperte, si abbracceranno e si addormenteranno ridendo, mentre si riempiranno di coccole.
Questa è la speranza che permette ai suoi occhi di continuare a brillare.
Beata innocenza.
Il freddo sta aumentando, torna in macchina e si siede vicino a Veronica.
La donna le prende le manine tra le sue e le sfrega forte per scaldarle, la bambina sorride, felice del contatto; vorrebbe un abbraccio, ma non riesce a chiederlo.
Time doesn't hear if you ask it to wait

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