@Alba359 Scusa, ci ritorno sopra perché mi è venuta voglia di postare una poesia e in questa tua credo di poter dire altro per un commento più esteso. Va da sè che le poche osservazioni di carattere formale e critico sono dettate dal mio gusto personale
Noi
Come gli asini belli
Data la brevità e concisione dei versi, opterei per una ulteriore pulizia formale, evitando quanti più articoli e congiunzioni possibili. In questo caso "gli".
Il carattere della similitudine incarnata dagli asini come metafora di sopportazione, di fatica, e stoica rassegnazione, ma anche di sfruttamento, l'avevo colto fin dalla prima lettura. Per forza di cose, la sento vicina al lavoro che faccio e forse anche per questo l'ho apprezzata particolarmente. Naturalmente tu li hai dotati, i tuoi asinelli, di una qualità che nella vita di tutti i giorni non è per nulla scontata. Parlo della consapevolezza.
Ossa e muscoli per lavorare
Come i nostri fratelli
Vite al limite da sopportare
Noi
Come gli asini belli
Tristi e obbedienti
Mai ribelli
Fin dall'inizio hai posto questa condizione come qualcosa di condiviso da molti, e hai fatto bene. Per quanto sui media, social o meno, se ne parli poco, gli asini umani sono tanti. Curiosamente, però, è sempre la voce dei privilegiati quella che sentiamo lamentarsi. E ora, chissà perché (eh, chissà) mi viene in mente la Santanchè che piange e lamenta la scarsa disponibilità di lavoratori stagionali. Porella.
Fatica e maltrattamenti
Noi
Nati coi piedi nel confine sbagliato
Con la schiena piegata
Forma del peccato
Forma ereditata
Schiena piegata come forma del peccato, il peccato di essere nati nel luogo sbagliato, quello che vorrebbe negarti persino il diritto di sopravvivere. Non è forse questo che facciamo quando chiudiamo i confini? Certo, la problematica è complessa e colossale, ma siamo già arrivati al punto del "si salvi chi può"? La miseria è quindi peccato, per giunta ereditario? Bei versi, chiari e forti, crudi e crudeli, eppure innegabilmente veri
Non siamo anche Noi figli?
Noi che raschiamo il pattume
quando la fame ci cammina davanti.
Noi che il fucile ci sorpassa di una spanna,
ma ridiamo, abbiamo denti ancora bianchi e visi troppo adulti
Gli ultimi due versi mi dicono qualcosa che non avevo recepito in prima lettura ma che ora, a pensarci, era già presente nel titolo. Gli asinelli sono dunque bambini e la poesia parla di sfruttamento minorile. Bene, anche se i sentimenti che a me ispira la tua poesia non cambiano. La sofferenza degli adulti, quando sono impotenti, la trovo ugualmente intollerabile anche se capisco la maggiore indignazione che suscita quella dei minori
Noi grandi iridi affogate nel dolore.
Nelle lacrime delle nostre madri.
Noi senza cibo, scheletri con la pancia,
di giorno mastichiamo l’aria del deserto.
Noi che produciamo ricchezza altrove
mentre sogniamo di giocare al calcio.
Sì, un minuto di silenzio per i nostri ganzi giocatori, a partire dal tanto compianto Maradona. Cioè, un minuto per rifletterci su e chiedersi se siano mai stati all'altezza di quei sogni che incarnano.
Noi che portiamo in braccio i più piccoli
e Insieme ci ripariamo nelle baracche.
Noi che giochiamo nei rivoli malsani
e l'acqua è sempre troppo distante.
Noi, scomparsi un pezzo alla volta.
Siamo anche Noi figli di Dio?
Bella domanda, e con quale faccia possiamo rispondere loro di sì?
Vorremmo miagolare, per miracolo.
A Dio piacendo vi faremmo voltare,
invece riusciamo soltanto a ragliare.
È il verso degli asinelli, quello sappiamo fare.
È un lamento disperato, basso e malinconico.
E anche se tutti lo sanno che (raglio d’asino non arrivò mai in cielo),
nei polmoni abbiamo un grido che potrebbe spaccare la terra.
in genere mi piacciono le parentesi proprio perché spezzano la formalità del linguaggio poetico, però qui non mi sembra abbiano una ragion d'essere, il verso potrebbe tranquillamente andare accapo e restarne fuori. Bello comunque tutto il passaggio.
Con tanto fiato potremmo arrivare fino alle stelle.
Allora, perfino la luna si volterebbe per la vergogna
E ottima chiusura. Forte e accusatoria. Ripeto ciò che avevo già scritto, e cioè gran bella poesia che, si sente, nasce da un'indignazione autentica, e conferma ciò che avevo immaginato da altri tuoi scritti, e cioè il forte senso pratico ed etico di una gioventù disincantata che si guarda intorno senza consolatori estetismi. E un buon senso del sociale, privo di ipocriti personalismi. Ottima prova.