[CN24] L'evoluzione del sorriso - Costruttori di Mondi
Annetta Pt.2 - Fine
Per il suo settimo compleanno Eliseo le aveva donato uno yoyo in legno, con spirali multicolori disegnate sui dischetti: un giocattolo semplice ma che la bambina, poco abituata a ricevere doni, sentiva prezioso e dal quale non si separava mai.
Con Eliseo stava a chiacchierare la sera prima di andare a letto, lui le leggeva le favole che animavano i suoi sogni.
In una di quelle sere, seduti sul letto di lei mentre si parlavano, lui tenendole le mani le rivelò di avvertire che anche lei fosse come lui, che possedeva “il dono”; disse che era un segreto che avrebbe dovuto tenere per sé, promettere di non parlarne con nessuno.
Lei era perplessa, non capiva in cosa consistesse questo “dono” né cosa ci potesse mai fare e perché di tanta segretezza.
Lui le spiegò che “il dono” era una cosa simile alle capacità che possedeva.
Non era una cosa tangibile o che si potesse spiegare, ma che si nasceva dentro come un fatto naturale.
Le disse che era come si imparava, a un certo punto a parlare, o si smetteva di camminare a quattro zampe, come accade ai bimbi piccoli che crescono.
Veniva da sé quando era il tempo giusto.
Annetta chiese come facesse lui a sapere del “dono” che lei avrebbe avuto?
Lui sorrise, disse che non lo sapeva, lo sentiva e quando sentiva una cosa così era come avvertire una corrente d'elettricità che passava tra loro, e questa sensazione non sbagliava mai.
Quella notte lei non sognò di favole, ma di trovarsi su una strada piena di sole, dove camminava tenendosi per mano con suo fratello.
Eliseo aveva compiuto i diciotto anni da pochi mesi, si era tutti riuniti a pranzo nella domenica di Pasqua. Il menù tradizionale comprendeva: i “culurgiones” con ricotta, “sa panada” di agnello e l’agnello arrostito allo spiedo.
La tavolata era allegra vi partecipavano anche cugini e parenti invitati per l'occasione di quella festa grande.
Si svuotarono diverse bottiglie del corposo “Carignano del Sulcis”, che si consumava perfettamente con gli arrosti.
Anche ad Annetta fu consentito di berne un dito, annegato in un bicchiere colmo di gazzosa.
A fine del pranzo, protrattosi fino alle quattro del pomeriggio, fra discorsi annebbiati dal vino, risate e aneddoti esilaranti, Eliseo disse d'essere felice di aver trascorso quella “Pasca Manna” con tutta la famiglia, perché sarebbe stata l'ultima della sua vita.
A quell'annuncio cadde un silenzio sbigottito, poi i fratelli risero pensando che si trattasse di una facezia dovuta al vino bevuto coinvolgendo nella risata generale tutta la tavolata.
Ma la madre s'adombrò, facendosi il segno della croce e disse risentita che certe cose non si dovevano mai dire, perché portavano male.
Soprattutto, erano di cattivo augurio nel giorno di resurrezione di Nostro Signore.
Eliseo non aggiunse altro, Annetta impressionata da quei discorsi, non capiva perché gli adulti talvolta dicessero cose tanto strane, di cui lei non capiva la ragione.
Guardò gli occhi del fratello: assenti e colmi di mestizia, sembravano guardare il vuoto nella sua anima, una cosa che la intristì fino alle lacrime.
Eliseo si ammalò pochi mesi dopo, un male incurabile di cui lei non aveva capito la ragione, a dispetto delle cure, se lo portò via prima della fine dell'anno.
Un dramma che sprofondò l'intera famiglia in un abisso di dolore straziante.
Annetta provò una sofferenza indicibile, fu il primo grande dolore della sua vita, la malinconia delle sere rese vuote della mancanza del fratello si consumavano nel pianto disperato, finché il sonno e la mestizia la gettavano nell'oblio dell'incoscienza.
Le parole di suo fratello nel giorno di Pasqua si erano rivelate una profezia dolorosa e crudele: era evidente che lui, già allora, sapesse, ma lei era troppo piccola per averlo compreso.
Con suo padre quel giorno erano diretti al cimitero del paese, lui portava fiori freschi sulla tomba di quel figlio che il destino gli aveva strappato, creando una lacerazione sanguinante nell'anima.
Lei con lo spirito dei bambini, che affrontano i dolori più grandi con l'energia vitale dell'infanzia, pur con la pena nel cuore, era sempre felice di far visita a quel fratello tanto amato che dormiva nell'abbraccio silente della terra.
Come sempre aveva con sé il suo prezioso yoyo ricevuto in dono: oggi avrebbe mostrato a Eliseo quanto fosse diventata abile nel lanciare e far riavvolgere i dischetti lungo il cordino teso.
Quando furono all'entrata del camposanto, vi trovarono una vecchia abbigliata col costume tradizionale del luogo: erano ormai solo le donne molto anziane a portarlo.
L'abito che portava era rimasto immutato fin dall’800: costituito da una gonna a strisce verticali rosse e blu plissettata, una fascia in trine d’oro posta in vita, una camicia in lino bianco finemente ricamata, un corsetto e un grembiule di seta sempre ricamato; vestiva un giubbetto in seta ornato da trine e in capo un fazzoletto in seta damascata
Andandogli incontro, la donna li salutò sorridendo, pareva li attendesse: suo padre rispose ossequiosamente al saluto e Annetta fece altrettanto.
La vecchia si fermò a farle una carezza, poi trasse dalla tasca dell'abito un rosario e lo donò alla bambina, dicendole che dove andava le sarebbe stato utile.
Annetta ringraziando lo prese e nell'osservarlo, immediatamente comprese che non era come quelli che aveva sempre visto usare.
Infatti, stranamente, il numero dei grani delle preghiere era errato.
Quelli nel tratto finale, prima della croce, erano sei invece che cinque, quelli del primo mistero sette anziché dieci, così come il numero di quelli del secondo mistero otto e non dieci, come correttamente avveniva per il terzo e quarto mistero.
Vedendo la sua perplessità, la vecchia le prese dolcemente il capo tra le mani, dicendole che quei semi nel rosario erano particolari.
Infatti, rappresentavano: mesi, giorni e ore: questo disse che era il volere di Dio, segnò di croce la fronte alla bambina, benedicendola, quindi si congedò e proseguì per la sua strada.
Annetta e il padre entrarono nel cimitero.
Giunti davanti alla tomba d'Eliseo, deposero i fiori che avevano portato nel vaso accanto alla lapide, il padre iniziò a pregare in modo assorto e silenzioso.
Annetta disse le sue preghiere, poi, estratto lo yoyo, iniziò a far scorrere i dischetti, per mostrare al fratello l'abilità raggiunta col giocattolo.
Dopo qualche momento dell'esercizio il filo, improvvisamente, si spezzò: il corpo dello yoyo cadde in terra e iniziò a scorrere via rapido.
Non fece molta strada, poiché nella fila di tombe alle loro spalle, vi era una fossa vuota, pronta per una prossima sepoltura, in cui lo yoyo concluse la sua corsa. La bambina volle recuperarlo e si apprestò a cercare di calarsi nella fossa assai profonda, ma il padre la fermò.
- Non sei tu figlia mia che devi scendere. Questo è un compito mio.
Ciò detto si calò nello scavo profondo quanto la sua altezza: recuperò il giocattolo e glielo porse. Annetta contenta di riaverlo tese la mano al padre perché risalisse, l'uomo sorrise di quel gesto velleitario, ben sapendo che la bimba non possedeva la forza per aiutarlo nella risalita.
Le disse: - Tu va', io mi arrangio, la strada di casa la conosci.
Ma l'idea di lasciare lì suo padre riempiva la bambina d'ansia e afflizione, non voleva muoversi.
- Fai la brava – le disse - lasciami qui e non preoccuparti. Mi riposerò un momento per riprendere vigore, poi mi isserò e tornerò anche io. Ma tu vai che si fa tardi e mamma sta in pensiero.
Allora, a malincuore, Annetta uscì dal camposanto e si avviò nel sole, col suo giocattolo stretto in una mano e il rosario, che le aveva donato la vecchia, nell'altra.
Si risvegliò di soprassalto, madida di sudore, l'alba era ancora lontana, il cuore le batteva forte, ma comprese di aver solo sognato.
La passeggiata al cimitero col padre e tutto quanto accaduto non era che un sogno dal sapore triste.
Non c'era mai stato il rosario con i semi sbagliati, né la vecchia signora; non era mai caduto lo yoyo nella tomba vuota, né suo padre si era calato nel fosso per recuperarlo.
Un sogno angoscioso e spiacevole sull'onda del ricordo e della mancanza del fratello morto.
Nel buio della camera, in cui dormiva con le proprie sorelle, rinfrancata che nulla di quanto sognato fosse successo, riacquistò conforto e scivolò in un nuovo sonno.
Si era ad agosto, l'ottavo mese dell'anno, erano trascorsi sette giorni dal suo sogno, e alle sei del mattino bussarono con forza alla porta della loro casa. Erano uomini del cantiere minerario in cui suo padre lavorava: dissero che il loro caposervizio, padre di Annetta, si era sentito male sul posto di lavoro. Vista la gravità della cosa era stato trasferito all'ospedale San Giovanni di Cagliari.
Quando la madre e i figli maggiori lo raggiunsero, l'uomo era già spirato in seguito a un attacco di cuore.
Fu seppellito nel cimitero di Selargius, Annetta riconobbe la tomba in cui lo calarono: era la stessa in cui era caduto il suo yoyo nel sogno.
Fine
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