Prequel - Esuli di plastica di Artemis viewtopic.php?p=77299#p77299
Titolo - Plof
“Cioè, non ho capito. Secondo te viene la polizia a controllare? E che fa? Apre il sacchetto e vede che c’è un barattolo di fagioli nell’indifferenziata? Ma che sei paranoica? Te lo immagini lo sbirro con la molletta sul naso a ispezionare la spazzatura di tutto il palazzo. E poi che succede? Citofona a tutti e chiede: scusi, signore cosa ha mangiato stasera? E ieri sera? Cooosa? Chili? Mani dietro la testa, ha il diritto di non rispondere. Oppure forse ci domanda di che colore sono i nostri sacchetti. Violetto chiaro, sul lilla. No, niente da fare, siamo alla ricerca di un bel giallo paglierino. Se le viene in mente qualcosa sa dove trovarmi. Ti rendi conto che è un’idiozia questa storia della differenziata? Finché non mettono il codice a barre nei sacchetti dell’immondizia siamo in una botte di ferro.”
“Guarda che la differenziata non è che la fai per non essere arrestato, la fai per non inquinare il pianeta in cui vivi.”
“See. Belle parole. Passo otto ore in fabbrica, più un’ora e mezza per arrivare, un’ora e mezza per tornare, più la pausa pranzo. Mi sveglio alle cinque, torno a casa alle sette e mi metto pure a perdere tempo ogni giorno con questa scemenza. Ho i minuti contati, io. E poi la busta del latte va nella carta o nell’alluminio? E il cartone della pizza? Ogni anno ci dicono una cosa diversa, la verità è che non sanno neanche loro come si fa veramente. E poi lo sai che una volta arrivata alla fabbrica mischiano tutto insieme un’altra volta? Noi dividiamo e loro ci fanno una bella insalatona. La verità è che nessuno fa la differenziata. Son quelle cose che si dicono per fare bella figura. Come la beneficenza o leggere i libri. Sì, sì, ho proprio voglia, tempo e salute da dedicare a questa cazzata.”
“Sei una bestia, farai vivere tuo figlio in un mondo di monnezza” ormai Annette gridava.
“Oh, basta, sei melodrammatica. Con te non si può ragionare” Clifford uscì di casa sbattendo la porta, come ormai succedeva un giorno sì e l’altro pure.
Annette portò una mano alla pancia. Mancava poco e ogni volta che pensava al guaio che aveva combinato, anzi, con chi lo aveva combinato, non poteva fare a meno di digrignare i denti tra le lacrime. Stupida, stupida, stupida. Lo sapeva che era un cretino. Un uomo che non fa la raccolta differenziata come può prendersi cura di un bambino? Guardò il bidone della carta, da cui spuntava una bottiglia di birra. Tirò ancora su col naso. Idiota.
Clifford non aveva tempo da dedicare a queste scemenze, il mondo era sul punto di collassare, i telegiornali parlavano sempre con maggiore insistenza di Big Foot, Big Flute o qualcosa del genere: che senso aveva perdere tempo con la raccolta differenziata? Massì, sprechiamo gli ultimi giorni che ci restano con le mani nella monnezza, ottima idea. Se aveva capito bene, il mare ben presto avrebbe finito per coprire tutta la superficie terrestre come in quel vecchio film con Kevin Costner. E quella scemetta di Annette si preoccupava della raccolta differenziata. Beata gioventù! Quella ragazza era buona e cara, ma a volte la sua ingenuità toccava vette altissime, altro che mare. Come se le due cose avessero la minima attinenza, santo cielo!
Certo, il mondo era cambiato. Ormai era innegabile. Clifford era stato uno degli ultimi ad arrendersi all’evidenza: la spiaggia che da piccolo era a quindici minuti da casa adesso era a un passo. Cioè, proprio a un passo. Apriva la porta e aveva già i calzini bagnati. Nel giro di un anno? un mese? un giorno? anche casa sua sarebbe stata interamente sommersa. E dove sarebbero andati a vivere? Clifford raccolse da terra una lattina accartocciata e, con un gesto di stizza, la lanciò nel buio della notte.
Plof.
Di tornare a casa non aveva più voglia. Farsi ancora rimproverare da Annette per tutte quelle sciocchezze da paranoici: il dentifricio spremuto dal centro, le gocce sul pavimento dopo la doccia, la bottiglia del detersivo nell’umido. Era stanco di tutto quell’elenco di divieti, gli sembrava di aver lasciato quella gran rompiballe della mamma e aver trovato una degna erede ancora più rompiballe, se possibile. Lui era stanco, lavorava tutto il giorno, non voleva essere tormentato anche nel suo - poco - tempo libero. La raccolta differenziata di ‘sta ceppa, sibilò tra i denti. E così dicendo afferrò una bottiglia di Pepsi con l’etichetta strappata e la lanciò direttamente nel mare.
Plof.
Quel rumore lo metteva di buon umore. Almeno quello era sempre lo stesso: non era cambiato da quando, da piccolo, giocava con gli amici a chi lanciava la bottiglia più lontano. Adesso tutto era diverso: non aveva ancora superato i trenta e quel mondo era già irriconoscibile. Il cambiamento era esponenziale diceva la televisione, ma lui non aveva mai capito cosa intendessero quei professoroni. Sembrava lo facessero apposta: utilizzavano parole complicate per non far capire alla povera gente che stava succedendo. Passeggiava per la battigia, se battigia poteva essere definita quella lastra di asfalto che costeggiava l’oceano. Un lungomare di immondizia, un eterno ping pong tra terra e acqua, con la terra che provava a vomitare immondizia in acqua e le onde che la riportavano a riva. Clifford sembrava non fare più caso allo slalom tra i sacchetti che era costretto a fare ogni sera per camminare sulla spiaggia, se spiaggia poteva essere chiamata quella distesa di melma nera in cui sprofondavano i suoi piedi. Clifford malediceva il mondo. Il mondo che cambiava. In maniera esponenziale. Esponenziale, Big Foot, ma quante se ne inventavano? La verità è che al mondo gli aveva dato di volta il cervello. Il suo sguardo fu attirato da una tanica di benzina, di un bel bianco che contrastava con il buio della notte. Ripensò ad Annette, al suo pancione. Con un gesto di sfida raccolse la tanica e la scagliò con tutta la violenza nel mare.
Plof.
Il punto era che da quando era incinta erano cambiate le gerarchie. Prima era docile e mansueta: da quando era diventata più grossa si era messa in testa di comandare. Eh, già. Troppo comodo così. Prima di farti ingravidare sei tutta dolce e cucciolosa, e adesso che hai raggiunto l’obiettivo diventi una tiranna? Non va, non va, non va. Era ancora in tempo. Poteva ancora darsela a gambe. Prima che questo pazzo mondo collassasse, prima che Annette partorisse. Lo sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di lasciarli una volta che il piccolo fosse nato. Ma prima sì, prima era come se fosse ancora in diritto. O no? Come aveva detto che doveva chiamarsi? Un’altra imposizione di Annette. Tyler, gli pareva. Che nome stupido. E vabbé, il nome del nonno, le solite tradizioni. Vedrai, anche il nipote del bambino si chiamerà così, ha detto Annette.
Che devo fare? Nemmeno il nome di mio figlio posso scegliere. Guardò il mare, quella tavola puzzolente che, nell’oscurità, si stagliava all’orizzonte: non che lo vedesse, era diventato talmente scuro che si confondeva nel buio, però sapeva che era lì: liquido universo in eterna espansione. Ripensò all’idea di scappare. Costruire una zattera e andare per mari come un vagabondo, prospettiva duecento volte migliore che recarsi in fabbrica a farsi sfruttare per poi tornare a casa a farsi sgridare da Annette. L’unico momento di pace, pensò Clifford, era l’ora e mezza all’andata e l’ora e mezza al ritorno che ogni giorno doveva trascorrere nel traffico. Pensa a chi lavora sotto casa, un vero incubo.
Inciampò in qualcosa di duro e morbido al contempo, ma che era? Un vecchio stivale da cowboy. E come ci era arrivato lì uno stivale da cowboy? Ormai, quella strada era diventata una discarica a cielo aperto. Era il mare che inquinava la terra, non viceversa, pensò Clifford. Tutte quelle cretinate sull’ambientalismo e poi? Tra qualche anno vivremo tutti come pirati. Mica male, pensò, a lui i pirati erano sempre stati simpatici. I vascelli, gli uncini, il grog. Prese lo stivale e lo lanciò in mare, assaporando già il plof che avrebbe ascoltato da lì a poco.
Cacchio, adorava quel rumore, era il suono della sua infanzia.
Tlank.
[CE2025] Plof - Prequel Esuli di plastica
1Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo
Sì, certo
In un ristorante, intendo