La scelta Pt.8

1
[Lab 15] Stelle cadenti - Costruttori di Mondi



La scelta Pt.8


Avevo capito che Roberta amasse apparire ai miei occhi più matura, più esperta e disinibita di quanto non fosse in realtà.
Cosa che francamente ritenevo inutile, poiché non avevo mai fatto nulla per indurla a mostrarmi o dimostrarmi alcunché.
Comprendevo che ci fosse qualcosa nella sua psiche che le faceva subire una sorta di complesso d’inferiorità, di non sentirsi adeguata o all’altezza di chissà cosa o chi.
È sicuramente positivo che in ognuno vi sia l’ambizione a migliorarsi, a voler realizzare quell’idea di noi a cui aspiriamo:
un’immagine della nostra identità vista nel futuro, il più vicina a quello che è il nostro modello personale e sociale di riferimento.
Sovente, quando siamo molto giovani, l’ansia di adeguarci a tale modello ci induce a comportamenti o stili di vita che risultano forzati e vieppiù sopra le righe.
Pensavo questo e ne sorridevo mentalmente.
Provavo una sorta di tenerezza nel vederla impegnarsi in questa competizione con la proiezione della propria immagine interiore:
una competizione spronata dal desiderio di piacermi, di risultare interessante, seducente e raffinata, per me che, evidentemente, reputava d’un qualche livello più elevato del suo.In vena di acquisti stimolanti, o presa dall’idea di stupirmi con qualcosa di particolarmente peccaminoso, aveva comprato delle videocassette di film porno e, in un sexy shop della zona, anche un fallo in lattice nero, di una discreta dimensione.
Quest’ultimo, in onore alle sue consuetudini degli spettacoli fatti alla finestra, mi mostrò con quanta abilità sapesse impiegarlo durante i nostri giochi preliminari.
Ogni tanto le piaceva mettere su uno dei porno acquistati; nella visione, voleva replicare le performance degli attori sul letto dal quale seguivamo lo spettacolo.

Uno di questi film aveva per protagonista Moana Pozzi, una neonata porno diva che imperversava nelle sale a luci rosse.
La giovane attrice, nella pellicola, si prodigava con successo nel soddisfare due uomini nello stesso momento.
La cosa evidentemente le accese la fantasia, poiché mi chiese se mi sarebbe piaciuto far l’amore con lei e un altro uomo.
In verità, non mi era mai passata per la mente una simile idea, ma interpretai la richiesta come parte del gioco di sesso che stavamo compiendo:
una cosa che la stuzzicasse, come le parole sporche dette durante l’amore che, sovente, in quei momenti mi sollecitava per aumentare l’incandescenza dell’atto.
Stando al gioco, risposi di sì, dicendole che mi sarebbe molto piaciuto vederla dissoluta mentre veniva posseduta da due uomini.
La cosa, come previsto, sortì l’effetto afrodisiaco che immaginavo: facemmo sesso in una maniera intemperante, del tipo che – Potremmo dirci certe cose da fare accapponare la pelle – Potremmo fare certe cose che ci fucilano alle spalle, come diceva Luca Carboni in una famosa canzone d’un suo LP.

Due settimane dopo pioveva e faceva un freddo becco; era un tardo pomeriggio, stavo da cani per un’improvvisa sindrome influenzale.
Brividi, malessere e testa pesante come un macigno mi avevano afflitto fin dalla prima mattina, ma la situazione degenerava, sentivo salire la febbre.
A pranzo avevo mandato giù due aspirine, ma erano state un pannicello su una gamba di legno: non avevo ottenuto alcun conforto, i sintomi erano via via peggiorati.
Contavo di eclissarmi al termine dell’orario di lavoro, correre a casa, prendere una tisana calda e cacciarmi a letto con una robusta dose di Tachipirina.
Se il mattino dopo non fossi stato meglio, avrei avvisato l’ufficio per dichiararmi moribondo.
Squillò il telefono alla scrivania; lo presi, già bestemmiando per qualche rogna di fornitore da sorbirmi nell’ultima ora di quella nefasta giornata.
Non era un fornitore, ma lei.
Aveva preceduto la mia intenzione di chiamarla per l’ora del suo rientro, in cui le avrei comunicato che quella sera, date le mie penose condizioni di salute, non ci saremmo visti.
– Ma no, tesoro, daiii… – disse con una voce implorante. – Ti prego, fai uno sforzo e vieni.
– Cazzo, cucciola, sto male da bestia. Se domani sto meglio, vengo di sicuro.
Ma non si dava per vinta: – Dai, micione, non farti pregare. Ti ho preparato una sorpresa. Una cosa solo per te, non puoi mancare.
– Ma, piccina mia, credimi, sto come uno straccio.
– Amore, ti prego, mi sono fatta in quattro per questa sorpresa. Non rovinare tutto. Che ti costa, dai! Prenditi un’altra aspirina e vieni.
Aveva un tono di delusione davvero toccante; pensai che si trattasse d’un dono che le era costato un patrimonio. Sarebbe stato pessimo non dare valore al suo regalo.

Così raccolsi le forze e, col mio malore e l’anima già nella fossa, entrai in auto e mi diressi verso casa sua.Quando venne alla porta, era in visibilio: mi saltò al collo baciandomi, piena di gratitudine e felicità.
Entrato nel soggiorno, rimasi preso da una certa costernazione.
Vi trovai un uomo che, seduto al tavolo, sorseggiava soddisfatto uno spritz.
Assai perplesso, pensai: “E mo’, questo chi diavolo è?”
Mi voltai verso di lei con un’espressione decisamente interrogativa, ma non ebbi il tempo di formulare la mia domanda.
– È la mia sorpresa per te – disse festosa.
A quelle parole e a quella vista, assunsi sicuramente un’espressione beota.
Ma non ci fu bisogno di domande o di formulare la mia perplessità: l’aria ammiccante e briosa nello sguardo di Roberta era più che esplicita.
Mi tornò subito in mente l’episodio di quando amoreggiavamo davanti al film porno con Moana a far da panino tra due uomini e quella sua domanda se mi sarebbe piaciuto farlo allo stesso modo, dove io avevo risposto di sì.
Una cosa a cui non avevo dato peso, considerandola una sciocchezza buona giusto per rendere frizzante il nostro gioco erotico.
Cazzo! Era una fantasia per dare un pizzico di pepe alla scopata, mica una lettera d’intenti.
Una di quelle cose che, per sentirsi un po’ maiali, si dicevano usualmente anche tra me e mia moglie durante il sesso.
Se avessimo dovuto metterla in pratica ogni volta che la si diceva, ci sarebbe stata, ogni sera, una fila di maschi arrapati davanti alla nostra porta di casa.
La voglia di Roberta di sorprendermi e stupirmi nelle cose di letto le aveva preso la mano davvero di brutto.


(Continua)

Return to “Racconti a capitoli”