Il Canto dell’Ultimo Cananeo

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Il Canto dell’Ultimo Cananeo


Cammino su pietre calde di lacrime,
i bambini dormono tra i calcinacci, 
mangiano pane che sa di polvere, 
e io, che fui seme nei giardini di Ashkelon
ora sono vento che non trova rifugio tra le rovine di Gaza.


Ricordo il grano alto e le madri cantare alle stelle
riflesse sul Mar Mediterraneo.
Un Dio parlava tra i melograni, 
e il cuore degli uomini era fatto di luce. 
Dèi guerrieri imponevano stragi su campi, 

stragi di popoli che alzavano le spade sui propri fratelli.
Ricordo figli bruciati nel nome di divinità senza misericordia. 
E piangeva la terra, piangeva il cielo, 
ma gli altari esigevano il loro sangue.
E ora? …

Ora il cielo ha voce di ferro, 
la pioggia sa di fuoco. 
Ogni alba è un urlo trattenuto,
ogni notte è una madre che veglia la morte.

Non ho forma né nome, 
solo memoria scolpita nell’ombra.
Ogni muro crollato mi conosce, 
ogni bambino in fuga è sangue del mio sangue.

Mi chiamavano Amurabi’el, 
figlio della cenere, fratello del vento.
Da millenni veglio il suolo conteso, 
terra di latte e miele, ora fiume di fiele.

Ho visto la gloria trasformarsi in fumo,
le bandiere mutare, le madri restare. 
E ogni volta la stessa illusione: 
Che morire sia nobile, che uccidere sia dovere.

Ma ascoltatemi, voi che ancora potete:
nessun onore vale quanto una vita strappata, 
nulla vale il sorriso di un bambino che non può più sorridere.


Non fatevi ingannare dai canti d’eroismo,
che vestono d’oro il sangue più scuro. 
Io vi supplico: non fatevi eroi, fatevi vivi.


Che la memoria di cruente battaglie non vi seduca alla rovina. 
Non chiamatela pace, se è solo pausa tra un massacro e un altro.
Non chiamatela fede, se vi insegna a odiare un fratello. 
Io, Amurabi’el, ho visto dèi scolpiti nel bronzo e poi nel cemento.


E nessuno di loro ha consolato il pianto d’un figlio senza madre. 
I potenti offrono ideali come zucchero sopra il veleno.
E voi li seguite con occhi bendati, 
ma vi tolgono la voce, 
vi dicono chi è l’altro e vi fanno credere che è un nemico.


Ma l’umanità non ha eserciti,
non ha confini, non ha inni. 
Ha un solo ideale che nasce senza passaporto.
Che piange nella stessa lingua, che ama senza religioni. 
Ha un solo ideale: la vita.


Unitevi tutti sotto il cielo che nessuno può comprare. 
Dite no al richiamo dell’oro mascherato da giustizia.
Dite no alle verità vendute a poco prezzo. 
Perché finché riconoscerete l’altro come sé,
nessun dio potrà più convincervi a uccidere in suo nome. 


Io canto, 
non per essere ascoltato, 
ma perché il silenzio non diventi tomba.
Perché resti in chi vive la traccia di un popolo cancellato. 
Portami con te, viandante moderno, 
non in libri, mostre o musei.
Ma nel tuo sguardo.
Nella tua voce che dice: “Basta.” 
Nel tuo abbraccio che non dimentica. 
Perché finché qualcuno sussurra il mio nome,
io sono eco. 
Sono preghiera. 
Io sono l’ultima parola che Gaza non ha potuto dire.

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