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Casa, dolce, casa
L'appartamento era piccolo e regnava un penetrante odore di muffa.
Beatrice l'aveva affittato con i suoi ultimi risparmi. In quelle settimane la sua vita era stata ribaltata: i suoi stessi parenti le avevano dato lo sfratto dalla casa in cui abitava fin da bambina. A nulla era servito chiedere un po' di tempo per organizzarsi e così se n'era dovuta andare con l'amara consapevolezza che le avevano voltato le spalle. Beatrice era una persona veramente tenace. Fissando quelle quattro mura non vedeva la sua sconfitta, ma un punto di partenza per ricominciare una nuova vita. Certo c'era da rimboccarsi le maniche, ma la fatica non la spaventava.
Il giorno prima era rincasata con un vecchio lampadario, un'imitazione di un Tiffany. L'aveva scovato in un mercatino ed era rimasta subito affascinata dai vetri colorati. Era certa che avrebbe rallegrato le stanze. Non potendosi permettere un elettricista decise di montarlo da sola. Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non era poi così difficile. Mise la playlist delle sue canzoni preferite in sottofondo e cominciò. Andò verso il contatore, tolse la corrente e verificò che gli interruttori non funzionassero più. Testò persino le prese con il phon, in quella vecchia casa non si era mai abbastanza prudenti: troppe persone in passato si erano date al fai da te. Salì sulla sua scaletta traballante, con nastro isolante e forbici da elettricista in mano, e si allungò verso i fili che pendevano dal soffitto.
Li sfiorò. Fu un attimo. Una scarica di corrente si abbatté su di lei. La sensazione che provò fu insolita: calore sulla punta delle dita, gelo nel resto del corpo e al contempo l'impressione di essere attraversata come se fosse fatta d'aria. Qualche istante dopo, si alzò dal pavimento stordita, senza capire come mai fosse distesa sulle piastrelle. Sentiva il corpo dolorante ed uno strano formicolio: l'eco del passaggio della corrente elettrica. Non era certa che si trattasse di una percezione reale. Forse aveva origine dal cocktail di paura e adrenalina che le scorreva nelle vene. Prese il telefono e cercò i sintomi di una scossa. La lista che lesse la inquietò: disidratazione, aritmia e problemi neurologici. Avrebbe voluto bere per prevenire la disidratazione, ma il frigo era completamente vuoto. Compose il numero del suo amico Gianni per farsi tranquillizzare, ma purtroppo non era raggiungibile. Stava digitando un secondo numero di telefono quando sentì il suo corpulento vicino, il signor Boninsegna, salire la rampa di scale. Dal tono pesante dei passi era chiaramente arrabbiato: «Cos'è tutto questo casino?!» urlò e l'eco rimbalzò per la rampa di scale. Bussò alla porta del piccolo appartamento di Beatrice e senza aspettare una risposta la aprì furibondo.
Ma, non appena la vide, il viso del signor Boninsegna cambiò completamente. Il colore, prima paonazzo, si scolorì all'improvviso diventando bianco come lenzuolo. Le parole gli morirono in gola e cominciò a balbettare. Le si avvicinò, passò oltre e si diresse verso qualcosa disteso per terra.
Beatrice si voltò. Non si era accorta di quella cosa sul pavimento. La fissò sconvolta: una massa informe in mezzo ad una miriade di frammenti di vetro colorato. La musica della sua playlist preferita appariva ora così lontana in sottofondo e stranamente fuori luogo. Ed in quel momento la verità si insinuò nella sua mente: era morta. Quello era il suo corpo, immobile sul pavimento, il cuore si era fermato nel momento esatto in cui aveva sfiorato i fili. Cominciò a pensare a tutto quello che non avrebbe più potuto fare e si sentì sopraffatta. Si guardò intorno e vide davvero per la prima volta lo squallore in cui era finita: il soffitto umido, le notti solitarie, le pareti da tinteggiare, la fatica di andare avanti, il senso di frustrazione per il voltafaccia della sua famiglia ed il lampadario distrutto che non sarebbe riuscita ad appendere mai più. Ed ora, all'improvviso, quella vita non le apparteneva. Il pensiero le attraversò la mente proprio come una scarica elettrica. Non si trattava di una prospettiva triste o infelice. Beatrice si sentì finalmente liberata e davanti un nuovo interessante inizio.
Non aveva più senso rimanere lì. Si incamminò verso l'uscita, diretta alla sua vecchia abitazione. Ora nessuno l'avrebbe potuta sfrattare. Avrebbe infestato la casa in cui era cresciuta affinché i suoi parenti avessero una meritata punizione. Beatrice, in fondo, era stata una persona veramente tenace e come fantasma lo sarebbe stata ancora di più.
Re: Casa, dolce casa
2L'appartamento era piccolo e regnava un penetrante odore di muffa.
Corretto, italiano corretto… Forse un po’ più scorrevole “Un penetrante odore di muffa regnava nell’appartamentino” oppure “Il puzzo di muffa appestava l’appartamentino”. E altre innumerevoli varianti pe evitare le due frasi congiunte da una “e”.
Beatrice l'aveva affittato con i suoi ultimi risparmi.
“Beatrice l'aveva affittato con gli ultimi risparmi.” Forse meglio evitare un inutile possessivo.
L’ennesimo…
Beatrice l'aveva affittato con i suoi ultimi risparmi. In quelle settimane la sua vita era stata ribaltata: i suoi stessi parenti le avevano dato lo sfratto dalla casa in cui abitava fin da bambina.
L’imperfetto e il trapassato prossimo ricordano lo stile antico di "Era una notte buia e tempestosa", cioè del 1830.
A nulla era servito chiedere un po' di tempo per organizzarsi e così se n'era dovuta andare con l'amara consapevolezza che le avevano voltato le spalle.
Una notte sempre più tempestosa.
Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non era poi così difficile.
Giorno, finalmente! Adesso verifichiamo gli avverbi: è indispensabile quel brutto “dopo”? Non sarebbe stato meglio mostrare, anche per poco, la nostra Beatrice che guarda i video e si convince? Prima, dopo, quando sarebbe meglio evitarli e mostrare gli eventi che “procedono” senza la necessità di sancire l’ordine temporale con avverbi.
A parte il dopo e il poi, alcune considerazioni:
1) Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non era poi così difficile. Era (indicativo): esprime la convinzione come un fatto o una realtà.
2) Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non fosse poi così difficile. Fosse (congiuntivo): esprime la convinzione come un'idea o un'opinione soggettiva. È la forma più comune e grammaticalmente più precisa.
3) Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non sarebbe stata poi così difficile. Sarebbe stata (condizionale): esprime la convinzione riguardo a un'azione che avverrà o sarebbe potuta avvenire in futuro.
Andò verso il contatore, tolse la corrente e verificò che gli interruttori non funzionassero più.
Perché andò “verso”? Forse meglio tolse la corrente (o staccò la luce) e verificò che gli interruttori non funzionassero più.
Salì sulla sua scaletta traballante, con nastro isolante e forbici da elettricista in mano, e si allungò verso i fili che pendevano dal soffitto.
Con il nastro isolante e le forbici da elettricista in mano, salì sulla scaletta traballante e si allungò verso i fili che pendevano dal soffitto.
Li sfiorò. Fu un attimo. Una scarica di corrente si abbatté su di lei. La sensazione che provò fu insolita: calore sulla punta delle dita, gelo nel resto del corpo e al contempo l'impressione di essere attraversata come se fosse fatta d'aria.
Li sfiorò e la scarica si abbatté su di lei: calore sulla punta delle dita, gelo nel resto del corpo, l’attraversò come se fosse l’aria.
L’attimo lo fa la congiunzione e, dato che si tratta di un attimo, il taglio delle parti superflue abbrevia.
Qualche istante dopo, si alzò dal pavimento stordita, senza capire come mai fosse distesa sulle piastrelle. Sentiva il corpo dolorante ed uno strano formicolio: l'eco del passaggio della corrente elettrica.
Mettiamo in ordine:
1) Cado e mi alzo stordita.
2) Mi sarei potuta alzare qualche istante prima (di cadere)?
3) L'eco del passaggio della corrente elettrica. Spieghino al lettore, che altrimenti mai avrebbe capito la causa del formicolio… E la corrente sarebbe potuta essere idraulica?
"Senza capire come, si ritrovò sul pavimento. Si alzò, stordita e in preda a uno strano formicolio" forse meglio? Il lettore dovrebbe e vorrebbe vedere e non sentire un racconto.
Non era certa che si trattasse di una percezione reale. Forse aveva origine dal cocktail di paura e adrenalina che le scorreva nelle vene.
“Realtà o la conseguenza di un cocktail di paura e adrenalina?”
Prese il telefono e cercò i sintomi di una scossa. La lista che lesse la inquietò: disidratazione, aritmia e problemi neurologici.
“scossa. La lista che lesse” fa tanto “sommessi a lui si volsero”, cioè una sfilza cacofonica di esse.
Aveva quindi il telefono in tasca o a portata di mano.
“Cercò sul telefono i sintomi di una scossa” Oppure “Cercò sul telefono: sintomi di una scossa. Disidratazione, aritmia e problemi neurologici, la lista la inquietò.”
Avrebbe voluto bere per prevenire la disidratazione, ma il frigo era completamente vuoto. Compose il numero del suo amico Gianni per farsi tranquillizzare, ma purtroppo non era raggiungibile. Stava digitando un secondo numero di telefono quando sentì il suo corpulento vicino, il signor Boninsegna, salire la rampa di scale. Dal tono pesante dei passi era chiaramente arrabbiato: «Cos'è tutto questo casino?!» urlò e l'eco rimbalzò per la rampa di scale.
1) Meglio evitare avverbi in ente!
2) “Fece il numero di Gianni” (il lettore capisce che è un amico, un suo amico).
3) “Irraggiungibile. Riprovò con un altro amico, ma il numero rimase a metà.”
4) La nostra mica è al telefono: come fa a sapere che è proprio il signor Boninsegna a salire le scale?
5) I passi emettono un tonfo, o qualcosa di simile, ma non un tono. Il tono potrebbe appartenere a una voce.
Avrebbe voluto bere per prevenire la disidratazione, ma il frigo era vuoto. Compose il numero di Gianni, per farsi tranquillizzare: non raggiungibile. Riprovò con un altro amico, ma il numero rimase a metà. “Cos’è questo casino?” Un grido riecheggiò dalle scale.
Forse meglio, anche se ci sono troppi “numeri”.
Bussò alla porta del piccolo appartamento di Beatrice e senza aspettare una risposta la aprì furibondo.
Ma, non appena la vide, il viso del signor Boninsegna cambiò completamente. Il colore, prima paonazzo, si scolorì all'improvviso diventando bianco come lenzuolo. Le parole gli morirono in gola e cominciò a balbettare. Le si avvicinò, passò oltre e si diresse verso qualcosa disteso per terra.
Lo sappiamo già che è un appartamentino. Per il momento, dato che è quasi impossibile che la nostra Beatrice abbia riconosciuto il tizio dal “tono” dei passi, non sappiamo chi sia alla porta. Beatrice potrebbe “sentire” dei colpi violenti alla porta: uno sconosciuto arrabbiato…
“Colpi violenti alla porta, senza attendere una risposta il signor Boninsegna spalancò.”
Ecco, adesso Beatrice lo vede, e può descriverlo. Com’è? Pancione, rubizzo, ansimante come un vecchio termosifone, gli occhi fuori dalle orbite, i pugni chiusi roteati all’aria… Vedi tu come vuoi che sia il “tuo” Boninsegna. Poi fallo sbiancare. Non all’improvviso, perché all’improvviso è facile, troppo facile. Io lo farei vacillare e poi appoggiare al muro, come se stesse per svenire. Insomma, questa parte va rivista immedesimandosi in Beatrice, nel suo punto di vista, e non in quello onnisciente dello scrittore che racconta al lettore.
Proseguirei con Beatrice che viene ignorata da Boninsegna. Ancora non sa di essere morta. Come se ne accorge? Proprio perché il panzone non vede lei, che è di spirito e non di carne, ma il corpo a terra. E qui bisogna che Beatrice reagisca: falla gridare, strepitare mettersi le mani nei capelli, inorridire. Adesso conta Beatrice, perché lo “sbiancato” ciccione Boninsegna non serve più a nulla! Puoi anche farla pensare, cioè esprimere i suoi pensieri e i suoi sentimenti, che mostrerai al lettore.
Un bel finale sarebbe “vederla” rientrare trionfante nella vecchia casa.
Consigli tecnici finali:
1) Scegli chi ha la telecamera, chi “vive” la scena dal suo punto di vista. Il punto di vista è fondamentale: come fa Beatrice a sapere chi sale le scale se sta telefonando?
2) Sii credibile, il lettore è smaliziato: come, questa capisce chi è dal “tono” dei passi?
3) Non raccontare nulla, ma mostra al lettore la scena, attenendoti al punto di vista di chi ha la “telecamera”
4) Evita gli avverbi di tempo e costruisci la scena in ordine cronologico.
5) Se puoi, evita gli avverbi in ente e i gerundi ripetuti e a sproposito. Il gerundio (ando ed endo) crea comunque un rimbombo cacofonico e da evitare.
6) Cerca di non comparire mai come narratore. Non devi spiegare nulla, ma il lettore deve capire da ciò che tu vai “mostrando”.
La tua storia ha un buon potenziale, bisogna solo lavorarci un po’.
Se sei un’esordiente, come credo, sei sulla buona strada. Anzi, su di una buona scala, come il signor Boninsegna.
Con opportuni aggiustamenti potresti ottenere ottimi risultati.
Corretto, italiano corretto… Forse un po’ più scorrevole “Un penetrante odore di muffa regnava nell’appartamentino” oppure “Il puzzo di muffa appestava l’appartamentino”. E altre innumerevoli varianti pe evitare le due frasi congiunte da una “e”.
Beatrice l'aveva affittato con i suoi ultimi risparmi.
“Beatrice l'aveva affittato con gli ultimi risparmi.” Forse meglio evitare un inutile possessivo.
L’ennesimo…
Beatrice l'aveva affittato con i suoi ultimi risparmi. In quelle settimane la sua vita era stata ribaltata: i suoi stessi parenti le avevano dato lo sfratto dalla casa in cui abitava fin da bambina.
L’imperfetto e il trapassato prossimo ricordano lo stile antico di "Era una notte buia e tempestosa", cioè del 1830.
A nulla era servito chiedere un po' di tempo per organizzarsi e così se n'era dovuta andare con l'amara consapevolezza che le avevano voltato le spalle.
Una notte sempre più tempestosa.
Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non era poi così difficile.
Giorno, finalmente! Adesso verifichiamo gli avverbi: è indispensabile quel brutto “dopo”? Non sarebbe stato meglio mostrare, anche per poco, la nostra Beatrice che guarda i video e si convince? Prima, dopo, quando sarebbe meglio evitarli e mostrare gli eventi che “procedono” senza la necessità di sancire l’ordine temporale con avverbi.
A parte il dopo e il poi, alcune considerazioni:
1) Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non era poi così difficile. Era (indicativo): esprime la convinzione come un fatto o una realtà.
2) Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non fosse poi così difficile. Fosse (congiuntivo): esprime la convinzione come un'idea o un'opinione soggettiva. È la forma più comune e grammaticalmente più precisa.
3) Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non sarebbe stata poi così difficile. Sarebbe stata (condizionale): esprime la convinzione riguardo a un'azione che avverrà o sarebbe potuta avvenire in futuro.
Andò verso il contatore, tolse la corrente e verificò che gli interruttori non funzionassero più.
Perché andò “verso”? Forse meglio tolse la corrente (o staccò la luce) e verificò che gli interruttori non funzionassero più.
Salì sulla sua scaletta traballante, con nastro isolante e forbici da elettricista in mano, e si allungò verso i fili che pendevano dal soffitto.
Con il nastro isolante e le forbici da elettricista in mano, salì sulla scaletta traballante e si allungò verso i fili che pendevano dal soffitto.
Li sfiorò. Fu un attimo. Una scarica di corrente si abbatté su di lei. La sensazione che provò fu insolita: calore sulla punta delle dita, gelo nel resto del corpo e al contempo l'impressione di essere attraversata come se fosse fatta d'aria.
Li sfiorò e la scarica si abbatté su di lei: calore sulla punta delle dita, gelo nel resto del corpo, l’attraversò come se fosse l’aria.
L’attimo lo fa la congiunzione e, dato che si tratta di un attimo, il taglio delle parti superflue abbrevia.
Qualche istante dopo, si alzò dal pavimento stordita, senza capire come mai fosse distesa sulle piastrelle. Sentiva il corpo dolorante ed uno strano formicolio: l'eco del passaggio della corrente elettrica.
Mettiamo in ordine:
1) Cado e mi alzo stordita.
2) Mi sarei potuta alzare qualche istante prima (di cadere)?
3) L'eco del passaggio della corrente elettrica. Spieghino al lettore, che altrimenti mai avrebbe capito la causa del formicolio… E la corrente sarebbe potuta essere idraulica?
"Senza capire come, si ritrovò sul pavimento. Si alzò, stordita e in preda a uno strano formicolio" forse meglio? Il lettore dovrebbe e vorrebbe vedere e non sentire un racconto.
Non era certa che si trattasse di una percezione reale. Forse aveva origine dal cocktail di paura e adrenalina che le scorreva nelle vene.
“Realtà o la conseguenza di un cocktail di paura e adrenalina?”
Prese il telefono e cercò i sintomi di una scossa. La lista che lesse la inquietò: disidratazione, aritmia e problemi neurologici.
“scossa. La lista che lesse” fa tanto “sommessi a lui si volsero”, cioè una sfilza cacofonica di esse.
Aveva quindi il telefono in tasca o a portata di mano.
“Cercò sul telefono i sintomi di una scossa” Oppure “Cercò sul telefono: sintomi di una scossa. Disidratazione, aritmia e problemi neurologici, la lista la inquietò.”
Avrebbe voluto bere per prevenire la disidratazione, ma il frigo era completamente vuoto. Compose il numero del suo amico Gianni per farsi tranquillizzare, ma purtroppo non era raggiungibile. Stava digitando un secondo numero di telefono quando sentì il suo corpulento vicino, il signor Boninsegna, salire la rampa di scale. Dal tono pesante dei passi era chiaramente arrabbiato: «Cos'è tutto questo casino?!» urlò e l'eco rimbalzò per la rampa di scale.
1) Meglio evitare avverbi in ente!
2) “Fece il numero di Gianni” (il lettore capisce che è un amico, un suo amico).
3) “Irraggiungibile. Riprovò con un altro amico, ma il numero rimase a metà.”
4) La nostra mica è al telefono: come fa a sapere che è proprio il signor Boninsegna a salire le scale?
5) I passi emettono un tonfo, o qualcosa di simile, ma non un tono. Il tono potrebbe appartenere a una voce.
Avrebbe voluto bere per prevenire la disidratazione, ma il frigo era vuoto. Compose il numero di Gianni, per farsi tranquillizzare: non raggiungibile. Riprovò con un altro amico, ma il numero rimase a metà. “Cos’è questo casino?” Un grido riecheggiò dalle scale.
Forse meglio, anche se ci sono troppi “numeri”.
Bussò alla porta del piccolo appartamento di Beatrice e senza aspettare una risposta la aprì furibondo.
Ma, non appena la vide, il viso del signor Boninsegna cambiò completamente. Il colore, prima paonazzo, si scolorì all'improvviso diventando bianco come lenzuolo. Le parole gli morirono in gola e cominciò a balbettare. Le si avvicinò, passò oltre e si diresse verso qualcosa disteso per terra.
Lo sappiamo già che è un appartamentino. Per il momento, dato che è quasi impossibile che la nostra Beatrice abbia riconosciuto il tizio dal “tono” dei passi, non sappiamo chi sia alla porta. Beatrice potrebbe “sentire” dei colpi violenti alla porta: uno sconosciuto arrabbiato…
“Colpi violenti alla porta, senza attendere una risposta il signor Boninsegna spalancò.”
Ecco, adesso Beatrice lo vede, e può descriverlo. Com’è? Pancione, rubizzo, ansimante come un vecchio termosifone, gli occhi fuori dalle orbite, i pugni chiusi roteati all’aria… Vedi tu come vuoi che sia il “tuo” Boninsegna. Poi fallo sbiancare. Non all’improvviso, perché all’improvviso è facile, troppo facile. Io lo farei vacillare e poi appoggiare al muro, come se stesse per svenire. Insomma, questa parte va rivista immedesimandosi in Beatrice, nel suo punto di vista, e non in quello onnisciente dello scrittore che racconta al lettore.
Proseguirei con Beatrice che viene ignorata da Boninsegna. Ancora non sa di essere morta. Come se ne accorge? Proprio perché il panzone non vede lei, che è di spirito e non di carne, ma il corpo a terra. E qui bisogna che Beatrice reagisca: falla gridare, strepitare mettersi le mani nei capelli, inorridire. Adesso conta Beatrice, perché lo “sbiancato” ciccione Boninsegna non serve più a nulla! Puoi anche farla pensare, cioè esprimere i suoi pensieri e i suoi sentimenti, che mostrerai al lettore.
Un bel finale sarebbe “vederla” rientrare trionfante nella vecchia casa.
Consigli tecnici finali:
1) Scegli chi ha la telecamera, chi “vive” la scena dal suo punto di vista. Il punto di vista è fondamentale: come fa Beatrice a sapere chi sale le scale se sta telefonando?
2) Sii credibile, il lettore è smaliziato: come, questa capisce chi è dal “tono” dei passi?
3) Non raccontare nulla, ma mostra al lettore la scena, attenendoti al punto di vista di chi ha la “telecamera”
4) Evita gli avverbi di tempo e costruisci la scena in ordine cronologico.
5) Se puoi, evita gli avverbi in ente e i gerundi ripetuti e a sproposito. Il gerundio (ando ed endo) crea comunque un rimbombo cacofonico e da evitare.
6) Cerca di non comparire mai come narratore. Non devi spiegare nulla, ma il lettore deve capire da ciò che tu vai “mostrando”.
La tua storia ha un buon potenziale, bisogna solo lavorarci un po’.
Se sei un’esordiente, come credo, sei sulla buona strada. Anzi, su di una buona scala, come il signor Boninsegna.
Con opportuni aggiustamenti potresti ottenere ottimi risultati.
Re: Casa, dolce casa
3Grazie dei consigli, li ho molto apprezzati.
Fraudolente wrote: Se sei un’esordiente, come credo, sei sulla buona strada.Sì, questo è il primo racconto che scrivo dall'inizio alla fine.
Re: Casa, dolce casa
4Ciao @Giu e benvenuta al forum.
Il racconto è ben scritto e Beatrice è una figura toccante nella sua determinazione e solitudine. Tuttavia, il finale mi ha lasciato perplesso: l’idea che, subito dopo la morte, il suo primo pensiero sia la vendetta sotto forma di "infestazione" nella casa dei parenti che l’hanno scacciata, mi è sembrata una riduzione del mistero profondo che la morte rappresenta.
In una prospettiva spirituale — e in particolare cristiana — la morte non dovrebbe essere un prolungamento dei dolori terreni, ma un passaggio a una consapevolezza nuova, più luminosa. Santa Teresa d’Ávila, nel Castello interiore, descrive l’anima come un luogo composto da molte dimore, dove l’essere umano è chiamato ad avanzare verso il centro, verso Dio. In questa visione, la morte è un invito a entrare nella “dimora più profonda”, quella dell’unione con il divino, dove il rancore non ha più posto.
Lasciando perdere la visione cristiana, anche Nietzsche, da una prospettiva molto diversa, parla della liberazione dopo il peso terreno. C’è una frase a lui attribuita che trovo illuminante:
«Adesso sono luce, ora volo, ora mi vedo al di sotto di me, ora un dio danza attraverso di me.»
Entrambe queste visioni, pur partendo da basi differenti, suggeriscono che la morte possa essere — o debba essere — un’occasione per elevarsi, per lasciarsi alle spalle il dolore e trasformarlo in coscienza.
Per questo avrei trovato più coerente e spiritualmente significativo un finale in cui Beatrice, pur nel dolore, riesce finalmente a vedere con occhi nuovi, magari anche a perdonare. Non per debolezza o comprensione umana, ma per quella forza più grande che nasce dalla verità e dalla libertà interiore.
A rileggerti con piacere.
Il racconto è ben scritto e Beatrice è una figura toccante nella sua determinazione e solitudine. Tuttavia, il finale mi ha lasciato perplesso: l’idea che, subito dopo la morte, il suo primo pensiero sia la vendetta sotto forma di "infestazione" nella casa dei parenti che l’hanno scacciata, mi è sembrata una riduzione del mistero profondo che la morte rappresenta.
In una prospettiva spirituale — e in particolare cristiana — la morte non dovrebbe essere un prolungamento dei dolori terreni, ma un passaggio a una consapevolezza nuova, più luminosa. Santa Teresa d’Ávila, nel Castello interiore, descrive l’anima come un luogo composto da molte dimore, dove l’essere umano è chiamato ad avanzare verso il centro, verso Dio. In questa visione, la morte è un invito a entrare nella “dimora più profonda”, quella dell’unione con il divino, dove il rancore non ha più posto.
Lasciando perdere la visione cristiana, anche Nietzsche, da una prospettiva molto diversa, parla della liberazione dopo il peso terreno. C’è una frase a lui attribuita che trovo illuminante:
«Adesso sono luce, ora volo, ora mi vedo al di sotto di me, ora un dio danza attraverso di me.»
Entrambe queste visioni, pur partendo da basi differenti, suggeriscono che la morte possa essere — o debba essere — un’occasione per elevarsi, per lasciarsi alle spalle il dolore e trasformarlo in coscienza.
Per questo avrei trovato più coerente e spiritualmente significativo un finale in cui Beatrice, pur nel dolore, riesce finalmente a vedere con occhi nuovi, magari anche a perdonare. Non per debolezza o comprensione umana, ma per quella forza più grande che nasce dalla verità e dalla libertà interiore.
A rileggerti con piacere.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
(Apocalisse di S. Giovanni)
Re: Casa, dolce casa
5Ciao Giù, premetto che sono solo considerazioni personali e ti scrivo onestamente solo ciò che penso -secondo me- potrebbe migliorare il tuo testo.
trama e contenuto:
La trama è abbastanza semplice e finisce con la morte della protagonista. Mi è mancata la forza sia del contenuto sia del il significato che si voleva trasmettere per i motivi che elencherò sotto.
personaggi: l'unico personaggio rilevante della storia è Beatrice. Mi è piaciuto perché è una donna indipendente che prova a cavarsela da sola. Tuttavia, ci vengono dati pochi indizi (sia palesi che indiretti) sulla sua reale personalità. Non c'è molto da dire in realtà: per il tipo di racconto va bene così.
Grammatica e Sintassi: Non mi danno alcun tipo di fastidio né i punti frequenti (d'altronde li uso anche io) né le frasi spezzate.
Le frasi spezzate così spesso -lo faccio anche io- si dice che dovrebbero essere utilizzate per i momenti più 'intensi' in modo tale che il testo stesso invoglia a indurre nel lettore ansia o senso di velocità nella lettura (ripeto: secondo me non danno fastidio ma vabbè
). Onestamente neanche gli avverbi li ritengo un problema in quanto tali. Quello che può inserirsi nella sezione sintassi e grammatica e ritengo una segnalazione da dover fare per migliorare il testo è la scelta di parlare di un tempo passato rispetto alla narrazione e quindi utilizzare il Trapassato che fra i tempi verbali non è il più 'sciolto'. Questo ha allungato il testo e lo ha reso meno scorrevole.
Stile:
Mi devo fermare maggiormente su questo punto perché è quello che ritengo più importante.
Nel tuo testo, a mio parere, ci sono due paragrafi che contengono parecchio infodump che dovrebbero essere ridotti drasticamente o addirittura eliminati:
Almeno così si dice. In realtà la scrittura è bella perché ci si può giocare un po' come si vuole. Se a te piace questo stile è okey.
Giudizio finale: Il testo è scritto bene e non ho individuato particolari errori, più che altro puoi pensare a scelte stilistiche alternative per rendere il testo maggiormente immersivo. La trama è molto semplice ma secondo me non hai dato il giusto peso alle difficoltà che Beatrice ha dovuto riscontrare per via dei parenti. Sì, come ho detto, il narratore me le ha spiegate, ma non le ho viste fare a Beatrice e così non ho empatizzato con lei come forse tu volevi trasmettere. In linea generale è un buon testo ma sarebbe stato migliore con uno stile di scrittura più immersivo.
trama e contenuto:
La trama è abbastanza semplice e finisce con la morte della protagonista. Mi è mancata la forza sia del contenuto sia del il significato che si voleva trasmettere per i motivi che elencherò sotto.
personaggi: l'unico personaggio rilevante della storia è Beatrice. Mi è piaciuto perché è una donna indipendente che prova a cavarsela da sola. Tuttavia, ci vengono dati pochi indizi (sia palesi che indiretti) sulla sua reale personalità. Non c'è molto da dire in realtà: per il tipo di racconto va bene così.
Grammatica e Sintassi: Non mi danno alcun tipo di fastidio né i punti frequenti (d'altronde li uso anche io) né le frasi spezzate.
Le frasi spezzate così spesso -lo faccio anche io- si dice che dovrebbero essere utilizzate per i momenti più 'intensi' in modo tale che il testo stesso invoglia a indurre nel lettore ansia o senso di velocità nella lettura (ripeto: secondo me non danno fastidio ma vabbè
Stile:
Mi devo fermare maggiormente su questo punto perché è quello che ritengo più importante.
Nel tuo testo, a mio parere, ci sono due paragrafi che contengono parecchio infodump che dovrebbero essere ridotti drasticamente o addirittura eliminati:
wrote: Beatrice l'aveva affittato con i suoi ultimi risparmi. In quelle settimane la sua vita era stata ribaltata: i suoi stessi parenti le avevano dato lo sfratto dalla casa in cui abitava fin da bambina. A nulla era servito chiedere un po' di tempo per organizzarsi e così se n'era dovuta andare con l'amara consapevolezza che le avevano voltato le spalle. Beatrice era una persona veramente tenace. Fissando quelle quattro mura non vedeva la sua sconfitta, ma un punto di partenza per ricominciare una nuova vita. Certo c'era da rimboccarsi le maniche, ma la fatica non la spaventava.Al di là degli infodump in sè in linea generale è sempre preferibile evitare spiegazioni dal narratore (anche dire 'Beatrice era una persona veramente tenace' fa parte delle spiegazioni del narratore) perché la storia dovrebbe tentare di uscire dai gesti, dalle parole, dai pensieri, segni caratteristici e scelte dei personaggi oltre che dall'ambiente.
Il giorno prima era rincasata con un vecchio lampadario, un'imitazione di un Tiffany.
L'aveva scovato in un mercatino ed era rimasta subito affascinata dai vetri colorati. Era certa che avrebbe rallegrato le stanze. Non potendosi permettere un elettricista decise di montarlo da sola. Dopo aver guardato molti video su youtube, si convinse che l'operazione non era poi così difficile.
Almeno così si dice. In realtà la scrittura è bella perché ci si può giocare un po' come si vuole. Se a te piace questo stile è okey.
Giudizio finale: Il testo è scritto bene e non ho individuato particolari errori, più che altro puoi pensare a scelte stilistiche alternative per rendere il testo maggiormente immersivo. La trama è molto semplice ma secondo me non hai dato il giusto peso alle difficoltà che Beatrice ha dovuto riscontrare per via dei parenti. Sì, come ho detto, il narratore me le ha spiegate, ma non le ho viste fare a Beatrice e così non ho empatizzato con lei come forse tu volevi trasmettere. In linea generale è un buon testo ma sarebbe stato migliore con uno stile di scrittura più immersivo.
Re: Casa, dolce casa
6Ringrazio tutti per le risposte. Mi ha fatto molto piacere sentire la vostra opinione.
Grazie ai vostri diversi punti di vista mi avete fatto notare cose che non avrei mai visto da sola.
Grazie ai vostri diversi punti di vista mi avete fatto notare cose che non avrei mai visto da sola.
Re: Casa, dolce casa
7Ciao, ho trovato il racconto molto ben scritto, tiene bene. L'idea che la protagonista veda lo squallore della propria vita solo una volta morta è molto interessante e l'avrei approfondita di più. Il finale non mi ha invece convinto, il fatto che diventi un fantasma vendicatore sembra farla tornare al punto di partenza, in cui è una donna tenace che vuole andare avanti nonostante tutto. Avrei trovato più appropriato leggere la morte come momento di catarsi e simbolicamente anche di cambiamento, in cui Beatrice può vedere il suo passato e i suoi errori con oggettività, e quindi ricominciare, anche se solo figurativamente. Ad essere fuori luogo è forse l'elemento della vendetta. Per intenderci, per me il racconto poteva finire a "sfrattare".
Togliendo l'ultima parte il significato mi risulta più tragico ed impattante, mentre gli elementi successivi di vendetta e tenacia aggiungono una nota quasi ironica secondo me fuori luogo, in quanto in contrasto con ciò che viene prima.
Purtroppo per quanto riguarda la correttezza formale non ho molti strumenti per aiutarti, perché mi sono appena iscritto e sono piuttosto arrugginito. Spero di esserti stato utile.
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Togliendo l'ultima parte il significato mi risulta più tragico ed impattante, mentre gli elementi successivi di vendetta e tenacia aggiungono una nota quasi ironica secondo me fuori luogo, in quanto in contrasto con ciò che viene prima.
Purtroppo per quanto riguarda la correttezza formale non ho molti strumenti per aiutarti, perché mi sono appena iscritto e sono piuttosto arrugginito. Spero di esserti stato utile.
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