[CP18] Sangue su per la gola

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Rose rosse (Maria Messina)


Vedeva, lontano, confuso, un gran chiarore verde. Sempre così le si presentavano alla mente i pochi slegati ricordi dei luoghi non più riveduti: la pergola di Licata, coll’uva immatura, la mamma vestita di nero, lei che ricamava mazzi di rose rosse, dagli steli rigidi come ceri, su una coperta color canarino. La coperta, interminabile, era destinata al suo corredo.
Concetto veniva a trovar la mamma. Sedeva anche lui sotto la pergola e accettava il caffè coi savoiardi fatti in casa. Chiacchierava come un mulino a vento. Ma se per caso la mamma si allontanava, un momentino, lui non parlava più, e lei diventava più rossa delle rose rosse e abbassava gli occhi, un po’ lieta, un po’ spaurita, di esser sola…
E poi, morta la mamma, chiusa la casa di Licata, era venuta in casa del fratello.
Paese nuovo, gente nuova.
Finito il lutto, dopo un anno di clausura, in mezzo a gente che non conosceva, in mezzo a parenti che non amava, aveva riveduto Concetto. La prima volta fu di mattina (le restava nitido il ricordo), ed era in chiesa. L’aveva scorto, levando gli occhi dal libro, appoggiato a un pilastro, col cappello in mano, dentro un raggio di sole ricolmo di polvere d’oro e d’argento.
Di poi la cognata non la condusse più alla messa delle undici. Non la condusse più a fare la passeggiata sulla via della Niviera, dove lui la seguiva lentamente, in distanza.
— Bobò, tu baderai alle donne che lavano nel cortile.
— Deve venire il fattore: l’aspetterà Bobò.
La chiamavano ancora Bobò. Il tempo passava, e le restava il nomignolo che le avevan dato a Licata, come una breve tiepida carezza. Michelina, la nipotina, la chiamava zia Bobò; ma crescendo la chiamò soltanto zia. E Angela, quando la doveva nominare, diceva: «mia cognata», o pure, se si rivolgeva alla serva, diceva: «la signorina», o pure, «tua sorella», se parlava col marito.
Si seccavano tutti di quel nomignolo da bambina. Una volta Angela disse: — È ridicolo chiamarti ancora Bobò!
Pure nessuno seppe dirle Liboria. Era l’abitudine.
Lei si vergognò di chiamarsi Bobò, col tempo. Ma il nomignolo era attaccato alla sua persona, come la fresca giovinezza che non voleva morire. Sì, aveva capelli troppo morbidi e lunghi, il petto troppo colmo benché lo soffocasse (per pudore), nei corpetti scuri rigidamente abbottonati.
Concetto era venuto a stabilirsi nel paese che lei abitava. Faceva il farmacista. Domandò la mano di lei al fratello, che rifiutò senza interrogarla.
Lei lo seppe dopo. Glie lo disse una serva licenziata.
— Signorina, apra gli occhi! Lei dormirà sempre sola, e la sua dote se la gode donna Michelina!
Ebbene, che fare? Direi: Mi voglio maritare?
Una vampata di sangue le saliva sino alla fronte all’audace, impudico pensiero. Come dire così alla cognata, al fratello?
Però non disse niente. E Concetto passò ogni sera nel vicolo ed Angela chiuse le finestre del vicolo; Concetto andò alla messa delle otto, e passeggiò sullo stradale di Santo Stefano, ed Angela andò alla messa delle cinque e non fece più uscire la cognata; Concetto scrisse tre volte, ed Angela si impossessò dei tre biglietti, pieni di umili ardenti parole, e li lacerò. Fu una lotta sorda, accanita, tra Angela e Concetto.
Una sera il fratello, dopo aver sentito la moglie che non ne poteva più della sua sorveglianza, fece una strapazzata a Bobò: le disse che le femmine si somigliano tutte e basta che vedano un uomo (un vizioso morto di fame qualunque!) per perdere ogni ritegno. Credendo di farle bene, le disse parole brutali. Bobò ascoltò senza fiatare, con la gola stretta: aveva la sensazione di esser messa nuda davanti a tutti, davanti al fratello che la disprezzava, davanti a Michelina che sorrideva…
Così il compito di Angela fu più facile. Ché Bobò non osò più affacciarsi, non osò più uscire. Sperava, sperava sempre, in un prodigio dell’amore, come ne succede nei romanzi e nelle fiabe.
Al farmacista fu detto che Bobò non si voleva maritare, che Bobò si voleva fare monaca di casa.
Blackout Poetry – Rose rosse, Maria Messina


Vestita di nero
interminabile vento di lutto
in mezzo a un raggio di sole

lentamente il tempo passava 
tiepida, serva abitudine
che non voleva morire

Lei sempre sola

sangue su per la gola
nuda davanti a tutti
sorrideva...
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Re: [CP18] Sangue su per la gola

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Cara @Ippolita inizio commentando il tuo lavoro. La parte più difficile nell'estrarre una poesia da un testo è dare al nuovo brano autonomia, linearità, armonia e significato. Non tutto si può raggiungere agevolemente e tutte quelle postate, in modo inevitabile, emergono con una sorta di ermetismo. Nel commentare possiamo affidarci alla sensazione che ne riceviamo, e la tua, in particolare, ci raggiunge con "un abito nero", un "lutto", immagini che ci rimandiano a un tempo doloroso e malinconico e, pur vagamente, violento. II raggio di sole non è sufficiente ad alleggerire l'atmosfera e il sorriso finale non è che un dolore aggiunto.
Ho apprezzato molto la strofa 

"Lentamente il tempo passava,
tiepida, serva abitudine
che non voleva morire."

Questa immagine, nello specifico, mi rimanda alla sopportazione di un tempo insopportabile e interminabile.
Nel complesso direi che, nonostante la nota di ermetismo, sia un lavoro riuscito.
Ogni lettore può soffermarsi sui tuoi versi facendo riflessioni diverse. Dal canto mio ho immaginato che un lutto non prevede necessariamente la morte di un congiunto, si possono perdere tante cose capaci di farci provare lo stesso dolore, e il tuo personaggio che "nuda ride davanti a tutti" può aver perso ben altro che un uomo o un figlio.

Ciao e alla prossima
 

Re: [CP18] Sangue su per la gola

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A primo impatto questa poesia mi è piaciuta molto
è evocativa, racconta per immagini, o forse sarebbe più corretto dire con una sola immagine, uno stato d'animo 
Poi ci ho riflettuto un pochino e mi è piaciuta ancora di più 
Lo stato d'animo che avevo colto all'inizio era di protesta, di contrasto, un atteggiamento di sfida: vestita di nero in mezzo a un raggio di sole, nuda davanti a tutti sorrideva. 

Ma in realtà credo che il vero stato d'animo raccontato da questa poesia sia la rassegnazione. Sempre vestita di nero anche durante un raggio di sole, il tempo che passa lento, come un'abitudine, la protagonista si sforza di sorridere nonostante il sangue su per la gola, si sente nuda nonostante il vestito nero. 

Vado di là a piangere 
Hai mai assaggiato le lumache?
Sì, certo
In un ristorante, intendo

Re: [CP18] Sangue su per la gola

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@Ippolita questa poesia è stupenda. Vorrei darti più input, ma io sono profana e di poesia mi intendo pochissimo  :bandiera:
Però mi hai evocato immagini vivide, un dolore profondo e smosso forti emozioni.

La vedo bene in uno dei miei mondi distopici, là dove la speranza è morta da tempo.
Chissà, magari è di questa morte che parla proprio la tua poesia.

Davvero complimenti!

Re: [CP18] Sangue su per la gola

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Ippolita wrote: Mon May 05, 2025 7:58 pmVestita di nero
interminabile vento di lutto
in mezzo a un raggio di sole

lentamente il tempo passava 
tiepida, serva abitudine
che non voleva morire

Lei sempre sola

sangue su per la gola
nuda davanti a tutti
sorrideva...
Mi piace il contrasto tra le prime due strofe - e l'intermezzo di - lei sempre sola - e la strofa finale che irrompe e cambia scenario.
Brava, @Ippolita : hai l'occhio poetico.  :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [CP18] Sangue su per la gola

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CIao @Ippolita, una poesia molto bella nella forma, ma ammetto di non aver afferrato il senso e di avere atteso altri commenti. L'impressione è che parlassi della morte in quanto tale (es. Thanatos), ma vedendo gli altri non credo di essere sulla strada giusta. :libro:
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: [CP18] Sangue su per la gola

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@Ippolita

Naturalmente in ogni poesia io ci vedo un mondo tutto mio, che magari non coincide con gli intenti di chi quella poesia ha scritto.
I primi tre versi
Ippolita wrote: Mon May 05, 2025 7:58 pmVestita di nero
interminabile vento di lutto
in mezzo a un raggio di sole
Mi evocano scene familiari di tempi ormai sepolti, assieme ai personaggi che le vivevano.
Una donna vestita di nero, a lutto, che magari passa davanti alla facciata di una chiesa all’imbrunire, attraversando un raggio di sole che filtra tra le case; un’abitudine giornaliera, la messa vespertina.
Questo tempo passa lento, sempre uguale, eterno. Non si può, non si vuole cambiare. In nome di cosa poi?
Questa donna è sempre sola, perché ha perso il suo uomo da cui il lutto? Ma è sola.
In certi luoghi, in certe mentalità arcaiche che un tempo avevano una loro logica di essere e che oggi si sono trasformate in altro, questo equivaleva a un segnale ancestrale che non lasciava dubbi, come era un segnale la presunta creduta vedovanza di Penelope che aspettava Ulisse, con intorno uomini avidi, senza cuore e senza scrupoli che le ricordavano in ogni momento che era venuto il tempo di fare un’altra scelta, di indicare un altro uomo che avrebbe dovuto provvedere a lei, perché le cose così andavano.
Ma la donna dei tuoi versi mi da l’impressione di essere forte.
Questo sangue alla gola lo interpreto come una sorta di euforia prima della battaglia, l’eccitazione che da il sapore di ferro nel sangue che si avverte nei momenti di pericolo, pronti alla reazione.
La donna, questa donna è comunque figlia della sua terra e nella sua condizione di solitudine, qualunque sia la causa, si sente come nuda davanti a tutti, ma è forte ed è pronta ad affrontare la battaglia. Per questo sorride.
Lavorando di fantasia nel mio immaginario ci ho visto un po’ di questo.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [CP18] Sangue su per la gola

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bwv582 wrote: Sat May 10, 2025 4:52 pmma ammetto di non aver afferrato il senso
Mentre scrivevo, visualizzavo una donna morta suicida dopo un lutto. Gli stacchi tra i versi vorrebbero suggerire altrettanti stacchi temporali. Lei vestita a lutto; lei che vorrebbe che il tempo, divenuto una tiepida abitudine, si contraesse; lei nella solitudine; lei che si procura la morte e per questo, ormai libera, sorride.
Ma devo dire che l’interpretazione di @Alberto Tosciri mi è piaciuta più della mia.
Grazie per per questa tua sfavillante incursione tra le poesie, spero che capiterà spesso d’ora in avanti.
Un abbraccio.
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Re: [CP18] Sangue su per la gola

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ciao @Ippolita


Vestita di nero
interminabile vento di lutto
in mezzo a un raggio di sole
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Intendi la speranza? L'umana sofferenza di fronte al destino radioso che ci aspetta?

lentamente il tempo passava 
tiepida, serva abitudine
che non voleva morire
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Se ti riferisci al tempo, credo che potrei apprezzarne la considerazione. Infatti, il tempo non perde mai l'abitudine nello scorrere dentro alla vita. Se fosse una considerazione del Io la troverei molto intima e personale. Bella frase.

Lei sempre sola
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Serve sempre una sana solitudine per indagare sull'animo...

sangue su per la gola
nuda davanti a tutti
sorrideva...
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Buon viso a cattivo gioco? O è la la forza dell'animo che prevale su tutto? Questi versi fanno pensare e la soluzione alle domande è lontana..
Ciao  <3
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